Seconda Prova - "La Legge Di June"

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L'istruttore di Primo Livello André Picard si piazzò di fronte ai suoi cinque allievi, fissandoli negli occhi. "Allora", disse, "ripetiamolo ancora: è tutta roba che avete già fatto. Se non vi farete distrarre dall'ambiente e se vi limiterete a volare come avete volato fino a oggi, filerà tutto liscio come l'olio."

I giovani schierati davanti a lui, tutti ragazzi e ragazze tra i diciotto e i venticinque anni, annuirono, determinati a superare quell'ultima prova che li separava dal divenire piloti per scopi commerciali o di ricognizione.

La seconda della fila, l'allieva June Seagull, di anni ventitré, strinse i pugni finché non sentì le unghie penetrarle nei palmi sudati. Facile non farsi distrarre dall'ambiente, quando da più di dieci anni si sorvolava quotidianamente una delle aree più pericolose del pianeta. I novellini, però, non potevano che sentirsi in soggezione davanti alle acque variopinte e letali del Lago Aktaios. Lei, in particolare, sentiva qualcosa di più della semplice soggezione: anche se non l'avrebbe mai ammesso, quello che le faceva tremare le gambe era puro terrore.

Appoggiandosi al muso del proprio aereo alla ricerca inconscia di un sostegno, June osservò preoccupata la distesa d'acqua che le si apriva davanti agli occhi. Posto a poche decine di chilometri più a ovest delle estreme propaggini del deserto dell'Eleos, l'Aktaios era un immenso lago acido sulle cui rive sorgevano solo poche basi scientifiche e un impianto di estrazione del potassio in cui militava un manipolo di sventurati operai provenienti dal sottosuolo. Non v'era vita spontanea, su quelle rive inospitali, e nel bacino proliferavano solo numerose colonie di batteri estremamente resistenti.

Con un brivido d'angoscia, la ragazza guardò l'acqua appena increspata da una bava di vento. Vicino alla riva, essa non era trasparente, bensì di un giallo intenso, quasi fluorescente, ed era densa come olio. La spiaggia era ricoperta da incrostazioni di zolfo, soda e cloruro di magnesio che formavano intricate costruzioni cristalline, eleganti merletti bianchi, vasche, camini e piscine naturali. Sorvolare quel paesaggio estremo avrebbe anche potuto essere un'esperienza affascinante, se non fosse stato per l'unica isola che emergeva nel punto in cui il lago raggiungeva la sua massima estensione. Quando il fondale si inabissava, l'acqua perdeva il suo colore paglierino e assumeva gradatamente sfumature smeraldine e poi turchesi, rilucendo di un azzurro così intenso che quasi gli occhi soffrivano, nel guardarlo. Era lì, dove l'acqua era più profonda, che si ergeva lo Scoglio del Titano, un isolotto brullo di frastagliata roccia vulcanica, rifugio occasionale per gli incauti uccelli che abbandonavano una rotta più sicura per sorvolare il lago. La peculiare struttura dell'isola faceva sì che essa incanalasse i venti provenienti dal deserto e li deformasse, creando sopra di sé delle pericolose turbolenze difficili da domare.

Era proprio per questo, che l'Accademia Aeronautica aveva decretato che per ottenere l'abilitazione i suoi allievi avrebbero dovuto sorvolare con successo l'Aktaios e il suo Scoglio: superata quella prova, avrebbero potuto volare anche nelle condizioni più avverse.

"Signori, tutti a bordo!" esclamò André Picard, rivolgendo ai suoi ragazzi un sorriso d'incoraggiamento.

Cercando di inghiottire il nervosismo, June si arrampicò all'interno del suo Fireflight 532, il leggero monoposto su cui aveva accumulato un ragguardevole numero di ore di volo.

Avvicinandosi a un ragazzo alla volta, l'istruttore si assicurò che fossero tutti nelle condizioni di affrontare la prova. Dopo aver fatto l'in bocca al lupo a Samir, un brillantissimo pilota appena diciottenne, raggiunse June. "Tutto a posto, qui?" le chiese.

Nell'annuire, la ragazza evitò di incontrare gli occhi dell'uomo. "Tutto a posto" mormorò, orribilmente consapevole del rossore che le stava imporporando le guance. E adesso vattene, per favore, pensò, fissando con ostinazione le acque del lago. Perché non era solo la prospettiva della pericolosa prova che l'attendeva, a renderla inquieta: la vicinanza con il suo istruttore contribuiva non poco a riempirle la pancia di tremori nervosi. André Picard non era un istruttore normale: era schifosamente affascinante, con la sua pelle abbronzata, i capelli chiari troppo lunghi e sempre scompigliati e quegli strani occhi che non erano né marroni né verdi, ma che sembravano brillare. E poi era giovane, doveva avere poco più che trent'anni, ed era sempre allegro. Ed era così gentile...

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⏰ Cập nhật Lần cuối: Jul 23, 2019 ⏰

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