La Famiglia Perfetta

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“Aurelia, ti dispiace se interrompo il massaggio? Potrò riprendere più tardi, se me lo consentirai. Ora, se me lo permetti, vorrei prepararti la cena.”

Aurelia Lunatti si alzò dal lettino e osservò il suo massaggiatore. A mano a mano che prendeva confidenza con il suo corpo diventava sempre più bravo.

“Ma certo, Carlo.” Non aggiunse altro, pregustando la domanda successiva, con l'acquolina in bocca.

“Preferiresti salad niçoise, trofie al pesto o filetto d'anatra all'arancia?” le chiese Carlo.

Aurelia si morse il labbro inferiore e fu vittima del suo demonietto interiore.

“In realtà, non mi dispiacerebbe una bella pizza!” rispose con gioia.

“Ma che bella idea! Sappi però che mi occorrono ventiquattro minuti per procurarmi gli ingredienti al market più vicino e cinquantasei minuti per preparare la pasta, farla lievitare …”

“Oh smettila! Non devi preoccuparti! Ho capito: tra un'ora e mezza la pizza sarà pronta. Vai pure!”

Carlo le si avvicinò e la baciò teneramente. Poi si avvio verso la porta di ingresso, la aprì e uscì per andare a fare la spesa. Aurelia si lasciò andare sul divano e sorrise.

Non riusciva proprio a spiegarsi come avesse potuto aspettare così a lungo prima di comprarsi Carlo. La sua collega, Valentina, con cui solitamente trascorreva le pause pranzo, non faceva che ripeterle quanto il suo robot le avesse cambiato la vita. Lei era rimasta a lungo scettica. Come può una macchina essere un vero sostituto di un uomo? Ma, dopo l'ennesima storia finita male, aveva deciso: ne voleva anche lei uno!

Carlo annunciò il proprio ritorno prima ancora di varcare la soglia, per non spaventarla. Entrò nel soggiorno e, prima di raggiungere la cucina, con ancora i sacchetti della spesa in mano, le si avvicinò per offrirle un tenero bacio.

Muscoloso, alto, occhi azzurri e capelli lunghi fino alle spalle, Carlo era il ritratto del suo uomo ideale. Le sue membra, benché prive imperfezioni, erano indistinguibili da quelle di un vero maschio. Ad Aurelia la perfezione non dispiaceva, proprio per nulla.

Con una mano dietro la nuca lo trattenne chino su di lei. Con l'altra mano lo tastò tra le gambe. Il pene iniziò a ingrandirsi come se fosse uno vero. Lui allora posò gentilmente i sacchetti della spesa sul pavimento, le accarezzò il viso e iniziò a coprirle il corpo di baci. L'eccitazione della donna crebbe a dismisura e Carlo continuò a stuzzicarla con dita e labbra.

“Ora però voglio che tu mi prenda con passione e vigore!” gli sussurrò Aurelia nell'orecchio, come se la imbarazzasse dirlo ad alta voce.

Il robot si dimostrò all'altezza della richiesta e le fece provare piacere molte volte, senza che mai, durante l'amplesso, la sua passione calasse di intensità.

Dopo l'ultimo orgasmo Aurelia rimase accucciata sul petto scoperto di Carlo, che continuò a lungo a baciarle il capo e ad accarezzarla.

Dopo una scopata del genere, ci vuole proprio una bella sigaretta!” rifletté la donna. “Carlo, saresti così gentile da prendermi il pacchetto di sigarette e un accendino?”

“Veramente mi avevi chiesto di fare del mio meglio per dissuaderti dal vizio,” le rispose il robot, alzandosi delicatamente e sorridendole.

“È vero. Solo una, please!” rispose lei, supplichevole, “questa volta non posso proprio starne senza.”

Carlo si procurò quanto chiesto. Le porse la sigaretta e la fiamma dell'accendino. Lei aspirò con voluttà e rimase sul divano a fumare. Carlo si rivestì e andò a cucinare.

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