Every Rose As Thorn

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I am my own affliction 
I am my own disease 
There ain't no drug that they could sell 
Oh, there ain't no drug to make me well 

Switchfoot, Mess of me

Quando Lucius Malfoy quella stessa notte andò a dormire, la nuca sprofondata nel cuscino color perla, non poté impedirsi di sorridere serenamente verso il soffitto al solo rimando della conversazione avuta col figlio durante la mattinata. Nonostante le iniziali perplessità condivise con la consorte, era stato sufficiente un lieve baluginio di ottimismo per far sì che tutto quanto assumesse fattezze a dir poco perfette; il suo unico erede si era finalmente preso una responsabilità, aveva promesso solennemente di adempiere ai propri doveri secondo i fervidi desideri di Lucius, avrebbe fatto il possibile per soddisfare le esigenze di tutti quanti. 
Come era cresciuto! E come era apparso convinto e deciso mentre domandava, con grande ostinazione, di poter fare a modo suo!
Era davvero il figlio di suo padre, si disse fieramente Lucius mentre si addormentava. 
Il figlio di suo padre.
I suoi sogni furono pacifici e sereni, riflesso del buonumore che lo aveva contagiato all'eccellente notizia riguardante l'imminente fidanzamento di suo figlio. Petali di fiori che scendevano dal cielo, canti angelici e sinfonie di marce nuziali; la sua mente festeggiava con tanta esuberanza da impedire a qualsiasi dettaglio spiacevole di subentrare nella sua bolla di felicità, i sospetti vennero così accantonati e i rancori dimenticati. 
Di certo Lucius non poteva sapere che le sue fantasie decorate di celebrazioni, abiti candidi, boquet e bebè rigorosamente maschi erano di quanto più universalmente lontano ci fosse da quel che affliggeva losposo in questione. Forse sarebbe stato più esatto dire che niente di tutto questo si affacciava negli intenti del suo erede, il quale era ben cosciente che se soltanto Lucius avesse avuto la sventura di scoprirlo, non avrebbe sicuramente esitato a risvegliare Lord Voldemort dall’aldilà pur di costringere a suon di Cruciatus il suo ribelle figlio a prender moglie.
Ma in un certo senso l’ignoranza è la culla della felicità, e Lucius Malfoy quella notte dormì il suo sonno pacifico senza assolutamente immaginare in quali tutt'altro che decorose spoglie si presentasse la sua prole in quell’esatto momento.

Draco Malfoy era letteralmente sepolto.
La sua sagoma la si intravedeva appena al di sotto di una massa informe appostata proprio alla base di un antico arazzo dai toni smeraldini; un piede sbucava da una parte, un gomito dall’altra, un ciuffo spettinato di capelli biondi emergeva dal cuscino e dall'angolo del lenzuolo accartocciato. 
Sopra di lui, in forme strane e spigolose, il suo harem personale sonnecchiava rivestito da una coperta scura. Frammenti di vetro e bottiglie vuote a disseminarla, che di tanto in tanto rotolavano giù da un lato del letto, accoglievano nei loro cupi riflessi la pochissima luce presente nella stanza. 
Il dormitorio di Serpeverde si presentava ordinariamente un macello completo; vestiti sgualciti, baule spalancato, libri buttati alla rinfusa e biancheria atterrata nei posti più improbabili fiorivano dal pavimento come un prato in primavera e niente, se non un tornado in piena attività, dava l’idea di poter mai essere in grado di spazzare via quella confusione. 
Nell'aria fredda gravavano grugniti e respiri sopiti. Qualcuno si rigirava dall’altra parte, un altro cadeva dai letti sovraffollati, un orologio poggiato su un comò nelle vicinanze scandiva con un leggero ticchettio l’avvicinarsi di un’alba che a Serpeverde, infossato nelle profondità della scuola, era sempre stato impossibile poter scorgere. Fu quindi brancolando nell’oscurità che, al suono trillante della sveglia che squillò nelle fattezze di una tromba particolarmente assordante, tutti si rizzarono a sedere spaventati nel futile tentativo di riconoscersi l'uno con l'altro. Qualcuno di intelligente ebbe la geniale idea di accendere il candelabro con un incantesimo, e improvvisamente tutte le loro facce stravolte fiorirono alla luce dorata che proveniva dall'alto.
Primo giorno di scuola del settimo anno.
Svegliarsi dalle vacanze estive era un trauma che nessuno studente desidererebbe mai continuare ad affrontare, e in casi come questi, nemmeno sette anni di allenamento erano valsi in qualche modo ad ammorbidire il ritorno a una realtà così spiacevole. I Serpeverde, poi, tipi alquanto irritabili, non parvero tollerare l’affronto di essere svegliati in modo così poco raffinato e furono molteplici, nello stesso momento, gli incantesimi che incenerirono la principale fonte di disturbo.
Tutti si ritrovarono a fissare un mucchietto di cenere nera che spuntava dal comodino.

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