Centuries 2

De Little57

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L'improvviso rilascio di energia termica e meccanica creano un'esplosione. Questa può essere di diverse misu... Mais

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Capitolo 188
Capitolo 189
Sequel ed altre storie

Capitolo 145

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De Little57

Avevo passato le successive due settimane in quella stanza, non a dormire, non a fare foto.. Non sarei riuscita a chiudere occhio nemmeno se ci avessi provato. La mia testa scoppiava, ogni volta che mi coricavo speravo di non fare sogni orribili o almeno di sognare qualcosa che non fosse lui o il soffitto. Questo sper sfortuna non aveva le mattonelle, se no le avrei contate, almeno qualcosa da fare l'avrei avuto. Per quanto riguardava le fotografie.. un grandissimo blocco mi asfissiava da quando mi ero svegliata in quella stanza d'ospedale con nient'altro se non la sua assenza.

Posso paragonare tutto quello che ho passato nei giorni di del mio ricovero solo come una mangiata al ristorante. Mi spiego: ero affamata, molto, la presenza di Harry sarebbe stata il piatto principale, quella di tutti gli altri sarebbe stata solo di contorno.. Non sono sicura che voi capite la mia mente contorta, ma è così che mi sento e basta.

Inutile dire che il clima di Londra non aiuta affatto il mio stato d'animo.

A dire il vero, non è nemmeno giusto dire che sono assalita da un blocco artistico, riesco a fare ancora delle foto decenti, si, ma sono tutte cupe.Ho sempre espresso il mio stato nelle foto, e ora non ne faccio a meno.

Mi asciugo le lacrime con la manica del suo maglione, quello che mi diede la notte di capodanno, con il logo Calvin Klein.

Tienila, sta meglio a te.

Che gran bugiardo che era stato. Mi aveva lasciato, aveva troncato la nostra relazione senza il mio assenso, se n'era semplicemente andato, trovando più facile scappare che dirmi che non ne voleva più sapere. Non mi era stato accanto nel momento più difficile, nel momento nel quale io mi sarei comportata esattamente nel modo opposto.

E l'unica cosa che potevo pensare in tutto questo era che ancora una volta la colpa di tutto era solo ed unicamente mia, come sempre d'altronde. Mi sento oppressa, oppressa da un senso di vuoto, di marcio, mi sento ancora in coma, giuro, a questo punto, la mia vita non ha molto senso.

Sfugge un singhiozzo mentre avvicino la sigaretta alle mie labbra.

Le 20:00, Gemma mi chiamerà per la cena, e io non sono sicura di voler cenare. Non mangio molto a dire il vero.

Quando dico che è come se fossi ancora in coma, lo intendo per davvero: non mangio, non parlo, non mi esprimo.. l'unica differenza è il mio essere cosciente.

Il vetro delle finestre è sporco di goccioline di acqua, che scivolano lente, ma non si fermano nemmeno un momento, come se io fossi l'unica ad essermi fermata in tutto questo.

La mia vita si è bloccata da quando ho visto Gemma rientrare nella mia camera di ospedale, con occhi lucidi, per poi fare semplicemente di 'no' con la testa mentre io la guardavo chiedendole con gli occhi se colui che avrebbe reso più veloce la mia guarigione fosse lì.

Ma perché? La mia mente chiedeva solo questo. Perché? Che cosa può spingere la persona che diceva di amarti più della vita ad abbandonarti nel momento del bisogno?

Per ora due erano le possibilità: o ha davvero avuto una ragione più che plausibile, o ha mentito per tutto il tempo..

Solo per entrami nelle mutande. Harry Styles era davvero la persona che conoscevo o si era seplicemente preso gioco di me per avere quello che altre ragazze gli avrebbero concesso molto più facilmente? Per lui ero stata solo una sfida? La mia mente sapeva che la seconda opzione era quella più plausibile, e cavolo sarebbe andato tutto ok se solo non fossi stata così immensamente innamorata di lui.

Ed è come se il resto del mondo si stesse prendendo gioco di me, ecco come stava andando il quanto.

Avevo fatto la forte di fronte a Gemma. Sono felice di vivere qui con lei, si, ma c'è un sentimento che sovrasta la mia felicità, e purtroppo non posso sempre nasconderlo. Quando la notte scende su di me, mi sento come senza fuga, sono come legata ad una sedia e i miei pensieri diventano selvaggi viaggiano dentro la mia testa come se non potessero far altro. Infondo questo è il loro compito.

"Cher.. vieni a cenare?!" per fortuna do le spalle alla porta, Gemma ha il dannato vizio di non bussare.

Non spengo la sigaretta, semplicemente la lascio tra le labbra, mi pulisco solo gli occhi dall'eccesso di lacrime, prima di farmi coraggio ed alzarmi.

I miei occhi sono palesemente rossi, gonfi, contornati da un perenne ombra scura. So che è cosciente del fatto che piango, lo sa eccome, ma non me lo fa pesare, questa è la verità, sola ed unica.

Cammino per il corridoio fino ad arrivare in cucina dove la trovo con un sorriso in faccia mentre parla con qualcuno. Claus, il dannato vicino.

"Hey." la sua smorfia felice cade appena mi vede, e per un attimo mi sento in colpa. "Vedi c'è Claus." sorride indicandolo. Lo guardo per un attimo e gli faccio un cenno con la testa.

Alla mia visione sembra molto incuriosito, mi scruta con attenzione da quando siamo qui, ma penso sia per via della mia aria triste.

"Allora.. parlatemi un po' di voi." il nostro apparente ospite ci toglie dall'imbarazzo.

"Oh, siamo migliori amiche da sempre." sorride Gemma e mi guarda, io semplicemente annuisco. "Io, mi sto laureando in medicina, abitavo ad Holmes Chapel, entrambe a dire il vero ci abitavamo. Io con mia mamma e suo marito, prima c'era anche mio fratello Harry-" si blocca.

Entrambi si voltano verso di me quando il bicchiere di plastica che ho in mano mi sfugge.

Sento il cuore stringersi a quel nome, mi sento letteralmente soffocare. Fa così dannatamente male porca miseria, fa così dannatamente, fottutamente male che per un attimo anche il mio respiro si blocca.

"Cher.." Gemma mi richiama quasi a volersi scusare. Non parliamo più di lui, lo abbiamo deciso una notte quando è venuta a dormire con me perché non riuscivo a smettere di avere incubi e piangere. Anzi ora che ci penso, questa è la prima volta che il suo nome risuona tra queste pareti.

Mi volto senza guardare nessuno dei due negli occhi, e mi siedo, con il mio fottuto bicchiere di acqua davanti.

Gli occhi di Claus sono ancora su di me, la mia aria perennemente triste deve affascinarlo molto. Peccato che non affascini chi davvero voglio mi guardi così insistentemente.

So che è colpa mia se non è qui, ma vorrei davvero capire che cosa ho fatto di sbagliato per farlo andare.

"Charter." mi richiama Gemma, di nuovo.

"Ehm.. si." mi sforzo di sorridere ma non ci riesco, fallisco.

"Per te va bene se prendiamo una pizza?" mi sorride dolcemente come se fossi una fottuta bambina.

"Oh, si, va bene." accenno assente.

"Ok, datemi un momento." sorride imbarazzata e ci lascia da soli.

Mi perdo ad osservare l'acqua dentro il mio bicchiere, cerco di ignorare la presenza del nostro vicino.

"Che cosa porta una persona ad avere un'aria così triste?" chiede con la voce più cauta che io abbia mai sentito.

Alzo gli occhi sui suoi. "La stessa cosa che porta un'altra a fare delle domande che non dovrebbe fare." la mia acidità va solo aumentando mano a mano che il tempo passa.

"Vuoi che ti chieda cosa pensi del tempo di merda che c'è sempre a Londra? Sappiamo entrambi che non te ne potrebbe fottere di meno di una conversazione simile." mi stupisce. Pensavo che avesse solo una sacco di muscoli e nulla dentro la testa, ma evidentemente non è così.

Abbasso gli occhi.

"Non distogliere il tuo sguardo addolorato dal mio. Non devi sentirti in imbarazzo." Lo ignoro non lo guardo.

"Ho la sensazione che se ci mettessimo a parlare di lui, riusciresti comunque a dire solo cose buone, sai?" mi acciglio guardando il bicchiere.

Mi alzo dalla sedia e senza volgere più nemmeno uno sguardo al tizio cammino di nuovo verso camera mia. Non sa nulla di me, così rimarrà. Non piangerò di fornte a uno sconosciuto, mi dispiace.

Me ne vado e mi chiudo in camera.

Mi appoggio alla porta e scivolo a terra, mi copro la bocca con una mano e lascio che il mio petto sia percosso da singhiozzi, singhiozzi che lasciano che parte del dolore venga fuori. Mi piego in due, tengo la pancia con una mano, mi sento così dolorante in questo momento. In questo momento in cui l'unica cosa vorrei è lui. Nient'altro.

Ma perché è sparito? Perché non mi vuole?

"Charter.. Charter!" Gemma batte sulla mia porta, senza ricevere risposta. "Cher, fammi entrare ti prego." la voce quasi si addolcisce.

Vorrei solo ritornare su quel letto d'ospedale, vorrei che in quel sogno, mia madre mi porgesse di nuovo la domanda del: vuoi restare o vuoi andartene?.. perché io potessi scegliere la seconda possibilità.

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