† Since we were 18 † -Larry S...

By itsyourgirlMM

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《Mossi leggermente le labbra per intensificare il bacio, Louis mi leccò il labbro e quasi come se fosse autom... More

•Capitolo 1•
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•Capitolo 3•
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•Capitolo 18•
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•Capitolo 27•
•Capitolo 28•
•Capitolo 29•
•Capitolo 30•
•Capitolo 31•
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•Capitolo 33•
•Capitolo 34•
•Capitolo 35•
•Capitolo 36•
•Capitolo 37•
•Capitolo 38•
•Capitolo 39•
•Capitolo 40•
•Epilogo•
•Ringraziamenti e novità•
•Epilogo II•
Avviso!
• Spin-off: Cosa è successo ad Eleanor?•
Avviso

•Epilogo III•

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By itsyourgirlMM

Amavo il lavoro che facevo.

Tutta la vita avevo sognato di diventare un aiuto per le persone, uno psicologo, ma mi era sempre sembrato banale finché non entrai a far parte di quel centro di recupero. Lì mi sentivo importante, davo un reale sostegno a tutti coloro che stavano male e i loro progressi facevano stare bene anche me.

Prendiamo un caso come Jeremy, un ragazzino malato di anoressia che era ricoverato da noi: faceva progressi troppo lenti, un passetto al mese e se eravamo fortunati, ma pian piano l'avevamo guarito. Aveva preso peso, sorrideva più spesso e la mia speranza nella vita era aumentata.

Ma quando era arrivato Tyler tutto ciò in cui credevo vacillò.

Tyler era un ragazzino, così fragile, così piccolo, magro, biondo con occhi nocciola. Ma Tyler era anche un paziente primario di PTSD, ovvero "Disturbo Post-Traumatico Da Stress".
Ricordo ancora la prima volta che gli parlai.

Entrai nella stanza 37 e la mia attenzione si rivolse subito a un piccolo bambino biondo che si teneva a distanza di sicurezza da un'infermiera, che cercava di persuaderlo a sedersi senza successo, offrendogli succhi di frutta, latte e cioccolato e merendine...

"Buonasera.", mi schiarii un po' la gola.

Gli occhi curiosi del bimbo si posarono su di me, scrutandomi attentamente. Notando questo suo comportamento gli sorrisi e lui abbassò lo sguardo intimidito.

"Può andare, ora conosco un po' questo principe.", esclamai rivolto all'infermiera che aprì le sue labbra in un sorriso e uscì dalla stanza.

"Ciao... Come ti chiami?", gli chiesi. Lui mi guardava con prudenza, come se non sapesse se rispondere o no.

Poi sussurrò un lieve "Tyler..." e portò ancora una volta gli occhi al pavimento.

"Ma è un nome stupendo! Io sono Harry... Quanti anni hai?"

"Cinque.", soffiò mostrandomi cinque dita.

"Ah, ma allora sei ancora un principino piccolo!", esclamai, estasiato da quell'intelligenza racchiusa tra la pupilla e l'iride degli occhi di Tyler.

"Beh sì, mamma diceva che sarei cresciuto... non so se sia vero.", s'imbronciò all'improvviso.

"Anche io ero piccolo piccolo," gli spiegai, "e ora sono grande... Tua mamma ha ragione."

Utilizzai il tempo presente anche se avevo letto la sua scheda e sapevo perchè fosse lì con me.

"Mamma non c'è più.", la sua voce era piccola piccola, quasi non la sentii, "Neanche papà..."

I suoi occhi si velarono di lacrime in un secondo. Fu un'ardua impresa restare professionale e non commuovermi insieme a lui.

"Sono dovuti andare via e non possono tornare, ma ti amano ancora..."

"Io li ho visti, signor Harry... Sono morti. Erano nei sedili davanti e stavano parlando con me...", due lacrime caddero sulle sue guance silenziosamente.

"Sì, Tyler, ma quello che c'è nel cuoricino non può morire. I cuoricini di mamma e papà sono ancora vivi, ma sono volati via in un posto più bello.", era difficile mantenere la sicurezza della mia voce.

"Davvero?", sussurrò con gli occhi spalancati e mezzo sorrisino.

"Sì, tesoro. E ti proteggono sempre, lo vedo... Quando crescerai li vedrai anche tu."

Sorrise un pochino e io gli baciai i capelli profumati di frutta.

Quella sera subito ne parlai con mio marito Louis con il cuore spezzato. La mia forza psicologica era sempre restaurata grazie a lui.

"Amore... Com'è andata a lavoro?", mi accolse finendo di cucinare. Era bellissimo, non potevo fare a meno di notarlo ogni volta. Anno dopo anno i suoi capelli diventavano sempre più chiari e la sua barbetta un po' più ispida.

"Beh... Oggi è stata una giornata infernale.", sospirai.

"Come sta Jeremy?"

"Bene, Lou... Abbiamo un nuovo paziente."

"Vuoi parlarmene?", chiese dolcemente. Gli occhi blu che tanto amavo si incastrarono nei miei e seppi che aveva capito che ne ero rimasto sconvolto.

"Si chiama Tyler... Ha cinque anni, è orfano e ha la sindrome Post-Traumatica Da Stress... I suoi genitori sono morti entrambi in un incidente d'auto..."

Rimase anche lui senza parole, così continuai, "Gli ho parlato e mi è sembrato di aver fatto un piccolissimo passetto avanti ma non ha voluto mangiare e non dorme."

"Mi dispiace... Povero piccolo...", sussurrò, "Vedrai che starà meglio."

Ma Tyler non stava meglio neanche un po': la sua situazione era stazionaria e ogni terapia da noi conosciuta sembrava aiutarlo poco e se mai registravamo dei miglioramenti duravano solo temporaneamente.

Mi stavo affezionando a lui. Le rare volte in cui provava a mangiare qualcosa lo faceva con me, perciò penso che si stesse affezionando anche lui.

Passò un'altra giornata lavorativa e, tornato a casa e dopo aver salutato Louis, mi buttai sul divano con grazia assente e scoppiai in lacrime.

"Harry...", provò a chiamarmi mio marito, spronandomi a spostare il braccio che mi copriva il viso spingendolo via delicatamente.

"Lou, sono un idiota... Non dovrei farmi coinvolgere così tanto... Tyler oggi non ha parlato per niente."

"Amore, sei umano... È normale che tu ti faccia coinvolgere, mi sono affezionato anche io e solo dal modo in cui ne parli."

Distolsi lo sguardo col cuore spezzato ma lui mi portò a guardarlo di nuovo e mi baciò le labbra con dolcezza.

"Domani ti vengo a trovare così lo conosco e magari vedere una persona nuova può risvegliare un po' di curiosità e vitalità in lui. Va bene?"

Annuii delicatamente, contemplando che uomo meraviglioso fosse mio marito. "Grazie", mormorai.

Lui mi rispose strappandomi altri piccoli baci e io cercai di allontanare di un po' i pensieri tristi tirando Louis sul divano con me e abbracciandolo stretto. Senza di lui sarei crollato già da molto tempo.

"Ti amo."

"Anche io."

Nella mattinata seguente Louis si presentò sul mio posto di lavoro. Era sempre stupendo, ma saltava all'occhio che quella volta aveva perso tempo a prepararsi ed era meravigliosamente provocante pur essendo elegante e sobrio.

Gli arrivai alle spalle e gli sussurrai un "Buongiorno, principino" nell'orecchio. Lui si voltò divertito, si guardò intorno per controllare che avessimo un pochino di privacy per poi lasciarmi un velocissimo bacio sulle labbra.

"Ciao, Haz."

"Ciao. La stanza di Tyler è al piano di sotto.", lo guidai con la sua mano intrecciata alla mia tra tanti corridoi e rampe di scale, fino ad arrivare su un pianerottolo che dava l'atmosfera di un albergo, dove dormivano la maggior parte dei pazienti. Aprii la porta della 37 e un bimbo dai capelli biondi con gli occhi nocciola spalancati e contornati da profonde occhiaie nere fu subito distinguibile tra la massa informe di coperte.

"Hey, buongiorno! C'è qualcuno che vuole conoscerti."

"Ciao, signor Harry. Chi infermiera c'è stamattina?", fece con voce annoiata.

"Nessuna infermiera. C'è un bel signore dagli occhi blu che è molto più carino... che dici, ti va di salutarlo?", alle mie parole i suoi occhi brillarono e piano piano si mise a sedere.

Non disse niente ma scrutò mio marito timidamente, che intanto gli sorrideva con sicurezza.

"Ciao Tyler.", gli disse.

Il bimbo parve colpito dalle sue parole. "Come sai il mio nome?", gli chiese.

"Sei un bimbo famoso.", Louis gli fece un occhiolino e il volto di Tyler si aprì in mezzo sorriso eccitato.

Mi avvicinai al letto e mi ci sedetti sopra insieme a Louis, che ancora aveva la mano intrecciata alla mia, cosa che Tyler subito notò.

"Voi siete un papà e una mamma?", chiese confuso.

"Ci amiamo ma non abbiamo nessun bimbo.", rispose Louis.

"E quando ne avrete?"

Io e mio marito ci guardammo con un peso importante negli occhi in cui forse leggemmo più parole di quante avremmo mai potuto dire. Lou abbassò lo sguardo, "Non lo sappiamo.", disse.

"Non sapevo che un maschio può amare un maschio.", disse subito con interesse.

"Sono pochi i maschi ad amare altri maschi, però esistono.", feci io con tranquillità, guadagnandomi un sorriso da parte di Tyler, un vero sorriso.

"E quindi potresti amare anche me? Io sono un maschio.", sembrava un po' preoccupato, ma curioso.

"Sei un principino troppo piccolo, a me serve un principe grande, come Louis."

"Louis...", sussurrò estasiato spalancando gli occhietti.

"Ti piace Louis?"

"Non ho mai sentito questo nome, è buffo e carino."

"Anche tu sei buffo e carino.", lo incalzò Louis e Ty arrossì, "Vuoi fare colazione insieme a me?"

"Non ho fame..."

"Per favore.", lo pregò.

"Va bene. Un pochino.", cedette il piccolo biondino. A questa concessione mi illuminai in uno dei miei sorrisi più sinceri.

"Uh, vengo anch'io!", esclamai.

"Per forza," fece fintamente annoiato Louis, "sei tu che devi dirci dove andare, sciocchino..."

Tyler rise di me e Lou fece lo stesso e io alzando gli occhi al cielo aiutai il piccolo biondino a scendere dal letto e a mettersi in ordine per poi guidare entrambi i principini nella sala per la colazione, che al pomeriggio si trasformava in bar.

"Ciao Styles!", mi salutò un collega da lontano.

"Ciao Collins!", ricambiai il saluto.

"Chi è Collins? Non me ne hai mai parlato.", mi sussurrò Louis nell'orecchio.

"Un collega.", risposi, e lui roteò gli occhi facendomi sorridere. Era ancora quel piccolo diciottenne geloso di cui mi ero innamorato, anche se cercava di non darlo a vedere.

Appena fummo arrivati in sala colazione, tutti i colleghi che conoscevano Tyler mi sorrisero fieri di vedere il piccolo biondino lì, come se avessi adempito alla mia missione e fossi diventato un eroe. Raccomandai a Louis di trovare un tavolino da tre e sedersi mentre io mi sarei occupato di riempire i nostri piatti, accompagnato da Tyler per permettergli di scegliere cosa prendere.

"Lo vuoi un cornetto?"

"No."

"Un fagottino al cioccolato?"

"No..."

"Un cinnamon roll?"

Il visino di Tyler brillò con l'aiuto di un sorriso e annuì brevemente. Felice di quell'assenso gli riempii un piatto con venti cinnamon rolls e lo riaccompagnai al tavolo da Louis tenendogli la mano.

"Piccino! Solo cinnamon rolls?", Tyler alla domanda di mio marito annuì e ridacchiò quasi con fare colpevole.

"Vuoi un po' di latte e cioccolato?", chiesi accarezzandogli i capelli biondi, ricevendo un sottile "no" in risposta.

L'uomo dagli occhi blu al mio fianco mi strinse la mano nella sua sotto al tavolo, portandomi istintivamente a guardarlo incontrando il suo sorriso incoraggiante e adorante che mi diede forza. Non potevo immaginare nessun altro al mio fianco, a tenermi la mano e a starmi accanto e non sapevo fin quanto fosse una buona cosa: benchè sapessi che non sarebbe successo, non potei fare a meno di pensare che senza di lui sarei rimasto spezzato.

È questo quello che succede quando rendi una persona il tuo mondo, se mai andasse via non avresti più nulla. E io non solo avevo reso Louis il mio mondo... Lui era anche tutti i satelliti, le stelle, le comete e le galassie attorno.

Stemmo tutta la giornata con Tyler e anche quando dovetti sbrigare alcuni compiti, Lou rimase con lui e gli fece compagnia facendolo divertire un po'.

Arrivata l'ora che segnava la fine della mia giornata lavorativa, tornai nella stanza 37 e trovai Louis e Tyler che giocavano a dama. L'atmosfera sembrava tranquilla finchè il bimbo urlò: "Louis! Non vale, stai barando!", con fare un po' indignato ma divertito.

"Vale e ho vinto.", disse Louis, sembrando un coetaneo immaturo di Tyler, che in quel momento si imbronciò scandalizzato.

Il mio amato sorrise furbo, "Okay, ho barato. Hai vinto.", concluse, facendo urlare di gioia il piccolo biondino che di slancio lo abbracciò ridendo.

Rimasi estremamente colpito da quel gesto. Ty non era solito dare fiducia o dimostrazioni d'affetto nemmeno a me e mi conosceva già da qualche mesetto. Vidi Louis quasi commosso che lo stringeva a sè delicatamente mentre il bambino non sembrava dare segni di volersi staccare.

"Tyler, piccolo, dobbiamo andare. Veniamo domani mattina e solo se ti addormenti.", il bimbo mise il broncio e emise un versetto scontento.

"Ti prometto che domani torno, ma quando torno voglio trovarti ancora a nanna.", gli sussurrò Louis e Tyler annuì piano, salutandolo con un altro abbraccio a cui Lou rispose una carezza sulle sue guanciotte paffute ma, purtroppo, in quel periodo un po' pallide.

Arrivati a casa, io e mio marito non potemmo fare a meno di parlare della giornata.

"Non fa così con nessuno.", svelai a Lou, con un tono a dir poco sbalordito.

"Magari è solo perchè sono una persona diversa."

"Forse, però posso dirti che vede persone diverse tutti i giorni da almeno un mesetto.", replicai.

"Tu quale pensi sia il motivo di questa simpatia allora?"

"Non lo so, Lou, tu sei speciale. Lo so da sempre, lo vedo da sempre. Hai qualcosa in più, una vitalità che ho visto solo in te, di cui posso dire di essere profondamente innamorato."

"Ti amo, Harry, tanto... Sai sempre cosa dire... E mi sono davvero affezionato a Tyler."

"Anche io," risposi, "Per entrambe le cose che hai detto."

Lo avvolsi tra le mie braccia e lo strinsi. Era la cosa migliore della mia vita, la più preziosa.

E dopo un paio di baci decidemmo di andare a dormire, sempre all'unisono, sempre insieme.

Nei mesi successivi Lou mi accompagnò a lavoro quasi tutti i giorni, stando nella stanza di Tyler e facendo di tutto per farlo mangiare e dormire e devo dire che diventarono cose molto più facili per il piccolo biondino. Ero molto felice dei suoi progressi, ma dall'altro lato ero molto triste perchè sapevo che sarebbe stato presto dichiarato adottabile e che non l'avrei più avuto intorno tutti i giorni...

Ben presto anche Louis dovette affrontare questa realtà, solo che dopo averlo realizzato reagì in modo molto peggiore rispetto a me.

"Non voglio che se ne vada, Haz.", mi disse piangendo.

"Andrà in una famiglia che lo amerà.", gli promisi, ma non ero in grado di fermare i suoi singhiozzi.

"Amore...", accarezzai i suoi capelli mentre piangeva piano con il viso seppellito nell'incavo del mio collo.

Lo vedevo pensieroso ogni giorno di più e mi dispiaceva tanto. A volte lo trovavo a dormire con Tyler accucciato sul suo petto e il mio cuore esplodeva dalla tenerezza. Ero così grato a mio marito per avermi aiutato con quel caso, ma in quel momento era come se lui dovesse essere aiutato più del bimbo.

Una sera stavamo cenando e avevamo la televisione accesa a bassa voce per farci compagnia quando Louis rese tutto il mondo silenzioso chiendomi: "Non possiamo adottare noi Tyler?"

Lì per lì iniziai a tossire sconvolto perchè mi andò la lasagna di traverso ma, dopo essermi ripreso e aver incontrato i suoi occhi seri, boccheggiai, non sapendo cosa dire.

"Siamo una famiglia, no?", m'incalzò.

"Lou, mi piacerebbe tantissimo perchè adoro Tyler, ma dobbiamo considerare le responsabilità che ne deriverebbero e i sacrifici che dovremmo fare affinchè lui si trovi sempre bene.", affermai ragionevolmente.

"Io gli starei sempre dietro come faccio adesso, tanto non lavoro. Gli dedicherei ogni attimo della mia vita. Sono pronto, vorrei solo sapere se lo sei tu."

"Lou, è un cambiamento notevole nelle nostre vite. Lo sai? Sarà per sempre. Sicuro di essere pronto?"

I nostri occhi si incrociarono con un peso importante nel cuore. Il suo sguardo era fermissimo, irremovibile mentre mi rispondeva "sì".

E in quel momento la nostra vita è davvero cambiata per sempre.

"Allora va bene, credo che saremo in grado di affrontare anche questo insieme.", conclusi.

E non avrei mai più ricevuto un bacio migliore, così passionale e così riconoscente.

"Non vorrei affrontare questo con nessun altro che non sia tu, Haz."

Mi sentivo bene, e mi sentii ancora meglio quando facemmo l'amore prima di dormire, ma questo rimane tra me e lui...

Decidemmo di non dire niente al bimbo perchè se qualcosa nella procedura di adozione fosse andata male sarebbe potuto rimanere deluso, ma in realtà tutto andò per il meglio.

Dopo quattro mesi e tante chiacchierate con assistenti sociali e psicologi Louis entrò per l'ultima volta nella stanza di Tyler per fargli compagnia e per dirgli che il giorno dopo si sarebbe trasferito a casa nostra, annuncio al quale volevo essere presente.

Decidemmo di aspettare l'ora del tè per portargli qualche biscotto e dargli quella grande notizia. Dissi a Louis di portare il bimbo al bar del centro in cui lavoravo e lì li trovai alle cinque e mezza, seduti ad un tavolo per tre scherzando e ridendo a crepapelle con quella spenzieratezza che li accomunava.

"Salve!", li salutai entrambi con un bacio sul capo, "Come state?"

"Bene.", sussurrò Tyler con un sorrisino intenerito dalla mancanza di un dentino caduto qualche giorno prima.

"Alla grande.", disse invece mio marito. Sorrisi sentendomi più felice che mai e aspettai che Lou ordinasse i biscotti prima di prepararmi a parlare con il nostro piccolo biondino.

Appena cercai di aprire la bocca, tutte le mie parole si annodarono tra loro nella mia gola e il mio respiro incominciò a tremare. Louis mi guardò intensamente negli occhi e pareva che stesse cercando qualcosa disperatamente che dopo qualche secondo trovò e incominciò a parlare.

"Tyler, tesoro, noi ti vogliamo tanto tanto bene e ora che non hai parenti prossimi da cui stare ti vorremmo chiedere di venire a vivere a casa nostra."

Le sue parole erano così semplici e concise che quasi mi venne voglia di tirarmi uno schiaffo per essermi preoccupato tanto.

"Sì, andiamo adesso? Possiamo giocare, poi? Due maschi possono anche essere una mamma e un papà?"

"Andiamo stasera, giochiamo tutto il tempo che vuoi e sì, possiamo essere due papà...", dissi con parole sicure, ma dentro di me ogni cellula tremava dal nervosismo.

Nonostante la mia preoccupazione, Tyler si aprì nel più grande dei sorrisi e ci abbracciò contemporaneamente circondando un braccio mio e uno di Louis con le sue braccia.

Ora avevo una piccola priorità carina e bionda in più nella mia vita.

***

Tornati a casa, quella sera io e i miei principini passammo dai bei momenti, cenammo insieme e poi mentre io avviavo la lavastoviglie e mettevo in ordine Louis andò a giocare con Tyler nella cameretta che avevamo preparato per lui durante i precedenti quattro mesi: era azzurra e verde con tanti giocattoli di tutti i tipi. Col passare del tempo però io e mio marito imparammo a capire che gli interessassero più i peluches che qualsiasi altro giocattolo, ma questa è tutta un'altra storia.

Appena ebbi finito di sistemare la cucina e il salotto andai un po' vicino a mio figlio. Mi sembrava così strano incominciare a chiamare Tyler "mio figlio", ma era proprio così. Era mio figlio... Mio e di Louis.

E la verità m'investì come un treno in corsa: era tutto vero, c'era ancora Louis, ora c'era Tyler, avevo un lavoro, una casa ed ero felice. Mia madre non vedeva l'ora di venire a conoscere Tyler e allo stesso modo Ed, l'amico di Louis che fu un punto di riferimento per lui nel Regno Unito quando aveva contro tutta la sua famiglia e soprattutto Niall, il mio migliore amico. In fondo Ty assomigliava un po' anche a Niall con quei suoi capelli biondi e il dolce sorriso.

Mio figlio interruppe i miei pensieri che oltretutto non avevano neanche un filo logico con una domanda: "Ma staremo insieme per sempre?"

Gli sorrisi intenerito, "Sì, amore... a te fa piacere?"

"Sì.", sorrise con un lampo di gioia negli occhi, e con quella risposta mi voltai per farmi un tè pieno di pura felicità nel cuore quando mi sentii chiamare ancora.

"Papà?", era la prima volta che mi chiamava in quel modo e non posso garantire che non mi scoppiò il cuore nel petto.

"Sì?"

"E a te piace questa famiglia? Con me?", sussurrò con curiosità crescente.

"Sì...", mormorai, pensando a quell'omino che si stava facendo la doccia in quel preciso istante e guardando il piccolo omino biondo e intelligente davanti a me, "Sì, Ty... Ho sempre voluto una famiglia così, da quando avevo 18 anni."

Ed è un eufemismo dire che durante gli anni Tyler mi avesse reso fiero di lui, che fosse una priorità assoluta, che lo amassi con tutto il mio cuore... Era mio figlio, nostro figlio, un'altra delle parti di me che ho condiviso con Louis Tomlinson, l'unico amore della mia vita.

O almento è stato l'unico fino a quando è arrivato Tyler...

Ciao a tutti quanti!
Sono tornata, sì, non riesco a smettere in scrivere capitoli su capitoli di questa storia. La amo tanto, è diventata una parte importante di me... Perchè un altro capitolo? Oggi sono due anni dalla pubblicazione del Capitolo 1! Come vola il tempo!
Grazie a tutti coloro che hanno letto anche una sola parola di questa storia e l'hanno apprezzata.
Grazie di aver letto anche questo, spero di farmi sentire presto!
Love you all,
-M

Dedicated to AndreaAloisio_
Grazie di aver letto, di avermi contattata e di esserti fatto conoscere. Ti voglio tanto bene.

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