Blame | H.S.

Av harroldz

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Dopo aver assistito a un regolamento di conti fra bande rivali, Blake Morgan viene presa in ostaggio dal capo... Mer

Blame
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Av harroldz

One Direction, A.M.

~

Il silenzio che regnava all'interno dell'auto, interrotto solamente dal nervoso ticchettare delle mie dita contro le mie gambe, pareva rendere l'abitacolo ancor più asfissiante di quanto già non fosse. Harry non sembrava essersi reso conto - oppure essersi preoccupato - del mio nervosismo. Erano svariati i fattori che concomitavano a quell'incontenibile e inebriante stato d'animo.

Il recente incontro con il padre di Harry, insieme alla sua inaspettata conclusione, era senza ombra di dubbio l'episodio di maggior impatto. Non riuscivo a capire sulla base di quale interesse Harry aveva agito a mio favore. Non ero certo tanto stupida da considerarlo un gratuito e generoso atto di eroismo. Doveva esserci dell'altro. Eppure, non riuscivo neppure a formulare una vaga teoria al riguardo.

Ma non era tutto qui. La stessa presenza di Harry, seduto al mio fianco, con lo sguardo fisso avanti a sé e nessun tipo di espressione a corrugargli il volto, era a dir poco inebriante. Forse non se ne rendeva conto, ma pareva emanare una sorta di campo magnetico, in grado di attirare la mia curiosità, le mie domande, il mio sguardo su di lui, il mio corpo accanto al suo; ma, allo stesso tempo, da tale attrazione derivava un senso di soggezione a cui non riuscivo a scampare. Nei momenti rari in cui ci parlavamo tentavo di nascondere quella sensazione, di relegarla in fondo alla mia mente e di dimenticarla, eppure essa era lì, e non voleva andarsene.

C'erano tutte le domande a cui non riuscivo a smettere di pensare da oramai svariati minuti, che andavano a sommarsi a quelle che mi portavo dietro, quasi come un fardello, da quando l'avevo conosciuto. Per quanto mi sforzassi di provare a interpretare le sue parole, le sue azioni, le sue scelte, non riuscivo a farlo. Era come se ci fosse una sorta di corazza a separare lui e il mondo, ed era perfettamente in grado di adempiere al suo scopo di isolante. Mi resi conto in quel momento che, se non fosse stato lui, per scelta o per le circostanze, a rivelarmi quanto si celava dietro di essa, non c'era modo in cui avrei potuto comprenderlo e conoscere i suoi pensieri più nascosti.

Era trascorsa forse una ventina di minuti quando, oramai incapace di tenermi dentro tutti i dubbi che mi affollavano la mente, e allo stesso tempo non in grado di gestire quel silenzio assordante per le mie orecchie, decisi di parlare.

"Perché l'hai fatto?" chiesi, senza mezzi termini e senza peli sulla lingua.

La voce mi uscì quasi del tutto priva di tono, in netto contrasto con le sensazioni che inebriarono la mia mente non appena pronunciai quelle parole. Farlo mi era costato uno sforzo non indifferente e, per quanto ciò non trasparisse dal mio tono, non ero sicura che a Harry ciò fosse passato inosservato.

Mi rivolse un rapido sguardo, prima di tornare a concentrarsi sulla strada. Per quel breve istante evitai di voltarmi, guardandomi dall'incrociarlo.

Lasciò trascorrere svariati istanti di silenzio, prima di rispondere, mentre io mi torturavo il dorso delle mani con le dita, osservandole come fossero quanto di più interessante ci fosse in quell'auto.

"Fatto cosa?" disse infine.

Quella sua risposta, pronunciata con una tale naturalezza e calma, fu in grado di spiazzarmi. Dischiusi le labbra come per parlare più di una volta, incapace di formulare una frase di senso compiuto per poter ribattere.

Improvvisamente, lo sentii ridere appena, mentre rivolgeva un altro sguardo nella mia direzione.

Sbuffai, incapace di contenere il mio senso di frustrazione e irritazione. "Lo sai."

Con la coda dell'occhio, lo vidi scrollare le spalle. "Intendi fargli esplodere la macchina?"

Roteai istintivamente gli occhi, evitando di rispondere.

"Faceva cagare. Ora ha una buona scusa per comprarsene una nuova."

Dovetti arricciare le labbra, pressandole in una linea, per trattenere la leggera risata che sarebbe altrimenti sfuggita al mio controllo. Quelle sue risposte erano, anche se solo per pochi minuti, riuscite a farmi dimenticare quanto volevo sapere.

"Sei bravo a manipolare i discorsi a tuo favore" dissi, il tono calmo ma deciso. Questa volta lo guardai dritto negli occhi, pochi istanti prima che tornasse a guardare la strada.

Lui evitò di replicare, dunque lo incalzai.

"Perché il serbatoio era aperto?"

Non mi era parso che fosse stato lui ad aprirlo. Era praticamente circondato da persone che tenevano lo sguardo fisso su di lui, non avrebbe potuto neanche se avesse voluto.

Harry aggrottò appena la fronte, come se fino a quel momento avesse scelto di non dare peso o o non pensare a quel particolare.

"Joe..." mormorò, una volta che trascorsero pochi secondi, più come una riflessione personale che come una risposta alla mia domanda.

Poi, a un tratto, senza alcun preavviso, deviò verso un'uscita dall'autostrada che stavamo percorrendo che portava a uno spiazzo con parcheggi e un autogrill. Dovetti aggrapparmi alla maniglia interna della portiera per evitare di sbilanciarmi a causa dello sbalzo.

"Scusa" disse piano.

Parcheggiò a una certa distanza dalle poche altre auto presenti nello spiazzo, dunque, senza dire una parola, si precipitò fuori dall'auto. Cominciò a perquisirla, alla ricerca di qualcosa che non riuscivo a cogliere.

Quella sorta di perquisizione non durò che qualche minuto, prima che Harry rientrasse nell'auto.

Feci per fare domande, ma, senza che ce ne fosse il bisogno, per qualche ragione fu lui stesso a spiegarsi.

"Credo che sia stato Joe ad aprire il serbatoio, in modo che ti facessi scappare" disse.

Joe doveva essere l'uomo che a un certo punto dell'incontro si era allontanato insieme a Harry. Insieme all'altro uomo che aveva accompagnato il padre, era uno dei miei rapitori.

"Perché avrebbe voluto farlo?" domandai allora.

Lui scosse la testa. "Non lo so. Credevo che ci fosse qualche contorto piano dietro, credevo che ci fosse un localizzatore su quest'auto, ma non è così. Quindi non lo so."

Evitai di replicare, mentre Harry si ricollocava al volante. Fece per allacciarsi la cintura, ma si bloccò quando il suo sguardo si spostò sull'autogrill poco distante.

Riportò allora gli occhi sulla mia figura. "Hai fame?" chiese.

Non ricordavo neppure l'ultima volta che avevo mangiato qualcosa, quel giorno, ma, con la possibilità del padre di Harry di trovarci da un momento all'altro a incombere su di noi, non credevo fosse il caso di fermarsi.

"Harry..." cominciai, facendo per spiegargli i miei timori.

"Non preoccuparti. Lo abbiamo seminato. E poi dobbiamo cambiare auto prima di fare troppa strada se non vogliamo che ci trovi" disse, prima che io avessi il tempo di dire a parole quanto avevo pensato.

Decisi di fidarmi. Non che avessi molta scelta, in ogni caso.

Sganciai la cintura e uscii dall'abitacolo, mentre lui faceva lo stesso, dunque lo seguii mentre si dirigeva verso il vecchio edificio.

Osservai le sue spalle rigide alzarsi e abbassarsi mentre respirava, dunque il mio sguardo passò a setacciare i tatuaggi neri che gli ricoprivano le braccia. Intravidi attraverso la t-shirt i suoi muscoli guizzare e contrarsi mentre si muoveva. Osservai i suoi ricci castani scompigliarsi appena a causa del leggero vento che soffiava, dunque guardai le sue mani. Erano strette in due pugni rigidi, come se fosse a disagio o sotto stress a causa della nostra situazione.

Per qualche ragione che non riuscii - forse per mia scelta - a spiegarmi, mi tornò alla mente il ricordo dei momenti in cui ci eravamo trovati decisamente troppo vicini, quei momenti in cui le nostre labbra erano giunte a un contatto che lui aveva avuto la lucidità di interrompere.

"Harry..." lo richiamai, evitando di pensare per paura che l'improvviso coraggio che mi spingeva a porgli nuovamente quella domanda svanisse nel nulla.

Lo vidi fermarsi, esitando qualche istante prima di voltarsi. Non attesi che il suo sguardo ritrovasse il mio, prima di parlare.

"Ho bisogno di saperlo" dissi piano. E fu allora che commisi l'errore fatale di alzare lo sguardo. Il verde dei suoi era di un'intensità decisamente pericolosa per il mio autocontrollo.

Emisi un lungo sospiro per tentare di rilassarmi, prima di porgli nuovamente la domanda che mi stava tormentando. Non potevo affidarmi all'istinto e a niente di reale, di tangibile. Avevo bisogno che chiarisse concretamente quale fosse la sua posizione. Non mi ero ancora resa conto che, in quella situazione, fra noi due non c'era niente di concreto o razionale.

"Perché l'hai fatto?" domandai.

Non sapevo neanche in che modo fosse più corretto formulare la domanda. In che modo avrei potuto definire quello che aveva fatto? Mi aveva salvata? O era stato solamente un modo per ribellarsi al padre? Da quale dannata parte stava?

Harry emise un lungo sospiro. Si inumidì le labbra con la lingua, dunque tirò fuori le mani dalle tasche dei jeans. Mi rispose guardandomi negli occhi, mantenendo un autocontrollo a dir poco impressionante, mentre, lentamente, mi si avvicinava.

"Potrei dire che l'ho fatto per te, perché non volevo che ti facesse del male. Ma la verità è che non è così. Sono troppo egoista per fare qualcosa in modo così disinteressato" disse, il tono terribilmente caldo e intenso. "La verità è che l'ho fatto per me. Non era giusto e io non volevo farne parte."

"Non era la prima cosa che non era giusta a cui hai preso parte però, non è così?" mormorai senza pensare.

Harry parve un po' spiazzato da quel mio intervento, ma fu rapido a riscuotersi. Mosse ancora qualche passo nella mia direzione, finché fu così vicino che potevo percepire il suo fiato caldo sulle mie labbra.

"Non commettere l'errore di fidarti di me. Non pensare che io sia dalla tua parte, Blake" mormorò. Il suo tono non voleva essere cupo o minaccioso. Al contrario, mi parve di cogliere un sentito avvertimento.

"Da che parte stai, allora?" chiesi piano, guardandolo negli occhi.

Harry non tentò neppure di evadere la mia domanda con altri discorsi. Semplicemente, non rispose.

"Entriamo?" domandò soltanto, rivolgendo un breve cenno del capo in direzione del vecchio edificio che si stagliava di fronte a noi.

Scossi piano la testa, allontanandomi da lui. "Voglio andarmene" dissi solamente, una tangibile nota di nervosismo a incrinarmi la voce.

Harry aggrottò le sopracciglia, ma annuì soltanto. Estrasse le chiavi dell'auto dalla tasca dei jeans e fece per dirigersi verso il veicolo, ma io scossi la testa.

"Senza di te" puntualizzai. "Lasciami andare."

A un tratto, il vago senso di colpa che pareva provare si tramutò in qualcosa di diverso.

"Credi di essere ancora prigioniera?" chiese piano, il tono avvelenato da una nota di rabbia che pareva celare qualcosa di più simile a dispiacere. Le mie parole parevano averlo ferito. "Puoi andartene quando ti pare, Blake. Sei libera."

Non ebbi il tempo di metabolizzare quelle parole o di formulare una risposta, perché Harry riprese a parlare.

"Ma la verità è che non lo farai" aggiunse. "Non lo farai, perché hai bisogno di me. Hai bisogno di qualcuno che ti protegga e che ti aiuti a cavartela."

A quelle parole, non potei arginare la rabbia violenta che sentii montarmi dentro. Scossi lentamente il capo, mentre il mio volto si corrugò in un'espressione a metà tra il disprezzo e l'offesa.

"Lo credi davvero?" replicai, mentre il mio tono si alzava senza il minimo riserbo. "Credi veramente che io abbia bisogno di te? Credi che non saprei cavarmela? Non sono un fottuto fiore delicato che ha bisogno di essere protetto. È da quando sono nata che sono da sola, e me la sono sempre cavata. Credi davvero che questa sia la cosa più difficile che io abbia mai affrontato? L'ultima cosa di cui ho bisogno è il tuo aiuto o la tua protezione. Non ho bisogno di te, Harry."

Fu soltanto quando smisi di parlare che mi resi conto delle lacrime che mi offuscavano la vista, minacciando di scendermi lungo le guance. Avevo il fiato corto ed ero come prosciugata di ogni mia forza.

Con la coda dell'occhio, senza sollevare lo sguardo, intravidi la figura di Harry mentre mi si avvicinava. Contro le mie aspettative, totalmente all'improvviso, mi cinse le braccia intorno al corpo, stringendomi in un abbraccio. Tentai di dimenarmi, di liberarmi dalla sua presa, ma il suo corpo non si mosse di un millimetro. Continuò a tenermi stretta a sé finché non smisi di muovermi e mi rilassai. Il calore del suo corpo a contatto con il mio, il suo religioso silenzio, non fecero che mandarmi in confusione. Ma evitai di pensare a qualunque cosa, in quel momento.

Semplicemente, mi lasciai andare. Liberai tutta la rabbia e lo stress di quel terribile giorno. Lasciai andare l'intensa frustrazione causata dal non avere idea di cosa avremmo fatto dopo quel momento. Restai fra le sue braccia per un tempo indefinito ma decisamente lungo. Lui non disse una parola, ma non era necessario. Il suo corpo mi bastava, in quel momento.

Quando sciolsi quell'abbraccio, Harry parve titubante, ma mi lasciò andare.

Sussultai appena quando percepii le sue mani ruvide e calde posizionarsi sulle mie guance. Mi costrinse a sollevare appena il volto, affinché lo guardassi negli occhi.

"Resta con me" mormorò. Il suo tono non pareva autoritario; era più simile a una supplica.

Abbassai lo sguardo, evitando di rispondere. "Entriamo" dissi solamente, dunque entrambi raggiungemmo l'ingresso dell'autogrill e ne varcammo la soglia.

Fra pochissimo succederà qualcosa di importante, perciò ho bisogno di sapere cosa ne pensate fino ad ora: che impressioni avete riguardo all'attuale situazione di Harry e Blake? Cosa pensate che succederà adesso? Fatemi sapere

Come sempre vi ringrazio di cuore per leggere questa storia, vi adoro❤️

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• Instagram - @harroldz_

A presto,
M.

Fortsätt läs

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