2.9K 84 17
                                    

Harry era confuso e frastornato.
La musica era alta e suonava senza tregua, per un attimo il giovane si chiese come avesse fatto ad arrivare lì.
Poi si ricordò, era stata sua madre -Anne- a dirgli di uscire e andare a divertirsi.

Erano da poco arrivati in città, dalla California a Londra e Harry si era sentito subito con le spalle al muro e fuori posto.
Il ragazzo stava spostando le ultime cose dagli scatolini all'armadio quando la donna era entrata nella sua stanza e con gli occhi che brillavano, gli aveva lanciato un volantino.
"Sono andata a fare un po' di spesa e ho incontrato una ragazza molto carina che mi ha dato questo" disse, scrollando le spalle e continuando a sorridere.
Il biglietto era nero, semplice, lineare, in una bella calligrafia c'era scritto un numero di telefono e poi le seguenti parole: "Siete tutti invitati al party di fine stagione. Un'ultima festa per festeggiare l'estate ormai passata"
Harry storse il naso e scosse la testa, ritornando ai suoi vestiti da piegare e riporre.
"Tu ci andrai" continuò sua mamma, avvicinandosi a lui e togliendogli dalle mani un paio di jeans che stava piegando troppe volte su se stesso.
"Non conosco nessuno, siamo appena arrivati" sussurrò semplicemente, come se quella fosse la spiegazione a tutti i suoi problemi.
"Un motivo in più per andare e farti conoscere, no?" incoraggiò "E comunque ho già chiamato e confermato la tua presenza" parlò di fretta, appoggiando i pantaloni sul letto e correndo fuori dalla stanza.

E quindi, dopo una mezza litigata e qualche ora più tardi, Harry si era trovato solo e scazzato seduto al bancone dell'One Direction, un bar, apparentemente famoso, nei borghi di Londra.
Aveva iniziato con una coca-cola light e inevitabilmente si era ritrovato a trangugiare tutto d'un fiato il quarto bicchiere di Vodka e lime.
Quando le prime note di uno strano remix di 'Shots' iniziarono a risuonare assordanti nella sala, il ragazzo decise che era arrivato il momento di fare una sosta in bagno.
Scosse la testa quando il barista si avvicinò a lui pronto a prendere un'altra prenotazione.
"Magari più tardi." disse, sorridendo lievemente.
Non aveva interagito molto in quel lasso di tempo, si era rifugiato nell'angolo bar e aveva guardato mestamente tutta la gente che ballava in pista.
Certo, il barista Ben -o forse era Adam- si era presentato quindi quello si poteva definire come un approccio, giusto? Annuì interiormente. Il giorno dopo a sua madre avrebbe potuto raccontare del bel ragazzo che aveva conosciuto.
Spintonò un paio di corpi sudati e con sua grande gioia trovò subito il bagno.
Si morse però il labbro inferiore quando notò la lunga fila ad attenderlo.
"Tutti a pisciare dovete andare?" sbottò per poi arrossire. Okay, che forse non tutti avevano un impellente bisogno della toilette ma magari lui poteva evitare di chiederlo.
Una sua mano andò a scostare i capelli appiccicati alla fronte per via del sudore e sospirò quando capì che l'unica cosa che gli restava da fare era aspettare il suo turno.
Con il labbro ancora tra i denti, si appoggiò al muro dietro di se e iniziò a pensare a cosa avrebbe fatto se avesse impuntato un po' di più i piedi e fosse rimasto a casa.
Sicuramente non si sarebbe ritrovato a fare una stupida coda per il bagno e in secondo luogo non puzzerebbe di alcool e sudore.
Poi magari si sarebbe messo a letto e avrebbe letto qualcosa o più semplicemente avrebbe preso il suo ipod, le cuffie e si sarebbe messo ad ascoltare tutta la playlist di Adele.
Le persone non sembravano più muoversi e Harry iniziò a spazientirsi.
Cominciò a prestare attenzione alla musica che in quel momento suonava nella discoteca e sembrò bastare per non fargli pensare all'urgente bisogno che aveva.
Alla quarta canzone, magicamente, la porta incrostata e con una targhetta malandata che recitava: "W.C." gli si parò davanti.
Dovette trattenere un piccolo verso eccitato prima di fiondarsi dentro il piccolo bagno angusto e pestilenziale.
Sospirò estasiato quando finalmente svuotò la vescica.
In modo impacciato si tirò su la cerniera dei jeans, rigorosamente neri, e si spostò verso il lavabo.
Da dietro la porta poteva sentire qualcuno imprecare e incitarlo a muoversi.
Lo specchio era opaco, segno che l'igiene in quel posto non era delle migliori.
Il suo riflesso gli pareva distorto e offuscato ma quello sicuramente poteva attribuirlo all'alcool che aveva ingerito.
Il suo volto sembrava in fiamme e i suoi occhi erano grandi e lucidi.
Fece scorrere per qualche secondo l'acqua e poi, con le mani a coppa, ne prese un po' e si rinfrescò.
"Finalmente" grugnì un uomo una volta che lui fu' uscito dal bagno.
La musica, se possibile, ora pareva più alta.
|Forse dovrei tornare a casa| pensò, asciugandosi le mani sulla stoffa dei pantaloni e dirigendosi a grandi passi verso la pista.
Cercò invano di passare in mezzo ai corpi caldi ma quando un paio di coppie -evidentemente contrarie al suo voler andare via- gli ostacolarono il passaggio, limonando tra loro come se non ci fosse il domani, il riccio si arrese.
Si sentiva stretto tra tutte quelle persone che ballavano in modi al quanto imbarazzanti.
|Se non si fa attenzione, domani potrei ritrovarmi padre di qualche bambino| formulò nella sua mente quando una ragazza cominciò a strusciarsi su di lui.
La lasciò fare, senza però muoversi, e quando capì che in nessun modo lui avrebbe iniziato a ballare con lei, la giovane donna si spostò sprezzante alla ricerca di una nuova preda.
Ancora una volta provò a muoversi e per un attimo riuscì quasi a vedere la porta di uscita ma per l'ennesima volta due tizi gli bloccarono la via.
Era in trappola, sentiva caldo, mal di testa e per il nervoso gli veniva quasi da piangere.
"Io l'avevo detto a mamma che non ci volevo venire!" piagnucolò, aggiudicandosi qualche occhiatina divertita dai ragazzi al suo fianco.
"Vieni con me" bisbigliò qualcuno alle sue spalle, tirandolo per una mano e iniziando a strascinarlo dall'altra parte della sala.
L'ansia lo assalì quando finalmente capì quello che stava succedendo.
Con tutto se stesso provò a svincolarsi dalla presa di quel ragazzo e si arrese solo quando il braccio iniziò a dolergli.
L'uomo misterioso gli dava le spalle ma Harry notò comunque qualche particolare.
I capelli lisci dovevano essere marroni, anche se sotto quelli luci non riusciva bene a dirlo, era più basso di lui ma molto più muscoloso.
Le gambe sode erano fasciate da un paio di jeans dello stesso colore dei suoi e il busto da una canotta bianca, larga e scialba, sicuramente aveva visto giorni migliori.
Rabbrividì - sotto le due dita, del estraneo, allacciate intorno al suo polso- quando una ragazza provò a bloccargli la strada ma l'uomo la fulminò con lo sguardo.
Ecco, avrebbe dovuto imparare farlo anche lui.
Dopo attimi, che sembrarono infiniti, finalmente vide una grande porta di ferro aprirsi con facilità e l'aria fredda della sera lo colpì in pieno.
Le guance pizzicarono e i polmoni bruciarono per quello scambio di ambiente repentino.
"Ugh" si lamentò "Non sapevo ci fosse una porta nel retro" provò, accorgendosi solo in quel momento che il ragazzo l'aveva lasciato e nel frattempo si era messo a guardarlo.
"Mi sembravi un cucciolo sperduto e ho pensato che volessi andartene" gli spiegò, senza che nessuna domanda gli fossestata posta.
Cosa si dovrebbe fare quando due grandi occhi azzurri e sconosciuti, ti guardano?
"Ehm, grazie. Io sono Harry comunque" ovviamente, non ci si dovrebbe mai presentare con il proprio nome, visto che uno sconosciuto potrebbe essere uno stalker ma il danno ormai era fatto.
Il ragazzo lo esaminò divertito poi, annuì ghignando.
"Louis" rispose solamente ma il ragazzo credeva che quello bastava.
Era finalmente fuori, lontano dal baccano che gli giungeva alle spalle quindi poteva andarsene.
"Sei un tipo strano" lo fermò però Louis, ridendo.
Harry alzò un sopracciglio curioso e riportò la sua attenzione su di lui.
"Insomma, sei venuto alla festa ma non ti ho visto parlare con nessuno. Sono sicuro che quel barista ci stesse spudoratamente provando con te eppure tu non l'hai notato.
Ti sei alzato solo per andare in bagno e quando sei tornato, sembravi totalmente spaventato." Gli spiegò.
Il riccio corrucciò la fronte e si chiese quando quel ragazzo avesse spesso così tanto tempo ad osservarlo.
"Perché sei venuto Harry?" gli chiese in modo spontaneo, come se lui fosse tenuto poi a rispondergli.
"Io.." balbettò "Credo che sia ora che vada" concluse insicuro, muovendo i suoi piedi e facendo retrofronte.
Esattamente non sapeva cosa di quel ragazzo non lo convincesse, non lo conosceva eppure non gli piaceva la sua presenza. Chiamiamola sensazione, uh.
"Sai perché io vengo a questo genere di feste?" sobbalzò quando davanti a sé si trovò Louis.
Il cuore perse un battito.
"Solitamente ai party si va per scopare o ubriacarsi con gli amici, per me è solo un modo divertente per cibarmi".
Il respiro gli si bloccò in gola e, ancora una volta, quella strana sensazione d'insicurezza si impadronì di lui.
Doveva andarsene e subito.
Al telegiornale ne aveva sentite di storie raccapriccianti su Londra. Storie di ragazzi che dopo una festa si trovavano morti dietro a dei cassonetti, ma mai avrebbe creduto che un giorno si sarebbe ritrovato a pregare di non diventare uno di loro.
Era una cosa automatica provare paura, giusto? Come quando a quattro anni si aveva paura del vicino strano ma che alla fine era buono come il pane.
Le sensazioni non andavano mai sottovalutate; se il tuo corpo ti diceva di correre allora tu lo facevi, anche se non c'era niente da cui scappare, non importava.
Ed Harry ci provò a correre ma di nuovo quella mano, quella mano che prima l'aveva condotto verso la via di fuga, ora lo stava bloccando contro il suo corpo.
"Non ho bevuto a differenza tua" lo rassicurò Louis, puntando i suoi occhi azzurri nei suoi verdi "Ma diciamo che sono ugualmente ubriaco e tu potresti essere l'ultimo bicchiere di vino, uno di quei vini che lasci per la fine della cena perché secondo te sono i migliori e vanno assaporati bene"
Harry chiuse gli occhi e iniziò a contare fino a tre, sperando che una volta aperti tutto fosse sparito.
1, 2, 3..
"Deluso?" chiese divertito il ragazzo davanti a se, che con un gesto lo strinse ancora di più.
"Vuoi farmi del male?" domandò
Louis rise aspramente e Harry semplicemente non capì più nulla.
Com'era possibile che le cose cambiassero così in fretta?
Un attimo prima era circondato da gente che voleva solo divertirsi e l'attimo dopo si trovava nel retro di una discoteca a tremare.
"Voglio solo assaggiarti, è da quando sei entrato nel locale che ti bramo" biascicò.
E in un attimo accadde, il viso davanti a se iniziò a mutare, mostrando evidenti vene violacee e blu.
Harry desiderò svenire.
Dalle labbra sottili di Louis punte perlacee spuntarono e il piccolo gridò quando gli occhi verdi di Louis divennero rossi.
Fu una trasformazione lenta e quello lo spaventò ancora di più, perché -con paura e stupore- aveva potuto assimilare ogni cambiamento sul viso del ragazzo.
"Non sei reale" disse.
"Oh si invece"
Preso da una punta di coraggio iniziò a scalciare tra le sue braccia, battendo i pugni contro il suo petto e quando vide che era tutto inutile gli sputò in faccia.
Louis rise sguagliatamente a quel gesto, rinforzando la presa su di lui.
"Non lottare, rendi il tutto più eccitante" gli sussurrò con euforia e con una voce che per tutto il tempo non gli apparteneva.
Harry si lasciò andare, sperava che arrendendosi tutto sarebbe finito prima.
Il fiato corto di Louis andò ad infrangersi contro il suo collo, era caldo e metteva i brividi sul tutto il corpo ma non in modo piacevole.
Singhiozzò quando sentì qualcosa pungerlo e subito dopo un rivolo caldo e bagnato scendergli lungo l'interno del colletto della maglia.
Le lacrime scorrevano senza scosta , mentre le labbra di quello sconosciuto si chiudevano sul lembo della sua pelle.
Si sentiva alla sua mercé ma era bloccato, fermo sull'asfalto.
"Basta!" gridò una voce perforante alle loro spalle.
Harry pianse più di prima -se possibile- per il sollievo, mentre Louis sbuffò una risata sul suo collo, allontanandosi poi.
"Non muoverti, pasticcino" sussurrò al suo orecchio e, a dispetto di quello che gli diceva la mente, ubbidì.
|Stupido, corri| si disse ma era inutile, non ci riusciva.
"Zayn" ghignò Louis, voltandosi verso il ragazzo che -apparentemente- aveva fermato la tortura che il liscio aveva appena iniziato ad infliggergli.
Zayn era lontano da loro -qualche metro al incirca- ma i due ragazzi riuscivano a sentirlo perfettamente.
"Louis, dovresti tornare a casa" lo spronò atono, quasi stanco.
Harry non riusciva a distinguere del tutto il suo viso ma i suoi lineamenti sembravano marcati, quasi spigolosi e la sua pelle -nel buio di quel vicolo- pareva più scura della sua, segno che sicuramente era mulatto.
I capelli erano di un color corvino e tirati all'indietro, perfetti anche quando un soffiò di vento cercò di spettinarli.
E poi c'erano i suoi occhi, l'unica cosa che in quella notte si riusciva a notare perfettamente.
Sembrava che brillassero di luce propria, esattamente come quelli del suo aggressore. Erano marroni ma il minore poteva giurarlo, sotto la luce dei lampioni al neon, erano quasi d'orati.
"Sei un guasta feste, lo sai? Una volta era divertente girare con te per le strade della Bulgaria. Ricordi che bei tempi erano quelli?" gli domandò Louis, sorridendogli mestamente.
Non sentì la risposta del moro ma era sicuro che avesse detto qualcosa, visto il suo muovere delle labbra e la reazione divertita del uomo al suo fianco.
Una mano andò ad appoggiarsi sul suo fianco, facendolo sobbalzare.
Louis si tirò più vicino Harry, stringendolo con fare possessivo.
"Zayn è un mio amico" gli confessò, poggiando la sua bocca alla sua tempia.
Quelle parole gli diedero una nuova sensazione d'angoscia.
|E se anche lui fosse un pazzo?|
I suoi pensieri iniziarono a diventare un groviglio confuso, ammassandosi l'uno sopra l'altro.
Non riusciva a staccare gli occhi dal nuovo ragazzo, spaventato dall'idea che anche lui volesse semplicemente fargli del male e divertirsi poi con il suo corpo stremato.
Harry non aveva mai pensato a come sarebbe morto, mai una volta si era posto quella domanda.
Voleva viversi la vita e non preoccuparsi di un qualcosa di futile che non poteva essere programmato; ma ora, pensandoci, avrebbe voluto morire di vecchiaia o magari con qualche organo esploso per via del troppo ridere. Gli sarebbe anche andato bene morire per via di una gioia improvvisa e troppo grande da sopportare ma perdere la vita per colpa di qualcun altro, in un vicolo sudicio, in una città che non era casa sua non gli andava bene.
Ma la morte era un qualcosa che non si poteva comandare, avveniva in misteriosi modi, arrivava quando meno te l'aspettavi e il giovane non poté far altro che pensare un'ultima volta a sua madre e a quello che gli sarebbe successo una volta appresa la notizia della sua scomparsa.
"E' invitante, devo concedertelo" parlò Zayn, strappandolo dai suoi pensieri infimi. "Ma non ti lascerò fargli del male, non questa sera." E se quelle parole dovevano suonare rassicuranti alle sue orecchie, ebbero il potere contrario.
"Non sarebbe più divertente dividercelo adesso e subito? Che senso avrebbe lasciarlo andare o poi cercarlo domani?" chiese annoiato Louis.
Harry non aveva più la forza di seguire quel discorso incoerente e senza senso, non poteva crederci che qualcuno stesse parlando della sua vita come se non fosse niente.
"Ti sei nutrito abbastanza e credo che tu sia addirittura ubriaco"
Louis soppesò le sue parole e con riluttanza, dopo minuti che parvero ore, lasciò andare Harry che traballò quando si sentì lasciare andare. Non credeva di riuscir a stare sulle sue gambe ancora a lungo.
"E' il verdetto è stato deciso. Oggi tu vivrai, ragazzino." Esclamò con enfasi il liscio, inchiodandolo sotto i suoi occhi che ora avevano ripreso il loro colore naturale.
Come potevano due occhi così azzurri e rilassanti poter cambiare colore, diventando rossi come il sangue? Era sicuramente un controsenso quello, uno scherzo beffardo che qualcuno nell'alto nei cieli gli stava giocando. Oppure era troppo ubriaco e la paura cieca che stava provando nei suoi confronti, aveva dipinto Louis come un mostro che non poteva esistere ma che lui era.
Zayn si avvicinò più vicino al suo corpo e posò le sue mani sulle sue spalle contratte.
"Rilassati" gli intimò, dedicandogli la sua completa attenzione.
Louis stava ridacchiando alo loro fianco e con la coda dell'occhio -l'umano- poteva vederlo comodamente in piedi e con le braccia incrociate, in attesa di qualcosa.
"Guardami" ordinò in quel preciso momento il moro e anche se non l'aveva urlato o detto con voce minacciosa, Harry non poté che eseguire l'ordine con il cuore in gola.
I suoi occhi, ora vicini, erano veramente d'orati, accecanti e bellissimi.
"Ora ascoltami e non opporre resistenza. Non ti farò del male, non oggi e spero mai per il tuo bene. Per la tua vita" il riccio trattene il respiro, intimorito da quella frase.
"Ti sei divertito, hai ballato e hai fatto amicizia con qualche ragazzo sta sera-" iniziò il moro, e la sua voce era caramello fuso, soave e ipnotizzante "-hai bevuto qualche drink di troppo e dopo essere andato in bagno, hai deciso di prendere una boccata d'aria per poi tornare a casa." Le pupille dei suoi occhi iniziarono a muoversi, allargandosi e rimpicciolendosi a ritmi regolari.
"Cosa.." provò a parlare Harry, ma le parole sembravano non voler uscire.
"Non ricorderai nient'altro, andrai a dormire e domani racconterai della bella serata che hai passato" concluse, continuando a tenerlo fermo per qualche secondo.
Harry sentì le gambe cedere quando anche Zayn lo lasciò andare e quello che successe dopo fu' il nero totale.

Believer or Sinner?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora