Royalty

De cucchiaia

1.6M 27.2K 33.8K

«Ash, ma chi è?» chiedo in un sussurro agitato. «Perché gli ha fatto una riverenza?» Mio fratello si massaggi... Mai multe

1 - Il giorno in cui ho conosciuto il principe alto quanto una giraffa
2 - Twerkare su Beethoven
3 - Il campo di pomodori
5 - Le lettere dell'alfabeto
6 - Da ubriaca scelgo di diventare una regina

4 - Il principe mi porta a vedere due lattine di Coca Cola

60.6K 4.2K 2.6K
De cucchiaia


«La vita è un'ombra che cammina, un povero attore che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco e poi non se ne sa più niente. È un racconto narrato da un idiota, pieno di strepiti e furore, significante niente.»
— Shakespeare, Macbeth



A svegliarmi è la voce del principe Keelan che urla: «Buongiorno, signorina!»

Non apro nemmeno gli occhi e mi copro il volto con una mano. Lui mi tira via le coperte con un gesto rapido, e l'aria fredda del mattino mi fa venire i brividi. «A chi hai dato della cretina, scusa?»

Mi arriva alle orecchie una risata composta. «Ho detto signorina

«Mh,» rispondo, prima di dargli le spalle, nel tentativo di tornare nel mondo dei sogni.

Un dito picchietta sulla mia spalla. «Signorina, si è dimenticata dell'accordo che abbiamo stipulato quattro giorni fa?» domanda. «Oggi è domenica, siamo liberi dalle lezioni e...»

«E proprio perché è domenica e non abbiamo lezioni si dorme tutto il giorno,» concludo la sua frase, sperando che non abbia altro da obbiettare e che mi lasci in pace.

«Temo che oggi sia il mio turno di mostrarle come ci si diverte nel mio mondo.»

Mi volto di nuovo nella direzione di Keelan, che con mio grande stupore è già vestito e pettinato. I ciuffi color grano sono in perfetto ordine, incorniciano il suo viso dai lineamenti altrettanto perfetti. L'ampio torace è fasciato da una camicia azzurra, che riprende il colore dei suoi occhi, e le lunghe gambe da giraffa sono coperte da un paio di pantaloni.

Mi do una manata in fronte. Giusto, la brillantissima idea che mi è venuta qualche giorno fa. «Che ore sono?» chiedo. La voce di un orco sarebbe più soave della mia.

«Le otto del mattino. Ha mezz'ora per prepararsi.»

Rimango a fissarlo, senza parole. Le otto del mattino? Le otto? Il peggio di tutto ciò, è che sorride. Sì, Keelan sorride con la gioia di chi sa di aver appena rovinato la mattina a una tipica persona che ama passarla dormendo, per poi alzarsi a mezzogiorno con l'indecisione se fare colazione o pranzo.

Io, generalmente, faccio tutti e due. Perché privarsi del cibo? Perché scegliere se puoi averli tutti e due i pasti?

Con l'ausilio delle dita mi spalanco gli occhi, ma continuano a chiudersi da soli, perciò li tengo fermi dalle palpebre. Keelan mi osserva con aria divertita.

«Devo proprio?» domando, alla fine.

«A meno che non voglia far saltare il nostro nobile accordo...»

Mi metto seduta in due secondi e decido di alzarmi. Prima di tutto perché non posso sopportare di sentirlo parlare in questo modo di primo mattino. Secondo, perché domani ci sarà una festa al campus e non lo lascerò chiuso in camera a leggere La Divina Commedia mentre ascolta Chopin.

Una volta in piedi, mi stiracchio e non mi preoccupo di trattenere i versi. Sbadiglio sonoramente, senza mettere la mano davanti alla bocca e il principe fa una smorfia. Lo sorpasso e mi dirigo nella piccola cucina, dove mio fratello è collassato sul tavolino.

«Ash?» lo richiamo.

Ashton fa quasi un salto. Si guarda attorno con la testa che scatta in una direzione e un'altra. Quando si accorge di Keelan, si stampa un sorriso enorme in volto. «Buongiorno! Sono sveglio alle otto del mattino perché nonostante non abbia lezioni, io sono una persona mattiniera esattamente come lei, principe.»

Alzo gli occhi al cielo. I suoi continui tentativi di fare colpo su Keelan sono patetici e mi fanno quasi imbarazzare.

Keelan si siede davanti ad Ashton, sorridendo. «Ne sono lieto. Mi ci è voluto un po' per far alzare dal letto la signorina.»

Ashton scuote la testa, mentre io verso del caffè in due tazze. «Lo so, pensi che questa estate avevamo in programma un viaggio con nostro padre e dovevamo essere in aeroporto alle otto del mattino.»

«Non si è svegliata?»

Mi siedo in mezzo ai due e spingo una tazza verso il Reed intelligente. «Oh, sì, ma solo sull'aereo. L'abbiamo caricata in macchina addormentata e in pigiama, ai controlli in aeroporto è stato un po' complicato ma ce l'abbiamo fatta.»

Keelan mi lancia un'occhiata divertita e io continuo a bere il mio caffè. Il liquido caldo mi bagna la bocca, lasciandomi un sapore che non riesco a inquadrare ai primi sorsi. Giunta a metà tazza, decido di porre una domanda. «Chi l'ha fatto questo caffè?»

«Io,» risponde Keelan.

Il viso di Ashton si illumina. «É buonissimo!»

Faccio una smorfia. «È una schifezza.»

Ashton impallidisce a vista e il caffè gli va di traverso. Comincia a tossire, in difficoltà, e si dà delle manate sul petto. «Sei una vera...» prova a dire tra un colpo di tosse e l'altro.

«Oh, grazie, Signorina. Apprezzo la sincerità,» lo interrompe il principe. «L'arte del caffè non è semplice.»

«Sì, in effetti ne ho bevuti di migliori...» commenta Ashton. «Ma non fa schifo come dice quella troglodita di mia sorella!» Posso quasi vedere la lingua di Ashton ricoprire il tavolo e avanzare verso il culo del Principe. «Allora, cosa farà stamattina, Keelan?»

Gli occhi di Keelan saettano nei miei e per un istante rimango immobile, incapace di distogliere lo sguardo. «Io e la signorina usciremo insieme.»

Ashton, che stava prendendo un altro sorso di caffè, strabuzza gli occhi e sputa la bevanda in avanti, andando a inondarmi la maglia. «Perché mai dovresti uscire con questo animale?»

🍅

Il mio sguardo scatta ripetutamente da Keelan all'oggetto davanti a noi. Il principe ha un'espressione concentratissima. L'ultima volta che ho visto un'espressione così (escludendo Ashton al mattino quando fa le parole crociate in russo) era sul volto di Aidan, che guardava un porno sul telefono mentre aspettava in fila alla caffetteria.

La prima tappa della nostra divertentissima giornata è una galleria d'arte moderna, che espone dipinti e opere di artisti sconosciuti. Secondo il principe è un buon modo per aprire i nostri orizzonti e imparare a saper guardare le cose anche con il nostro terzo occhio, che sarebbe quello dell'immaginazione.

Inizialmente pensavo mi fosse spuntato un brufolo in mezzo alla fronte e fosse un modo carino per avvisarmi.

La galleria è in pieno centro città; siamo stati scortati fino a qui da un'auto che ha chiamato Keelan stesso. A quanto pare è normale per la famiglia reale fare una telefonata veloce e trovarsi davanti ciò che si vuole. Non che mi stia lamentando, visto che l'alternativa era andare a piedi.

Gli interni sono piuttosto cupi, con pavimenti in parquet e pareti nere. Sui soffitti ci sono dei faretti a luce bianca che illuminano le opere. C'è poca gente, e non so se sia perché la domenica le persone hanno decisamente cose migliori da fare o perché il principe mi ha portata a una delle mostre peggiori della città.

«Allora, cosa pensi significhi, secondo te?» rompe il silenzio, alla fine.

Due fari azzurri mi si puntano contro e boccheggio. Keelan è elegante e, sebbene dalla sua bocca escano molte cose noiose e frasi ridicole, la sua bellezza ti spiazza.

Motivo per cui mi concentro sulla grande opera d'arte appesa al muro. In una teca quadrata e in vetro, ci sono due lattine di coca cola. Un'etichetta ne indica titolo e autore: Due lattine di Coca Cola, di C4r4v4gg10.

Storco il naso a vedere il nome. Caravaggio? Scritto con i numeri?

«Vai prima tu,» dico di getto, presa dall'ansia. Keelan reagisce con una risatina.

«Secondo me rappresenta l'amicizia. Due lattine, due amici che si incontrano fuori dal loro mondo bianco e asettico. E, per il tempo di una lattina di Coca, entrano in un mondo nero, molto diverso dal precedente. Condividono una cosa che magari non avevano mai fatto e parlano, parlano per ore davanti a quelle due lattine.»

Silenzio. Il principe sembra molto convinto di questa interpretazione. A me viene da chiedergli se a Palazzo Reale pippano cocaina dentro il tè del pomeriggio.

«Allora, lei cosa ne pensa?» domanda Keelan, volgendo il capo nella mia direzione.

È così alto che devo piegare il collo all'indietro per incontrare i suoi occhi. Lui abbassa la testa per facilitarmi l'impresa. «Io... Non so, non ho un'idea, in realtà.»

Mi fissa con insistenza, tanto che distolgo lo sguardo. «Sta mentendo. Mi dica che interpretazione darebbe lei, per favore.»

Per favore. Sospiro. «E se dico una stronzata?»

«Nessun parere personale può essere una... sciocchezza,» corregge la mia parolaccia. «Ognuno ha il diritto di esporre le proprie idee, e non dovrebbe venir giudicato. Perciò non abbia mai paura di dire cosa le passa per la testa, signorina Scarlett.» Accompagna il breve discorso motivazionale con un sorriso.

Lo ricambio, incerta, e mi schiarisco la voce. «Oppure, il nostro caro C4r4v4gg10, si è comprato due lattine di Coca, non aveva voglia di buttarle una volta finite e ha pensato "e se le spacciassi per un'opera d'arte e riuscissi, così, a diventare un'artista con il nome che è per metà un plagio e per metà un codice fiscale?". Così le ha portate qui e ora è appostato dietro un angolino e ride di noi, contento di essere riuscito a prenderci per il culo.»

Tra di noi aleggia il silenzio, interrotto solo dal rumore di scarpe sul pavimento e il lieve vociare dei pochi visitatori che popolano la galleria. Non ricevendo alcuna risposta, mi giro verso il principe, che mi sta fissando con una faccia sorpresa. È questione di secondi prima che scoppi una risata cristallina, meno contenuta di quelle che ho sentito nell'ultima settimana. Rimango a bocca aperta.

«Perché ridi, Kelly?»

Si blocca, forse infastidito dal grande ritorno del nomignolo Kelly. Fa per protestare, ma poi desiste. Alza gli occhi al cielo e mi prende per mano. Mi porta qualche metro più a sinistra delle due lattine di coca cola. Lì, appeso al muro, c'è un dipinto strano. Mi libero dalla sua presa e incrocio le braccia al petto, mentre lo studio. È solo una tela, all'interno della quale il grigio e il bianco si mischiano in disegni casuali e schizzi di pittura che non vanno a creare alcuna forma ben precisa.

«Non riesco proprio a...» inizio.
«Sssh,» mi intima Keelan.
«Ma...»

«I quadri vanno osservati in silenzio. Prenda dieci minuti per capirlo e poi mi dirà.»

Dieci minuti? Nemmeno una pizza la mangio in così tanto, ed è sicuramente un'opera d'arte migliore di questo quadro.

Mentre aspetto che il principe finisca con i suoi dieci minuti di contemplazione mistica, canto qualche canzone nella mia testa, per passare il tempo.

Sono a metà di Single Ladies di Beyoncé quando Keelan si risveglia. «Okay, sono pronto,» annuncia.

«Cosa sarebbe questa cosa?» chiedo. Il cartellino col titolo dice: Il grigio incontra il bianco, di C4r4v4gg10. «Ah, ma è lo stesso autore delle due lattine! Ora si spiega tutto.»

Keelan non mi sta prestando attenzione. Si sistema una ciocca di capelli che gli era sfuggita e raddrizza la schiena ancora di più. Sono scomoda solo a vederlo. «Secondo me, mostra l'incontro di due vite diverse. Il bianco e il grigio. Il bianco è una persona composta, sobria, seria e il grigio una più libera. Oserei dire che potrebbe essere un'ottima rappresentazione di lei e suo fratello, non trova? Molto divertente.»

Scuoto la testa e mi trattengo dal dire quello che penso realmente. «No. Il grigio e il bianco non sono abbastanza diversi. Secondo me ha sbagliato. Avrebbe dovuto usare il bianco e il nero, che non sono nemmeno colori, a differenza del grigio. Il bianco è dato dalla sintesi additiva di tutti i colori dello spettro visibile, mentre il nero è dato dalla sintesi sottrattiva di tutti i colori dello spettro. Il bianco è abbondanza, completezza, il nero è mancanza, privazione. Sono loro due i veri opposti.»

Continuo a osservare il quadro, con il capo inclinato e l'aria assorta. Il concetto potrebbe anche essere carino, ma la realizzazione pecca di presunzione. Chiunque sia Caravaggio Codice Fiscale, forse è convinto che basti fare due schizzi su una tela per avere un'opera d'arte.

«Sono colpito. Per la prima volta in due ore ha detto qualcosa di serio, Signorina.»

«Siamo qui da due ore?» esclamo, forse a voce troppo alta.

Annuisce e sorride, senza scomporsi troppo. «Ha visto come passa in fretta il tempo quando ci si diverte?»

Alzo gli occhi al cielo. Non voglio essere cattiva, ma non mi sto divertendo affatto. È questa la realtà.

Keelan sembra intuirlo, e invece che farmi altre domande, si guarda attorno e poi controlla l'ora sul suo orologio costoso. «Comunque, in effetti, sarebbe meglio andare, non crede?»

Sbatto le palpebre, incredula. Lo sta dicendo solo perché ha capito che non ho più voglia di stare qui? «Io... Sei sicuro, Kelly?»

«Keelan,» corregge con un'occhiataccia. «E sì, lo sono. Andiamo?»

Allunga il braccio, con il palmo rivolto verso l'alto. Lo fisso, incerta su cosa si aspetta che io faccia. Corruccio le labbra e gli batto il cinque. Keelan mi guarda come se gli avessi appena recitato un rito satanico.

Quando provo a chiedergli dove ho sbagliato, lui scuote il capo e mi nasconde un sorriso. Dopodiché mi indica la porta di uscita.

Passando lì davanti, la segretaria al banco di accettazione gli fa un inchino. I suoi occhi si posano su di me per brevi istanti, abbastanza lunghi da farmi intuire cosa le stia passando per la testa. "Cosa ci fa il principe Keelan con quella creatura rara?".

Non voglio pensarci e non voglio darle troppo peso. È una vita intera che le persone mi fanno sentire inadeguata e mai all'altezza delle situazioni in cui vengo inserita.

«E adesso dove andiamo?» chiedo, non appena varchiamo i portoni in vetro della galleria d'arte. L'aria fresca di settembre mi scompiglia i capelli e mi costringe a infilarmi il giubbino in jeans che tenevo sottobraccio.

Lì, sul marciapiede, ci sono le quattro guardie del corpo che ci hanno raggiunti all'università. Sono quattro uomini in completo elegante, occhiali da sole e auricolari all'orecchio. Un cliché che pensavo appartenesse solo ai film che guardo.

Keelan si guarda attorno e ricontrolla l'ora. È impossibile che se la sia scordata, sembra più un gesto dettato dal nervosismo. Lo sto mettendo in difficoltà? «È quasi ora di pranzo, che ne dice di andare in un ristorante qui vicino?»

Aggrotto la fronte. «Ti credevo più tipo che mangia solo le portate dei suoi chef a palazzo reale.»

Lui si sta già incamminando. Non c'è traccia dell'auto che ci ha accompagnati fino a qui. «Oh, ma è a cinque stelle! Non si preoccupi!» esclama. Notando la mia esitazione, aggiunge: «Sono solo due minuti di camminata, signorina Scarlett. Non sarà stancante.»

All'inizio mi concentro solo sull'ultima informazione, poi registro quella più importante. Cinque stelle. Cinque stelle? Io, in un ristorante a cinque stelle? Rimango immobile sul posto, davanti alle porte della galleria. «No,» è l'unica parola che esce dalla mia bocca.

Keelan si volta verso di me, con la fronte aggrottata. «No?»

«No, non vengo.»

«Perché mai? Pago io, stia tranquilla.»

Sbuffo e mi sposto una ciocca di capelli all'indietro, infastidita. «Non ci faccio niente in un ristorante a cinque stelle. Guardami.» Indico i miei capelli scompigliati, che non mi sono nemmeno preoccupata di pettinare. Poi passo al mio abbigliamento. Giacca in jeans, una felpa nera e dei pantaloni slavati. «E tanto meno voglio che tu mi paghi il pranzo,» preciso.

In realtà, posso anche fregarmene di quello che penserebbero se mettessi piede in un ristorante di lusso. L'idea, invece, che qualcuno paghi per me, è ciò che più mi disturba.

Il principe Hemmings muove qualche passo, colmando le distanze tra di noi, ma io arretro. «É il minimo che posso fare se la sto invitando con me.»

«Sai che probabilmente mio padre in un mese guadagna meno di quanto spenderesti tu per pagare il pranzo a tutti e due?»

Scrolla le spalle, come se non fosse un granché. Inizio davvero a pensare che usino i soldi come fazzoletti. I ricchi sono insopportabili, ma i ricchi dal sangue nobile sono davvero il peggio del peggio. «Signorina Scarlett, le ripeto che...»

La luce di un flash lo interrompe e fa raggelare entrambi. Segue il rumore familiare dello scatto di una macchina fotografica.

Ci giriamo in contemporanea. Dall'altro lato della strada si sta creando una calca di giornalisti, muniti di macchine fotografiche, pronti a immortalare ogni movimento del principe Keelan, l'erede al trono.

Le guardie del corpo si stanno già muovendo per non far avvicinare i giornalisti, e nel frattempo vedo le loro bocche muoversi. Forse stanno parlando al telefono con qualcuno e chiedono rinforzi al palazzo reale.

«Oh, no,» mormora Keelan, la voce incrinata da una nota di disperazione.

«Merda, avrei dovuto pettinarmi i capelli stamattina,» aggiungo.

Sento due occhi su di me. Keelan mi fissa e fa per parlare, poi scuote il capo. «Mi dispiace, signorina. Non pensavo che mi avrebbero seguito.»

Ci voltiamo di spalle, in modo che non possano riprenderci. Qualche voce lo chiama. «Sono tipo paparazzi?» domando. «Sei proprio famoso. Cosa vogliono da te?»

Keelan, man mano che i secondi passano, sembra sempre più a disagio. «Mi trovano ovunque vada. Fanno domande su domande: quando diventerò Re, come stanno i miei familiari, se ho trovato la mia principessa...» borbotta.

Socchiudo gli occhi e sussulto a un altro flash.

«Principe Keelan!» urla una voce femminile e adulta.

«Si giri, principe! Solo una foto!» continua un altro.

Causano un effetto domino. In pochi istanti si innalza un coro di voci confuse, che continuano a chiamare Keelan e fargli domande. Non riesco a distinguere le frasi intere, solo le parole chiave. Quelle che mi aveva già anticipato lui. Principessa, familiari, trono, Re, successione...

Keelan sistema la giacca che indossa e solleva il mento all'insù. «Ci siamo. Devo andare a rispondere alle loro domande, mi scusi se la abbandono così. Una delle mie guardie del corpo la riaccompagnerà fino al dormitorio e si accerterà che stia bene.»

Lo afferro per il polso prima che possa andarsene, spinta da chissà quale pensiero folle. «Puoi anche non farlo,» dico con fermezza.

«Non posso non farlo.»
«Sì che puoi non farlo.»
«No che non posso non farlo, devo farlo.»

Ha ragione, pensandoci meglio. Io non ho idea se possa non farlo. Non ne capisco nulla. So solo che le celebrità, quando vengono rincorse dai paparazzi, si coprono la faccia e li ignorano. O li prendono a colpi di ombrello. Dipende dallo stato emotivo.

«Puoi evitare di farlo,» ritento, nella speranza di avere ragione.

Le urla alle nostre spalle diventano sempre più feroci e fastidiose. Keelan sembra essere bravo a tenerle fuori, perché mi accorgo che è concentrato solo su di me. «Come?»

«Al mio tre iniziamo a correre e li seminiamo.» Dio, mi pentirò di questa cosa. Ne sono sicura. Soprattutto per la corsa.

Keelan impallidisce. «Che cosa? No, no, no, non posso!»

«Perché no? Uno scatto e cominci. Non ci vuole nulla, hai pure le gambe lunghe. Sarà difficile solo per me, Kelly.» Mi mordo il labbro. «Keelan,» correggo. Non sembra essersene accorto.

Lui si guarda attorno, il panico si sta pian piano impossessando di lui. «Sarebbe da maleducati. Non posso scappare via come un bambino irresponsabile. Sono l'erede al trono, e se da un membro della famiglia reale ci si aspettano determinati comportamenti, dal futuro Re è ancora...»

Gli direi di portarsi dietro i pomodori del suo terreno e di lanciarli contro i giornalisti, ma il momento tragico non gli farebbe apprezzare la mia battuta. Forse neanche se fosse una situazione tranquilla lo farebbe.

«Keelan,» lo richiamo, interrompendo il suo monologo, anche a costo di risultare una cafona. «Tu vuoi rispondere alle loro domande?»

«No,» ammette.
«Ma ti senti costretto?»
«Sì.»

Lancio una rapida occhiata alla schiera di giornalisti. Rispetto a due minuti fa, sembrano essersene aggiunti altri. «Consiglio del giorno: smettila di fare quello che vogliono gli altri e pensa un attimo a quello che vuoi fare tu. Uno.» Inizio la conta.

Strabuzza gli occhi. «Signorina Scarlett, io non correrò.»

Staremo a vedere. «Due

«La prego!»

«Tre!» urlo. Il mio corpo scatta in avanti, in uno slancio quasi atletico di cui rimango piacevolmente sorpresa. Le gambe si muovono senza problemi, e le scarpe da ginnastica di cui mi preoccupavo tanto per il ristorante a cinque stelle, si rivelano parecchio utili per riuscire a spostarmi tra la gente che cammina sul marciapiede.

Con mio grande stupore, quando mi guardo le spalle, noto che Keelan mi ha seguita. E mi raggiunge senza sforzo, affiancandomi mentre il vento gli spettina i capelli a cui si era dedicato ore prima per renderli ordinati e perfetti.

Alla fine, mi supera, ma non mi lascia indietro. Mi prende il polso in una stretta decisa ma delicata, e mi tira in avanti per farmi correre più veloce e stare al suo passo. Scivoliamo per le strade piene di gente. Non credo che qualcuno riesca a capire bene che gli sta sfrecciando accanto l'erede al trono.

«Torniamo a scuola?» gli urlo, un po' ansimante. Non sono abituata a correre.

La sua voce è rilassata, invece. Non sta facendo il minimo sforzo. «Sì, ma la nostra giornata non finisce qui. Usciremo anche stasera.»

«Peccato,» esclamo in tono ironico. «Avremmo potuto ordinare due bottiglie di champagne al ristorante, portarle a quella galleria e renderle una nuova opera d'arte: Principe paga il pranzo a una plebea.»

Ricevo solo un'occhiataccia in risposta.

Sono viva. Avevo gli ultimi esami della sessione e dato la precedenza a Game of Titans 🥲
Ci vediamo al prossimo🙋🏻‍♀️❤️
Have a nice life💘🍅

Tiktok: cucchiaiaa
Instagram: cucchiaia

Continuă lectura

O să-ți placă și

11.2K 466 15
Mayla Guiu sin da piccola ha sempre odiato Hector il migliore amico di Marc, il fratello. Un giorno però a causa degli studi e del separamento dei su...
178K 5.6K 70
"L'amore è come una partita di calcio: ci sono momenti di gioia e trionfo, ma anche momenti di tensione e sconfitta. Ma con Kenan al mio fianco, sape...
15K 1K 34
Fanfiction holdarah
49.5K 2.4K 39
Where... Grace Martinez ha passato la sua intera vita sui campi da tennis. All'inizio non apprezzava molto questo sport, ma essendo una persona eccen...