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Non vorrei trasformarmi in una di quelle persone che quando sono prese da qualcuno diventano dannatamente dolci e smielate, al punto da risultare, per quanto mi riguarda, quasi nauseanti, eppure devo ammettere che sto sentendo la mancanza di Federico a scuola, anche se si sta trattando soltanto di un giorno senza di lui.

Comunque dovrò resistere solo per poche ore. Dopodiché potrò passare tutto il pomeriggio con lui.

E spero che finalmente passeremo del tempo come si deve, dal momento che durante le ultime uscite eravamo entrambi tesi e distaccati, specialmente io, e quindi pareva quasi che fossimo due semplici amici che escono insieme.

Durante l'ultima ora di lezione non faccio altro che controllare il cellulare, e contare i minuti che mancano al suono della campano. Ad un certo punto, quando mi ritrovo un messaggio di Federico che dice: "Io sono qua fuori", mi rendo conto che mancano solo cinque minuti, perciò inizio a infilare i libri nello zaino e a chiudere l'astuccio.

«Moretti, hai tanta fretta?» domanda la prof e io arrossisco lievemente, nell'accorgermi che sono l'unica ad aver già fatto lo zaino, mentre tutti gli altri stavano ancora seguendo la lezione e prendendo appunti.

«No, mi scusi» rispondo, abbassando lo sguardo sul banco. Faccio per riaprire lo zaino e ritirare fuori tutti il libro e il quaderno, ma in quell'esatto momento, la campanella suona e quindi mi precipito fuori dalla classe insieme ai miei compagni.

Scendo frettolosamente le scale e poi esco da scuola. Mi guardo intorno per riuscire ad individuare Federico, e lo vedo appoggiato alle ringhiere. Automaticamente mi si forma un sorriso in volto. Non appena anche lui si accorge di me e ricambia il sorriso, accelero il passo e, una volta raggiunto, gli getto le braccia al collo e gli stampo un bacio sulle labbra. «Ehi» dice a pochi centimetri dal mio sorriso.

Senza dire nulla, gli do altri due o tre piccoli baci. «Suppongo che devo esserti mancato moltissimo questa mattina se addirittura mi baci così tante volte davanti a tutti!» esclama, peggiorando involontariamente la situazione poiché realizzo ciò che ho appena fatto e di conseguenza arrossisco.

«In realtà non mi sei mancato molto, sai» rispondo orgogliosa, incrociando le braccia al petto.

«Ah, no?» domanda sollevando un sopracciglio, incredulo, e io rispondo scuotendo la testa, sforzandomi di sembrare credibile. «Se le cose stanno così, allora mi sa che posso andarmene a casa da solo a mangiarmi un bel piatto di carbonara.»

«Ok, ciao» rispondo, agitando una mano per salutarlo.

«Certo che sei proprio stronza, oh» sbotta, voltandomi le spalle e facendo per dirigersi verso la fermata dell'autobus.

Non si sarà offeso sul serio? Roteo gli occhi e lo seguo, appoggiandogli una mano sulla spalla una volta raggiunto, così da farlo voltare. «Dai, guarda che scherzavo! Non puoi prendertela con me solo per...» mi fermo non appena Federico mi scoppia a ridere in faccia. «Ci sei cascata, eh?»

«Fottiti» sussurro, mostrandogli il terzo dito, e questo non fa altro che farlo divertire ulteriormente.

Smette di ridere e poi mi avvolge fra le sue braccia. Per i primi secondi, continuo a tenergli il broncio e a rimanere rigida, ma dopo poco cedo e ricambio il suo abbraccio. «Ti odio lo stesso» borbotto.

«Sì, sì» fa lui con tono strafottente, prima di sciogliere l'abbraccio. È arrivato l'autobus, perciò iniziamo a metterci in coda davanti alle porte per poter salire, preparandoci mentalmente alla tortura giornaliera: passa solo un autobus appena usciamo da scuola e ci sono tantissimi studenti, mentre tutti gli altri arrivano dopo molti minuti di attesa, così ogni volta facciamo tutti a gara per poter salire. Peccato che ci sia sempre chi esagera e spinge in modo anche piuttosto brusco, giusto per riuscire a trovare un maledetto posto dove sedersi. È successo anche più volte che qualcuno sia caduto a terra per via degli spintoni di qualche incivile. Bambini dell'asilo.

Forse "stai zitto" sarà il nostro "sempre"Where stories live. Discover now