2.4 Dietro la tenda del mago

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Si sedettero sulle rocce fredde del Cairn. Rhodina era lunga distesa, i talloni incrociati sulle cosce di Roy, il suo rimuginio che assumeva l'aspetto di una fronte aggrottata e di una guancia morsa dall'interno. Passò un po' di tempo così prima di tornare sull'argomento:

«Vorrei che Dot capisse che non usciremmo dalla sua vita per salvare le chiappe da una casa infestata. In fondo, condividere quel che succede può soltanto avvicinarci. Dovrebbe averlo capito che perderla non è contemplato.»

Si sollevò sui gomiti e guardò Roy negli occhi: «É come se avessimo sempre saputo del suo arrivo, non trovi? Come se l'avessimo aspettata per tutto questo tempo. C'è qualcosa di magico qui, c'è sempre stato. Ma ora che siamo legati a lei, sento che...è quasi come se...»

«É come scoprire che esistono risposte impossibili a domande che ci sfuggono.»

Non avrebbe potuto elaborare ciò che aveva detto. Non lo aveva attraversato nessun ragionamento. Gli era venuto dal profondo, da un intuito che gli eventi degli ultimi mesi dovevano aver attivato. Rhodina diede segno di aver capito e lui le credette.

Rhodina tirò su col naso infreddolito:

«Forse non sono riuscita a trasmetterle abbastanza fiducia. Dici che ho fatto un casino?»

«Non hai fatto un casino. Siamo d'accordo: qualcosa non va in quella casa e non possiamo più lasciar correre. Ha bisogno di noi, anche se dice il contrario. Dobbiamo fare squadra.»

«Cosa possiamo fare?»

«La chiamiamo e le diciamo che può contare su di noi.»

«Ma se a malapena ci risponde...»

«C'è un solo modo, allora. Andrò a parlarle di persona.»

Allontanò con una manata le scarpe di Rhodina e si alzò in piedi.

«O-ora?» si agitò lei. «Ma io non posso venire, devo fare i compiti!»

«Ti chiamerò io. O lo farà lei. Ti faremo sapere, insomma.»

«Roy, non è giusto! Voglio venire anch'io!»

«Meglio che ci vada da solo, per sondare il terreno. Se non vuole vedermi me ne torno a casa senza che si sollevi un polverone.»

Si avviò verso Williams House, voltandosi una sola volta per sorridere serafico a uno "stronzo" scagliato da Rhodina. L'idea che di lì a poco avrebbe visto Dorothea gli mise le ali ai piedi; in tasca aveva una cosa per lei e aspettava da giorni un buon pretesto per portargliela.

Era quasi arrivato al portoncino quando quello si aprì e ne uscì Alec con tutta l'aria d'essere affaccendato. Per poco non si accorse di Roy, che pensò bene di svincolarsi in fretta dai saluti e sgusciò subito dentro casa. Alec fece in tempo a invitarlo ad andare di sopra - dove avrebbe trovato Dorothea - ma Roy evitò accuratamente di incrociare il suo sguardo. L'imbarazzo per la loro chiacchierata in macchina era ancora forte, ma il pericolo che Alec potesse leggergli in faccia di aver scoperto della tragedia di famiglia era anche peggiore.

La casa era calda e profumava di pulito. Le porte ai lati dell'ingresso erano state aperte e la luce fredda del pomeriggio invernale si fondeva a quella aranciato delle lampade accese. Difficile percorrere quel corridoio ordinato, calpestando un tappeto nuovo di zecca che si allungava fino in fondo, e credere che qualcosa di ultraterreno potesse nascondersi al di là delle sue porte chiuse. Persino lo specchio ossidato aveva un aspetto meno inquietante, ora che la cornice era stata incerata a dovere. Ripensò a ciò che Alec aveva detto - o meglio, lasciato intendere - a bordo della sua auto, mentre si lasciavano alle spalle Williams House: non c'era niente di spaventoso, in quella casa, che non potesse essere risolto con qualche riparazione. Il graduale rinnovamento che la stava interessando, poco alla volta ma con efficacia, sembrava provarlo. Tuttavia, nonostante l'apparenza, Roy aveva ancora delle forti riserve.

Amici Perduti. Libro Primo - Parte 1 [IN REVISIONE]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt