Sanem
Inspiro profondamente chiudendo per un attimo gli occhi sul meraviglioso tramonto che ho davanti a me.
"E' molto bello qui vero?".
Mi sembra di vivere ogni sensazione amplificata, il calore degli ultimi raggi di sole sulla pelle, la brezza che arriva dal mare che mi scompiglia i capelli, il richiamo dei gabbiani sul molo poco distante, il profumo di lui che siede accanto a me sulla panchina.
Mi sembra strano e allo stesso tempo esaltante averlo così vicino, così attento ad ogni mia necessità, non posso impedirmi di esserne segretamente felice anche se la mia parte razionale continua a ripetermi che lo sta facendo solo per senso del dovere.
Sono incinta di suo figlio e da uomo onesto quale è, di questo non ho mai dubitato, vuole farsi carico delle sue responsabilità.
Siamo stati incoscienti entrambi, per me era la prima volta, era tutto nuovo ma non per questo sono giustificabile, non sono una bambina, avrei dovuto pensare a prendere delle precauzioni, ma quello che non so spiegarmi invece è perché non l'abbia fatto lui.
E' sicuramente un uomo di mondo con parecchia esperienza alle spalle, perché ha lasciato che succedesse? Questa è una domanda che mi tormenta da quando ho scoperto di essere incinta, perchè, pensando tutto il peggio di me, ha lasciato che un legame indissolubile come un figlio ci unisse per sempre.
Riapro gli occhi proprio nel momento in cui l'ultimo spicchio di sole si tuffa dietro l'orizzonte privandomi del tepore dei suoi raggi e facendomi provare un brivido di freddo.
Mi stringo addosso il cardigan che ho indossato sul vestito leggero e lui sembra accorgersene.
"Vieni Sanem, torniamo, è meglio che tu non prenda freddo".
Si alza dalla panchina porgendomi la mano mentre io mi alzo a mia volta evitando di toccarlo, non mi fido delle mie reazioni quando si tratta di lui. Ma sorprendentemente sento il suo braccio sulle spalle che mi stringe a sè .
"Vieni qui, che ti tengo al caldo".
Allah Allah, mi irrigidisco cercando di rimanere distaccata da quella presa che vuole essere di conforto ma che mi fa sentire anche troppo bene. Vorrei ritrarmi, allontanarmi da lui e dal suo corpo, ma in effetti è così piacevole il calore che emana.
Per fortuna il tragitto è breve e arriviamo davanti al cancello di casa prima che mi sia rilassata troppo abituandomi a questo tipo di confidenze.
Una volta dentro lo vedo dirigersi in cucina per lavare le mani e cominciare a tirare fuori dal frigo il necessario per preparare la cena.
"Ti aiuto".
Alza in aria una delle sue enormi mani a fermarmi.
"Assolutamente no, vai in salotto a guardare un po' di tv o a leggere, riposati. Qui ci penso io". Faccio quanto mi dice senza ribattere, in effetti non mi sento proprio in forma, mi gira un po' la testa ed quando è così è meglio non strafare con il rischio di ritrovarmi di nuovo in ospedale.
Da dove sono seduta lo vedo muoversi a suo agio in in cucina per lavare, affettare e apparecchiare la tavola, non passa molto che mi chiama per avvisarmi che è pronto.
Lo raggiungo in cucina e sono stupita di quanto abbia fatto in così poco tempo, la tavola è stracolma di piatti di insalate e verdure crude mentre al centro fa bella mostra di sè un mazzetto di margherite colte in giardino. Si affretta a scostare la sedia dal tavolo per me in un gesto galante che mi fa sorridere mio malgrado.
"Non c'è bisogno Can, riesco ancora a spostare una sedia".
Sorride andandosi a mettere seduto a sua volta di fronte a me.
"Non era un gesto indirizzato a mia moglie incinta, era un gesto gentile indirizzato a mia moglie, nulla di più".
Gli lancio uno sguardo indagatore, cosa vuole intendere con queste parole?
"Non ho cucinato niente, per evitare che gli odori ti potessero dare fastidio, è tutto crudo, spero che qualcosa sia di tuo gradimento". Annuisco mentre metto nel piatto diverse cose che non dovrebbero darmi problemi poi mi decido a fare una domanda che mi tormenta da tempo. "Come sta tuo padre? Come ha reagito a ciò che è successo con Emre e tua madre?"
Mi lancia uno sguardo serio.
"Sai tutto?"
Scrollo le spalle.
"Ho letto i giornali e ho saputo qualcosa da mia madre che ogni tanto lo sente, ma se devo dirti ero molto preoccupata per lui e per la sua salute. Non ho potuto chiamarlo perché non sapevo cosa gli avessi detto di noi ed avevo paura di dire qualcosa di sbagliato". I suoi enormi occhi nocciola mi indirizzano uno sguardo che non saprei definire.
"Sei così cara a preoccuparti per mio padre, sei una persona di buon cuore Sanem. Comunque, per rispondere alla tua domanda, possiamo dire che sta molto, molto meglio di quanto potessimo immaginare in realtà".
Tace un istante come meditando se dire o non dire qualcosa poi scrolla il capo e cambia discorso.
"Ti va di raccontarmi del tuo lavoro qui a Gölcük?"
Un po' a disagio comincio a raccontare dell'offerta di Pinar.
"E' arrivata proprio nel momento giusto".
Lo vedo abbassare lo sguardo commentando con voce amara.
"Il momento giusto per metterti in condizioni di lasciarmi?".
Sono presa alla sprovvista dalle sue parole.
"No, in realtà intendevo per poter dare una giustificazione plausibile ai miei genitori su dove avessi preso i soldi per sanare i debiti di famiglia, senza dovergli rivelare di aver fatto un patto con il diavolo".
Annuisce continuando a tenere lo sguardo basso.
"Ho saputo di recente il motivo per cui hai avuto bisogno di quel prestito Sanem e chiederti perdono per le mie parole sconsiderate è uno dei motivi per cui sono venuto qui".
Alza su di me uno sguardo che non si può che definire accorato a cui non riesco a rimanere indifferente così succede con le sue parole.
"Sono qui per chiederti perdono per tante cose Sanem".
Dire che sono stupita è dire poco. Mai, nel corso della nostra breve storia, Can ha ammesso di aver sbagliato e che lo faccia ora mi sorprende molto.
"Ma non è certo questo il momento di farlo, ora mangia dai e magari, se ti va, raccontami del tuo nuovo lavoro qui nei laboratori dell'azienda di Pinar e Fabri".
Inizio a raccontare con riluttanza, ma ben presto mi faccio trasportare dall'entusiasmo raccontando di una realtà tutta nuova che sto scoprendo, di quante cose ho imparato sul mondo dei profumi e dell'amicizia con Ayla. Lui mi ascolta con attenzione e in qualche modo pian piano mi rilasso, mangio di gusto come non mi succedeva da tempo e in breve ci ritroviamo a sparecchiare e rassettare la cucina in un clima disteso, quasi cameratesco.
"Vuoi del tè? O pensi che possa disturbarti?"
Annuisco convinta.
"Sì, assolutamente sì, ne ho proprio voglia, grazie". "
Allora vai di là in salotto, ti raggiungo non appena sarà pronto".
Mi vado a sedere sul divano e accendo la televisione cominciando a fare zapping per vedere se c' è qualcosa di interessante quando mi imbatto sulla sigla iniziale di un film che ho sempre adorato: Vi presento Joe Black.
Poco dopo Can arriva con un vassoio con i nostri tè e guardando la tv esclama convinto.
"Questo è uno dei miei film preferiti!".
Lo guardo stupita.
"Davvero? Non ti facevo tipo da film drammatici sentimentali"
Mi lancia uno sguardo di traverso borbottando.
"Perchè secondo te che tipo sarei?"
Alzo le spalle.
"Non so, magari da Indiana Jones".
Si gira verso di me con un'espressione quasi offesa.
"Cosa? E perché pensi una cosa del genere?".
"Beh, mi sembravi più un tipo da giungle inesplorate e avventure pericolose".
Ride di gusto e io mi perdo in quella risata genuina che gli arriva agli occhi e illumina il suo viso rendendolo ancora più affascinante.
"Beh, Sanem Aydin a quanto pare non mi conosci affatto".
Lo guardo intenta ben consapevole del fatto che ha ragione.
"E' vero, so di non conoscerti affatto".
Sento il suo braccio posarsi sulla spalliera del divano dietro le mie spalle e mio malgrado mi irrigidisco un po'.
"E' anche per questo che sono qui".
Mi porge la mano libera sorridendo come solo lui sa fare.
"Piacere, Can Divit, amo i film drammatici, i libri di Kafka, le poesie di Bukowski e il balletto classico"
Strabuzzo gli occhi e quasi mi strozzo con il tè che stavo bevendo quando sento l'ultima voce del suo elenco, mi giro a guardarlo sorpresa dimenticando anche di dover restare lontana dal suo braccio.
"Il balletto classico? Sei serio?"
Alza la mano in segno di giuramento.
"Giuro, ho visto Il lago dei cigni centinaia di volte e Lo schiaccianoci ogni singolo Natale insieme a Levant e i suoi fratelli quando ero bambino. Devi sapere che Remide è una vera fanatica del balletto e in qualche modo è riuscita a influenzarmi. Di tutti i suoi figli penso ci sia riuscita solo con me in effetti. Ovunque mi sia trovato nel mondo sono andato a teatro a vedere il balletto almeno tre volte all'anno. A te non piace?"
Scuoto il capo.
"Sinceramente non saprei dirlo, non ci sono mai andata ma devo dirti che mi hai scioccata con questa rivelazione".
Non posso non ridere. E' troppo divertente l'idea di Can Divit con i suoi scarponi, jeans, collane e bracciali seduto a teatro a guardar ballare uomini in calzamaglia.
"Allora vuole dire che ti ci dovrò portare al più presto".
Il suo commento fa perdere un battito al mio cuore, davvero sta facendo programmi su di noi?
" Adesso però è il tuo turno, dimmi di te. Chi sei Sanem Aydin?"
Per un attimo non posso non pensare al fatto che effettivamente non ci conosciamo, io ho potuto intuire che Huma deve avere ad un certo punto lasciato Can quando era bambino da un accenno fatto da Aziz, che parlava dando per scontato che io sapessi, e poi quando Remide ha detto che lo ha cresciuto come un figlio. Can, con me, di ciò che ha vissuto non ha mai parlato. E' normale che una moglie non sia al corrente di particolari così importanti della vita di suo marito? E' chiaro che un rapporto del genere non è destinato ad andare da nessuna parte.
" Forza, dai, dimmi".
Mi riscuoto da queste amare considerazioni fermandomi a pensare per qualche istante.
"Amo le commedie romantiche, le poesie d'amore di Neruda e Prevert, da piccola sognavo il principe azzurro, che aveva per me le sembianze di un albatros, il maestoso uccello che vive alle isole Galapagos, un luogo che ho sempre desiderato visitare e dove avevo deciso che un giorno avrei scritto il mio libro".
Sorride. "Delle Galapagos e del tuo libro me ne avevi già parlato quando eravamo ad Agva, ma solo ora capisco cosa rappresenta per te l'albatros".
I nostri occhi si incontrano mentre probabilmente stiamo pensando entrambi alla mia ricerca affannosa dell'uomo misterioso del teatro, l'albatros, colui che nei miei sogni di bambina doveva essere il mio principe azzurro, l'uomo del mio destino.
Rimaniamo in silenzio, ciascuno perso nei propri pensieri, nei propri dilemmi finché in qualche modo le scene che scorrono sul video catturano la nostra attenzione, avremo visto entrambi decine di volte questo film eppure sembriamo essere catturati allo stesso modo dalla bellezza della sua trama.
Pian piano mi rilasso contro la spalliera del divano e quando la stanchezza mi assale gli occhi si fanno pesanti e lascio cadere la testa contro il suo braccio finché una bellissima sensazione mi assale un istante prima di abbandonare il film e cadere in un sonno profondo, ristoratore. Non so quanto tempo dopo mi sento sollevare, capisco di essere tra le sue braccia e quando mi sdraia sul letto in un barlume di lucidità gli chiedo.
" E tu dove dormirai stanotte?"
Sento che mi accarezza i capelli scostandoli dal viso.
"Non preoccuparti per me, iyi geceler aşkım tatlı rüyalar gör, buonanotte amore mio, fai sogni d'oro".
Ricordo questa buonanotte, sono le stesse parole che ha usato quell'unica notte felice insieme ed io lascio che quel ricordo mi accompagni nel sonno rassicurata dal pensiero che non sono sola, lui è con a me, per ora.
La mattina dopo è proprio Can la prima cosa che vedo quando apro gli occhi. E' addormentato sulla poltrona del salotto che è comparsa magicamente il giorno prima nella mia camera da letto. Ha il capo abbandonato all'indietro e i capelli sciolti dall'onnipresente elastico che li tiene legati. Mi alzo a sedere sul letto abbracciandomi le gambe e appoggiando il mento sulle ginocchia mentre continuo a guardarlo. Perché è qui? Perché non ha dormito sul divano, troppo piccolo per accogliere un uomo della sua stazza, ma dove almeno avrebbe potuto distendersi invece di rimanere seduto su di una scomoda poltrona per l'intera notte? Davvero intende fermarsi con me tutto il tempo in cui resterò qui?
Non sarà facile questa convivenza che lui sta imponendo ad entrambi, non sono sicura di riuscire a gestirla e soprattutto di riuscire a rimanere indifferente ai suoi modi gentili. Cercando di non fare rumore scendo dal letto, prendo gli abiti dal cassettone e mi chiudo in bagno per prepararmi.
Quando rientro nella stanza da letto lui non c'è, ma sento un rumore di stoviglie provenire dalla cucina, mi affaccio dalla porta ed eccoli lì, a piedi nudi, in pantaloncini corti e con i capelli ancora bagnati sciolti sulle spalle a bagnare leggermente la morbida maglietta bianca che ha indossato, a quanto pare ha approfittato dell'altro bagno per fare una doccia. Sembra percepire la mia presenza perchè si gira verso di me sorridendo.
"Günaydın sevgilim, buongiorno tesoro".
Accidenti a lui e alle sue parole dolci.
"Günaydın , buongiorno Can" .
Mi fa cenno di sedermi ed io lo faccio fissando lo sguardo sul piatto ricolmo che mi mette davanti e mentre comincio a mangiare lo informo dei miei programmi per la giornata.
"Tra mezz'ora esco per andare a fare un salto ai laboratori, tu sentiti libero di fare quello che vuoi, anche tornare a Istanbul, non devi sentirti in dovere di rimanere".
Allunga una mano attraverso il tavolo forzando il mio mento perché incontri il suo sguardo.
"Non voglio litigare con te Sanem, stabiliamo però una volta per tutte che io non vado da nessuna parte, resto qui, con te, ti accompagnerò ai laboratori e mi assicurerò che non sia più di "un salto". Sei stata dimessa ieri dall'ospedale e non puoi stancarti, ordine del dottore".
So bene che ha ragione, non posso esagerare, ma mi indispettisce lasciare che l'abbia vinta. Sarà un lunga convivenza quella ci aspetta nei prossimi mesi, devo essere ragionevole per il bene del bambino, ma allo stesso tempo non posso permettergli di prendere ogni decisione e soprattutto la sfida più dura sarà non abituarmi a lui e a tutto questo.