Capitolo 4.

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4° Capitolo.

«L’invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato. Fortunato colui al quale latrano i cretini, perchè la sua anima non apparterrà mai a loro».

Il Gioco dell’angelo.

( Carlos Ruiz Zafòn)





Ma che cazzo!

Inciampo nei miei stessi piedi e il boato provocato dai libri che cascano dalle mie mani riesce a rendermi il passaggio ostruito.

Sbuffo e mi chino, raccogliendo il più rapida possibile quell’ammasso di carta inutile, quando il portone di casa si spalanca e posso udire dalla mia posizione la voce di Renè che dà il buongiorno a Megan.

Cosa diamine è venuta a fare a quest’ora?

Osservo le loro ombre farsi sempre più distanti. Ritorno in piedi con un balzo e manca poco che investa il mal capitato che mi è alle spalle.

Mi volto di scatto, trovandomi dinanzi quegli occhi penetranti. Perdo salivazione e probabilmente un’altra cosa andata perduta è l’autocontrollo.

Adam mi sorride divertito e mi sorpassa, scendendo lungo le scale, come se la sera prima non fosse accaduto assolutamente nulla. Perfetto! Allora sarebbe valsa la stessa cosa anche per me.

Scendo rapida e trovo Megan seduta al tavolo della cucina che lancia occhiate ammiccanti in direzione di Adam, il quale, per tutta risposta, sgranocchia una ciambella e si sdraia sul divanetto.

«Oh, Melanie cara!», esclama Renè non appena si accorge della mia presenza. «Megan è passata per accompagnarti a scuola», mi informa con un sorriso materno.

Renè è sempre stata una grande donna, ho apprezzato ciò che ha fatto per mio padre e me negli ultimi tempi, peccato che abbia un figlio di cui poteva farne a meno il mondo intero. Ma non posso fargliene una colpa, magari non è neanche stato voluto ed è spuntato sotto qualche fungo, o qualche cavolo. Sì, magari sotto un fungo velenoso.

«Già…E avrei bisogno anche di sbirciare il tuo vocabolario, se non ti spiace».

Gli occhi di Megan lampeggiano e le sue parole attirano l’attenzione di Adam, il quale si schiude in un sorrisino divertito e fossilizza i suoi occhi sulla mia faccia, apparentemente perplessa.

«Il mio vocabolario? Beh, è di sopra…Ah! Sì, vieni».

Chissà con quale capacità, riesco a muovere un piede davanti all’altro e mi chiudo la porta alle spalle, quando ci intrufoliamo in camera, neanche fossimo delle ladre in cerca del gioiello perduto.

Megan mi sorride deliziata e si aggira per la stanza.

«Allora? Queste fantomatiche calze a rete dove le hai nascoste?»

Mi trovo a socchiudere gli occhi, regalandole uno degli sguardi più atroci che le avessi mai mostrato in vita mia. Di fatto, la mia amica deglutisce, apparentemente turbata.

«Era un  messaggio in codice, per caso? Non è che volevi qualche vibratore?», domanda passandosi una mano tra i capelli.

Stringo le nocche delle dita e manca poco che le lanci davvero un vocabolario sulla testa.

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