Negli occhi di Baphomet

De ChaBlackCat

163 34 41

Riccardo è un sedicenne in visita a Venezia, per il carnevale. Una delle prime cose che vede è una maschera g... Mais

1

2- Baphomet, La notte delle maschere.

74 14 18
De ChaBlackCat

Riccardo si svegliò di notte, bagnato e accasciato sul bordo di un canale. Si trovava ancora a Venezia, ma la città era avvolta in un silenzio spettrale e in un'oscurità profonda; era immobile come non l'aveva mai vista.

Si sentiva stordito, tutto sommato sapeva ciò che era accaduto: camminando con i suoi genitori per i canali veneziani durante il carnevale, Riccardo aveva notato una maschera galleggiare sull'acqua. Era bella, con un paio di corna dorate e un ghigno beffardo. Il ragazzo l'aveva ritrovata a navigare sotto ogni ponte sul quale stava passando, con gli occhi vuoti ma uno sguardo che sembrava cercare proprio lui. Ne era stato attirato al punto da cedere alla tentazione di sporgersi dal bordo di un canale e cercare di prendere la maschera che rappresentava Baphomet. Si era sentito afferrare e poi trascinare sott'acqua.

Tutto ciò che sapeva, era che la curiosità e la brama di possedere quell'oggetto lo aveva condotto in una Venezia immobile, deserta. Cosa era accaduto dopo che aveva sentito l'acqua riempirgli naso e bocca, provocargli violenti urti di vomito e poi colmarlo, i polmoni pieni d'acqua che si contraevano nell'inutile tentativo di respirare? Chi lo aveva tratto in salvo? Sempre che di salvezza si potesse parlare, perché per Riccardo tutta quella desolazione significava solo che non ce l'aveve fatta e che si trovava in qualche inferno parallelo. Una sorta di limbo degli avari che Dante non sie era nemmeno sognato di immaginare.

Cercò di rialzarsi a fatica. Al tocco con la fredda pietra che rivestiva il pavimento del portico sotto il quale si era svegliato, si accorse di avere i polpastrelli cotti. Quanto tempo era rimasto in acqua per avere i palmi delle mani ridotti a pallide prugne raggrinzite?

Si issò barcollando, reggendosi al muro per non cadere. Un vociare sommesso lo fece ringalluzzire, così decise di appostarsi dietro una colonna al sicuro e spiare le figure che si avvicinavano.

Tre persone sorpassarono la colonna, poi attraversarono il ponte che sovrastava il canale e sparirono lungo un viottolo.

Raccogliendo il coraggio, Riccardo uscì allo scoperto, si accostò al ponticello e seguì i tre individui senza rendersi conto che altre persone stavano arrivando dietro di lui e lo stavano sorpassando. Sembravano un uomo e una donna, quest'ultima aveva un passo aggraziato e indossavano entrambi delle mantelle, quella della donna era bianca e i suoi capelli ondeggiavano leggeri, come spostati da delicati soffi di vento. Quando entrambi furono a qualche metro di distanza da lui, Riccardo riprese a camminare, seguendoli, e dopo pochi passi la donna si accorse di lui, perché si voltò appena a guardarlo. Portava una maschera bianca, con due fessure a mandorla per gli occhi, la forma di un naso al centro e delle labbra carnose che scoccarono al ragazzo un sorriso immutabile e accattivante,. Riccardo non si fermò e la donna torno a ridacchiare con il compagno al suo fianco che vestiva un mantello nero.

Il ragazzo credette di sognare, ma si arrese alla strana sensazione, come a quella più spaventosa di essere morto e che fosse destinato a sognare in eterno di svegliarsi in quella città semi deserta, senza i suoi affetti, a causa della colpa di essere stato avido di possedere quella dannata maschera.

Tornò a guardarsi i palmi delle mani e si accorse che faticava a vedere bene e sentì un peso leggero sul viso. Portava una maschera, indossava sicuramente ancora quella maledetta maschera. Mentre valutava di strapparsela di dosso, un altro gruppo di persone mascherate lo superò, ridendo e parlando. Dove stavano andando tutti?

La risposta alla sua domanda fu esaudita pochissimi minuti dopo, quando davanti a lui si aprì piazza San Marco e scorse un nugolo di persone sostare dinnanzi a un'ampio portone. Vi si avvicinò mentre, uno ad uno, gli individui entravano salutati da un uomo alto, anch'esso mascherato. La donna vestita interamente di bianco, con la folta chioma leggera e la maschera sorridente, era sull'uscio proprio in quel momento. Si voltò a guardarlo e poi entrò, seguita dagli altri.

Riccardo rimase imbambolato fin quando l'omone alla porta gli fece cenno di avvicinarsi e il ragazzo ubbidì.

Dall'alto, con indosso una maschera terrificante che raffigurava un caprone dal pelo scuro, l'uomo si rivolse a lui:

«Una sola regola ragazzo: Nessuno si tolga la maschera!» disse deciso.

Riccardo assentì. Aveva ancora Baphomet sul viso e non l'avrebbe tolta, perché glielo aveva detto quell'uomo, poi entrò.

All'interno passeggiavano decine di persone tra diverse sale dagli alti soffitti e piene di specchi, tutte collegate tra loro da un ampio corridoio centrale addobbato da teli colorati che pendevano elegantemente dalle pareti affrescate. Ognuno dei presenti era mascherato e sembravano tutti allegri, nonostante avessero il volto coperto, Riccardo lo sentiva nell'aria. Perché era vietato togliere la maschera?

«Benvenuto!»

Una voce femminile gli era giunta alle spalle. La donna portava un abito largo e lungo fino ai piedi. La sua maschera era quella di una volpe, bianca con delle strisce rosse.

Un brivido lo attraversò. Le sale, lo sfarzo e tutta quella gente. Cercò di non sembrare un pesce fuor d'acqua, così gironzolò tra la gente e notò che nessuno di loro portava la stessa maschera, rappresentavano tutti personaggi diversi e sembravano calzare alla perfezione l'abito che indossavano. Vide Pulcinella atteggiarsi in modo teatrale e Riccardo si aspettò di vederlo, da un momento all'altro, portare una pizza a uno degli ospiti. Il ragazzo però si scoprì a cercare la donna dalla maschera bianca e i bellissimi capelli. Lo faceva per distrarsi e, quando si fermò accanto a una porta socchiusa, sentì delle voci concitate all'interno, vi sbirciò e scorse la donna parlare con l'uomo dell'ingresso e la ragazza volpe. I tre erano talmente presi dalla loro conversazione, che Riccardo riuscì a sgattaiolare nella stanza e, in punta di piedi, a nascondersi dietro una tenda.

«È qui, Kit!» disse l'omone con la voce grossa.

«Lo so. Ci ha seguiti» rispose la ragazza con la maschera da volpe bianca. Quando lei mosse il capo per guardarlo, un tintinnio mostrò al ragazzo che spiava da dietro il tendaggio, che dalla maschera pendeva un filo rosso al quale era legato un campanellino dorato. La delicatezza di quell'oggetto era in contrasto con il costume da capra del suo interlocutore, persino con la maschera bianca e fredda della donna insieme a loro.

Un sentimento di rabbia profonda lo pervase senza motivo, ma il giovane si trattenne schiacciandosi contro la finestra dietro di lui. I tre stavano ancora parlando.

«Ne ha preso un altro.» La donna con l'abito bianco e i lunghi capelli crollò su una poltrona, sembrava distrutta. Eppure Riccardo l'aveva vista aggirarsi per strada e nelle sale felice e leggiadra. Lei, tutto sommato, scoppiò a piangere. «Cavolo Pùca, fai qualcosa. Potrai fare qualcosa questa volta?» aggiunse singhiozzando.

«E cosa potrei fare?»

«Lo hai visto. È solo un ragazzino.» La ragazza con l'abito lungo si avvicinò all'uomo capra e, con fare supplichevole, gli posò una mano sul braccio. «Questa volta è solo un ragazzo» ripeté. Poi alzò lentamente l'altra mano e si sfilò la maschera.

«Non togliere la maschera!» le intimò l'umo, ma lei lo aveva già fatto. Sotto il travestimento sembrava esserci una volpe vera, dal pelo chiaro e due occhi supplichevoli. Doveva essere decisamente un sogno. Il ragazzo vide anche una coda spuntare da sotto la lunga veste. Due conde, o forse erano tre. Scosse il capo e cercò di concentrarsi su quello che stavano dicendo.

«Non sono io la Banshee qui, Pùca. Lo sai bene» disse la volpe con la voce di ragazza, spostando lo sguardo verso la donna seduta sulla poltrona che si teneva la testa tra le mani.

Anche l'uomo alto crollò a sedere sulla poltrona davanti al grande camino spento.

«Comunque vada, lo ucciderei» disse, arreso.

«Hai visto la maschera Kit! Ha le corna. Baphomet lo ha preso e il ragazzo non ha scampo» disse la Banshee, singhiozzando.

«Meglio morto, che un demonio per l'eternità!» La volpe urlò e altre due code spuntarono da sotto il vestito.

Riccardo sussultò al punto che sbatté contro la finestra, agitando le tende e attirando l'attenzione dell'uomo capra che si alzò di scatto e andò verso di lui.

Quando il caprone tirò il tendaggio, Riccardo era schiacciato contro il vetro, la maschera di Baphomet calcata sul viso.

Anche quella che la volpe aveva indicato come una Banshee si era alzata; aveva smesso di piangere. L'uomo indietreggiò terrorizzato e si unì alle donne. Fu la volpe a parlare per prima: «Stai bene, ragazzo?»

Riccardo era pietrificato, aveva usato l'ultima briciola di coraggio per uscire dalla nicchia della finestra, ma era pur sempre un ragazzo che aveva visto troppe cose strane per una sola sera.

«Stai tranquillo» disse l'uomo, ma lo sguardo del giovane balzava dalla maschera inquietante della capra, a quella bianca dietro il quale la donna era tornata a singhiozzare, alla volpe che sembrava proprio un animale.

«Cosa siete?» chiese infine Riccardo, stringendo i denti e dicendo a se stesso che tanto peggio di così, quella sera, non poteva andare.

«Io sono Kitsune» si presentò la volpe, accennando un inchino.

«Io sono un Phooka, ma solitamente mi chiamano Pùca.» L'uomo sospirò. «Sono un mutaforma, uno spirito della natura» aggiunse.

Tutti guardarono la donna. I suoi capelli ondeggiavano in aria e, leggeri, sfidavano la forza di gravità. Lei teneva il volto chino verso terra.

«Io sono una Banshee» disse lei finalmente.

Cos'era una Banshee? Riccardo era sicuro di aver già sentito quel nome, mentre non sapeva nulla degli altri due, ma era chiaro che un Kitsune era una volpe con molte code e che un Phooka, o Pùca, era quello che aveva detto l'uomo, ma non riusciva proprio a ricordare cosa fosse una Banshee.

«E tu sei Baphomet!» disse l'uomo rivolto al ragazzo.

«No, io... Io sono Riccardo» lo corresse e fece per togliersi la maschera, quando la volpe strillò: «No!»

«Ragazzo, non togliere la maschera» lo rimproverò l'uomo alto.

«Perché?»

«Non lo fare ragazzo» lo supplicò la volpe.

«Tu l'hai tolta, sei una volpe insomma. Perché io non la posso togliere?»

La donna mascherata continuava a singhiozzare e gli altri due guardavano i palmi delle mani del ragazzo che temeva le braccia aperte, incredulo.

Nessuno gli rispose. Riccardo si guardò prima una mano, poi l'altra. La sua pelle era ancora raggrinzita, come se fosse stato a mollo delle ore e fosse uscito dall'acqua solo pochi secondi prima.

«Io non sono Baphmet. Io sono Riccardo» insité.

«Sei ancora in acqua ragazzo, in un certo senso» spiegò la volpe.

Aveva l'aria saggia e i suoi occhi erano dolci. Un'altra coda spuntò da sotto l'abito e l'uomo se ne accorse.

«Sono sei, Kit» disse lui e le poso una manona sul braccio, chiudendo gli occhi.

«Cosa vuol dire?» chiese Riccardo.

«Ogni volta che Kit diventa più saggia, le spunta una coda» spiegò l'uomo.

«Ne posso avere al massimo nove.»

«E quando gliene spunta una, come in questo caso, vuol dire che ha preso una decisione saggia» continuò la donna mascherata.

Nessuno parlò per parecchi secondi.

Riccardo continuava a non capire. Cosa diavolo erano quegli esseri che blateravano di code spuntate dal nulla e sagge decisioni? Si voltò a guardare il resto della stanza, come se le pareti piene di specchi potessero dargli delle risposte.

«Non abbiamo scelto noi di essere queste... cose, ragazzo» proruppe l'uomo nel silenzio che riempiva la stanza e ne rendeva l'aria pesante.

«Io ero qui a Venezia, per il carnevale, quando ho visto una maschera bianca da volpe galleggiare in un canale. Era assurdo, sembrava seguirmi. Io ero venuta senza un costume, mi sentivo a disagio perché erano tutti travestiti tranne noi due ma al mio ragazzo non importava. Così, appena lo vidi distratto, mi sporsi al bordo per prendere la maschera. Ricordo solo che la mia mano la toccò e si immerse appena nell'acqua fredda, dopodiché mi sentii tirare giù e mi risvegliai con indosso questa maschera. Credevo di essere affogata, ma scoprii chi ero diventata solo una volta entrata in questo palazzo, a questa festa, anni fa» spiegò la volpe.

«Per me è stato più o meno lo stesso, solo che volevo regalare una maschera a mio figlio. Aveva dodici anni, un gusto macabro e la passione per i film Horror. Forse la maschera lo sapeva, perché apparve dal sotto il ponte dei sospiri e ci seguì per vari canali. Mio foglio non l'aveva vista, così decisi di fargli una sorpresa.»

«Fece annegare anche te?» chiese Riccardo, timidamente.

«Immagino di sì. Poi mi ritrovai accasciato sul gradino di un canale, accanto a una gondola attraccata. Sotto questa maschera sono un essere identico che però può diventare ciò che vuole, persino un dolce puledro che ama uccidere le sue vittime sdraiandosi sulla schiena, con loro sulla groppa, schiaciandoli.» Sorrise amaramente. «A mio figlio sarebbe piaciuto.» La volpe gli strinse un braccio per consolarlo.

Riccardo si voltò verso uno specchio, vi andò vicino e si tolse la maschera con decisione.

La donna ancora mascherata cominciò a singhiozzare ancor prima che lui riuscisse a vedere il suo volto raggrinzito nello specchio.

Al ragazzo venne un conato di vomito. La sua immagine riflessa sembrava quella di un vecchio. Guardava sé stesso nello specchio, poi i tre esseri in piedi davanti al camino, di seguito ancora l'immagine orripilante nello specchio.

«Quanto tempo sono rimasto in acqua?» chiese, ma nessuno gli rispose. «Quanto?» urlò più forte, in un misto di rabbia e disperazione. Non si sentiva sé stesso, e non solo per il volto rugoso che aveva scoperto sotto la maschera, ma per una rabbia che dalla punta dei piedi risaliva irradiando ogni vena del suo giovane corpo.

Respirava così velocemente che dovette inarcare le narici per potersi controllare, mentre sbuffi caldi gli uscivano da naso e bocca. Si sentiva ribollire.

L'uomo e la volpe si agitarono. Entrambi si volsero a guardare la donna con l'abito bianco e i capelli svolazzanti, che sembrava disperata e teneva la testa china verso il basso.

«Anna» la supplicò Kit, la volpe.

«Ero una madre» ripose la Banshee stringendo i pugni.

«Tutti eravamo qualcuno, Anna.» La voce dell'uomo suonava spezzata.

Riccardo, soffocato da tutta quella rabbia e dalla confusione, vide la testa della donna alzarsi lentamente e notò anche che la volpe le aveva posato una mano sulla spalla, poi si era voltata dall'altro lato. Seguita dall'uomo, era andata verso il camino ed entrabi gli avevano dato le spalle.

Era come se nella stanza dal soffitto altissimo, fossero rimasti solo Riccardo e la Banshee. Qaundo lei posò il suo sguardo su di lui, il giovane improvvisamente seppe che a lei non piaceva essere chiamata "Banshee". Lei era Anna, moglie e madre di due bambine. Anche lei era stata a Venezia per il carnevale e non si era travestita per paura di non vedere bene con una maschera, rischiando così di perdere di vista le figlie. Anna era un madre apprensiava, forse troppo ansiosa.

«Uffa, mamma. Qui sono tutti mascherati, avresti dovuto travestirti anche tu.» Miriam, la più piccola, parlava in continuazione, saltellando eccitata. Fu a quel punto che la donna aveva intravisto qualcosa passare sotto un ponticello e sbucare volteggiando in acqua dall'altro lato. Era una semplicissima maschera bianca. Dopo aver controlato che le bambine fossero al sicuro con il marito, Anna era corsa sul bordo del canale e aveva afferrato quella cosa che l'aveva poi trascinata a fondo. Era annagata nell'indifferenza totale delle persone in festa. Agitandosi inutilmente e cercando le sue figlie con lo sguardo dagli occhi vuoti del volto cianco e statuario.

La donna tolse la maschera volgendo verso il giovane un solo sgurdo fugace, poi crollò a terra in ginocchio, piangendo.

Riccardo la vide di sfuggita. Era una donna bellissima con il viso striato di lascrime, ma lui non ne poteva più di tutte quelle storie e tutte quelle stranezze. Indossò di nuovo la maschera di Baphomet e corse fuori dalla stanza e poi ancora, fuori dal palazzo. Attraversò piazza San Marco. Non l'aveva mai vista di notte, né completamente sgombra. Non c'erano nemmeno i piccioni. Si infilò in una vietta stretta, con la testa colma di domanda e di rabbia. Si sentiva esplodere, così si fermò davanti a una vetrina per riprendersi, aveva il fiatone. All'interno, in penombra, erano esposte parecchie statuette e meschere veneziane. Tra le altre, ce n'era una di una bella donna, un vestito bianco e i capelli leggeri, fluttuanti. Ebbe un flash: era un film che aveva visto tempo prima. Parlava di una ragazza come quella, era proprio una Banshee. Cercò di ricordare e immediatamente dopo gli venne in mente. Le Banshee erano esseri femmina e si narrava che chi ne vedeva una in volto, sopratutto se in lacrime, era prossimo alla morte, perchè lei sapeva e soffriva per le persone alla quale si affezzionava.

La testa del ragazzo prese a girare. Era tutta un'assurdità, non poteva essere. Preso dal panico cominciò a correre finché incontrò un ponte, lo superò e si accostò alla riva del canale. Con rabbia si starappò via la maschera e la gettò in acqua. Il gesto fu così nervoso che lo fece slanciare verso l'acqua. Appoggiò la mano sulla pietra bagnata per reggersi, ma il peso della sua testa verso il canale era troppo e la mano scivolò. In un attimo fu in acqua, annaspando, cercando di aggrapparsi a qualsiasi cosa, persino a quella maschera che però stava già galleggiando lontano, spostata dalle piccole onde create dalle braccia del ragazzo che cercava di stare a galla. Riccardo non aveva mai imparato a nuotare, era stanco e aveva paura perchè l'nferno, si narrava, era un incubo che si ripete all'infinito. Sarebbe affogato all'infinito?

Le possibilità erano tutte terribili.

Pensò all Banshee che si era tolta la maschera, mostrando il suo viso e la volpe saggia sapeva che era la cosa giusta da fare, perchè altrimenti il ragazzo si sarebbe trasformato in un demone, come era accaduto all'uomo alto che era diventato quella capra, lo spirito della natura. Riccardo aveva capito quello che avevano fatto ed era meglio lasciarsi andare.

Scritta per il concorso "La notte delle maschere".

Continue lendo

Você também vai gostar

1.4M 60.5K 82
Ferita e sola, Cassandra riesce a scappare dalla prigione in cui è stata rinchiusa per mesi da un gruppo di trafficanti di persone. La voglia di ris...
12.7M 437K 111
Caroline Night è una ragazza che deve lavorare per sistemare i danni del padre ormai scomparso da anni. Per colpa di un vecchio patto tra la sua fam...
7.1M 205K 78
Arya Reid ha diciotto anni e la testa tra le nuvole praticamente da sempre. La sua vita è piatta, nessun colpo di scena, nessuna pazzia di troppo, ne...
419K 22.3K 90
Le più belle storie creepy.