01. Il gatto di Schrödinger

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CHARLIE

quattro anni dopo

Secondo il paradosso di Schrödinger, ci sono sempre due probabilità possibili fino a quando un fenomeno non viene osservato.

La prima volta che ho studiato questo esperimento mentale non l'ho capito. Ho dovuto rileggerlo due, tre e anche quattro volte. È stato solo alla quinta, però, che tutto è diventato più chiaro ai miei occhi.

Ipotizziamo che c'è un gatto e che questo gatto viene inserito in una scatola chiusa, senza possibilità di vedere cosa succede al suo interno. E immaginiamo anche che, all'interno di questa scatola, venga rilasciato del gas senza che il gatto possa fare nulla per evitare l'inevitabile.

Ma qual é, in effetti, l'inevitabile? Noi non lo sappiamo. E chi lo stabilisce? Ancora una volta, noi non abbiamo questa risposta. Perché quello che facciamo noi è cercare di osservare, di studiare, di capire. Aspettiamo un fenomeno e, solo dopo, proviamo a dargli una spiegazione.

Ci limitiamo a esistere, senza mai porci delle domande ma cercando direttamente delle risposte. A volte neanche noi siamo sicuri di cosa abbiamo esattamente bisogno: fatto sta che siamo certi che ci manca qualcosa, quel tassello in più. E allora osserviamo, aspettiamo che tutto diventi palese ed evidente ai nostri occhi.

Quindi: il gatto è all'interno della scatola e, fin tanto che rimane al suo interno e lontano dall'attenzione di qualcuno, potrà essere sia vivo che morto allo stesso tempo. Noi non lo sapremo mai, fino a quando non decideremo di verificare con i nostri stessi occhi: perché fino ad allora, il gatto si troverà in una sorta di limbo.

Un paradosso in cui c'è e non c'è.

Ecco, io sono il gatto e la mia vita è un enorme paradosso di Schrödinger.

Ogni mattina mi alzo, mi preparo, faccio la colazione e vado alla Jenxen's High. Faccio tutto in modo meccanico, quasi come un automa, in attesa di incontrare qualcuno.

Nella speranza segreta di essere vista, di uscire dal limbo della scatola.

Ogni mattina mi alzo e potrei essere sia viva che morta per quanto ne sa il mondo. Fino a quando qualcuno non mi nota, rimango invisibile: ci sono o non ci sono, l'unica a saperlo sono io.

E visto che io sono il gatto nella scatola non faccio testo.

Poi arrivo a scuola e, proprio come questa mattina, la mia migliore amica Barbie mi viene incontro. Sorrido, rilascio l'aria e mi rilasso: esisto, ci sono. Qualcuno ha aperto la scatola e sono qui.

Barbie (che in realtà si chiama Barbara, ma nessuno ormai la chiama più così) attraversa il corridoio della scuola come se si trovasse alla fashion week di Milano. Ora, non che io sia poi così informata in materia di moda e stile, ma vi assicuro che chiunque la guardi non può fare a meno di immaginarla su una passerella ad attirare tutti gli sguardi e i flash su di sé.

Cammina con una mano sul fianco, le gambe chilometriche che si mangiano le mattonelle del pavimento con estrema facilità e i boccoli biondi che le ricadono composti sulle spalle.

Immagino di non dover neanche spiegare il perché tutti, sin da quando si è trasferita all'inizio del primo anno, la chiamano Barbie. Così come non penso serva spiegare come è possibile che io a scuola sia ancora più invisibile.

Tutto in un bacio Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu