♔ velvet & silk ♔ yoonmin, vk...

Por bisdrucciola

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"Comunque, credo che le stelle possano influire nell'animo degli uomini. Se ci pensi, quando guardiamo le ste... Más

✤ P R O L O G O ✤
family is where life begins and love never ends.
you'll regret someday if you don't do your best now.
kill 'em with success, bury 'em with a smile.
don't ever run backwards.
never work just for money or for power.
you can be the moon and still be jealous of the stars.
and then you came into my life.
i'm jealous. wanna know why? because we started as 'just friends' too.
love is both: how you become a person, and why.
can i be your lei-tsu?
i like people who shake other people up & make em feel uncomfortable.
heavy hearts don't have to drown.
kiss me until i forget the thought of somebody else near your lips.
you became one of my stories.
the tip of my finger is tracing your figure.
we're too young and immature to give up, you idiot.
i just want you to talk to me. tell me how you feel. about life. just talk.
i want you. all of you. on me. under me. tasting me. wanting me.
it hurts too good to say no.
the more i learn about you, the more i like you.
do you think the universe fights for souls to be together?
life is not about hiding, life is about living.
there's nothing wrong with you.
i am desperately craving your lips.
a sea of whiskey couldn't intoxicate me as much as a drop of you.
i hope you can see me for what i am and continue to love me the same.
i've been holding back for the fear that you might change you mind.
i tried so hard to not fall for you, but then our eyes locked and it was over.
my heart's your home, no matter where you are, u'll always have a place to stay.
all my mistakes are drowning me, i'm trying to make it better piece by piece.
perhaps it's better this way.
he's stuck inside my brain so much that he can call my head "home".
i think i need you, and that's so hard to say.
tell me pretty lies, tell me that you love me, even if it's fake.
how can i look at you and feel so much happiness and sadness all at once?
i've hella feelings for you, but i'm so fucking scared.
you spread warmth and inspire my life, just like the sun does.
lips so good i forget my name.
one of the hardest battles we fight is between what we know and what we feel.
he dreams more often than he sleeps.
mommy, daddy, don't you know? You lost your daughter years ago.
ça ne casse pas trois pattes à un canard
i wanna feel you in my veins.
as humans we ruin everything we touch, including each other.
I just wish i could lose this feeling as fast as i lost you.
look at your cuts. each one is a battle with yourself that you lost.
in the end, we'll all become stories.
And he dreamed of paradise every time he closed his eyes.
un piccolo regalo...
you're burning inside of me and i'm still alive in you.

to die would be less painful.

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Por bisdrucciola


Un paio di giorni passarono e il sabato Jin si svegliò esattamente come tutte le altre mattine nel suo letto matrimoniale. Aprì gli occhi molto lentamente, sentì il profumo delle sue lenzuola bianche e la familiarità del calore del suo materasso, ma appena si girò non trovò Namjoon dormire accanto a sé. Il posto era vuoto come nelle mattine precedenti e Jin allungò la mano per appoggiarla su quel lato del letto che era ancora intatto. Si ricordò che Namjoon riusciva a sfilare persino il cuscino dalla fodera per quanto si muovesse nel sonno e quell'immagine gli fece stringere forte la stoffa del lenzuolo. Gli restava ancora difficile accettare il fatto che Namjoon avesse deciso di dormire nella stanza degli ospiti. Non c'era mai stato giorno né notte in cui Jin si fosse svegliato senza guardare il volto dormiente del suo ragazzo. La pigrizia di quest'ultimo era ormai rinomata, quindi il maggiore era sempre il primo a svegliarsi e fermarsi a guardarlo come se fosse stata la mattina dopo la loro prima volta.
Jin si mise seduto sul lato del letto e si stiracchiò la schiena per poi alzarsi definitivamente e dirigersi verso il corridoio. Passò vicino alla stanza degli ospiti e ci si fermò davanti. La porta di legno bianco era chiusa, all'interno non si sentiva alcun suono, dunque probabilmente Namjoon stava ancora dormendo profondamente. Jin ebbe la tentazione di svegliarlo, ma si limitò solo a far scivolare il palmo della mano lungo tutta la porta per poi fermarsi alla maniglia. Si disse che forse era meglio lasciarlo dormire un po' di più e fargli trovare la colazione pronta, anche se in quegli ultimi tempi era solito a saltarla bellamente. Il ragazzo sfilò la mano dalla maniglia di ferro e si incamminò verso la cucina, all'interno della quale cominciò a scaldare una torta al cioccolato che aveva fatto la sera prima. Quando ebbe finito, riempì due tazze di latte macchiato e lasciò il vassoio sopra il tavolo della cucina. Mentre si stava dirigendo nuovamente verso la stanza del minore, però, qualcosa dentro di lui lo fermò. Gli ultimi giorni erano stati caratterizzati solo da delusioni. Quando Jin preparava il pranzo, Namjoon usciva e se lo andava a comprare prima; ed era lo stesso con tutti gli altri pasti della giornata. Molto di frequente il minore era solito mangiare qualsiasi schifezza gli capitasse tra le mani nelle ore fra i pasti, ma in quegli ultimi tempi digiunava spesso e faceva poche refezioni al giorno, fatto che stava preoccupando seriamente Jin. Fu forse quel timore di essere di nuovo deluso che lo fece indugiare, quella inverosimile ma presente paura che, una volta sveglio, Namjoon non fosse più il ragazzo che aveva sempre conosciuto e che si fosse trasformato completamente in un'altra persona.
Accese la televisione con questo pensiero e iniziò a fare zapping tra i vari canali che mettevano in onda finti reality show oppure alcuni noiosissimi film vecchi di vent'anni e solo dopo altri vani tentativi il ragazzo si decise ad accendere Netflix e finire di guardare una serie tv che lui e Namjoon adoravano, anche se quest'ultimo non era con lui in quel momento.
Per pranzo mangió solamente un pezzo di torta e si rimise sedentario nel suo divano, riprendendo a guardare episodi su episodi di varie altre serie.
Era normale che delle volte Namjoon dormisse fino all'ora di pranzo o anche oltre, ma quello che risultava strano era che scoccate le tre del pomeriggio non fosse uscito nemmeno per andare in bagno. Jin pensò se fosse bene o meno irrompere nella sua camera per vedere anche solo se il suo stato fosse vegetativo o se fosse, in tutto e per tutto, ancora vivo. Si alzò di malavoglia dal divano e si incamminò lungo il corridoio verso la stanza degli ospiti, l'agitazione non mancava, ma era colui che conosceva da sei anni e non poteva certo essere ancora così nervoso.

Bussò alla porta per tre volte. Aspettò una risposta che non arrivò mai.

"Joon, sono Jin, ti senti bene?" Udì solo il silenzio. "Joon, posso entrare?" Altrettanto silenzio.

Jin cominciò ad innervosirsi e avvolse la mano sulla maniglia con sullo stomaco un'agitazione che lo opprimeva. Un presentimento orribile gli solcò la mente tanto da fargli scuotere la testa per mandarlo definitivamente via e tutto quello che sentì fu lo schiocco della serratura che si apriva e poi il fruscio della porta che egli stesso stava spalancando.
Appena diede una prima occhiata alla stanza, sentì un peso terribile lacerargli il petto, alla seconda le sue mani cominciarono a tremare e il respiro si interruppe violentemente. In quel letto non c'era segno di Namjoon.

La stanza era perfettamente in ordine, il tappeto bianco stirato e liscio appoggiato di fronte al letto rifatto e impeccabile, senza difetti, le serrande erano chiuse e stesso discorso per le tende. Non c'erano vestiti in giro, non c'era la borsa e non c'era nemmeno il cellulare attaccato al cavetto della ricarica. Il cuore di Jin cominciò a battere ad una velocità inaudita e tutto dentro di lui iniziò a fremere in preda ad una paura attanagliante. Si piazzò una manata in fronte, rimanendo fisso davanti a quella stanza da letto fredda e vuota, cercando di riordinare le idee il più rigorosamente possibile.

Fece un passo esitante all'interno della camera e poi cominciò a correre verso l'armadio, cercando di contare e riconoscere tutti i vestiti per vedere se ne mancassero alcuni. Notò che fortunatamente mancavano solo un paio di pantaloni e una felpa, la quale era sicuramente stata indossata solo nel momento in cui Namjoon era uscito, poiché era evidente che avesse fatto ciò che aveva fatto per non vedere Jin, o peggio, per lasciare Jin. Quest'ultimo guardò se mancassero dei soldi in giro e realizzò che, oltre alla sua reflex, mancavano solo 40.000₩, una somma che gli avrebbe permesso di ordinare un pasto in un ristorante e forse anche un caffè. Si disse che non poteva certo essere andato lontano, quindi corse alla porta e si sporse per vedere se per caso il suo ragazzo si trovasse in giardino, ma niente da fare, non era nemmeno lì. A quel punto, il vuoto totale gli aggrappò lo stomaco, risucchiando ogni sorta di pensiero in un freddo buco nero.

Jin afferrò in fretta il cellulare e provò a chiamarlo. Uno squillo. E un'ansia tremenda gli forò lo stomaco. Tre squilli. La speranza di udire la voce di Namjoon diventava sempre più flebile. Silenzio. Cinque squilli. E sentì l'eco dell'angosciosa voce della segreteria telefonica che lo invitò a registrare un messaggio dopo il suono di avviso.

"Joonie, sono Jin, dove ti trovi? Sei fuori da stanotte? Richiamami, ti prego, dimmi che stai bene." La sua voce tremava come, d'altronde, il suo polso, il quale aveva addirittura difficoltà a mantenere il cellulare premuto sull'orecchio.

Jin alzò la suoneria del telefono al massimo e se lo mise in tasca. Una pesantezza incredibile gli abbrancò il petto e lo portò a perdere l'equilibrio fino quasi a cadere a terra. Tutto nella sua testa vagava confuso e lo feriva ripetutamente. Niente può fare tanto male come le supposizioni di una mente in pena e lui se ne accorse solo in quel momento. Non poteva nemmeno chiamare la polizia, giacché la scomparsa di un adulto si poteva denunciare solo dopo settanta due ore dalla scomparsa effettiva ed era costretto a restare seduto sul tappeto mentre torturava la sua coscienza e le sue unghie. Lui conosceva Namjoon, non avrebbe mai fatto una cosa del genere, mai una cosa così estrema solo per delle litigate, tuttavia in quel momento tutto gli sembrava così possibile da far paura. Restare con le mani in mano in quella situazione era come farsi bruciare vivi, una sofferenza che solo chi veniva privato di chi amava poteva conoscere. Si tolse le supposizioni più brutali dalla testa e provò a richiamare Namjoon una seconda, terza e quarta volta, ma nulla cambiò di una virgola. Jin cominciò a camminare su e giù per il soggiorno, imponendosi di pensare a delle ipotesi più verosimili e ottimiste.

«Magari è uscito a bere con gli amici.» Si disse, ma sapeva anche lui che fosse largamente improbabile. Chi uscirebbe con gli amici per una bevuta in piena notte? Sicuramente non Namjoon.

«Magari è semplicemente andato al supermercato per fare scorta di merendine.» Chiuse gli occhi e cercò di credere a ciò che stava pensando lui stesso, nonostante gli fosse abbondantemente difficile. L'unica volta che Jin lo aveva portato in uno degli ipermercati a Seoul, Namjoon aveva scambiato lo shampoo per una crema viso e aveva incominciato a correre tra le corsie, convinto del fatto che "qualcuno gli stesse strappando gli occhi".

Sorrise amaramente a quel ricordo, ma poi si ricompose immediatamente e si mise una mano sul mento. Gli venne così un'idea improvvisa e decise di afferrare di nuovo il cellulare e digitare un altro nome nella rubrica dei contatti.

"Pronto?" La voce al di là del cellulare rispose subito dopo due squilli.

"Pronto Tae, oggi hai sentito o visto Namjoon, per caso?" Chiese con udibile tremore nella voce.

"No, cos'è successo?" Disse l'altro, con un velo di preoccupazione.

"Niente, niente." Jin dovette pensare in fretta ad una scusa. "È uscito prima e non è ancora tornato, quindi volevo sapere se magari fosse passato da te." Disse, imbastendo la giustificazione migliore che gli fosse venuta in mente.

"No, non è passato da me..." Replicò lo stilista con tono fermo. "...ma non preoccuparti, sarà sicuramente passato in qualche campo a fare le sue foto artistiche." Lo rassicurò il ragazzo.

"Oh già, chissà perchè non ci avevo pensato." Rispose Jin, dandosi uno schiaffo in fronte. «Ma certo, le foto!» Il maggiore si sentì un po' sollevato a quell'idea, ma c'era comunque qualcosa che non riusciva a farlo convincere del tutto. Si chiese perché avrebbe dovuto prendere dei soldi per fare delle foto, ma alla fine cercò di convincersi che quella versione fosse meglio per entrambi. "Grazie Taehyung."

"Di niente Jin." Disse il ragazzo. "Fammi sapere se succede qualcosa." Si raccomandò per poi chiudere la telefonata.

Jin approfittò per ordinare del sushi da asporto e poi appoggiò il cellulare sul tavolo, abbandonando ogni idea che il ragazzo lo avrebbe richiamato. Il solo pensiero di Namjoon solo che faceva foto in un campo desolato quando il sole era già calato e un velo di buio avvolgeva già l'intera città lo faceva disperare anche di più. Il grave peso di tutti quei giorni passati ad ignorarsi o parlarsi solo quel minimo indispensabile e la volizione repressa trasformata in una debole velleità di aggiustare tutto era ormai diventato insopportabile. Sapeva che Namjoon aveva un senso dell'orientamento penoso e solo pensare che si fosse perso da qualche parte gli faceva a pezzi l'anima come il lavoro di un crudele macellaio. Se avesse smesso di controllare il suo respiro, esso si sarebbe fermato insieme al suo cuore. Aveva un presentimento orribile, uno di quelli che consumano la mente e il corpo poiché quando si ha paura i pensieri sembrano così tangibili da essere taglienti, duri e violenti come pugni sullo stomaco.

Jin sentí suonare alla porta e speró con tutto se stesso che non fosse il fattorino, bensì il suo ragazzo dai capelli color prugna.
Ovviamente, tutte le aspettative crollarono nel momento in cui fu obbligato a tirar fuori del denaro per pagare il sushi che gli aveva consegnato un ragazzo con gli occhiali e l'apparecchio ai denti, sui sedici anni.
Riuscì a malapena a sentire il sapore del cibo, ma la vera fatica fu ingerirlo e digerirlo a sua volta. Dopo due ore di crogiolo nei pensieri più oscuri che gli venivano in mente e una visione passiva di qualche programma al quale non era mai stato interessato, si disse che continuare a riflettere e ad almanaccare in quel modo sulle condizioni di Namjoon non l'avrebbero portato da nessuna parte. Una frustrazione profonda e tagliente gli fece passare diversi brividi sotto la pelle e Jin, sperando fosse il freddo e non quell'orribile presentimento, accese il riscaldamento.

Si sedette poi sul suo divano di stoffa beige, afferró il telecomando e si mise a guardare passivamente un documentario sulla natura africana. Alzó al massimo il volume della TV in modo da non ascoltare i suoi stessi pensieri. Fu in quel modo che Jin non sentì il suono di passi strascicati e sofferenti fuori dal suo portone.

Abbassó il volume solo perché aveva paura che i suoi vicini si lamentassero per la troppa confusione e solo a quel punto udì un fragore di oggetti contundenti andare in pezzi nello stradello asfaltato davanti casa sua. Si alzó subito in una posizione dalla fermezza quasi militare e strinse il telecomando con cotanta violenza da fargli emmettere dei suoni che non promettevano bene per il suo funzionamento. Corse alla porta in fretta e la spalancó, sperando che fosse chi stava pensando. Quando abbassó lo sguardo verso il pavimento però i suoi occhi incontrarono una visione che neanche la sua fervida e struggente immaginazione avrebbe mai previsto.

Un corpo accasciato a terra, retto da un braccio tremante che da solo cercava di sostenere il peso di tutto il resto; le gambe appoggiate sul pavimento e prive di ogni forza; la mano che faceva pressione a terra, sporca di nero e ferita in ogni punto ed infine un insieme informe di capelli viola intrecciati e arruffati. Tutto intorno ad esso c'erano una moltitudine di vetri infranti, derivanti dal cassonetto del vetro a cui Namjoon aveva cercato di aggrapparsi per rimettersi in piedi.

Jin ebbe un groppo alla gola, la sua vista cominció ad appannarsi a causa delle lacrime e rimase piantato sul posto. I suoi muscoli erano come pietre e non volevano decidersi a rispondere ai comandi confusi del suo cervello. Tutto si amplificó appena il ragazzo di fronte a lui alzó il volto verso la sua direzione.

Gli occhi di Namjoon erano socchiusi; il destro era circondato da pelle più scura e gonfia, dal sinistro stavano scivolando copiose lacrime che solcavano le guance ferite e sporche d'asfalto, l'adorabile naso all'insù del ragazzo adesso era rosso a causa del dolore e il freddo con del sangue secco incrostato sotto le narici. La vista appannata ed imprecisa di Jin cadde poi sulle labbra. Le stesse labbra che lui aveva sempre sentito sulle sue come morbide e carnose, ora erano spaccate, ruvide e sanguinanti.

"S-scusa..." Un sussurro gorgogliante uscì da quelle labbra secche ed asciutte, un lamento così profondo e interrotto da colpire Jin come se fosse stata una mattonata. Nella debolezza di quel gemito, Jin trovo la forza di schiodarsi dall'uscita della porta e fiondarsi sul ragazzo malmesso.

Prese così in spalla Namjoon, cercando di reggerlo in piedi il più possibile. Era di qualche centimetro buono più alto di lui e soprattutto era più pesante, ma l'adrenalina che gli stava scorrendo nelle vene lo aiutó a portarlo fin dentro casa e ad appoggiarlo sul tappeto davanti al divano con la schiena adagiata su quest'ultimo. Namjoon riusciva a malapena a mantenere gli occhi aperti, teneva schiusa la bocca e la testa all'indietro.
Jin stette a guardare quel volto così familiare quanto martoriato e poi gli poggió d'istinto una una mano sulla guancia, passando il dito indice su una ferita più o meno profonda. Vide Namjoon stringere i denti per il dolore e ritiró di scatto la mano, cominciando a camminare frettolosamente verso il bagno al fine di prendere i medicamenti per curare le ferite. Se la situazione fosse peggiorata, si disse, sarebbe stato costretto a chiamare un'ambulanza e portarlo in ospedale, ma avrebbe comunque potuto curarlo a casa con lo stretto necessario che possedeva negli scaffali. Ritornò nell'altra stanza cercando di far cessare il tremolio delle sue mani e si inginocchiò in modo da essere in linea con il corpo adagiato dell'unica persona che amasse di più al mondo. Cominció a tamponare del disinfettante sulle ferite sanguinanti e poi ci poggió sopra dei cerotti curativi. Namjoon ora aveva gli occhi puntati su di lui e Jin lo sentì prendere un grande respiro.

"I-io ho s-sbagliato." Cercó di dire con la sua voce profonda e bellissima, ormai ridotta ad un fragile sussurro rotto ed esitante.

"Ti fa male se tocco qui?" Jin gli toccó le costole e cercó di contenere le lacrime, ma fallì appena sentì le gocce bollenti bagnargli le guance.

"M-mi fa male s-se tocchi q-qui." Spostó la la mano calda di Jin sul suo cuore, facendogli intendere che non erano le costole ad essere rotte.

"Namjoon..." Bisbiglió il maggiore, abbassando la testa e percependo che i singhiozzi gli stavano mozzando il fiato. Si poggió una mano sul volto, iniziando a singhiozzare e piangere disperatamente al minimo contatto con il suo ragazzo in quelle condizioni.

"No, n-no, no." Fece l'altro, alzando con difficoltà il braccio e riportando su la testa del suo ragazzo, asciugandogli una lacrima col pollice. "N-non piangere p-per me." Anche i suoi occhi cominciarono a farsi lucidi. Non per il dolore fisico, non per le ferite sanguinanti, non per gli ematomi che aveva sul corpo, bensì per la vista del volto distrutto del suo ragazzo. La visione di Jin completamente devastato sovrastava i confusi ricordi di quella banda di ragazzacci che si erano divertiti a prenderlo a calci in un vicolo quando era ubriaco, confidando nell'omertà dei pochi passanti. Jin si asciugò le lacrime e tirò su col naso ormai rosso. Si fidò di Namjoon e continuó a pulire il più possibile il suo viso, poi appoggió la sua fronte alla sua e chiuse gli occhi. Ascoltò per un po' il respiro disuguale e affannoso del maggiore per poi prendere fiato e cercare di riordinare le poche parole che gli vennero in mente.

"Non fare mai più una cosa del genere." Gli era impossibile smettere di piangere, ma la sensazione di riavere Namjoon e di essere abile di curarlo riusciva in qualche modo a rassicurarlo.

"S-scusa Jin, scusami." Si limitó a dirgli l'altro, mentre una prima lacrima cominciava a farsi strada nuovamente sul suo volto dolorante.

"Shhh." Jin gli mise il dito indice davanti alle labbra per zittirlo per poi sfregare tra i suoi capelli per controllare se la testa fosse ferita. "Vieni con me, non parlare adesso." Appena ebbe la certezza che fosse tutto apposto, lo aiutó ad alzarsi e lo accompagnó in bagno. Aveva intenzione di aiutarlo a lavarsi, giacché non poteva andare a dormire in quello stato. Aveva la felpa sporca di fango, strappata sulla spalla e i pantaloni nello stesso identico stato. Namjoon riuscì a camminare da solo fino al bagno, seppur con qualche malore dovuto ai vari traumi che aveva su tutto il corpo, lividi che Jin non aveva ancora visto. Appena arrivarono in bagno peró, il maggiore gli tolse la felpa e notó quella moltitudine di brutte macchie violacee su quel corpo che conosceva fin troppo bene.

"Oh Dio..." Sussurró, toccandone alcuni sul petto con due dita. "Chi ti ha fatto tutto questo?" Chiese con un bisbiglio sommesso mentre lasciava che la vasca si riempisse d'acqua.

"Non...non li ho visti in faccia, non lo so." Namjoon non ricordava nulla, si sforzó di immaginare ciò che aveva vissuto, ma un senso di nausea lo colpì immediatamente, quindi si gettó sul servizio davanti a lui, iniziando a rigurgitare tutto l'alcol che aveva ingerito. Jin gli tenne una mano sulla schiena, percepì sul palmo i muscoli del più più piccolo che si sforzavano e si contraevano. Non aveva mai visto Namjoon in quelle condizioni e si sentì subito in colpa. Se solo non avesse accettato quel lavoro sapendo che Namjoon ne soffriva, se solo avesse rifiutato, se solo avesse detto un semplice ed innocente «no» tutto quello che stava vivendo in quel momento non sarebbe mai successo. Capí solo a quel punto che avrebbe potuto evitare quello che risultava ormai inevitabile.

Quando Namjoon ebbe finito, fu guidato da Jin dentro la vasca e il ragazzo iniziò a bagnargli ed insaponargli i capelli con una cura simile a quella materna. L'occhio di Jin cadde di nuovo sul corpo pieno di lividi scuri e ferite arrossate e subito sentì un'angoscia venirgli dal profondo. Aiutó Namjoon a lavarsi e dopo poco lo avvolse in un grande asciugamano bianco per poi prenderne un altro e asciugargli i capelli.

Premeva leggermente l'asciugamano contro la sua testa e lo muoveva con delicatezza, intravedendo di volta in volta il naso arricciato e gli occhi serrati del ragazzo. Quando i capelli furono finalmente asciutti, Jin restò a guardare il viso assente e malinconico di Namjoon, il quale teneva gli occhi fissi verso il basso. Il nasino all'insù che Jin tanto amava non era più rosso e si era uniformato con la liscia colorazione miele che assumeva la sua pelle. Si avvicinò un po' e si ritrovò gli occhi del ragazzo puntati su di lui. Riconobbe quello sguardo, lo sguardo che solo colui che conosceva ogni suo singolo segreto poteva rivolgergli per guardare all'interno della sua anima e riuscire a leggere come si sentisse. Jin gli poggiò una mano delicata sulla guancia e attaccò le labbra alle sue. Chiuse gli occhi e si godette il gesto, il quale anche dopo sei anni infondeva lo stesso effetto sul suo corpo e la sua mente. Quel tocco sapeva di sapone e di sangue, ma a Jin non importava. Non sapeva se quell'atto di redenzione avrebbe fatto sentire meglio Namjoon o semplicemente se stesso, ma voleva baciare di nuovo quella bocca così desiderata e amata.
Il minore fu d'accordo e cominció a muovere le labbra in sincrono con quelle di Jin. Qualcosa in Namjoon rinacque come il primo giorno in cui si erano baciati. Aveva sentito il primo contatto, così casto, con le labbra rosse e carnose di Jin e poi entrambi avevano scoperto l'uso delle lingue, esattamente come stavano facendo in quel momento. Il contatto con la lingua del maggiore gli fece portare le mani sulle sue guance e attaccare il corpo coperto solo dall'asciugamano al suo. Ogni livido e ogni ferita bruciava e mandava scosse dolorose, tuttavia queste non erano niente a confronto con quel calore così intimo del ragazzo che amava più al mondo.
Jin capì l'idea che aleggiava già nella testa di Namjoon, ciononostante non voleva assolutamente farlo in quel momento. Desiderava prima chiarire tutto, voleva fargli sapere che si era pentito delle sue parole e delle sue azioni, quindi si limitó a spingere via con molta cura il minore.

"Indossa questi e andiamo a letto." Gli passó un paio di boxer. "A parlare." Specificó poi, guardandolo fisso negli occhi.

Namjoon annuì, capendo che quello non era il momento di consumare la voglia repressa che aveva tenuto assopita per settimane e dunque si limitò ad infilarsi l'intimo e seguire Jin nell'altra stanza. Il dolore fisico che provava era stato attenuato in parte dalle cure di Jin ed in parte dalla consapevolezza che il ragazzo sarebbe sempre stato pronto a curarlo, nonostante tutto ciò che facesse. Gli dispiaceva, gli si spezzava il cuore solo a pensare a ciò che Jin aveva passato quel pomeriggio, ma capì solo in quel modo che quello che c'era tra loro era indissolubile, l'uno ci sarebbe sempre stato per l'altro e questo fatto lo rincuoró tanto da affievolire ogni male corporale.

I due si diressero verso la loro camera da letto e si stesero tra le lenzuola. Era la loro camera, niente divano, niente stanza degli ospiti, solo la loro buona vecchia camera e nessuno gliel'avrebbe mai portata via di nuovo. Le coperte ed il cuscino avevano ormai assunto l'odore di Jin e Namjoon ci sprofondó il nasino all'insù, respirando quel dolce odore fino a che non ebbe troppo fiato nei polmoni. Ritiró su il volto e restó incantato dal viso del suo ragazzo, illuminato dalla penombra e dalle fiacche luci della notte che filtravano dalla finestra. Gli posó una mano sulla guancia e restó per altro tempo ad incatenare il suo sguardo al suo, senza proferire parola.

"Scusa, ho fatto una cazzata di quelle grosse." Una premessa del genere era scontata, lo sapeva, ma non voleva giustificare quello che aveva fatto. Se n'era andato in piena notte e aveva bevuto fino a non sentirsi i muscoli delle gambe, era stato preso di forza e portato in un vicolo e poi pestato brutalmente da un gruppetto di ragazzi ubriachi poco meno di lui. "Mi dispiace di essermela presa con te solo per uno schifo di lavoro, mi dispiace di averti fatto soffrire, ma quando ti ho visto trascinare per mano Youngjae nel tuo ufficio ho pensato..."

"Hai... visto? Dio mio... cos'hai pensato, Namjoon? Io non..." Jin era pietrificato dalle parole del ragazzo. Aveva davvero pensato che lo avesse tradito, aveva visto tutto ed era giunto ad una conclusione che metteva in dubbio tutta la fiducia che diceva di avere.

"Non ho pensato, ho semplicemente ricordato l'ultima volta che tu hai trascinato me nel tuo ufficio per scopi non esattamente lavorativi e a quel punto c'è stato una specie di blackout." Confessó Namjoon seriosamente.

"Non ho fatto nulla con You-" Fu interrotto dalla mano del minore che gli si poggió sulle labbra.

"Non m'importa cosa hai fatto o cosa non hai fatto, okay?" Gli disse. "Sono stato uno stronzo a trattarti in quel modo, ne sono consapevole e non me la prenderò con te se hai fatto delle scelte sulla base dei miei comportamenti, anche se queste scelte sono dolorose per me." Fece una pausa e cercó di riordinare le idee. "Non posso stare senza di te, farlo mi distrugge, e sei l'unico che io abbia mai amato così tanto in vita mia. Voglio averti per sempre, voglio sposarti, voglio avere una famiglia ed invecchiare insieme a te. Questo..." Esordí. "...è quello che io voglio per la mia vita." Concluse.

"Non prenderti tutta la colpa." Gli rispose Jin. "È stato orribile non sapere dove fossi o cosa stessi facendo, ma quello che mi ha fatto più male era l'insicurezza di vederti tornare o meno." Ammise Jin. "Io ti amo Namjoon, ti avrei cercato fino in capo al mondo e se non ti avessi trovato, avrei cercato due, tre o quattro volte." Fece anche lui una pausa. "Ho messo in secondo piano i tuoi sentimenti, ho trascurato il fatto che tu ti sentissi male esattamente come me e ho lasciato perdere. Il tuo errore di stasera è dipeso anche dai miei, sono colpevole quanto te Namjoon." Poi gli rivennero in mente le condizioni del suo ragazzo quando lo aveva trovato davanti all'uscio, con il viso tagliato e malconcio. "Solo... ti prego non farlo mai più."

Jin chiuse gli occhi e sentí il ragazzo vicino a lui stendersi supino e avvicinarlo con un braccio. Appoggió la testa sopra il suo petto e udí il battito del suo cuore. Allungó una mano sul suo ventre, cominciando a disegnare forme geometriche con le dita. Le dita di Namjoon invece scivolarono tra i suoi capelli rosa e cominciarono ad accarezzarli dolcemente.

"Ti fa male se sto così?" Chiese Jin, ripensando agli ematomi sul petto del ragazzo.

"Niente farebbe più male se restassi così per sempre." Si limitò a sussurrare Namjoon per poi cadere il un sonno profondo, mantenendo la mano stretta tra i capelli del suo ragazzo per sentire ogni suo elemento vicino a lui.

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