Amici mai || MetaMoro

lapacechenonho tarafından

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Fabrizio Moro era un noto cantautore italiano. Aveva 42 anni, una famiglia, incasinata, ma pur sempre una fam... Daha Fazla

Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
Capitolo 10.
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Epilogo.

Capitolo 16.

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lapacechenonho tarafından

Con l'inizio del tour il tempo di Fabrizio era diventato veramente poco. Era sballottato da una parte all'altra, spesso senza rendersi realmente conto di cosa stesse facendo. Aveva affrontato le due date di maggio con estrema facilità, nonostante percepisse il disagio degli addetti ai lavori intorno a lui. Erano usciti due concerti da paura, due dei migliori che avesse fatto nella sua vita ed era stato proprio questo a dare quella carica in più di cui aveva realmente bisogno per affrontare il tour che lo attendeva.

Nonostante la corsa da una città all'altra e gli immensi viaggi notturni con la luna e la musica come compagne, aveva potuto dedicarsi alla stesura del pezzo alla LigaJovaPelù, aveva già contattato Andrea che aveva un ritornello niente male, adesso doveva trovare gli altri due con cui duettare, nella sua lista c'erano Nek o Renga, che erano quelli più "classici" per quel ruolo, ma doveva cercare bene la persona con cui mettersi in società. Una canzone è come un figlio e un figlio non lo affidi alla prima persona che capita.

Dal punto di vista personale, invece, la sua mente aveva un'unica direzione, ovvero Ermal Meta. Da quella sera di maggio non si erano più visti, non aveva manco un numero per contattarlo e Fabrizio era convintissimo che così com'era arrivato ne sarebbe uscito, proprio come una meteora. Nei mesi precedenti aveva partecipato a qualche festival ma puntualmente lui non c'era, una volta perché era impegnato con il tour, l'altra volta perché aveva partecipato alla serata precedente.
Fabrizio a 42 anni suonati si sentiva un ragazzino che non aveva la più pallida idea di cosa fare con la sua cotta del liceo.

Era certo di amare Ermal ma era anche certo di non poterlo avere. Ed era certo che se fossero tornati a parlarsi di certo non gli avrebbe potuto dire la verità, perché Fabrizio dal primo maggio aveva capito tutto e non sapeva se era il caso di dirlo ad Ermal. E se poi fosse stato solo un gioco della sua testa? Se non era realmente ciò che pensava? Se in realtà quella voce fosse stata alterata dall'acustica non proprio ottimale del backstage?

La mente di Fabrizio era affollata da questi pensieri mentre si dirigeva ai Battiti Live a Melfi. Era perso a contemplare il panorama dal finestrino senza dargli realmente importanza, preso com'era dai suoi filmini mentali.

«Dove andiamo stasera?» gli aveva chiesto Ermal seduto dal lato del passeggero.

«Te va 'na biretta?» aveva proposto Fabrizio.
«Ce sto» aveva risposto l'albanese imitando il suo ragazzo. Era fine maggio e l'aria aveva cominciato a farsi più calda, tra i ragazzi si respirava già quella voglia di estate, la voglia di staccare, di tornare tardi a casa la sera. Le ragazze cominciavano ad indossare i primi vestitini leggeri e i ragazzi le prime maniche corte.

Fabrizio amava il periodo che precedeva l'estate. Quando poi arriva luglio o agosto il caldo ti annienta e anziché uscire l'unica cosa che vuoi fare è stare sdraiato a letto con il ventilatore puntato contro. Si definiva un fan delle vigilie, preferiva la primavera o l'autunno che l'estate o l'inverno. Preferiva il giorno prima del suo compleanno anziché il compleanno stesso. Preferiva quel clima di attesa tipico del 24 dicembre anziché il 25 dicembre.

Mentre rimuginava su quanto fossero belle le vigilie, osservava attentamente la strada, Ermal accanto a lui canticchiava "Californication" insieme ai Red Hot Chili Peppers. «Sei bravo a canta'» disse.
«Intanto a Sanremo ci sei andato tu» rispose il riccio per prenderlo in giro.

«Ma non è che io abbia avuto tutto 'sto successo». Era vero; dalla sua partecipazione a Sanremo non era cambiato assolutamente nulla. Nessun contatto da discografici o da case discografiche. Nulla. Se era vero che Sanremo era una vetrina, sulla sua qualcuno ci aveva alitato prepotentemente tanto da appannarla. «Ma sei stato bravo, e lo sai» Ermal gli carezzò una guancia per confortarlo.

Ermal, infatti, per quanto il moro cercasse di fare il gradasso era consapevole di quanto ci fosse rimasto male per com'era andata. Dietro quel "ci saranno altre occasioni" c'era un ragazzo che nel suo sogno ci credeva a tal punto da difenderlo con le unghie e con i denti ma che si scontrava con una realtà che gli remava contro. Arrivarono a destinazione poco dopo. «Non mi avevi mai portato qui» disse Ermal non riconoscendo il solito posto.

Effettivamente era un posto nuovo. Era una specie di pub che Fabrizio conosceva da tantissimo tempo ma in cui andava di rado perché era fuori mano. «Sì. Avevo voglia de cambia'» rispose semplicemente. Entrarono nel pub e ordinarono due birre che poi consumarono in macchina davanti a un punto panoramico in cui si persero ad ammirare la bellezza della campagna romana. «Siamo vicini a casa tua?» chiese Ermal. Sapeva che abitava fuori Roma, a Setteville, ma Fabrizio non parlava mai di quella zona, quando era con lui preferiva stare in città. «So' fatto al contrario, hai visto?» gli aveva detto un giorno «'a gente va in campagna pe' rilassarsi e io pe' ave' 'n po' de pace sto in città».

«Quasi» rispose Fabrizio senza staccare gli occhi dal panorama. Era seduto sul cofano anteriore della macchina e sorseggiava la birra che avevano preso precedentemente.
«Hai mai provato a cercare un punto di incontro con i tuoi?» gli chiese Ermal a bruciapelo.
«'n sacco de volte». La conversazione poi era morta lì perché si erano concessi ad una dose massiccia di effusioni, baci e carezze. In vista della separazione estiva.

«Quando vai a Bari?» adesso erano proprio sdraiati sul cofano anteriore della macchina, il braccio destro di Fabrizio faceva da cuscino alla testa di Ermal.

«Il 25 giugno. Ho l'ultimo esame venerdì, il tempo di sistemarmi e di passare un ultimo giorno insieme e poi torno a Bari per due mesi». Fabrizio si sentì male a sentire quelle parole.

«Du' mesi!» esclamò «Ma come faccio a non vederte e sentirte pe' du' mesi?» chiese retorico. «Sarà lo stesso per me» rispose Ermal baciandogli la guancia.

Passarono la serata così, sul cofano di una macchina, senza tante pretese, ridendo per le imitazioni di Ermal e scherzando su quanto potesse risultare stucchevole una scena simile agli occhi di un osservatore qualsiasi, ma l'unico spettatore era un cielo fatto di stelle, di sogni e di speranze.

Vederlo faceva sempre uno strano effetto ad Ermal. Nella sua mente era rimasto quel ragazzo di 25 anni che aveva un misero tatuaggio di un'indiana sul braccio. Adesso invece era totalmente ricoperto di tatuaggi, Ermal si chiedeva se ci fosse ancora un lembo di pelle libero. Nei mesi che erano passati dal loro ultimo incontro aveva avuto tempo di rimuginare su quello che era stato il loro rapporto e su quello che sarebbe potuto diventare. Insomma, sarebbero potuti rimanere amici, no?

Da quando si era lasciato con Silvia aveva recuperato un minimo della sua serenità e non perché stare con Silvia lo facesse stare male, quanto perché la sensazione di star prendendo in giro una persona lo avrebbe divorato. Aveva anche scritto un paio di pezzi che erano dedicati alla loro storia ed Ermal, dovette ammettere che nonostante fossero impregnati di tristezza, alcuni erano veramente molto belli. Vide Fabrizio guardarlo di sfuggita per poi tornare a parlare col suo staff. Aveva un'aria stanca, ma chi non l'avrebbe avuta in pieno tour?

«Ermal!» l'albanese venne chiamato da Claudio, il tastierista di Fabrizio.
«Ciao Claudio, come va?» rispose Ermal.
«Tutto bene, in viaggio, come sempre. Tu? Il tour come procede?»
«Stancante, come ogni tour», Claudio rise dandogli ragione. «Il vostro invece?»
«Bene, bene, stiamo ancora aspettando le conferme per le ultime date». Ermal non seppe se Claudio avesse aggiunto qualcosa perché la sua attenzione venne catturata da un moro tutto tatuato poco più basso di lui. «Clà, andiamo? Dobbiamo provare». Il cuore di Ermal si sentì leggermente meglio quando vide che la giacca che stava indossando Fabrizio era quella che gli aveva dato dopo l'attacco di panico. Sorrise, inumidendosi le labbra. «Fabrizio, possiamo parlare?» chiese. «In privato» aggiunse poi.
«Che c'è? Rivoi a giacca? Tiè» disse iniziando a sfilarsela.
«No, puoi tenerla» disse bloccandolo. Nel viso di Fabrizio si formò un'espressione confusa
«E che voi allora?»
«Senti in questi mesi ho pensato tanto a noi due, a quello che ci siamo fatti e che ci siamo detti e mi chiedevo se-» si interruppe sentendosi un bambino alle prese con la cotta delle elementari. «Se?» incalzò Fabrizio.
«Senti nun è che potevamo seppelli' l'ascia de guera e parlacce come du' adulti?» chiese imitandolo. Vide Fabrizio trattenere una risata.

E non importava cosa avrebbe risposto l'uomo davanti a sé, perché finalmente, dopo diciassette anni, l'aveva fatto ridere, e ad entrambi sembrò di essere di nuovo sopra quel cofano anteriore a guardare le stelle, ad aver paura del futuro, insieme, e a ridere.

E allora eccomi qua

Tra una birra rovesciata e un vecchio libro di Freud

Tra gli amici che non sanno neanche chi sei

Sotto un cielo di stelle

E sotto la mia pelle.

(Ma come ci è venuto in mente - Livio Livrea)


Okumaya devam et

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NT: La storia non è mia, ma di Pandacoffee che gentilmente ha acconsentito a farmela pubblicare anche qui. Link Autrice: http://www.efpfanfic.net/v...
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