The air between us

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Il posto faceva schifo, da vomito.
L'odore era nauseante, sapeva di sudore di uomo mischiato alla muffa.
Harry si guardava intorno spaventato, spaesato e continuava a chiedersi perché fosse finito in quell'ambiente. Gli occhi erano lucidi ed enormi. Scrutavano insaziabili un posto in cui rifugiarsi, ma non vedevano altro che energumeni grossi quanto armadi. Provava ad infilarsi, Harry, tra gli spazi che si creavano tra le loro spalle affiancate. Quando finalmente trovò una branda vuota, veloce vi gettò il suo borsone. Afferrò un'asciugamano dall'interno ed iniziò ad asciugarsi la fronte e il collo. Ma non ebbe il tempo di riporla che un gridò occupò quella camerata. Tutti gli altri soldati si drizzarono, creando due file ordinate. Harry si sbrigò a fare altrettanto.
"Buongiorno soldati!"
"Buongiorno signore!!"
Urlarono loro. Sembrava sputassero fuori tutta l'aria dei loro polmoni.
"E benvenuti nella vostra nuova vita. Sarà difficile, ma se sarete intelligenti, scaltri e ascolterete tutte le mie parole vi salverete il culo"
Il tono del sergente si fece sempre più duro, minaccioso e deciso. Voleva sicuramente trasmettere sicurezza a quegli uomini che avrebbero visto, di lì a poco, la morte con i loro stessi occhi. 
"Oggi, primo giorno di allenamento. Vi voglio fra un'ora nel cortile!"
"Si signore!!"
Accennò il viso e voltando le spalle corse via. I soldati non persero tempo. Spezzarono le due file ed iniziarono ad indossare le loro uniformi.
Harry continuava a guardarsi intorno. Era curioso di capire le loro emozioni in quel momento, non si preoccupava di vestirsi, correre, essere veloce. Ne aveva visti altri di soldati nei suoi giorni da soldato in erba, quei giorni in cui si pensava a far crescere i propri muscoli, ad aumentare la propria resistenza e ad essere minuziosamente precisi con le armi. Sapeva che questi erano diversi, però. Lo vedeva dalle loro mani che tremavano e dai loro occhi che non sapevano dove guardare. C'avevano il terrore stampato sull'epidermide ed Harry voleva capire se lo avessero anche sul cuore. Si avvicinò al soldato più vicino.
Era biondo, occhi azzurri. Sembrava un polacco.
"Ciao, piacere, io sono Harry"
Lui si voltò. Aveva l'aria di chi non dormiva da una vita e un'espressione da cane bastonato. Scrutò Harry dal basso verso l'alto prima di stringere la sua mano e: "Piacere io sono Maxim". Il riccio azzardò un sorriso, Maxim non ricambiò. Girò l'attenzione sulla sua branda dove stava cercando di mettere ordine. Il primo rimase un tantino deluso, ma non si fece dare per vinto.
"Hanno chiamato anche te, eh?"
"Per forza. Non ci sarei mai venuto volontariamente in questo schifo"
Il tono della sua voce era decisamente quello di chi prova rabbia per il mondo intero e ad Harry mise un po' paura.
"Già"
"Si può sapere perché ti piace perdere tempo?"
Sgranò gli occhi.
"No...volevo solo farmi un amico...è sempre meglio averne uno in queste occasioni"
Azzardò un altro sorriso, stavolta leggermente ricambiato.
"Ora vado dagli altri"
Maxim si allontanò lasciando Harry solo, insieme ai suoi pensieri.

Il sole era alto nel cielo.
Un leggera brezza spostava le foglie dei pochi alberi che circondavano il campo. Continuava a scrutare, il Soldato. Le persone, l'erba, le uniformi dei suoi compagni. Improvvisamente sentii una mano schiaffeggiare la sua spalla sinistra. 
"Allora, signorino, ha intenzione di rimanere qui imbambolato per tutto il giorno? Siamo in guerra!"
Il sergente urlò nel suo orecchio sinistro e lo incitò ad andare dove erano tutti gli altri, che ormai erano posizionati dall'altra parte del campo.
Harry corse ancora un po' scosso.
"Cinque giri di corsa, ora!!"
E presero a correre, come ottimi cani addestrati. E Lui era felice perché sentiva finalmente un'aria leggera e libera riempire i suoi polmoni e un vento tiepido spostargli i capelli lunghi dalla fronte. 
Un giro, due, tre.
Ad Harry iniziava a mancare il fiato e il suo passo iniziò a farsi sempre più lento e indeciso. Consumò tutte le sue forze, tutto il suo respiro. Inevitabilmente cadde, come un enorme sacco di patate. La faccia gli si sporcò di erba e terra e gli occhi presero a bruciare. Cercò di rialzarsi, aiutandosi con le mani e le ginocchia, ma sembrava tutto inutile. Sapeva che doveva sbrigarsi, perché il sergente sarebbe arrivato e chissà quale punizione gli avrebbe sferrato. Un braccio estraneo gli si intrecciò contro.
"Su, alzati"
Una voce delicata gli sfiorò l'orecchio destro. E si ritrovò in piedi.
Si girò verso la direzione del suo aiutante, ma era troppo tardi. Correva già distante e flessibile tra tutti gli altri. Riuscì a vedere i capelli umidicci che gli si erano appiccicati al collo e il pantalone agitarsi, evidentemente troppo grande per lui. 
Harry voleva vederlo. Vedere il suo viso, ma voleva anche ringraziarlo.
Riprese a correre, così, più veloce di prima, sperando di raggiungerlo. Ma il suo salvatore era incredibilmente veloce. A volte riusciva a distinguerlo tra tutti gli altri, altre si confondeva perfettamente e sembrava sparisse.
Il riccio iniziò a perdere le speranze e decise di rallentare un po' il passo, sperando di evitare un nuovo collasso. Dopo un ultimo giro quell'estrema prova finì. Harry si piegò sulle sue ginocchia e cercò di inalare quanto più ossigeno possibile. Non credeva di essere così debole.
"Ottimo lavoro soldati! Ottimo riscaldamento. Trenta flessioni, ora, veloci!"
A quelle parole gli mancò il fiato e sentiva i nervi essere sul punto di spegnersi per sempre. Fu costretto ugualmente a gettarsi al suolo ed iniziare quella dolorosissima ed impossibile prova.

The air between usWhere stories live. Discover now