Ai confini del vuoto 1 - Prog...

De smallcactusstories

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La guerra tra Alleanza di Mu e Federazione di Lemuria si protende ormai da quasi dodici anni, dato che nessun... Mais

Premessa
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30 (Aesta)
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35 (Nayla)
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Note
Extra 2: Personaggi
Extra 3: Playlist
Extra 4: Cose varie ed eventuali
Extra 5: disegno
Ringraziamenti

3

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De smallcactusstories

Sono passati nove ol da quando la Starfall è precipitata: non ho rivisto nessuno, sono da sola, in una delle tante celle di Nova, l'unica città dell'Atlantis. Non ho idea di quel che stia succedendo su Lemuria, del perché ci mettano così tanto a dare una risposta all'Alleanza: vogliono davvero continuare la guerra senza la Starfall, senza Minerva?

Era la nostra unica speranza quel progetto: l'unica cosa che avrebbe contrastato la potenza delle astronavi nemiche, molto più potenti e avanzate delle nostre visto che l'Atlantis è un pianeta che si è nato dal progresso tecnologico e dalla ricerca scientifica, una brutta copia mortale di qualcosa che esiste davvero.

Non è cambiato molto l'Altantis da quel che ho visto mentre ci avvicinavamo al pianeta: le luci di Nova mi sembravano sempre le stesse, più brillanti delle stelle. Non ho avuto modo di vedere molto, Brunnos è atterrato direttamente sul tetto del palazzo e mi ha trascinato in quella stanza, poi mi portato quaggiù, in mezzo ai peggiori criminali del loro impero.

Inclino appena la testa all'indietro, appoggiandola al muro, lascio una gamba distesa e piego la destra, appoggiando sopra il ginocchio la protesi: sono passati solo dieci ked dall'ultima volta che ho guardato l'orologio. Abbasso la manica della camicia e la luce azzurrina che prima mi colpiva in faccia diventa soffusa, scomparendo non appena abbasso anche quella della giacca.

Le voci degli altri prigionieri mi giungono ovattate, non ho prestato attenzione ai loro discorsi, schiamazzi e richiami nei miei confronti: di loro non mi interessa, io voglio spere cosa intende fa la Federazione e che intenzioni ha Brunnos verso di noi – e verso di me.

Altri passi ritmati di soldati echeggiano nel corridoio illuminato, zittendo pian piano tutti: come tutte le altre volte, trattengo il respiro. Non si sa se siano qui per liberarti o per portarti sul patibolo.

Si fermano poco dopo, ma subito sono seguiti da altri, concitati.

«Avremmo dovuto giustiziarvi tutti» ringhia Brunnos afferrando le sbarre. «Avrei dovuto tirare giù tu e la Starfall da wakin» continua sputando sul pavimento della cella.

«Cos'è successo?»

Sgancia dalla cintura della sua divisa un paio di manette, facendole dondolare davanti alla sua faccia; quelle brillano sotto la luce bianca. Fa un cenno con la testa a una guardia che fa scattare la serratura. Non ho il tempo di alzarmi, che lui mi è addosso e io, senza rendermene conto, ho una guancia premuta contro il muro.

«Spero davvero di riuscirti a condannare questa volta, per me sarebbe solo un onore macchiarmi le mani del tuo sangue» sibila al mio orecchio, mentre preme il braccio sinistro contro la mia schiena. Si allontana solo dopo il secondo click metallico delle manette.

«Vuoi almeno dirmi cosa posso aver combinato, mentre ero qui, in cella, con la Starfall mezza distrutta da qualche parte là fuori?»

Mi afferra l'avambraccio, strattonandomi fuori, lungo il corridoio. «Vuoi dirmi che davvero non ne hai idea?» chiede senza degnarmi di uno sguardo, mentre preme il pulsante di chiamata di uno dei tre ascensori.

«No».

«Una delle nostre astronavi è sparita nel nulla e i sistemi dell'At10 hanno rilevato un... qualcosa riferito al campo magnetico. Di comune accordo con l'Orlan, abbiamo deciso di interrogare i tuoi ufficiali, ma nessuno di loro ha aperto bocca».

«Cosa ti fa credere che lo farò io?»

Brunnos si china, mi morde un labbro. «Non credo che tu voglia davvero mettere in pericolo la vita del tuo equipaggio».

Apro la bocca per chiedergli cosa intenda, ma le porte dell'ascensore che si aprono all'improvviso me lo impediscono: stringe la presa sul braccio come se volesse farmi capire che tutto il potere che ho avuto fino a poco tempo fa non è più nulla, che qui comanda lui. Fatico a tenere il suo passo: vorrei guardare dritto, ma gli occhi tornano a incollarsi al suo profilo – non riesco a non guardarlo, mentre tiene la fronte corrugata e le labbra serrate.

Si ferma all'improvviso davanti a una porta che viene aperta da un soldato fermo lì a lato: Brunnos mi spinge dentro, perdo l'equilibrio, finendo sul pavimento. Mi metto in ginocchio a fatica,sbattendo un paio di volte le palpebre per abituarmi alla luce proveniente dalla finestra.

«Vivi!»

«Stai bene?»

Sorrido istintivamente, voltandomi verso sinistra: anche Axel e Aesta sono ammanettati, seduti su due sedie, con altrettanti soldati dell'Alleanza alle loro spalle. che imbracciano un fucile di ultima generazione. È un contrasto così netto quello delle loro divise nere con le nostre blu.

«Sto bene» rispondo ad Aesta, ma un calcio improvviso sul fianco mi spezza il fiato prima che possa finire di parlare e mi fa finire di nuovo sul pavimento con un lamento.

«Ora non più».

«Va' a quel paese, Brunnos» sibilo tra i denti, mentre mi rimetto in ginocchio dopo aver ripreso fiato. Lui mi ha superato, mi dà le spalle, ma si ferma scoppia a ridere non appena mi sente; si volta lentamente, estraendo la pistola dal fodero.

«Non costringermi a un'esecuzione sommaria, Davith».

«Se la uccidi, poi mi dici da chi prendiamo le informazioni?» urla l'Orlan sbattendo entrambe le mani sul tavolo. Non avevo notato la sua presenza: è in piedi dietro al tavolo, indossa la solita divisa nera, decorata da più medaglie di quel che pensavo, e tiene i capelli raccolti in una crocchia. Non c'è niente che, in lei, sembri fuori posto. «Da quell'idiota con la faccia da Qaufea?»

«È anche stupido quanto uno di quelli» aggiunge Aesta.

«Cos'è un Qaufea?» chiede Axel confuso.

«Sì, sono così stupidi normalmente» mormoro, mentre sia Brunnos che l'Orlan mi rivolgono un'occhiataccia.

«È un animale da soma, dalla testa dura quanto la tua» gli spiega velocemente Aesta.

Brunnos rimette la pistola nella fondina, sollevandomi poi a forza. Indica con un cenno della testa l'unica sedia di fronte all'Orlan: è un ordine muto a cui non posso far altro che ubbidire. Rimane accanto a me, con la mano stretta sulla mia spalla: non vuole farmi coraggio, vuole solo ricordarmi chi comanda.

L'Orlan si risiede, intrecciando le mani davanti alla bocca. Mi squadra, poi sposta una mano sul bordo del tavolo metallico, premendo – immagino – un pulsante perché un attimo dopo al centro, prende forma un ologramma. Riconosco immediatamente di cosa si tratta: per quanto gli assomigli, non è l'Atlantis.

«Min... Minerva...» mormoro. Lei fa un cenno affermativo con la testa.

«Abbiamo studiato il progetto» dice, mentre fa scorrere gli ologrammi. Ingoio a vuoto: sono venuti a conoscenza della nostra arma? Riusciranno a creare qualcosa che possa bloccarla o, peggio, a impadronirsene?

«Ma molte cose sono... strane».

«Non lo decifrerò per voi» sibilo.

«Non mi aspettavo una collaborazione, infatti. La Starfall rimane sull'At5 e avremmo modo di lavorare con calma sulla vostra nave: avere qui l'ammiraglia della Federazione di Lemuria è davvero un colpo di fortuna. Da quel che hanno detto i nostri tecnici, dovrebbe bastare poco per le riparazioni: la parte più danneggiata è il motore, la parte inferiore è stata solo graffiata. Iashian, vero?»

«Sì» rispondo con un sospiro. È il materiale più prezioso dell'intera galassia, ma è anche il più resistente.

«Vi ha salvato la vita... oltre all'ottimo atterraggio».

«Visto che so fare qualcosa di buono?» ridacchia Axel, per poi fare un verso di dolore: Aesta gli ha pestato il piede.

«Vi prenderei a schiaffi se non avessi le manette» sibilo nei loro confronti. «Riuscite a non fare gli idioti per cinque ked?»

«Probabilmente no» mi risponde Aesta. Alzo gli occhi al soffitto, tornando poi a guardare Nayla attraverso l'ologramma della Starfall che ruota davanti ai nostri occhi. Un punto rosso lampeggia sul motore colpito, ma è un sollievo sapere che i danni siano di poca entità.

«Nessuno dei tuoi uomini ha voluto collaborare, ma... credo che abbiano frainteso visto che la faccenda che ci preoccupa è un'altra» riprende a dire lei. L'ologramma perde chiarezza, fino a trasformarsi nella mappa della galassia. «I sistemi dell'At10 hanno rilevato una variazione del campo elettromagnetico».

«Di quanto?»

«Quarantacinque Fanot. È troppo per non dare preoccupazione».

Annuisco e lei si alza, indicando un punto piuttosto distante dall'Atlantis. «Con ricerche più approfondite, abbiamo scoperto che in questa zona sembra esserci un buco nero... strano».

«Strano nel senso che differisce di molto dai normali valori registrati per i buchi neri e che non abbia un campo gravitazionale molto forte?»

«Esatto».

«Non si tratta di un buco nero... credo... credo che o per lo schianto o per qualche altro motivo, mentre eravate a bordo della Starfall si sia aperto un portale che collega Minerva a questo universo. Dopo aver scaricato completamente l'energia, si chiude in modo automatico: non è quindi possibile che sia rimasto aperto da dopo il nostro breve scontro dal momento che la direzione del colpo è stata a trecentosessanta gradi».

«Sono sicura che potreste usare molto di più quell'arma, credevo che con la massima apertura almeno due, tre colpi potessero essere sparati».

«Il limite teorico dai miei calcoli è sei, ma c'è un errore nel codice che ci impedisce di sfruttare al massimo: se esageriamo, si rischia che il pianeta esploda... distruggerebbe buona parte della galassia e, se lo dovesse fare adesso, spazzerebbe via l'intero vostro impero dal momento che la Starfall è qui».

«Quando la smetterai con la fissa di far esplodere cose? Saremmo tutti più al sicuro!» sbotta Aesta.

«Non capite niente, è soddisfacente vedere saltare qualcosa in aria...»

«Cosa intendi dire?» mi chiede l'Orlan, ignorando il commento del primo ufficiale.

«Qualcuno dei vostri uomini ha toccato qualcosa sulla Starfall? Ho il sospetto che Minerva sia stato attivato in modo manuale, magari per sbaglio o inconsciamente, e che, non avendo scaricato l'energia, la stia accumulando prima di esplodere».

«Quindi l'apertura di quello strano buco nero... insomma, il portale, precede lo scarico dell'energia?»

Annuisco. «Quanto tempo è che è aperto?»

L'Orlan sposta lo sguardo su Brunnos. «L'ultima comunicazione con la Battle Cargo Titania a quando risale?»

«Due ol fa».

«Le variazioni?»

«Tre. Il sopralluogo sulla Starfall è stato fatto cinque ol fa. Sai come risolvere il problema?»

Annuisco. «Posso provare dalla Starfall. Ma se, come credo, non funzionerà, l'unica soluzione sarà recarsi su Minerva».

L'Orlan si risiede, spegne l'ologramma e mi guarda negli occhi. «Portala sulla Starfall».
Brunnos annuisce, fa un cenno con la testa. Mi alzo a fatica, comincio a sentire le braccia indolenzite dalla posizione. Appena fuori dalla stanza, fa scattare le manette.

«Non credevo che collaborassi così».

«Non sono informazioni riservate» gli rispondo facendo ruotare il polso sinistro. «Con i calcoli adatti e rilevazioni precise, avreste ottenuto ciò che vi ho detto io. Quel che è davvero Minerva, non lo saprete mai».

«Tu e tuo padre avete messo in pericolo l'intera galassia».

«Tu e il tuo la state portando alla distruzione» gli rispondo incrociando le braccia. «Non credo proprio che saremmo così, con queste divise così diverse se mia madre non fosse mai stata condannata».

«Non provare a dare la colpa alla mia famiglia: la legge è la legge e lei è stata trovata colpevole di tradimento. Ora andiamo».

Non appena arriviamo sul tetto, non appena metto piede fuori dall'ascensore, una ventata fredda mi colpisce la faccia: Nova si estende intorno a noi, si sente fin da quassù il rumore delle astronavi che sfrecciano sulla circonvallazione. Sembra una bolla: nessun pianeta è rimasto così vivo da quando è iniziata la guerra.

***

La sabbia dell'At5 si è infilata all'interno della Starfall, accumulandosi vicino al portellone di ingresso. Le luci di emergenza sono ancora accese, ma, per il resto, sembra la carcassa dell'astronave che è stata. Stacco la mano dalla parete metallica, avanzando all'interno, seguita da Brunnos che si muove come se fosse la mia ombra.

«L'energia è al minimo: dovrei attivare i generatori di emergenza per cercare di avere più potenza al pannello di controllo».

«Cosa?»

«Niente che tu possa capire» gli rispondo abbassando una leva rossa; il rumore dei motori aumenta, la Starfall trema appena, ma non si solleva da terra.

«Come immaginavo: ho troppa poca potenza per staccare Minerva da qui. Non capisco se è a causa della distanza o dei problemi al circuito elettrico. Non risponde a nessun comando».

«Dovremmo collaborare?»

«A meno che tu non voglia morire insieme alla tua voglia di prenderti il trono, sì, dovremmo collaborare. Andare su Minerva è l'unica soluzione, da qui non posso fare niente» gli dico alzandomi. Lui annuisce piano con la testa, incrociando le braccia.

«Immagino che poi... poi mi condannerete a morte» mormoro stringendo nel pugno la spalliera del sedile di Axel. Brunnos annuisce di nuovo. «I tempi che avevamo dato per la risposta della Federazione sono scaduti: non abbiamo avuto risposta, pertanto, l'intero equipaggio della Starfall è nelle nostre mani. La tua posizione nei nostri confronti è quella più grave: se non fosse successo questo, saresti già stata giustiziata. Hai davvero così tanta paura di morire?»

Scuoto la testa. «Avevo sempre pensato che sarei morta in battaglia, a bordo della Starfall. Sarei morta insieme alla mia astronave... non come un criminale qualsiasi in piazza, sul patibolo».

«Potrei proporti un patto».

«Di che genere?»

«Lascio il tuo equipaggio libero di riparare la nave, mentre noi siamo su Minerva. Per quanto li stimi i danni?»

«Lavorando giorno e notte, con i pezzi di ricambio imbarcati, credo poco più di una settimana e mezzo».

Annuisce, poi fa un passo verso di me. Arretro istintivamente, ma ben presto sento il piano dei comandi premere contro la schiena. Mi ha messo in trappola.

«Tu non fai mai niente per niente, cosa vuoi in cambio?»

«Mi basterà vederti esplodere con la Starfall nella prima battaglia in cui ci riscontreremo dopo questa... collaborazione. Ma ammetto che morirei dalla voglia di sentirti implorarmi, mentre sei piegata lì sopra». Lo spingo via, barcolla, ma non cade a terra come speravo. Mi guarda confuso, poi si avvicina di nuovo, stringendomi il viso in una mano e dandomi un altro bacio – come sempre mi ritrovo a dipendere da lui per avere aria ai polmoni.

«Non mi costringerai un'altra volta».

«Non mi sembra di averti mai costretto, comandante» sussurra prima di baciarmi il collo. «Sei sempre tu quella che mi cerca, che vuole sempre di più» continua facendo aderire i nostri corpi. Chiudo gli occhi, stringendo le mani sul bordo metallico, mentre sento il click metallico di entrambe le cinture che scattano. Continua a baciarmi, mentre mi sbottona la divisa.

«Girati. Non sai da quanto sogno il momento di sentirti gemere il mio nome, mentre sei completamente alla mia mercé».

«La galassia potrebbe essere sul punto di essere spazzata via e tu pensi solo al sesso? Sei un cretino, Brunnos». Rabbrividisco sentendo il metallo freddo premere sulla pancia, mentre lui si appoggia sopra di me, mordendomi il lobo di un orecchio.

E la verità è che siamo ai confini del vuoto, sul precipizio dell'inferno, legati a una guerra che va avanti da wakin, ma adesso... adesso tutto il resto, tutto ciò che è a oltre un passo di distanza da noi due, non potrebbe apparirmi più distante.

L'angolino buio e misterioso

Ecco il terzo capitolo! Gli ol sono i giorni, ma aggiungerò in fondo le note perché non è l'unico cosa che cambia. 

Diciamo che le cose facili e tranquille a Vivi non piacciono, se deve distruggere qualcosa lo vuole fare nel miglior modo possibile. 

Diciamo anche che 'sti due io li shippo fin troppo. 

Diciamo che tutto prospetta guai e che le cose che li aspettano non hanno limite al peggio.



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