Solo un uomo

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Richiamo di cipressi, in giornate uggiose come questa.
Trecento metri scarsi a dividere in due la vita e questa via.
Al centro di entrambe, il corridore stanco affanna i suoi anni.
Maratona di andirivieni esistenziali sudano l'anima.
Stanco, troppo stanco, smetto di correre, mi lascio accompagnare dal ritmare che da insonorizzato diventa frastuono.
Sono solo un uomo, ora, cresciuto avanti e indietro tra il vecchio e il nuovo.
Sono solo, ora, ancora, piantato al marciapiede che mi aspetta in ogni pioggia, da quei giorni ad oggi.
Attirato dal cordone ombelicale che non ho mai spezzato, anche se questo posto ha spezzato me nell'unico modo peggiore.
Luci spente, luci accese, vite passate tra un affittasi e l'altro; ne avessi perso almeno uno degli attimi di quella casa.
Anche adesso, non è altro che il museo dei miei orrori personali, dei miei sbagli intenzionali.
Sono lo spettatore imbucato, il parassita indesiderato, che fissa la sua cancrena personale come se non avesse fatto abbastanza male, ancora.
La finestra da cui fissavo questo punto esatto, è l'annuncio necrologico migliore che abbia mai visto.
Un metro e mezzo di cemento: la poltrona in platea che non ho pagato.
Ai suoi bordi, nessun palcoscenico da teatro dell'opera, solo un cesso di fogna, a ricordarmi la vita, la mia.
Sognavo il qua fuori, lì dentro; senza pensieri alcuni, senza anni troppo giovani violentati a forza di maturo.
Toc, toc, toc, toc: lo stillicidio cadenzato del soffitto. Piangeva come io non avrei mai fatto, nella bacinella messa sotto apposta; chissà se piange ancora.

Un ragazzino dal volto cereo guarda verso il nulla, attaverso gli stessi vetri a cui cerco miracolo dal basso dei miei tormenti.
Lo spio, non curandomi di apparire invadente, troppo concentrato nel suo futuro visionario per badare a questo barbone guardone all'altro lato della strada.
Baracca fatiscente, tetto di niente, tubi cigolanti da cui sgorgava liquido per chemio; cura per il troppo amianto mangiato ed eternit respirato.
L'insulina colava dai muri, antidoto al dolce opposto. La ruggine nel sangue rendeva amaro lo spirito; corrotto. Nemmeno il padre nostro è servito, ha fallito anche lui; purtroppo.

Divenuto sopramobile in abitazione dal puzzo di cimitero.
Natura morta inchiodata alle pareti tra cui morivo alla luce del sole.
Al buio, tutto il male si impossessava delle ossa. La carne, quella, preferivo strapparla a morsi.
Le orecchie sanguinavano disperazione, le iridi da zombie non davano pace alcuna.
"Taci, taci", urlavo al nulla.
"Dormi, dormi", pregavo al me che ero.
"Pace, pace", il solo miracolo che richiedevo.
"Figlio, figlio", ad ogni istante.
"Bada, cura, non vivere, non lasciarmi morire".
"Non sento, non sento", la bugia per convincermi, l'assenza per non impazzire.
Balia ripagata da lento morire, di entrambi.
"Le medicine, ho sete, ho fame, mi cambi?"
Il piscio ha più dignità di me, pensavo nell'accudire.
Scappavo, al momento opportuno, fuggire tra tanti per sentirmi nessuno.
Odiavo la mia vita, quel posto, il destino nostro, il non poter sottrarmi alla responsabilità non scelta, ma subita. Arrivò alla fine, la sua agonia.
"Ragazzo, ragazzo", urlava anche in piena notte, sono arrivato a schifare il mio nome.
"Ho bisogno, ho bisogno", anche se era solo una menzogna.
Omissione volontaria rendeva l'ego soddisfatto, nel letto mai disfatto per notti durate anni.
"Perché mi fai questo?", mi chiedeva.
Riuscivo solo a guardarlo senza vederlo veramente.
Il silenzio era l'unica risposta riuscivo a dargli, proprio quello che desideravo per non ammazzarmi.

Ha smesso tutt'un tratto, la persecuzione. Un'istante e niente più contatto, tra di noi.
Guardavo in un angolo di tutto attendendo un suo saluto, l'ultimo.
Nemmeno allora piansi, non sapevo se essere felice per la sua, o la mia, di pace.
Quel giorno siamo morti entramb: lui per sempre, io dentro eternamente.
"Non ti ho mai odiato", avrei voluto dirgli. Per questo vengo ad urlarlo qui ogni volta che posso, in questa strada, a quella casa, che vorrei cancellare, senza riuscita.
Eri padre.
Ero figlio.
Eravamo, ora non più.
Ora, posso dire che eri, che sono.
Non più ragazzo.
Non più figliolo.
Solo un uomo.

Lividi CerebraliNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ