39. "CE LA FARÒ"

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Il rientro al jet privato fu molto silenzioso. Papà non aveva aggiunto altro. Mi aveva solo stretto forte la mano per tutto il tragitto fino all'aeroporto. E io non avevo saputo rispondergli. Temevo che sarei esplosa in quel pianto amaro che stavo trattenendo. Non volevo ancora piangere, non me la sentivo. Quando fummo arrivati, i miei cognati provvidero a fornirmi alcune cose da indossare, e mi chiusi nel bagno del jet provando a lavare via quelle ferite letterali e simboliche che mi portavo addosso, ma non ci riuscii. Mi accovacciai sul pavimento senza le forze per reagire. Volevo avercela quella forza interiore, ma al momento era andata via. Passai molto tempo lì dentro, non avrei saputo dire quanto, ma tanto al punto da sentire bussare alla porta.

«Sgorbio?» la voce di Junior si udì dall'altro lato, non col solito tono sarcastico, bensì con un tono debole e tremante. «Va tutto... ok?».

Andava tutto ok? Non lo sapevo. Avevo la mente confusa e annebbiata. Come mi sentivo?

«Ascolta, dammi solo un segno che ci sei. È passata più di un'ora che sei lì, e... siamo preoccupati».

Dal pavimento guardai il pulsante di apertura della serratura. Non avevo voce per rispondergli, il groppo alla gola era lì, e temevo che se avessi tirato fuori anche solo una parola le lacrime sarebbero venute giù. Perciò decisi di premere quel pulsante per fargli capire che poteva entrare da sé.

Quando Junior aprì la porta posò subito lo sguardo su di me, ancora avvolta in quel lenzuolo dagli orribili ricordi. Lo sentii trattenere il fiato. Poi mi sembrò vederlo strofinarsi il volto per poi chinarsi sulle sue gambe accanto a me.

«Sorellina?» sussurrò. Mi voltai per incrociare il suo sguardo e quando vidi pena in quegli occhi iniziai a scuotere la testa con vigore. «Uh? Cosa-»

«No, Junior. No. No. Non osare provare pena per me. Non voglio pena e non voglio pietà. Non voglio vedere quello sguardo sul volto di nessuno. Io sto bene. E se non sto bene adesso, starò bene nei prossimi giorni. Ho solo bisogno di metabolizzare, tutto qui. Ma non osare provare pietà per me» spiegai riuscendo a tirare fuori quella voce che volevo trattenere a tutti i costi.

Lui mi fissò per un attimo sorpreso, poi annuì con la testa forse capendo il mio ragionamento.

«Non era pena quella che volevo provare per te. Solo che... io non volevo che tu subissi tutto ciò» disse quelle ultime parole mentre scoppiava in un mare di lacrime e mentre mi afferrava tra le sue braccia inginocchiandosi su quel pavimento freddo. Pianse in una maniera così disperata che era del tutto nuovo sia per lui che per me. Junior piangeva difficilmente, ma piangere in quel modo?

Mi abbandonai nel suo abbraccio, un abbraccio che non mi aveva mai riservato.

«Ti voglio bene, sgorbio. Te ne voglio tanto, e mi dispiace avertelo detto solo in un momento come questo. Potrai perdonarmi?» sussurrò al mio orecchio. Mi staccai da lui solo quel tanto da guardarlo negli occhi.

«Solo se mi porti a fare un giro sulla tua moto» risposi sdrammatizzando, e, anche se qualche lacrima stava ora rigando il mio volto, trovai la forza di ridere. Junior non sembrava dello stesso parere, infatti la cosa sembrò aumentare il suo pianto. Mi abbracciò nuovamente.

«Mi stai chiedendo l'impossibile» disse infine sorridendo di un po' tra le lacrime.

«Ti voglio bene anch'io, fratellone» mormorai piazzando un bacio sulla sua guancia.

E la porta del bagno si aprì rivelando una testa riccia.

«Cos'è tutto questo affetto spropositato in cui io non sono stata invitata?!» chiese Amina con le mani in vita.

Junior scattò in piedi aiutandomi ad alzarmi per poi abbracciare la sua ragazza.

«Stai... stai bene...» mormorò rilasciando quel respiro che aveva trattenuto.

My Schoolmate - Il Mio Compagno Di Scuola ✔️Where stories live. Discover now