Mi svegliai vomitando. Avevo in bocca il sapore metallico del sangue e mi passai la lingua lungo le guance per capire da dove provenisse, ma non sentii nessuna ferita.

La testa mi pulsava e quando cercai di sollevarmi la stanza iniziò a girare su se stessa alcune volte. Le pareti erano bianche e il soffitto era colorato di un azzurro che riconobbi subito. Ero in ospedale. Papà.

Mi guardai intorno girando la testa fin troppo velocemente, mi sentii impazzire. Era come se quello che vedevo intorno a me si stesse affrettando per seguire i miei movimenti, come se fosse il resto a muovermi e io fossi quella immobile.

Spostai lo sguardo sulle mani e vidi che erano piene di ematomi viola. I segni si estendevano dalla punta delle dita fino ai gomiti, dove sfumavano ad un rosa più tenue. Sotto le unghie avevo una sorta di polvere grigia, e in quel momento iniziai a sentire un lieve odore di bruciato.

Le luci ad elettro sul soffitto sfarfallarono e mi costrinsero a chiudere le palpebre per non vomitare di nuovo.

Provai a toccarmi la pelle e, appena appoggia il dito, sentii una scossa attraversarmi tutto il braccio. Che cosa è successo? Mi sembrava di non avere più ricordi, come se fossero stati tutti sovrascritti da un enorme e pesante vuoto.

«Ariadne.»

Mi voltai e dalla porta alla mia destra comparve mio padre. Sembrava invecchiato di vent'anni, con quegli occhi pieni di lacrime e la pelle intorno ad essi arrossata.

Mi corse incontro e mi avvolse in un abbraccio in cui il nero dei nostri capelli si mischiò a formare una piccola nuvola temporalesca.
Le parole mi uscirono a fatica e, al sentirmi la voce spezzata, mi ricordai di aver urlato.

«Cos'è successo?» gli chiesi, anche se in quel momento piccole tracce di ricordi incominciarono a mettersi insieme.

«Ho poco tempo, Ari. Poi devo andare...»
Fece una pausa per sedersi su una sedia di legno messa vicino al mio letto, e mi prese la mano fra le sue. Erano fredde. Perché non sono calde? Dove sono i suoi scaldini? Erano gelate.

Ma non erano le sue mani ad essere più fredde del solito, erano le mie ad avere una temperature diversa: le sentii bruciare a contatto con le sue.

«Andare dove... Papà, che è successo?»
Lo sai cos'è successo. Fare la finta stupida non farà ritornare indietro il tempo.

«Al Rituale, non so perché, io veramente non lo so» lo sentii mandare giù la saliva «Non hai mantenuto i tuoi Poteri. Sei stata scelta dall'Elettro» appena detta la frase, smise di guardarmi.

Se fossi stata un edificio mi sarei sgretolata come sotto effetto di un terremoto. In quel momento avrei voluto che accadesse esattamente quello.

Risi dalla disperazione.
«Molto divertente, papà.»
«Ari, non so cosa dirti», non mi guardava e farfugliava.
Perché non mi guarda? Guardami.

«Papà non è possibile, c'è un errore» doveva essere così «Io non sono una figlia mista, tu  e la mamma siete... Sette generazioni, per la Madre.»
Mio padre mi rimproverò per l'ultima parte della frase.

Mi sentivo la testa scoppiare e il corpo in surriscaldamento. Avevo addosso solo la canottiera che avevo messo al di sotto della divisa del Rituale, eppure mi sembrava di essere avvolta da trecento coperte di lana.

«Ari, non lo so davvero» sembrava più perso di me, e lo sapevo che non aveva la minima idea su cosa dirmi per consolarmi. Non sapeva che parole usare, quante usarne. Buttava fuori frasi tanto per riempire il vuoto che ci circondava. Il silenzio era qualcosa fin troppo sottovalutato, come se fosse lì solo per sottostare a noi.

THE ECHOING WATER - Il ciclo dei Tessitori 1Where stories live. Discover now