♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vk...

De bisdrucciola

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"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le ste... Mai multe

✤ P R O L O G O ✤
family is where life begins and love never ends.
you'll regret someday if you don't do your best now.
kill 'em with success, bury 'em with a smile.
don't ever run backwards.
never work just for money or for power.
you can be the moon and still be jealous of the stars.
and then you came into my life.
i'm jealous. wanna know why? because we started as 'just friends' too.
love is both: how you become a person, and why.
can i be your lei-tsu?
i like people who shake other people up & make em feel uncomfortable.
heavy hearts don't have to drown.
kiss me until i forget the thought of somebody else near your lips.
you became one of my stories.
the tip of my finger is tracing your figure.
we're too young and immature to give up, you idiot.
i just want you to talk to me. tell me how you feel. about life. just talk.
i want you. all of you. on me. under me. tasting me. wanting me.
it hurts too good to say no.
the more i learn about you, the more i like you.
to die would be less painful.
do you think the universe fights for souls to be together?
life is not about hiding, life is about living.
there's nothing wrong with you.
i am desperately craving your lips.
a sea of whiskey couldn't intoxicate me as much as a drop of you.
i hope you can see me for what i am and continue to love me the same.
i've been holding back for the fear that you might change you mind.
i tried so hard to not fall for you, but then our eyes locked and it was over.
my heart's your home, no matter where you are, u'll always have a place to stay.
all my mistakes are drowning me, i'm trying to make it better piece by piece.
perhaps it's better this way.
he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".
i think i need you, and that's so hard to say.
tell me pretty lies, tell me that you love me, even if it's fake.
i've hella feelings for you, but i'm so fucking scared.
you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.
lips so good i forget my name.
one of the hardest battles we fight is between what we know and what we feel.
he dreams more often than he sleeps.
mommy, daddy, don't you know? You lost your daughter years ago.
ça ne casse pas trois pattes à un canard
i wanna feel you in my veins.
as humans we ruin everything we touch, including each other.
I just wish i could lose this feeling as fast as i lost you.
look at your cuts. each one is a battle with yourself that you lost.
in the end, we'll all become stories.
And he dreamed of paradise every time he closed his eyes.
un piccolo regalo...
you're burning inside of me and i'm still alive in you.

how can i look at you and feel so much happiness and sadness all at once?

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De bisdrucciola


La notte si riveló insolitamente tranquilla. Di solito Jimin non riusciva a dormire in un letto che non fosse il suo, o al massimo quello di Jungkook, eppure quella chiara notte invernale passò in un battibaleno. Il cielo scopriva alcune stelle, rare nel panorama di Seoul data la vasta illuminazione artificiale, e una luna quasi completamente piena, bianca come il latte. Nonostante la notte fosse stata piuttosto calma, il biondo aveva comunque faticato a prendere sonno. Aveva provato a intravedere il cielo dalla finestra, per distrarsi con qualcosa, ma poi si era limitato solo ad ascoltare il respiro dormiente del ragazzo accanto a lui. Gli rivolgeva le spalle, tenendo il viso girato verso la parete; il suo petto si alzava e abbassava a ritmo coi suoi respiri e a Jimin venne voglia di accarezzarlo. Così, di punto in bianco. Era perduto, era completamente partito di testa per quel ragazzo e non aveva voluto accettarlo per tutto quel tempo. Era più conveniente. Non farci caso, intendo. Quel sentimento non sarebbe servito a nulla apparte a fargli del male, quel ragazzo non avrebbe avuto valore se non gli avesse fatto provare un dolore terribile ogni volta che lo guardava. Jimin, prima di addormentarsi, cercò di non rigirarsi troppo tra le lenzuola in modo da non svegliare Yoongi, ma quel nervosismo non riusciva a dileguarsi in nessun modo. Provò a chiudere gli occhi, ma continuava a provare una forte sensazione al petto. Era lì, nel letto di Min Yoongi, il ragazzo più improbabile con il quale Jimin avesse mai pensato di passare la notte e che, tra l'altro, gli aveva fottuto il cervello fin da subito. Un brivido di eccitazione lo percorse, togliendogli definitivamente la voglia di dormire. Non poteva nemmeno guardare il volto di Yoongi, dato che era girato dalla parte opposta. Crudele, pensò Jimin, molto crudele. La consapevolezza di averlo lì steso accanto a sé e non poter far niente lo stava consumando da dentro, ma dopo la serata precedente piuttosto movimentata, la stanchezza cominciava un po' a farsi sentire. E fu così che, finalmente, si addormentò.

Fu questa l'unica tensione di quella notte? No, quello era solo l'inizio. Jimin dormì tranquillamente senza svegliarsi fino alle quattro del mattino circa. Aveva riposato solo un'ora e mezza, il che rendeva il suo risveglio piuttosto fastidioso, ma quando realizzò la situazione in cui si trovava, pensò tutto meno che ne fosse infastidito. Notò che Yoongi si era mosso durante la notte, avvicinandosi a lui e voltando il viso verso il suo. Erano così vicini che Jimin riusciva a sentire il calore che emanava il suo corpo e l'aria esalata pesantemente dal naso. Il suo naso, si disse Jimin, era la cosa più carina che avesse mai visto in vita sua, così piccolo e arrotondato da far quasi dubitare del suo carattere freddo e calcolatore. Le prime luci dell'alba stavano già filtrando tra le tende, rendendo la stanza, di cui il colore predominante era il bianco, di una lieve tonalità rosata, sul pesca. Alcuni raggi di sole rendevano evidenti le piccole particelle di pulviscolo che restavano sospese nell'aria, placide e tranquille come il volto del ragazzo che gli dormiva accanto. Jimin si girò sul fianco, affinché riuscisse a rivolgere tutto il corpo verso il suo, mantenendo comunque una certa distanza.
Lo osservò, era come se le sue palpebre si fossero dimenticate del sonno e della stanchezza con cui si erano destate, lo guardò finché qualcosa in lui non bruciò. I morbidi capelli grigi giacevano disordinati sul cuscino e sulla fronte, inutile dire che sembravano fili d'argento anche alla luce fiacca del sole appena nato. Forse, si disse Jimin, facevano quell'effetto solo a lui. Perchè, vedendo quel ragazzo in strada, con i suoi capelli argentei, il suo portamento, la sua eleganza, grazia e cupezza nell'aspetto, era impossibile non innamorarsi istantaneamente di lui. Anche per un secondo, per un piccolo frangente. Jimin si riempì i polmoni d'aria, essendo stato quasi soffocato dallo stucchevole odore di Yoongi sul cuscino, le lenzuola e le coperte. Era come essere avvolti da lui senza esserlo davvero. Una sensazione impagabile, bellissima. Ritornò a poggiare gli occhi torpidi sul viso del maggiore, con la sua asettica pelle candida, gli zigomi pronunciati e le guance paffute a causa del cuscino che le schiacciava. Jimin sentì una dolcissima tenerezza iniziare a scaldargli il petto, pensando che fosse davvero, davvero stupendo anche mentre dormiva. Il suo sguardo si focalizzó sugli occhi chiusi, i quali formavano una linea sinuosa ed aggraziata come un merletto decorativo. Le ciglia erano così lunghe e nere da accompagnare fedelmente la linea flessuosa dell'occhio, facendo accorgere Jimin di quanto fossero femminili ciglia del genere. Erano un incanto, un acchiappasogni che si era appropriato del cuore di Jimin, senza alcuna possibilità di negoziazione. Persino le orecchie bucherellate da piercing e orecchini erano mirabili. Jimin ebbe la tentazione di sfiorare quei particolari, di percepirli sotto le sue dita e sperimentarli con il suo tatto. Non voleva svegliarlo, avrebbe desiderato continuare a guardarlo per l'eternità, e se fosse stato possibile, anche dopo di essa. Era una sensazione bellissima sentire che quel momento apparteneva solo a lui e a nessun altro. Voleva far tesoro di ogni singolo dettaglio di quel ragazzo, cosicché quando si sarebbero dovuti separare, si ricordasse dell'unica persona che gli faceva provare delle emozioni talmente forti da togliergli il respiro. E fu con quel pensiero che i suoi occhi, timidi e un po' indugianti, caddero sulle labbra del più grande, ancora profondamente assopito. Erano socchiuse, tinte di un rosa pallido che se non l'avessero inventato quelle labbra, probabilmente non sarebbe mai esistito. Assomigliava alla bocca di una bambola, graziosa e innocente. Dio solo sapeva quanto aveva combinato quella bocca sul corpo di Jimin, Dio solo sapeva ciò che l'insieme di ogni singolo elemento riguardasse quel ragazzo avesse provocato nel petto del biondo. Jimin si ricordò delle parole sofferenti di Yoongi, della sua confessione incerta che gli faceva ancora battere il cuore come un pistone in cortocircuito e quella sottile velleità che gli impediva ancora di baciarlo. Il minore mandò all'aria tutto e poggiò le cinque punte delle dita sulla guancia liscia e polita del più grande, il quale fortunatamente non si accorse di nulla. La sua pelle scottava, nonostante fosse bianca come la neve. Jimin accarezzò dolcemente tutto lo zigomo, passò il pollice delicato sulle labbra e si avvicinò molto lentamente a quel volto incantevole. Chiuse gli occhi, cercando di non pensare allo sbaglio, all'errore che stava compiendo. Sporse di un po' le labbra, immaginando già il contatto con quelle di porcellana di Yoongi.

"Che stai facendo?" Una voce impastata ed incredibilmente profonda lo fece bloccare all'istante, un'ondata di ansia gli colpì lo stomaco. Yoongi si era svegliato proprio nel momento in cui le loro labbra stavano per sfiorarsi. Jimin scattò indietro, coprendosi la bocca con le mani e arrossendo a livelli inverosimili.

"N-no, sto..." si affrettò a girarsi dall'altra parte, nascondendo l'incredibile imbarazzo. "...dormendo." Disse poi, dandosi da solo del deficiente. Dovette aspettare numerosi secondi per ricevere una risposta.

"Dormi con gli occhi aperti, di solito? Inquietante." Scherzò Yoongi, spillando un sorriso forzato con un lato della bocca. Jimin non poteva vederlo, ma quel sorriso conteneva un'ingente delusione e una malinconia incontrollabile. Una cosa che invece il minore notò subito, era la voce di Yoongi appena sveglio, dopo una lunga (o quasi) notte di sonno. Era come il suono di un tuono solitario, della pioggia che stillava sulle finestre, delle onde che si infrangevano sugli scogli con violenza. Jimin amava le tempeste. Magari non starci in mezzo, ma guardarle per lui era come vivere in un quadro semovente. Di conseguenza, amava anche Yoongi. Ma con Yoongi ci stava in mezzo.

"Già." Si limitò a rispondere l'altro, sprofondando nel più soffocante e lugubre disagio. Quanto diavolo era bello sentire il suo calore sulla schiena, solo Jimin poteva saperlo, ma quando questo si fece gradualmente più forte, il ragazzo sentì i muscoli irrigidirsi. Yoongi si stava avvicinando. Pericolosamente. Molto, molto pericolosamente. Jimin si morse il labbro e avvertì il corpo familiare del maggiore aderire perfettamente al suo, compresa la sua parte intima piuttosto remarcabile. Jimin inalò un disperato e profondo respiro, cercando di rimanere calmo. Il braccio di Yoongi gli avvolse il petto, stringendolo a sé con decisione. Il più piccolo riusciva a sentire il cuore del maggiore battere sulla sua schiena e sincronizzarsi al suo. Non provava nemmeno a pensare lucidamente e il suo sguardo lievemente spaventato slittava in tutti gli angoli rigorosamente bianchi di quella stanza da letto. 

"Io voglio baciarti, Biondino." Gli disse in un orecchio, facendolo sussultare sul posto immediatamente. "Lo voglio davvero, ma non posso farlo per motivi che so io e che solo io devo sapere." Gli rivelò il ragazzo, con la voce simile a tempesta citata prima. Non c'era freddezza, questa volta, non c'era scherno, non c'era monotonia. Solo una tristezza che per Jimin fu dura da sopportare. Quelle parole fecero crollare di nuovo il suo intero mondo in pezzi. Si domandò il motivo, si chiese cosa avesse mai fatto in vita sua per meritare una relazione del genere e chiese mentalmente a Yoongi cosa significasse per lui dargli quel bacio. Avevano fatto le peggio cose, un bacio, a confronto, non era niente. O meglio, per Jimin sarebbe stata un'esplosione di una supernova all'interno del suo piccolo, prezioso corpo; ma per Yoongi... non lo sapeva proprio.

"Era vero?" Chiese inavvertitamente il biondo, intrappolato tra le braccia del maggiore.

"Vero cosa?" Gli Chiese l'altro, con uno smarrimento reale, sincero.

"Che ti sei innamorato di me dal primo momento in cui ti ho rivolto la parola." Gli ripetè il ragazzo come un pappagallo. Le parole della sera prima non avrebbero più lasciato la sua mente nemmeno per un secondo. Mai.

Yoongi fu preso alla sprovvista. Non voleva rivelargli come si sentiva, non voleva esternare se stesso più di quanto avesse già fatto. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto da quel momento in poi. Entrambi non ne avevano. Yoongi non rispose, stette in silenzio, essendo pienamente cosciente che chi non parla acconsente. Offrì a Jimin il beneficio di questo dubbio, convinto del fatto che fosse meglio per lui non sapere nulla di cose delle quali nemmeno lui stesso era sicuro.

"Non rispondi mai a domande del genere, anche con Sunmi era così, immagino." Commentò l'altro allora, sibilante come un serpente velenoso. "Però lei te la sei scopata senza problemi, lei l'hai baciata senza fare storielle." Jimin disse quelle parole quasi sputandole, con uno schifo che si poteva percepire nell'aria, la quale si era ormai fatta tesa.

"Sì, è vero, l'ho fatto." Confessò Yoongi, dopo alcuni secondi di pausa. Non poteva mentirgli, non ci riusciva. C'era una motivazione specifica per la quale lui non voleva baciare Jimin, una motivazione profonda, personale. "Jimin, tu non sei lei." Poi sospirò. "Non lo sei mai stato." Sussurrò poi con malinconia.

"Cosa sono io, allora?" Domandò il biondo alterato, staccando improvvisamente il corpo da quello di Yoongi e girarsi direttamente verso il suo viso. "Cosa è successo tra noi?"

Yoongi avrebbe voluto urlare che lui era tutto ciò che si era sempre figurato di possedere, come nei film quando il protagonista si innamora al primo battito di ciglia, lui aveva provato lo stesso con Jimin. Era straordinario come la sua mano riempisse la propria alla perfezione, era avvenente solo la percezione della sua pelle, era stupendo come come i loro corpi si incastrassero senza rompersi. "Tu sei la cosa più travolgente ed inottenibile che sia mai capitata nella mia vita, Park Jimin." Disse poi, cercando di scegliere con cura le parole. All'interno di quelle quattro mura che venivano sfondate dalla vicinanza dei due destini, ove la luce cominciava ad entrare sempre più forte. Le labbra di quel ragazzo dai capelli color del grano erano dei campi di battaglia spogli, desertificati, ricordi di contese infinite. I suoi occhi erano come perle nere, familiari e pieni di luce, Yoongi vedeva la sua miniera d'oro scavata in quegli occhi, alla quale purtroppo gli era stato vietato l'accesso. Le piccole borsette che si formavano sotto di essi quando sorrideva erano la cosa più dolce che avesse mai visto in tutta la sua vita. Ma in quel momento, Jimin non sorrideva. Le parole di Yoongi gli fecero rivenire in mente il perché lo avesse lasciato solo la serata precedente all'hotel. Lui voleva risposte e quel ragazzo continuava a regalargli nuovi interrogativi, gli faceva rodere i muscoli e stringere i pugni, quel perpetuo sentimento di insicurezza. Ciononostante, non aveva la minima intenzione di andarsene da quel letto che odorava di lui. Sarebbe stato inutile, giacché si sentiva in trappola. Quando lo aveva accanto, non riusciva a non pensare a volere di più, mentre quando era lontano, gli bastava anche un minimo tocco per soddisfarlo. Quella dualità lo distruggeva. Aveva perso se stesso tra i suoi desideri e c'era caduto dentro come in un pozzo senza fondo. Sarebbe stato come farsi a pezzi da solo se avesse solamente riprovato ad allontanarsi da quelle coperte, da quel profumo, da quel tutto. Si sentiva come inebriato da quell'odore che quasi non si accorse che Yoongi lo stava ancora guardando. Si osservarono per minuti interi negli occhi, senza toccarsi, senza parlare, in un silenzio solenne.

"Perché continuo a provare questo quando ti guardo, pur essendo consapevole che non sei la persona adatta a me?" Chiese Jimin, sperando che almeno lui gli desse una minima spiegazione. Ne avrebbe volute centinaia di spiegazioni, ma nessuno gliele avrebbe mai date.

"Se lo sapessi, non sarei qui con te." Gli rispose Yoongi, ostinato a nascondergli la verità. Verità che neanche io rivelerò a voi che leggete. "Se lo sapessi, staresti molto meglio, adesso." Specificò poi.

"No, se lo avessi saputo, non avrei mai provato niente di tutto questo." Spiegò Jimin. "Mentre io voglio molto di più di questo." Ed ecco lo sguardo di Yoongi che si spegneva ancora e ancora, fino a coprire gli occhi di una patina di nebbia scura.

"Dormi, Biondino, c'è ancora un po' di tempo prima che ti svegli." Si limitò a dirgli, quasi come un ordine.

Jimin, non avendo scelta, si approcciò al corpo del ragazzo, allacciandogli le braccia al collo e attaccandosi completamente a lui. Yoongi lo lasciò fare, il calore emanato dal corpo di quel ragazzo era spiazzante. Le loro fronti si incontravano, i loro nasi si toccavano, le loro braccia avvolgevano l'uno all'altro, Jimin avvertiva la pelle di Yoongi sfiorare la sua e la mano del maggiore appoggiarsi sulla parte bassa della schiena. I suoi sentimenti combattevano una battaglia sanguinosa dentro di lui. Alcuni gridavano e pretendevano ogni singola cellula del corpo di Yoongi, altri avrebbero voluto morire in quel letto. Strinse le mani sulla schiena nuda del maggiore, facendolo sussultare. "Non pensare." Lo rassicurò Yoongi, sussurrando con quanta più dolcezza poté. Jimin cercò di spegnere il suo cervello e in questo modo si addormentò di nuovo. Fino alla mattina presto, a giudicare dalla stanchezza che provava, non aprì più occhio.

"Biondino, svegliati." Yoongi lo chiamò con il tono calmo e monotono della sua voce. Jimin, in tutta risposta, si girò dall'altro lato, coprendosi fino alla fronte con le lenzuola bianche e continuando a dormire pacificamente. Il maggiore ruotò gli occhi, sedendosi sul lato del letto.

"Senti, mi dispiace." Gli disse, col più grande sforzo che avesse mai fatto nella sua vita. Non aveva mai detto una cosa del genere così di punto in bianco solo perché sentiva il lacerante bisogno di farlo. "Mi dispiace se hai rischiato la tua vita ieri, mi dispiace se sei venuto a sapere della mia storia con Sunmi e sopratutto mi dispiace se desideri qualcosa che io non posso darti e che non potrò mai darti." Gli poggiò una mano sulla spalla, scuotendola un po' e rivolgendo lo sguardo sui capelli rasati dietro la testa. "Eddai, svegliati! Non rendermi la vita difficile." E si fece scappare una risata, sebbene il biondo si fosse lasciato scappare un mugugno di disapprovazione. Yoongi guardò un punto indecifrabile della stanza, per poi focalizzarsi ancora sul ragazzo. Prese un lungo respiro, inalando più aria possibile per riempire i suoi polmoni fino a scoppiare, poi preparò la sua voce più supplicante e disse, "E se ti dicessi che ho preparato la colazione?" Poi fece una pausa, ripensandoci. "Per entrambi, intendo." Disse, con un mezzo sorriso. Jimin aveva già aperto gli occhi da un pezzo, ma gli piaceva sentire Yoongi pregarlo di alzarsi e mangiare con lui, dopo tutto quello che aveva dovuto sentire ore prima. Era mostruosamente insensato, tutto, ma il biondo cercò di pensare solo ai dettagli positivi, seppure fossero pochi e vaghi. "Dai, Biondino, alzati, non fare il bambino." Si sentì dire dal ragazzo più grande. Si girò finalmente verso di lui, fingendo di stiracchiarsi e di essersi appena svegliato, anche se non era assolutamente vero. Aveva sentito i vari "mi dispiace" e non sapeva come sentirsi per quel breve discorso.

"'Giorno." Disse, stropicciandosi un occhio e sorridendogli dolcemente.
Yoongi, a quella visione, sentì un tuffo al cuore che glielo fece arrivare ai piedi e poi diretto in gola. Deglutì, osservando i riflessi dei capelli biondi e quel meraviglioso sorriso sincero, soave, zuccheroso e angelico, ma allo stesso tempo così attraente e accattivante da far desiderare al più grande di soffocare quel sorriso con le sue labbra. Era pura arte. Quel sentimento di profonda sensibilità, di attenzione ai dettagli con minuziosità certosina, l'analisi attenta di ogni particolare e l'impagabile soddisfazione una volta finito di ammirare un quadro lo provava quando guardava Jimin. Lui e nessun altro. Memorizzare il suo viso, la sua voce, il suo corpo e i suoi comportamenti era diventata l'attività preferita di Yoongi in così poco tempo che si era trovato spiazzato. Si era promesso di non donare mai a nessuno quel poco che gli era rimasto da dare, si era detto e ridetto che non avrebbe mai dovuto sprecare tempo con cose che lui credeva effimere e irreali, aveva giurato di non innamorarsi. Mai e poi mai. Tuttavia, a causa di Jimin, giorno dopo giorno, sentiva quel giuramento creparsi e cedere sotto il peso dei suoi sentimenti.

"'Giorno." Gli rispose Yoongi, replicando con un sorriso finto e accennato. "Dormito bene?" Maledizione a lui e a tutte le domande che aveva visto nei film! Era logico che non avesse dormito bene visto che aveva passato la notte a fare altro ed era rimasto sveglio quasi tutta l'alba con lui. Yoongi non riuscì a bloccare la frase incriminata in tempo e vide il volto di Jimin stranirsi.

"In realtà, non ho dormito molto per vari motivi." Replicò, per l'appunto, il biondo, afferrando il suo cellulare e guardando l'orario. "Dio! Sei pazzo?! Sono le sei e un quarto, è prestissimo!" Esclamò Jimin, ributtandosi sconsideratamente sul cuscino. La verità, però, era che adorava stare in quel letto, tra le coperte morbide e calde e Yoongi seduto accanto.

"Spicciati o la colazione andrà a male." Fece Yoongi freddo, alzandosi dal materasso.

"Sì, ma sono nudo." Constatò Jimin, alzando le spalle. "Passami i boxer, per favore." Yoongi fece come gli era stato detto e gli lanciò l'abbigliamento intimo senza curarsene più di tanto. Notò che Jimin se li stava infilando sotto le coperte e fu invaso da una leggera delusione. Non che non l'avesse mai visto svestito, ma lo avrebbe voluto vedere in quel modo, giorno più giorno meno, tipo tutta la vita.

"Bene, ora non sei più nudo, Mr. Pudore, vogliamo andare oppure vuoi che mi mangi l'intonaco dei muri?" Lo rimproverò il più grande con un tono abbastanza leggero.

Jimin si sedette sul bordo del letto e si sistemò i capelli per non sembrare Goku Super Sayan. "Che c'è pe-" Tentò di alzarsi dal letto, ma una fitta incredibilmente dolorosa al fondoschiena gli impedì a priori ogni equilibrio. "Oh, porca la Peppina!" Fortunatamente, mentre era in procinto di ruzzolare a terra, la prontezza di Yoongi glielo impedì e lo aiutò a rimettersi seduto sul letto. Jimin si fece subito completamente rosso e non disse una parola.

"Okay, colpa mia, pardon." Yoongi alzò le mani e si chiuse nelle spalle, per poi notare che Jimin era rosso come un peperone ed esageratamente a disagio. Si torturava le mani e, come sempre, tentava di nascondere il rossore. Il maggiore si fece scappare un sorrisetto e pensò che la tenerezza di quel ragazzo fosse davvero senza limiti; tanto che avrebbe potuto far addolcire un intero oceano. Oltretutto, sembrava molto più piccolo della sua età. La prima volta che Yoongi l'aveva visto, aveva pensato che avesse a malapena diciannove, vent'anni o giù di lì. Ma addirittura ventitré, quasi ventiquattro, era inverosimile per un volto talmente bianco ed angelico. "Sembri molto più giovane della tua età." Si fece scappare involontariamente, peggiorando la situazione in modo notevole. Jimin arrossì, se possibile, anche di più e rivolse lo sguardo dalla parte opposta di Yoongi in modo da celarlo. Il più grande prese un altro lungo respiro, si maledì per la sua abitudine di dire sempre ciò che pensava senza alcun filtro e si sedette accanto a Jimin, il quale non aveva proprio intenzione di spostare lo sguardo. "Sei bellissimo." Rivelò lui, cercando di calmarsi, ripetendosi che stava dicendo solo la pura verità, l'unica differenza è che lo diceva senza un rapporto particolare a distrarlo. "Ti... ti porto la colazione qui, tu fai come se fossi a casa tua." Solcò l'uscio e si fermò lì, vedendo che a quel punto gli occhi grandi e scuri di Jimin si erano piazzati su di lui, anche il suo piccolo naso era rosso insieme a tutte le guance. "Ti consiglio di stenderti su un fianco, comunque." Disse poi.

Jimin si morse un labbro, tentando in qualche modo di fermare quelle ondate di vergogna e di far smettere al suo cuore di battere così velocemente. Yoongi gli aveva detto che era bellissimo. Lui, bellissimo. Così, pacato e sincero. Jimin sorrise con ancora il labbro fra i denti e poi si stese su un fianco, poggiando la testa sul braccio piegato. Non sapeva esattamente perché si fosse imbarazzato tanto per quella fitta, in fondo, era solo la terza volta per lui e sicuramente Yoongi lo sapeva. Gli aveva consigliato anche di coricarsi su un fianco, a maggior ragione. Finalmente, il sangue sul suo viso si disparò di nuovo, facendo ritornare la colorazione normale della sua pelle chiara, ma mai quanto quella di Yoongi. A proposito, Jimin si rimproverò di non avergli degnato nemmeno di uno sguardo attento quella mattina, per quanto fosse bello, le ammirazioni le meritava tutte. Appena lo vide comparire di nuovo sull'uscio, infatti, si accorse che indossava gli stessi abiti che lui gli aveva tolto la sera prima. Un altro lieve sorriso si fece spazio sul suo volto, ma Yoongi non se accorse, troppo occupato a cercare una superficie piana ove far mangiare il biondo senza farlo alzare. "Non preoccuparti, ce la faccio a mettermi seduto, credo." Lo rassicurò Jimin.

"Sì? Sennò posso aiutarti a raggiungere il divano o dove ti pare." Gli disse Yoongi gentilmente senza nemmeno rendersene conto. «Ma sono ancora io, sì?» Si chiese, ritenendo anche lui inusuale la sua improvvisa cordialità.

"Non c'è problema, vedi? Riesco a sedermi anche qui." Disse Jimin, che in realtà stava provando una dozzina di fitte continue sul suo fondoschiena. "Come mai..." Doveva chiederlo, non gli interessava se non gli avesse risposto, doveva farlo. "Come mai sei così gentile? È solo per quello che ho passato ieri sera oppure..." Jimin non sapeva esattamente dove andare a parare e sopratutto era convinto che Yoongi avrebbe ignorato quella domanda così lasciata in aria.

"Te l'ho detto." Disse lui, chiudendo gli occhi per l'esasperazione. "Per me se molto più importante di quanto credi." Spiegò poi semplicemente, sedendosi accanto a lui come se avesse detto la cosa più normale al mondo. "Ho fatto i pancake, so che non sono proprio una tipica colazione coreana, ma ho frequentato l'università a Londra e mi sono abituato a mangiare questi per colazione." Esordì lui con il suo solito sguardo spento e la voce profonda e cantilenante. "Se non ti piacciono, fammelo sapere." Aggiunse.

Jimin ignorò la questione della sua importanza nella vita di Yoongi, giacché sapeva già che il ragazzo non gli avrebbe concesso altre espansioni dell'argomento e passò direttamente a impugnare il suo piatto con all'interno le tre frittelle che aveva visto in una moltitudine di serie tv e che non aveva mai provato in vita sua. Gli sembravano buone, e poi, anche se non lo fossero state, le avrebbe mangiate lo stesso per educazione. Ne tagliò un pezzo e osservò Yoongi masticare tranquillamente, guardando fuori dalla finestra. Si portò la fetta in bocca ma solo dopo pochi secondi Jimin avvertì il sapore del piatto e si stupì per il fatto che, wow, erano buoni davvero. "Yoongi," Lo chiamò. Il ragazzo dai capelli grigi si voltò con la bocca piena a mo di scoiattolo con le sue ghiande e stette ad ascoltare cosa avesse da dire quel meraviglioso ragazzo sulla colazione che lui si era impegnato a preparare.

"Mh?" Fece Yoongi, non riuscendo a parlare con la bocca colma di pancake.

"Sono buoni, complimenti." Si limitò a dire Jimin, il quale non voleva mai sbilanciarsi troppo. "Sei un bravo cuoco?" Aveva sempre trovato i cuochi sexy, ma si rifiutò di ammetterlo appena gli venne in mente.

"Discreto." Rispose Yoongi, senza guardarlo. "Il ramen mi viene da Dio, però." Disse poi, mangiando un altro grosso boccone. Che avesse fame, non c'era dubbio.

"Capisco." Disse Jimin, sentendo la conversazione morire a quel punto, fino al momento in cui Yoongi non la riaprì.

"Ti ho svegliato presto perché dovrei lavorare, ma potrei anche rimandare se hai voglia di restare." Disse Yoongi, in tono vago. Teneva gli occhi fissi fuori dalla finestra in modo da evitare di guardare il biondo. Ogni volta che i suoi occhi toccavano quelli di Jimin, qualcosa dentro di lui lo colpiva dritto dritto sul petto, per poi sentire dilagare il dolore per tutto lo stomaco e la gola.

"Perché sei così gentile con me?" Chiese ancora il minore, facendo ben attenzione a captare ogni movimento del volto di Yoongi, sebbene riuscisse a vederne solo una minima parte. La maglietta nera gli cingeva la schiena, lasciando intravedere le ossa della spina dorsale e delle scapole.

"Non lo so, Biondino." Gli rispose l'altro esasperato. "Sento il bisogno di essere..." Fece una pausa, cercando di dire parole che pensava non avrebbe mai e poi mai detto in tutta la sua vita. "Come si dice... di essere una persona migliore quando sono con te." Rivelò, girandosi finalmente verso quel ragazzo.

Jimin sentì una scossa percorrergli le tempie e arrivargli direttamente al cuore. Nessuno gli aveva detto una cosa del genere, una frase così importante. Gli aveva detto che lo incoraggiava ad essere una persona migliore, una persona per lo meno meritevole. Quel ragazzo era estremamente pacato, ma se c'era qualcosa che sapeva usare bene, quelle erano le parole. Riusciva a contenere una miriade di sfaccettature all'interno di poche, basilari espressioni. Da una parte, il cuore di Jimin era colmo di speranza, ma bastava solamente una goccia di troppo per far strabordare tutto e farlo cadere di nuovo in pezzi. Bastava un singolo gesto, una parola detta male per creare uno squarcio insopportabilmente doloroso nel suo animo. E poteva sembrare esagerato, inverosimile, inconcepibile, ma era proprio così che si sentiva ogni volta che passava del tempo con Yoongi. Non importava se si trattasse solo di sesso o di una conversazione, quel ragazzo sapeva come dargli le vertigini e la nausea senza bisogno di muovere un dito. "E perché non dovresti esserlo con tutti?" Chiese, camminando tra le braci ardenti.

"Perché non posso permettere che troppe persone si avvicinino a me." Rispose, con una serietà che metteva paura. "Quindi è meglio restare invisibile e impersonare uno stereotipo." Spiegò, osservando negli occhi il minore, il quale non poteva avere un viso più interrogativo.

"Chi sei tu, Min Yoongi?" Chiese, non sapendo più chi fosse la persona con la quale stava parlando. "Chi sei tu, davvero?" Ripetè, sottolineando il suo disperato bisogno di una risposta. Quasi si stava perdendo in quegli occhi scuri e cupi, illuminati solo da una luce flebile, intermittente, assopita.

"Non ti interessa saperlo e io non voglio dirtelo." Rispose questo freddamente. "Accettalo." Aggiunse poi, prendendogli il piatto vuoto dalle mani per riportarlo in cucina, senza più fiatare. Non poteva farsi abbindolare dalle galassie che vedeva negli occhi neri di Jimin. Non poteva rivelargli ciò che aveva tenuto nascosto, ma che ora lo stava facendo crollare in macerie asciutte e vuote. Era la parte della sua vita che voleva reprimere, cancellare, ma che era riuscito solo a stipare in un angolo remoto della sua mente, senza gabbie, senza sbarre, i ricordi vagavano liberi ogni volta che qualcosa che li sollecitava gli si presentava di fronte. Aveva imparato a convivere con quei mostri, con quei demoni che vivevano in quell'angolo, liberi ma nascosti. Le cause di quella orribile cupezza e la disturbante realtà che giaceva viva e vibrante nella mente di Yoongi, non le conosceva nessuno. Erano suoi problemi, era la sua vita, era la sua scelta conviverci, continuando a reprimere qualunque espressione personale. Fino all'arrivo di Jimin. Quel ragazzo gli aveva fatto ricordare che, per quanto si fosse impegnato a reprimere una marcata parte di sé, si era dimenticato come fosse iniziare a provare qualcosa di molto più forte. Si rese conto che lui non era l'unico ad aver portato via a Jimin qualcosa, ma che anche quel bellissimo ragazzo dai capelli biondi gli aveva portato via ogni certezza, qualunque controllo si fosse precedentemente imposto. Aveva perso se stesso e non se n'era nemmeno reso conto, così avvezzo a vivere tutti i singoli giorni dell'anno in quel piccolo universo di finzione che si era costruito come scudo. Era una gabbia, erano delle catene, erano corde che lo legavano indissolubilmente al suo passato. Un legame controverso e disturbante.

Jimin era rimasto solo in quella camera. Si guardó intorno, notando che sul pavimento c'erano ancora i vestiti sparsi della sera prima. I suoi pantaloni e la sua maglietta giacevano a terra spiegate e disordinate, ma non c'era traccia della sua giacca di V's. Se ne fregò e si stendette sul materasso, in quel momento decise che era ora di ritornare a casa sua in modo da farsi una doccia veloce ed andare al lavoro. Yoongi doveva svolgere alcune commissioni e, anche se gli aveva detto che avrebbe potuto rimandare, Jimin non volle disturbarlo altrettanto. Cercó di alzarsi e mettersi seduto sul lato del letto, succedendo nella sua impresa, e poi si chinò a terra per raggiungere i calzini e i pantaloni. Fu una sofferenza immane infilarseli, ma poi riuscì ad alzarsi in piedi. Una vittoria notevole per uno che tre quarti d'ora prima era quasi caduto davanti a... qualsiasi cosa fosse Yoongi per lui. Stava rivoltando la maglietta quando il sopracitato rientró nella stanza e si fermò improvvisamente a fissare Jimin discinto. Era un Bronzo di Riace. Un David di Michelangelo. Dalle sue braccia sotto sforzo sporgevano due bicipiti vertiginosi, le spalle erano scolpite, i pettorali accentuati, le clavicole presenti che formavano due archi perfetti, gli addominali che sembravano solchi di un campo appena arato e le linee dei fianchi accentuate. Ogni volta era come se fosse stata la prima. Non si sarebbe mai stancato di guardare quel corpo, qualunque cosa gli fosse successa. Jimin ricambiò il suo sguardo, rivolgendogli una delle sue solite espressioni stranite ed interrogative. "Ho qualcosa sul petto?" Chiese, scrutando la parte interessata.

"No, no." Si affrettò a dire il più grande, distogliendo immediatamente lo sguardo da quel corpo scultoreo. "Niente." Aggiunse, tornando a zuzzurellare lì intorno. "Quindi, te ne vai?" Chiese poi.

"Già, non vorrei disturbare con il tuo lavoro e... il resto, ecco." Spiegò Jimin, infilandosi la maglietta a maniche corte. Doveva imparare a dire questo, a dire basta. "Insomma, tu hai il tuo e io il mio." Disse poi con voce assente, scuotendo la testa lievemente. Vide Yoongi annuire a sua volta e abbassare lo sguardo.

"Ti accompagno alla porta, allora." Disse poi. "Ti serve aiuto?" Si avvicinò a Jimin, il quale sentiva ancora un dolore allucinante al posteriore. Il biondo fece di no con la testa in tutta risposta, affermando che camminare non era così difficile anche con quel tipo di dolore. "Okay." Si limitò a dire Yoongi, per poi ricordarsi di una cosa che doveva dirgli d'urgenza. "Ah, la tua giacca di V's, quella che portavi ieri sera, è strappata." Esordì il ragazzo. "La farò riparare da Jin oggi, intanto puoi prendere questa." Gli lanciò un indumento giallo, una felpa di quelle firmate. Jimin la afferrò al volo e la guardò. Era una di quelle felpe all'ultima moda, che andavano tra ragazzi, di un giallo ocra brillante e delle lettere gotiche nere sul lato del petto. Ringraziò Yoongi, non capendo perché non gli lasciasse la giacca in modo che lui la riparasse da solo, ma non gli dispiacque indossare i suoi vestiti. Sembrava uno degli indumenti di Taehyung, anche se a quest'ultimo sarebbe stata cortissima, visto che era circa una spanna buona più alto di entrambi. Jimin notò che invece a lui calzava perfettamente e sopratutto che quella morbida e calda stoffa sapeva di Yoongi. Nascose le mani all'interno delle maniche e si diresse verso la porta d'ingresso, crogiolandosi tra l'odore familiare di quel cotone felpato.

"Grazie, davvero, di tutto." Disse Jimin, una volta arrivato a solcare l'uscio della porta principale. "Di avermi ospitato e... per essere stato almeno sincero con me." Provò ad usare il registro di lessico adatto a quel momento, ma quello che ne risultò sembravano delle scuse per uno studente delle medie.

"Non ti preoccupare." Lo rassicurò Yoongi, poggiandosi sullo stipite con le braccia incrociate. "E puoi tenerti la felpa, se vuoi. Io quella non la metto, ma a te dona il giallo." Commentò, passando gli occhi lungo tutto il suo corpo. Jimin arrossì un po' e lo ringraziò una seconda volta. "Ah e comunque mi dispiace per ieri sera, davvero."

"Sì, lo so, ti ho sentito stamattina." Gli sorrise Jimin, staccando gli occhi dai suoi come per prendere aria. "Ormai è tutto finito." Sospirò il biondo.

"Se dovesse succedere qualcosa, chiamami." Gli ordinò pacatamente. "Oppure chiama chi ti pare, ma stai attento." Si raccomandò, per poi rivolgere lo sguardo alle sue scarpe.

"Certo, ora devo andare." Tagliò Jimin, non sapendo più come staccarsi da quel ragazzo così attraente. "Ci vediamo a lavoro." Lo salutò agitando la mano e Yoongi gli fece un placido segno di saluto, per poi rintanarsi in quella meravigliosa villa. Guardò dall'occhiello Jimin che faceva partire la sua macchina e che si allontanava lungo la strada, per poi spostare lo sguardo e guardarsi intorno. Era nel suo solito salotto bianco, le sue mura bianche e le sue tende bianche. Si sedette sul divano bianco ed ebbe voglia di bere di prima mattina. Guardò l'orario e tutta la sua voglia di lavorare scivolò via, accompagnata da un leggero freddo che cominciava ad infastidirlo. Già che c'era, poteva far rimanere Jimin un'altra ora con lui, anche se gli serviva un po' di tempo per stare da solo dopo tutto quel guazzabuglio di cose. Decise di farsi un bagno per schiarirsi le idee e di pensare a cosa fare con Jimin da quel momento in poi, quindi si alzò dal divano e si diresse verso la stanza da bagno. Sull'uscio, si tolse i braccialetti di pelle per paura che si bagnassero, li appoggiò vicino alla legna da usare per il camino e poi continuò a dirigersi verso la stanza. Accese l'acqua calda per riempire la vasca, stette ad osservare il vapore che cominciava a salire verso il soffitto e poi uscì al fine di prepararsi qualcosa da bere e da leggere: aveva la fortuna di avere un piccolo tavolo con le rotelle vicino alla vasca. Giunse in cucina e prese un bicchiere, ci versó del whisky e poi afferró il libro che stava correntemente leggendo. Adorava leggere libri di tutti i tipi, ma i suoi preferiti erano quelli che contenevano contenuti scandalosi per il tempo della loro pubblicazione. Per l'appunto, in bagno con lui portò un grande titolo, quale "Lolita" di Vladimir Nabokov. Pubblicato per la prima volta nel 1955, si poteva descrivere come un romanzo scabroso, dai contenuti scottanti e immorali. Si trattava, infatti, di una storia che, in sunto, narrava della passione carnale di un uomo maturo, più precisamente un professore, per un'adolescente, sua alunna e poi figliastra. E fu cosí che si tolse i vestiti e si immerse nella sua calda e accogliente vasca, indossó gli occhiali da vista (non era una grande mancanza e sebbene quando leggeva o lavorava fosse obbligato a portarli, a volte lo evitava) e riprese il segno del suo libro. Cominciò a leggere parole su parole, frasi che dovette controllare dieci volte per capirne il senso a causa della testa distratta da mille altri pensieri. Per esempio, cosa avrebbe dovuto fare con Jimin, oppure se fosse ancora abile di mantenere la promessa del suo passato e cosa sarebbe successo se la loro relazione fosse continuata in quel modo. Probabilmente, Jimin avrebbe scoperto tutto ed era l'ultima cosa che Yoongi voleva che succedesse. E comunque, almanaccare su quei se non avrebbe portato a nient'altro che ad altri se, come in un ciclo che non sarebbe mai più terminato. Yoongi si guardò i polsi, segnati con i risultati dei suoi segreti e li immerse subito in acqua, percosso da un gelido brivido. Pensò a quanto si sentisse giusto quando il suo corpo era vicino a quello di Jimin, quel senso di controllo, di peccato e di vera passione lo aveva confuso, gli aveva mescolato le carte del mazzo senza che lui lo avesse richiesto. Ed ecco che la vita giocava con lui come una vedova nera si dilettava con le sue prede. Soffocato in una ragnatela di ricordi, corroso dall'interno al solo pensiero del volto più bello che avesse mai visto. Il rischio che si era preso era troppo grande per il criterio di vita che si era forzato a vivere in tutti quegli anni, l'aveva assunto senza pensare alle conseguenze, spinto da qualcosa talmente forte che lo aveva travolto come un uragano. Si ritrovava il cuore in gola e lo stomaco nel petto. Avvertiva nuovi brividi di vita quando vedeva e toccava Jimin, grazie a quel ragazzo riusciva a percepire che qualcosa in lui si stava crepando, facendo intravedere una lieve e flebile luce. Era così vicino a mandare all'aria tutto ciò che aveva costruito e allo stesso tempo così lontano da essere pronto a questo che sarebbe stato meglio tagliarsi a metà e far decidere le parti tra loro. Come avrebbe voluto che fosse così, libero da ogni responsabilità, immune ad ogni conseguenza. Un orribile ricordo della sua infanzia gli lacerò la cassa toracica, facendogli portare una mano bagnata tra i capelli asciutti, chiudere gli occhi e sforzarsi a mandarlo via il più presto possibile. Si trattenne dal piangere, ripetendosi che non sarebbe servito a niente, che lui era morto e lei non l'avrebbe più rivista. Appoggiò il libro in un angolo del mobile, accanto agli occhiali, si rannicchiò sul bordo della vasca, facendo risuonare le stesse parole più volte nella sua testa, fino a quando il ricordo non si deteriorò. Rivolse subito la sua mente a qualcos'altro, o meglio, ad altri. Pensò a Taehyung, l'unica persona che conoscesse tanto bene da avergli quasi rivelato ogni cosa, il quale aveva perso sua madre, a Namjoon che stava per perdere Jin e di conseguenza a Jin che stava per perdere Namjoon, a Hoseok che, nonostante urlasse come un posseduto euforico, gli era rimasto sempre vicino e poi, infine, all'unico ragazzo che gli avesse fatto domandare per la prima volta chi fosse e cosa volesse davvero. Park Jimin.
Si alzò dalla vasca, avvolgendosi i fianchi con un asciugamano grigio scuro, guardandosi allo specchio e vedersi come un'ombra insignificante. Nella casa dei suoi sogni, tra i beni materiali che possedeva, quello era solo il riflesso del suo passato, il riflesso di qualcosa che non c'era più, un'anima arida che di prezioso non aveva niente. Ci aveva pensato più volte a scomparire insieme alla sua ingombrante ombra e non si era fermato lì. Aveva anche agito. Fatto sta che lui era ancora lì davanti al suo specchio, coi capelli umidi, tinti di un colore così improbabile che non poteva non avere un significato, gli occhi così spenti e svuotati di ogni interesse, le mani callose, che a Jimin piacevano tanto, ma che per Yoongi erano solo un altro segno di ciò che aveva creato intorno a lui.

Non rivelerò altro sui pensieri dello sventurato ragazzo davanti al suo lucido specchio, così da far rimanere il segreto celato e l'evidenza perfettamente visibile.

Si diresse verso il salotto ed ebbe subito freddo, non gli piaceva stare al freddo. Decise di buttare un po' di legna all'interno del camino e buttarci con noncuranza un fiammifero acceso, per poi riafferrare il suo libro e i suoi occhiali e riportarli entrambi dov'erano. Mentre solcava il corridoio, però, gli venne in mente una cosa solennemente tragica, ossia che prima di farsi il bagno aveva appoggiato i suoi bracciali vicino alla legna che aveva buttato tra le fiamme. "Cazzo, cazzo, no." Sussurrò, camminando frettolosamente verso il soggiorno. Scrutò dentro il camino, le fiamme erano già alte e conferivano un ingente calore, tanto che Yoongi quasi non si bruciò l'avambraccio. Guardando più attentamente, però, scorse i suoi fedeli braccialetti di pelle che ardevano tra le fiamme, trasformandosi in mucchietti di cenere. "Non ci posso credere, ma dove sto con la testa?!" Imprecó, tirando un pugno non troppo forte sul muro. Poi pensó che era pieno inverno, fuori faceva freddo e lui indossava sempre le maniche lunghe, dunque c'era poco da preoccuparsi. Sbuffò. Si tenne l'asciugamano cinto sui fianchi con una mano, mandó al diavolo il suo camino e poi si diresse verso la sua cabina armadio per scegliere un completo con le maniche belle lunghe. In quel frangente gli venne in mente che la sfilata si sarebbe tenuta molto a breve, quindi poteva attaccare discorso con Jimin proprio iniziando con tale notizia. Non ne avevano parlato nemmeno un po', ma Yoongi era sicuro che fosse nervoso. E aveva ragione.

Quella mattina, a lavoro, Jimin non incroció Yoongi nemmeno una volta, al contrario, incontró Taehyung e Jungkook che stavano osservando euforicamente lo schermo del cellulare dello stilista. Quei due erano diventati una specie di Pappa e Ciccia, Tizio e Cajo, Cip e Ciop. Un po' ne era geloso, ma non azzardó a dire niente riguardo a ciò.

"Jimin! Giusto in tempo! Sto girando per tutto l'atelier per far vedere la location a tutti quelli che incontro! Cioè, guarda che bella!" L'allegria di quello stilista era così contagiante che Jimin sorrise ampiamente, anche se non aveva la minima intenzione di farlo. Jungkook gli sorrise a sua volta, per poi guardare Taehyung. Jimin osservó con attenzione lo sguardo che aveva assunto il suo amico. Non l'aveva mai visto così... coinvolto. Era davvero attratto da Taehyung, si vedeva, si disse il biondo, che di attrazione ne sapeva due o tre. Forse era attirato da lui lavorativamente, si rassicurò poi. "Questa è la location; è nell'area di Dongdaemun Design Plaza, organizzata da Seoul Design Foundation con il supporto del Seoul Metropolitan Government. Noi faremo parte della Seoul Collection, la piattaforma delle firme più note, mentre quelle streghe della BlackPink Maison risiederanno nel padiglione di Generation Next, quello per le nuove proposte." Il suo tono sprizzava fervente eccitazione, una cangiante nota di pura spensieratezza e allegria. Jungkook aveva visto la Dongdaemun Design Plaza un paio di volte in TV, ma non aveva mai avuto l'occasione di sfilarvi. Era una struttura pazzesca, famosa in tutto il mondo come una delle più grandi strutture espositive del globo e solo al pensiero di metterci piede su invito faceva venire al moro un fremito di ansia mista ad impazienza. Jimin si limitò a sorridere e guardare l'amico con i suoi grandi occhi scuri brillanti e vivi. "Spaccheremo, ve lo dico io, abbiamo già i contratti internazionali tra le mani." Taehyung non era mai stato uno che si vantava dei suoi risultati, ma quella volta ne era sicuro al cento per cento. Con quella linea di streetwear e gala, avrebbe sfondato. Ripose il cellulare nelle tasche, guardò il viso di Jungkook e poi quello di Jimin. "Spero siate pronti perché sabato sarà un grande, enorme giorno."







okay, scusate per l'avviso così a caso, ma volevo avvisarvi che quest'ultimo periodo sono estremamente demotivata a fare qualsiasi cosa, fatto che vale anche con lo scrivere i capitoli. Ultimamente non mi riesce più niente di decente, quindi se (e dico SE) non pubblicherò con costanza, è proprio per questo motivo.

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