THE LOVING ONE (BTS FanFictio...

Por SilviaVancini

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Jimin ha ventidue anni e sogna di fare il cantante. Quando gli viene proposto di partire in tour coi J-EY, un... Mais

PRIMA DI COMINCIARE
ALL OUT OF LOVE
HUNGRY HEART
BAFFI DA LATTE
BUCHI NELL'ACQUA
AREA FUMATORI
MIN YOONGI: L'INNAMORATO INCOMPRESO
UN METRO DI PIZZA
DALL'OBLO' DELLA CUCINA
IL NOME D'ARTE
IL BARBRA'S TALKING SHOW
BIRRA DELLA PACE
ITALIAN TIRAMISU'
LA ROUTINE
A BERE UNA COSA
TRENTOTTO E SETTE
JIMIN MANIA
BUDINO ALLA CREMA
SUPERMERCATO NOTTURNO
PERHAPS PERHAPS PERHAPS
BODY LANGUAGE
I FIDANZATINI D'AMERICA
IN TILT
FILADELFIA
L'ULTIMA DATA
DOLCEVITA GRIGIO
SOLISTA
GLI AMERICAN MUSIC AWARDS
HOUSE PARTY
BANSHEE
TENNESSEE
NEW LOVER - LATO A
NEW LOVER - LATO B
CLACSON
FRECCIA A DESTRA
CAPODANNO
MEZZANOTTE
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI

QUATTRO MENO UNO

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Por SilviaVancini

I J-EY erano all'apice del loro successo. Con sette anni di carriera alle spalle, cinque album e un tour mondiale appena concluso, avevano raggiunto quella zona sicura in cui i musicisti più giovani non vengono più visti come un fenomeno momentaneo, ma come qualcosa di stabilito.

Nessuno dei quattro membri aveva più di venticinque, ventisette anni. Al tempo non sapevo i nomi di ognuno di loro, per me erano un'entità che passava alla televisione o alla radio mentre ero occupato con qualcos'altro, che fosse pranzare o lavorare nella officina di mio padre, ma più o meno li avevo presente fisicamente. E con "più o meno" intendo dire che riconoscevo soltanto il cantante, come la maggioranza delle persone.

Emmett Bay era difficile da dimenticare. Le sue foto ti perseguitavano sulle riviste, sui diari delle ragazzine delle medie, sui cereali con cui fai colazione alla mattina, ed era riconoscibile non tanto per la faccia squadrata, ma per i capelli. Aveva un taglio da militare con una tinta magenta così brillante che doveva macchiare tutti i cuscini su cui appoggiava la testa, ma non credo gli importasse granché: era il suo marchio di fabbrica. Chiunque si facesse un taglio o un colore simile veniva accusato di volerlo emulare.

Gli altri tre componenti della band parevano fare da scenografia quando Emmett era sul palco. Erano dei musicisti affermati, probabilmente i migliori nei rispettivi campi, ma non risaltavano all'occhio. Il bassista era di colore, il chitarrista era un biondo anemico e il batterista si trovava sempre così in fondo al palco che nessuno lo aveva presente quando lo si nominava.

Si diceva che i J-EY si fossero conosciuti alle superiori. La forza del loro gruppo stava nell'essere stati compagni di scuola e migliori amici prima di diventare colleghi e soci, ma nemmeno una relazione così solida poteva salvarli dal destino di ogni band.

Dovevano aspettarselo, probabilmente ci avevano già pensato e avevano ritenuto che quel fatidico avvenimento fosse riservato ad un futuro lontano, invece piombò su di loro nel presente. Mentre erano più in alto di quanto non fossero mai stati.

Non era un giorno come tanti. Il tour mondiale era approdato a New York per l'ultimissima data, quella che segnava la fine di un'era e per cui i biglietti erano introvabili da mesi, e c'era eccitazione nell'aria. Le aspettative dei fan erano alle stelle per tutte le promesse che gli erano state fatte, ma fra i membri del gruppo non si respirava lo stesso entusiasmo. Prima di tutto erano stanchi. Erano stati sballottati da una nazione all'altra per mesi, avevano perso la cognizione del tempo e avevano decisamente bisogno di una vacanza, dal tour e fra di loro. Cercavano di non darlo a vedere, ma era difficile nascondere l'assenza di sorrisi smaglianti quando tennero una conferenza stampa nel pomeriggio, qualche ora prima del grande evento.

I giornalisti si ravvivarono quando li videro entrare nella sala conferenze. Iniziarono ad accecarli coi flash dal momento in cui varcarono l'ingresso e si ammonticchiarono fra di loro per allungare un microfono, cercare l'inquadratura migliore, schiarirsi la voce in vista delle domande che avevano da fare per i rispettivi emittenti. Emmett prese a salutare tutti e a stringere mani, gli altri tre andarono a sedersi al lungo tavolo senza tante cerimonie. Lasciarono il posto centrale per Emmett, come erano abituati a fare, e tacquero finché il loro cantante non si sedette. Rivolse un gran sorriso a tutti e quello decretò l'inizio della conferenza.

"Buongiorno, signori! Che si dice?"

Metà dei giornalisti alzarono la mano per prendere parola, l'altra metà parlò e basta. Emmett non colse una sola domanda da quel garbuglio di voci e questi tornarono a parlare tutti insieme nel tentativo di prevalere sugli altri, peggiorando la situazione.

A lato della stanza, in piedi davanti alle porte, una signora bionda sulla quarantina sbottonò la giacca del suo tailleur. Era Samantha, la manager dei J-EY.

"Uno alla volta, prego." scherzò Emmett. Si grattò il collo mentre scorreva con lo sguardo i visi dei giornalisti e indicò la prima faccia simpatica che trovò. "Tu."

"Mi chiamo John Steward, scrivo per il New York Sun. Ci può fare un resoconto del tour, Emmett? I J-EY non avevano mai attraversato l'oceano."

"Il tour è andato alla grande, mi pare. Sì, insomma, sapevamo già che l'Europa è fantastica, ma l'Asia ci ha davvero conquistati. Abbiamo fatto sold out in posti di cui non conoscevamo nemmeno il nome e siamo rimasti sinceramente colpiti. Abbiamo un seguito molto affezionato."

"Quindi il bilancio è positivo."

"Assolutamente sì."

"Ma l'immagine dei J-EY era immacolata, prima. Il look da ribelli che vivono nell'anarchia è sempre stato il vostro punto forte, ma durante questo tour sono arrivate delle critiche vere e proprie. Sono successe cose che hanno fatto storcere il naso a molti."

A parlare non era stato John Steward del New York Sun, ma un suo vicino di posto. Emmett fece fatica ad individuarlo fra tutte quelle facce, ma quando lo trovò scoprì che quest'ultimo non si stava rivolgendo a lui. Gli occhi dell'uomo erano puntati su uno dei membri in particolare e gli altri giornalisti ne stavano seguendo l'esempio, improvvisamente silenziosi.

L'attenzione di tutti era su Min Yoongi, il chitarrista. Il biondo anemico. Indossava un paio di occhiali da sole che schermavano ogni emozione e la parte inferiore del suo viso era altrettanto inespressiva. Rimase accasciato sulla sua poltroncina con la bocca chiusa, seduto scomposto nell'attesa che Emmett parlasse al posto suo. Ed Emmett entrò subito in azione, ma non senza forzare il suo sorriso.

"Oh, beh." fece. "Si sa, per dieci persone a cui piacciamo ne possiamo incontrare una che disprezza la nostra musica. Le cose vanno di pari passo."

"Qui non si tratta della vostra musica, si parla di comportamenti scorretti. Affermazioni per cui il pubblico aspetta ancora delle scuse. Che ha da dire a proposito, signor Min?"

A parlare era stata una donna. Emmett non fece fatica a trovarla perché ce n'erano pochissime, ma si stupì di vedere tanto veleno su un viso così minuto. Il tono con cui aveva parlato era pregno di accuse.

Emmett tornò a guardare Yoongi. L'atteggiamento di quest'ultimo non era cambiato, ma questa volta si stava sporgendo in avanti per parlare al proprio microfono. Rimase con le braccia incrociate.

"Non ho dichiarazioni da rilasciare." disse. Poi tornò ad appoggiarsi allo schienale.

"Non ha dichiarazioni?" ribatté un'altra giornalista. "Lei è stato accusato di misoginia. Razzismo. La cantante Natasha è disposta a sporgere denuncia contro di lei."

"Che faccia pure. Se lei può denunciarmi per due commenti che ho fatto su di lei, allora io la denuncerò per essermisi strusciata addosso con quel suo culone da scimmia."

Emmett trasalì, il bassista assestò un calcio a Yoongi da sotto il tavolo e la loro manager strabuzzò gli occhi, ma i giornalisti insorsero lo stesso. Le domande si mischiarono agli insulti e il numero di flash raddoppiò, ma questa volta puntavano tutti a Yoongi e ai suoi impenetrabili occhiali da sole. Simon, il batterista, provò a prendere parola.

"Possiamo tornare a parlare del tour, per favore?"

"Quindi lei ammette di aver detto quelle cose? Non afferma che l'audio dei video che provano l'accaduto non siano chiari, come ha fatto in passato?"

"Sarebbe disposto a un incontro con la signorina Natasha?"

"Cosa ne pensa dei numerosi commenti sui social? Nemmeno i vostri stessi fan hanno smosso le sue credenze?"

"I fan sono dalla mia parte. E tutti gli altri non sono veri fan."

La situazione stava degenerando ed Emmett voleva soltanto buttarsi sul tavolo e tappare la bocca a Yoongi. Provò a tagliare corto dicendo la sua, ma non servì a nulla.

"Lei è un misogino!" accusò una delle giornaliste.

"Lei è razzista!" accusò un uomo nello stesso momento.

"Dovrebbe essere buttato fuori dal gruppo!"

Emmett ci provò ancora a nascondere lo sporco sotto al tappeto, ma a una certa ci fu talmente tanta confusione che la sua voce non si sentiva nemmeno con l'aiuto del microfono. Vide Samantha uscire dalla stanza con la testa fra le mani e tacque nel guardare tutte quelle facce accanite, in contrasto con quelle mortificate di Simon e Tyler, rispettivamente il batterista e il bassista dei J-EY. Il fuoco di tutto era Yoongi e Yoongi rimaneva il più tranquillo di tutti.

Aveva fatto una gran stronzata. Emmett glielo disse qualche ora dopo, quando la conferenza stampa era finita e loro quattro si trovavano dietro le quinte del loro stesso concerto. Indossavano già gli abiti di scena ed erano talmente silenziosi che nell'aria c'erano solo gli schiamazzi lontani del pubblico.

"Hai fatto una gran stronzata, Yoongi. Sappilo."

Yoongi si voltò verso Emmett mentre si sistemava la tracolla della chitarra. Non aveva più gli occhiali da sole e gli avevano acconciato la frangetta, ma niente rendeva più dinamica quella sua faccia da pesce lesso.

"Siete voi gli stronzi." borbottò. "Non avete nemmeno provato a difendermi."

"Difenderti? Quella gente ha ragione."

"Sei diventato così perbenista."

"Non sai quando chiudere la bocca."

"Ma smettila. La gente ci gode quando succedono queste cose, sono tutti d'accordo con me."

"Ragazzi, stiamo per salire sul palco." fece notare Tyler. Lui e Simon guardavano da Emmett a Yoongi come dei bambini che assistono a un litigio dei genitori. "Discuteremo di questi problemi più tardi."

"L'unico ad avere dei problemi qui è Yoongi." disse Emmett. "Io me ne lavo le mani."

"E questo che vuol dire?" chiese Yoongi.

"Quello che ho detto."

"Ragazzi." pregò di nuovo Tyler.

"Non hai detto un cazzo, quindi devi specificare."

Yoongi ed Emmett si erano piazzati uno davanti all'altro. Simon si era messo in mezzo e Tyler non faceva altro che guardarsi attorno, come alla ricerca di un estintore, ma la loro salvezza fu un ragazzo dello staff che li venne a chiamare. La discussione venne lasciata perdere e il gruppo si diresse verso il palco. Emmett tentò di sciogliere la tensione scrollando spalle e collo, Yoongi borbottava come una vecchia teiera.

Il pubblico esplose in un boato quando i J-EY entrarono in scena. Se ne stavano immobili in mezzo al palco, fermi come statue mentre le macchine del fumo facevano magie, e quando il silenzio fu colmo di impazienza iniziarono a fare musica. Emmett si fece coinvolgere dal pubblico e tornò a regalare sorrisi, ma la disputa di prima non era stata dimenticata.

In modo piuttosto infantile, Yoongi gli rubò il posto. Ci dava dentro con la chitarra elettrica, eseguiva scale e assoli dove non ce n'erano, faceva andare la folla in delirio, il tutto per mettere in ombra Emmett. Approfittava dei momenti in cui l'amico non aveva il microfono attaccato alla bocca per istigarlo.

"Cosa vuol dire che te ne lavi le mani, Emmett? Solo perché sei il cantante ti senti superiore a tutti noi? Nessuno ti ha eletto come leader, non è stata nemmeno tua l'idea della band."

Emmett continuava a cantare. Tentava costantemente di lasciarsi Yoongi alle spalle, andava a sporgersi sul pubblico, percorreva la penisola del palco, ma Yoongi non mollava l'osso: iniziava a suonare prima di tutti e mescolava la scaletta già pattuita per metterlo in difficoltà, gli ronzava attorno, continuava a sovrastarlo. Simon e Tyler assistevano al tutto senza sapere cosa fare se non continuare a suonare e sperare che quei due la piantassero, ma per loro sfortuna non andò così.

A una certa Emmett rischiò di inciampare nel cavo della chitarra elettrica. Forse Yoongi non lo aveva fatto nemmeno apposta, ma fu la goccia che fece traboccare il vaso.

"Ho firmato con un'altra casa discografica!" urlò Emmett. Non aveva il microfono alla bocca, si era voltato per gridare quelle cose in faccia a Yoongi, ma lo schermo che era alle loro spalle riprese chiaramente il suo viso. I fan potevano anche non sentire quello che diceva, ma era tutto sotto i loro occhi. La disfatta di una band.

"Cosa?" chiese Yoongi. "Cos'è che hai fatto?"

"Ho firmato con un'altra casa discografica. Faccio un album da solista, abbandono i J-EY per almeno un anno."

Yoongi smise di suonare. Il pubblico aveva capito che qualcosa non andava e si fecero silenziosi pure loro quando Emmett non riprese a cantare in tempo. Anche Simon e Tyler persero colpi fino a quando non smisero a loro volta di suonare. Raggiunsero gli altri due per capire cosa stesse succedendo.

"Stai scherzando?" stava chiedendo Yoongi. "Non puoi lasciare i J-EY. Siamo fermi senza di te, non possiamo fare musica."

"Mi dispiace, Yoongi. Mi dispiace, ragazzi."

Simon e Tyler non ebbero il tempo di capire. Emmett aveva cominciato a scuotere la testa e, con le lacrime agli occhi, aveva cominciato a dirigersi verso l'uscita del palco. I restanti dei J-EY rimasero immobili a guardarlo andare via mentre il pubblico cominciava a rumoreggiare, confuso.

Emmett sparì dietro le quinte, lasciando vagante quel suo quarto posto sul palco.



SPAZIO AUTORE:

Non sapete quanto mi sono dovuta trattenere dal chiamare questo capitolo: "CHE SUCCEDE?". Davvero, mi sono proprio dovuta aggrappare alla mia pseudo professionalità. Giuro che è tutto una coincidenza. Per i lettori del lontano futuro, sfogliate i meme di Sanremo 2020.

Domanda da un milione di dollari: come pronunciate voi J-EY? Perché io ho un'idea chiara, ma non so voi leggendolo cosa leggete LOL

SPOILER (non sbirciate, prima ditemi come lo leggete voi):

si legge "gei - ei"

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