La Polvere (Capitolo 1: Una mattina, senza avvisare)

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Capitolo 1: Una mattina, senza avvisare

Era arrivata così, senza avvisare. Una mattina, alzandosi dal letto, la gente della città aveva trovato le strade ed i tetti ammantati di bianco, come avesse nevicato. Ma quella cosa bianca che copriva il paesaggio non era neve, era polvere.

Al suo risveglio in quella strana mattina di Novembre, Jori pensò che doveva essere la stessa polvere che si sarebbe accumulata in cento anni su vecchi oggetti abbandonati in soffitta, oppure la stessa che dovevano trovare gli archeologi nelle tombe dei re di civiltà perdute. Con il suo manto opaco si era posata ovunque, disegnando arabeschi belli e fragilissimi, mutevoli con il soffio del vento e irripetibili nelle loro infinite combinazioni. Si stendeva in fili sottili tra i lampioni fissati agli angoli delle vie ed i muri delle case vicine; cadeva in piccole stalattiti dagli scoli dei tetti e si stendeva, uniforme e leggera, su tutte le strade. Dalla finestra della sua camera, Jori rimase interi minuti a fissarla da dietro i vetri chiusi, senza sapere come spiegarsi quel fenomeno insolito da cui era in parte intimorito, ma che pure lo attirava in modo innegabile. Si chiedeva quale fosse il significato, cosa volesse dire il cielo con quell'insolita sorpresa che aveva preparato durante la notte. Forse, si disse, era stufo di essere ignorato da gente che guardava sempre in basso, così aveva escogitato quel modo per richiamare l'attenzione. Ma cosa avesse il cielo di tanto importante da dire, Jori non riusciva ad immaginarlo.

Quando scese per la colazione, trovò Ayl già vestito che lo aspettava al tavolo della cucina. Era strano vederlo a quell'ora: di solito stava fino a tardi nella sua stanza, con le finestre ben chiuse e le tende tirate, a disegnare e scrivere racconti. Si perdeva nel suo mondo immaginario per ore, forse dimenticandosi un po' troppo di quello reale: trasportava i suoi sogni e le sue fantasie nei molti quaderni che ingombravano gli scaffali della camera, dedicando a questa attività quasi tutta la sua giornata. Non era uno scrittore come gli altri, questo Jori lo aveva intuito da un po'. Le cose che lui scriveva e disegnava non restavano nei libri: molte si avveravano, altre si materializzavano nel mondo di chi le leggeva, altre ancora, le più belle, prendevano vita e sapevano continuare a scriversi da sole. Jori era affascinato dalle sue magie e segretamente sperava che un giorno anche lui avrebbe potuto imparare quella strana arte.

"Ciao papà" "Ciao Jori" Non si dissero altro, non avevano bisogno di molte parole per capirsi; da sempre, era come se un filo invisibile li tenesse collegati. Qualcuno diceva fosse perché vivevano soli, sempre insieme in quella piccola casa, ma loro sapevano bene che quel filo non si sarebbe spezzato neppure se a dividerli, invece di poche stanze, ci fosse stato tutto il mondo. Consumarono la loro colazione in silenzio, osservandosi a vicenda senza darlo troppo a vedere. Jori guardava il padre con curiosità, come ogni volta che si trovava solo con lui: ne spiava i movimenti e gli sguardi per capire cosa pensasse, le espressioni per indovinarne i sentimenti. Non era mai riuscito a comprendere del tutto chi fosse quell'uomo silenzioso, e forse proprio quest'aria di mistero acuiva la sua curiosità; suo padre gli piaceva, i mondi di sogni e favole che creava sembravano sempre girargli intorno anche quando non scriveva, rendendo simile a una fiaba ogni cosa che lo sfiorava. Dall'altro lato del tavolo, Ayl guardava suo figlio e si stupiva di quanto già fosse cresciuto: era sveglio, molto per essere un ragazzino di sette anni, e quei suoi occhi luminosi somigliavano a stelle desiderose di scrutare il mondo in ogni dove. Da un po' ormai si chiedeva se per Jori non fosse tempo di iniziare a riempire qualcuno dei quaderni bianchi che erano in serbo per lui negli scaffali, ma quella notte i sogni gli avevano dato la conferma che aspettava. Quando ne era riemerso all'alba, un po' spaventato e con un gran freddo, si era affacciato alla finestra ed il mondo lo aveva accolto con la sua nuova veste bianca. Era rimasto a lungo a fissare il paesaggio impolverato, mentre pian piano interpretava il messaggio dei sogni e ne decifrava la strada da seguire. Ora, considerando la figuretta di Jori attraverso le palpebre quasi chiuse, Ayl sorrise senza sapere se di gioia oppure di nostalgia.

"Hai visto che roba fuori, papà?" "Sì" "Cosa credi che sia?" "Polvere" Di nuovo silenzio, e qualche scricchiolio delle vecchie assi di legno della casa, gonfie per il freddo. Quando la colazione fu terminata, Ayl finalmente disse: "Oggi non andrai a scuola, Jori. Dobbiamo fare una cosa" Jori fissò il padre sorpreso: gli avevano detto che a scuola si doveva andare perché vi si imparavano cose molto importanti, almeno a sentire gli adulti. Da quando aveva scoperto che non vi si studiavano le regole del nascondino e che, invece degli album di figurine, vi si leggevano libri noiosi su cose avvenute in passato, Jori nutriva seri dubbi in proposito; ma tutti i bambini ci andavano, e così faceva anche lui. Solo l'influenza o il raffreddore interrompevano la regolare cadenza delle lezioni: cosa dovevano fare oggi di così importante da venire prima della scuola? "Dobbiamo andare al castello per mandar via la polvere" spiegò Ayl, quasi rispondesse alla sua domanda non detta.

Il castello era una costruzione ormai in rovina, fatta da una torre alta e qualche muro, che sorgeva in cima alla collina appena fuori la città. Per la sua posizione favorita lo si poteva scorgere da qualsiasi punto della valle e spesso, in primavera, ci si andava per fare una gita. Era una salita piuttosto lunga e non semplice, ma una volta arrivati si poteva godere un paesaggio sconfinato e verdeggiante, mentre i bambini giocavano sul prato facendo volare aquiloni e rincorrendo palloni. Mai nessuno però ci andava d'inverno: tra quelle rovine cosa poteva esserci di interessante, quando non crescevano fiori ed i prati erano fatti secchi e marroni dal freddo? "Perché proprio al castello?" "Perché dobbiamo chiedere alle nubi di far piovere e lavare via la polvere: solo la torre del castello è abbastanza in alto perché ci sentano" Jori non aveva mai pensato si potesse parlare con le nuvole, ma se suo padre affermava che dalla torre lo si poteva fare, doveva essere vero. Con o senza la scuola, sapeva di non aver ancora imparato molte cose, così non fece più domande e prese i loro cappotti, pronto a mettersi in marcia. Ormai sulla soglia, Ayl esitò qualche istante, chiedendosi se gli abiti che indossava suo figlio non fossero un po' troppo leggeri per la stagione: un maglioncino come quello non poteva certo tenere abbastanza caldo contro il gelo dell'inverno rigido che attraversavano. Aveva quasi freddo lui, coperto com'era sotto strati di lana, come poteva Jori non tremare e non ammalarsi, svestito a quel modo? Ma poi si guardò intorno e vide che anche le altre persone indossavano un maglione leggero, qualcuno non aveva neppure la giacca: di nuovo si chiese come potessero resistere all'inverno con solo quelle poche cose, ma non disse nulla. Tese la mano a Jori e insieme si allontanarono da casa, in direzione della collina.

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