Monologhi di gentilezza

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Quando avevo tredici anni mi imposi una regola piuttosto bizzarra: avrei dovuto, ad ogni costo, imparare a camminare a testa alta.
Per qualche motivo ormai dimenticato, ero fermamente convinta che la capacità di reggere lo sguardo dei passanti avrebbe temprato il mio carattere e che la mia fragilità, visibile come lunghi papaveri nel grano, sarebbe stata occultata e poi smantellata da quell'esercizio di autostima e fiducia in me stessa.

Era la colonna sonora dei passi che da scuola mi riportavano a casa.
Era il mantra che senza pietà mi ripetevo per quei dieci minuti di dichiarata guerra contro la nauseante sensazione di inadeguatezza che ogni mattina inacidiva il mio latte.
Era una piccola ancora di cartapesta gettata in uno tsunami di cattiverie e sentenze.

Ho mantenuto quella promessa fatta a me stessa: non fisso più i miei piedi quando cammino (tranne nello scendere le scale) e non ho più così paura degli occhi degli altri e anzi, le profondità in cui mi gettano certi sguardi sono uno spettacolo irrinunciabile.

Io, però, mi sento ancora un lungo papavero nel grano.

La differenza è che adesso ho conosciuto le storie di mille pesci fuor d'acqua, di una ballerina claudicante, di una serie di orologi difettosi.

La differenza è che se non fossi come sono non sarei mai stata dipinta da Monet, citata da De André, raccolta in nome della libertà e baciata dalle brezze più leggere che il grano non riesce a percepire.

C'è forza e bellezza anche in noi,
aritmici cuori sempre un po' stonati
e le riconosceremo come grandi
quando smetteremo di concepirci tali.

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⏰ Última atualização: Aug 09, 2022 ⏰

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