Prologo

29 1 0
                                    

Le mie gambe sono doloranti per via della posizione, ma poco importa. La sveglia segna le undici di mattina. É da circa tre ore che sono ferma immobile sul letto. Il mio sguardo rimane fisso sulla grande finestra che da sul cortile dell'edificio. Non riesco a spiegarmi il perché dell' immensa vetrata posta in quella che oramai é diventata camera mia, probabilmente é stata una decisione di mia madre mettermi in quella stanza. Ho sempre amato le finestre immense, quelle che ti mostrano tutto ciò che vi é al di fuori del luogo chiuso in cui ti trovi, ma questa no, questa finestra non mi piace, dovrebbe farmi sentire meglio, ma in realtà peggiora tutto, la malinconia cresce nel vedere il mondo da questa finestra, sapendo di non poterlo mai più assaporare in pieno. Abbasso lo sguardo al pavimento e stringo in un pugno le lenzuola fino a far diventare le nocche bianche. Non sopporto questa situazione.

«Alyssa?» sento la voce di mia cugina chiamarmi da dietro la porta, seguita da un bussare insistente.

«Entra Chelsea» un sussurro appena udibile esce dalle mie labbra, odio essere così debole.

Vedo la chioma bionda di Chelsea fare capolino dalla porta. Si avvicina al mio letto con il suo solito sorrisetto e mi sventola un sacchetto bianco davanti al viso. Riconoscerei quell' odore anche in capo al mondo.

«Cornetti al cioccolato» esclamo seguita da un gemito «Se potessi ti sposerei, Chels» continuo prima di stringerla in un abbraccio. Chelsea ha questo potere su di me, riesce sempre a risollevarmi il morale con niente, é la mia migliore amica ed é bello sapere che c'é qualcuno che ti conosce meglio di chiunque altro.

«Come stai?» parla prima di sedersi sulla sedia accanto al mio letto. Ha un tono basso, ha paura della mia reazione, sa che non sopporto questa domanda, ma non protrei mai arrabbiarmi, non con lei.

Rilascio un sospiro e volto lo sguardo verso di lei.

«Normale» rispondo neutra, non voglio fare del vittimismo. La bionda mi afferra la mano e punta le sue iridi nere nelle mie grigie.

«Aly non c'é bisogno di mentire con me» mi sollecita. Sa che non resisteró ancora per molto.

«Chels...» continuo «Sto bene, davvero, i dolori sono passati e i medici hanno detto che per il momento posso stare tranquilla» ma io non sono tranquilla, non ci riesco, nessuno al mio posto riuscirebbe ad esserlo. La mia vita é come un conto alla rovescia e il mio tempo diminuisce ogni minuto che passa.

«Non mi importa cosa dicono i medici, voglio sapere cosa dici te» risponde frustrata. É così testarda a volte.

Il silenzio cala nella stanza, non riesco a rispondere, per quanto io mi fida di lei questo argomento brucia quando me lo sbattono in faccia.

«Sono arrabbiata, molto, non ha senso farmi restare quí, sappiamo tutti come andrá a finire, quindi é inutile continuare le cure, voglio solo andare a casa e vivere i miei ultimi momenti decentemente e non su un letto di ospedale a disperarmi» rispondo irritata, non ho paura di ció che mi aspetta, sono solo arrabbiata e amareggiata, sono tante le cose che mi perderó.

« Sono cosí tante le cose che vorrei ancora fare» do voce ai miei pensieri. É cosí ingiusto.

É sul punto di piangere, lo vedo, ha gli occhi lucidi e sta trattenendo il respiro, e con esso anche le lacrime.

«Non dire così, sai che varia in base alla persona, tu sei forte e non sarà certo la malattia a buttarti giù, non lasciarti andare e pensa a ciò che farai una volta finita» cerca di convincersi, ha bisogno di sentirsi dire che non me ne andrò, che resterò con lei, che non morirò.

«Chelsea ho un fottutissimo tumore!» esclamo esasperata, non dovrei essere così pessimista, ma non so come altro fare.
«Sappiamo entrambe quante probabilitá ho di farcela» continuo calma, bene, adesso pure io ho gli occhi lucidi.

«Hai 15 anni e alla tua etá ci sono piú possibilitá di sopravvivere. Ho fatto delle ricerche e ho chiesto a vari medici. La Leucem...» parla velocemente ma la interrompo appena capisco cosa vuole dire.

«Non dirla» affermo dura.

Mi guarda confusa, ma poi sembra capire.
«Alyssa non puoi fare cosí, ogni volta che cerco di parlarne tu ti blocchi. Capisco che...» la interrompo di nuovo, é la prima volta in vita mia che mi adiro cosí tanto verso Chelsea.

«No, cazzo, tu non puoi capire, non sei al mio posto, apprezzo quello che fai, ma non dire che capisci cosa sto provando perché non é cosí» quasi urlo adirata, mi dispiace arrabbiarmi con lei, ma certe volte non sa quando é il momento di smettere.

I suoi occhi guardano il pavimento come se fosse la cosa piú interessante su cui posare lo sguardo. Ho esagerato e me ne accorgo solo adesso. É raro vedere io e Chelsea litigare, siamo molto legate e solitamente siamo d'accordo su ogni cosa, ma evidentemente non su questa.

«Elisabeth» la chiamo leggera. So che odia il suo secondo nome e spesso lo uso per fare pace, é divertente vederla sorridere consapevole che cerco di infastidirla.

Si lascia scappare un sorriso misto, divertito e amareggiato. Tira su il naso e alza lo sguardo fissandomi.

«Sei una stronza» afferma con ancora il sorriso stampato in faccia.

«Lo so» esclamo con un sorrisino «ma mi adori lo stesso» termino divertita. É surreale il modo in cui si é ribaltata la situazione, fino a pochi istanti prima eravamo sul punto di urlare, mentre ora sembra tutto normale.

«Senti Aly non tireró piú fuori l' argomento se non necessario, ma prova ad essere piú positiva, fallo per te stessa» continua «ricordati che la speranza é l' ultima a morire» termina teatrale. La guardo divertita, poi rifletto sulle sue parole. Non voglio sperare, se spero troppo e ciò per cui ho speranza non si avvera rimarró delusa, e quello sará solo un dolore in piú che potevo tranquillamente risparmiarmi.

Torno alla realtá e guarda la mia amica alzarsi dalla sedia. Dove sta andando?
Si avvicina e dopo avermi schioccato un bacio sulla guancia mi sorride andando verso la porta. Prima di uscire si gira e mi guarda.

« Scappo, mamma vuole una mano per preparare il pranzo, tu riposati. Dopo ti chiamo.» parla veloce, sembra piú tranquilla.

«Va bene, Chels» le sorrido vedendola uscire dalla stanza.

«Ti voglio bene, peste» la sento urlare dal corridoio seguita dalle voci arrabbiate delle infermiere che le intimano di fare silenzio.

É sempre la solita, penso scuotendo la testa divertita. Cosa farei senza di lei.

Giro la testa e poso lo sguardo sul sacchettino bianco posto sul mio comodino. Quei poveri cornetti ormai saranno gelati.

Mi sdraio definitivamente sul letto e penso a tutto ció che ha detto Chelsea. Magari un' pó di speranza non mi fará cosí male.

SPAZIO AUTRICE❤👐

Allora, parto con il presupposto che ho deciso di scrivere questa storia di impulso, mi é venuta l' idea e ho buttato tutto quí, comunque io mi chiamo Beatrice, ho 18 anni e spero che la storia vi piaccia, per ogni cosa scrivete pure.🙈

The Dark Side [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora