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4 luglio

«Ti tengo il posto allora?» mi chiede la mia migliore amica mentre siamo al telefono, facendo così dissolvere la nebbia di pensieri che ho in testa.

Una boccata d'aria capace di darmi un attimo di respiro... Ecco di cosa ho bisogno oggi: di un po' di colore in questa vita che all'improvviso è diventata grigia. Non ho idea di come e quando sia successo, ma sulla mia infanzia felice e piena di sfumature colorate è caduto come un macigno, un senso di inadeguatezza opprimente. Ho cominciato a sentirmi fuori posto, mentre tutti gli altri, invece, sembrano aver trovato la loro strada, perfettamente incastrati nella loro vita, come se fosse normale sapere sempre quale direzione prendere...

«Ehm... Sì, scusami, mi sono distratta» le rispondo. «La nostra solita aula studio?»

«No, sai che c'è? Nuovo giorno, nuova vita, nuove scelte» canticchia. «Oggi ho voglia di andare in quella vicino al baretto dove ci siamo fermate per fare colazione la settimana scorsa.»

«Cosa? Ma è lontanissima! Così ci metto mezz'ora in più, secondo la mia tabella di marcia!» Lo sguardo mi cade sull'ora.

Siamo state poche volte in quell'aula studio, è troppo distante e sempre affollata. Il fatto che abbia deciso di cambiare improvvisamente destinazione mi insospettisce parecchio, ma non ho la forza né di obiettare né di domandare: in fondo, essendo più puntuale di me, almeno mi terrà il posto.

«Caso vuole che io sia già qui, pensa un po'» risponde lei.

«Non accetto un "no" come risposta, ci divertiremo.»

Mi preparo e infilo una delle magliette che di solito riescono a dare luce alle mie giornate più grigie: una dicolore giallo ocra, nulla di speciale, ma me l'ha regalata Vincent qualche anno fa pensando di farmi un torto. Di solito porto solo nero o colori neutri, per comodità e perché sono più facili da abbinare. Si può dare colore alla vita anche con ciò che indossiamo mi ha detto quando me l'ha regalata. Non mi dispiace, non aveva torto, dopotutto. Mi fiondo fuori casa, sotto il sole cocente e l'aria che sembra immobile da quanto èirrespirabile. Mi sto già pentendo di essere uscita, ma so che stare chiusa dentro la mia stanza non aiuterebbe, mi farei sommergere dai problemi senza vedere una via d'uscita in fondo al tunnel dei miei infiniti dubbi. Quando arrivo a destinazione, comincio a vagare alla ricerca della mia amica. Rido tra me e me quando mi rendo conto di essere circondata da studenti in crisi che trasudano ansia e preoccupazione: gli universitari si riconoscono a chilometri di distanza. E, tra loro, ci sono anche io.

"Sono nell'aula 5B" mi scrive Aurora. Così mi incammino nella sua direzione e, quando varco la soglia, il mio sguardo, neanche a farlo apposta, va a posarsi su una persona che immediatamente attira la mia attenzione. E come potrei non notarla? È chinato su un libro, tiene il tappo in bocca ed è intento ad arrotolarsila penna tra i perfetti riccioli biondo scuro. Il cappellino in testa mi manda in confusione per qualche istante, ma i tatuaggi che ha ben in vista grazie alla maglietta a maniche corte mi fa confermano, senza ulteriori dubbi, che quello è Vincent. I nervi nel mio corpo cominciano ad aggrovigliarsi, e i miei muscoli a irrigidirsi."Comportati come sempre, non lo guardare nemmeno e non provare ad attirare l'attenzione, andrà tutto bene" penso tra me e me. Ma il mio cervello non riesce a comunicare con il corpo, così al primo passo che faccio inciampo nella mia stessa scarpa e, mentre cado in avanti, cerco un appoggio, il tavolo di fianco a me, pieno di penne che iniziano a cadere a terra a una a una, facendo un bel po' di rumore nell'aula.

«Scusami» dico alla ragazza che ho importunato e mi riprendo immediatamente.

Torno a camminare, sicura di me, con l'obbligo di guardare solo in direzione della mia sedia, anche se mi sento il suo sguardo addosso fino a quando non mi accomodo accanto ad Aurora.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 25, 2023 ⏰

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