Capitolo 82: Luccichio

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Stava correndo e non l'aveva ancora realizzato. Le sue gambe si muovevano ininterrottamente senza sosta, saltando qualunque cosa si mettesse in mezzo a lui e alla sua meta. Era rimasto troppo lontano. Era stato un idiota. Era stato un idiota nel mantenere le distanze. Era il più veloce di tutta la squadra, giusto? Allora perché le sue gambe non andavano più veloci? Perché l'essere umano non poteva andare veloce quanto un mezzo di trasporto? Le macchine sparse gli impedivano di compiere una traiettoria dritta e più immediata, dovendo ridurre la sua corsa in una serpentina maledetta che lo illudeva, che martoriava il suo cuore con l'idea di essere troppo distante, di stare perdendo troppo tempo, dopo che i suoi timpani erano stati pervasi da quel boato che non aveva avuto nulla a che vedere con il malessere interiore che esso aveva scaturito in seguito. 

L'acido lattico delle ginocchia stava chiedendo pietà; l'asfalto sotto ai suoi piedi era solo un concetto, mentre i muscoli gonfi del suo corpo sì tonico, ma mai quanto quello di tutti i suoi altri compagni di squadra, gli conferivano uno slancio più spedito per poter scappare se il suo luogo venisse individuato, se la sua imperscrutabilità venisse messa in dubbio. Ma non era mai successo, perciò il fatto che corresse così allarmato e esagitato non aveva nulla a che vedere con l'essere stato scoperto o posto sotto tiro di qualche altro cecchino che poteva eliminare la sua vita con un solo proiettile.

No.

Sully stava correndo come un forsennato, perché i suoi occhi azzurri, scuri e turbati, uguali al suo animo che non avrebbe rispecchiato l'ironia e la superficialità con la quale tutti erano soliti accostarlo, quel pagliaccio del pub che strappava un sorriso a tutti e sminuiva le ingiustizie della vita con un sorriso e qualche battuta fredda come gli iceberg del Polo Nord, non si stavano staccando nemmeno mezzo secondo da quel bordo, quel fottuto bordo dietro lo scuolabus. Non era estraneo a sentimenti opposti; non era così soddisfatto dalla vita da sminuire chi davvero stava male e non trovava un senso in ciò che affrontava. Era solamente fatto così, Sully; non se ne intendeva di discorsi seri, voleva solo stare in mezzo a persone spensierate. Peccato che c'era solo una persona che lo faceva uscire dai binari di quella vita; non l'aveva mai capito, non se n'era mia accorto, ma era incredibile come il suo sorriso ci mettesse davvero poco a sparire non appena un pezzo della sua anima veniva trafitto: smetteva di essere Sully.

Il fianco sbatté contro una macchina; la corsa perse ritmo, ma lui non si fermò. Recuperò fiato, scattante dalle narici, e si passò una mano sul viso per spostare il ciuffo che era sfuggito dalla crocchia. Aveva lanciato tutto. Il fucile, il tattico, la cintura. Si era tolto tutto poiché conscio di quello che avrebbe fatto una volta giunto al bordo. Non si sarebbe assicurato che i bambini fossero incolumi; c'erano degli adulti con loro che si sarebbero occupati del resto, anche perché una volta che lo videro sbucare dall'ingorgo delle macchine, travolto da quella corsa, non lo fermarono, perché capirono le sue intenzioni da rassicurare i bambini e dire loro che fosse tutto finalmente finito. Sully aveva già dato il via alla SWAT di avanzare, perciò sarebbero stati in buone mani.

Lui doveva assolutamente andare da Jake.

Perché da quando era caduto dal ponte non era tornato su e l'ultima immagine del suo viso non voleva andarsene dalla sua testa. Salì sul marciapiede, corse sulle mattonelle e intravide i corpi carbonizzati e morti dei cinque nemici che la sua bomba aveva fatto fuori. Che diavolo gli era saltato in mente? Costruire un ordigno su due piedi e poi gettarsi nel pericolo in quel modo per essere l'unico ad essere coinvolto.
Sully sapeva perché lo aveva fatto.
Ma il problema di quel deficiente di un artificiere era questo; che fosse talmente in gamba da fare delle cose così pazze da non rendersene conto.
Dave lo diceva sempre: chi aveva bassa autostima, era in grado di stupirti.

Non fino a morire, però.

Sully piantò lo scarpone sulla ringhiera e si tuffò a pesce nel fiume, nel punto esatto in cui Jake era precipitato, prendendo un respiro profondo. Per fortuna erano solo quindici metri di altezza, e loro Navy SEAL erano addestrati ad altezze ben peggiori per casi di estrema necessità. Quando si immerse del tutto con un enorme splash – che attirò l'attenzione dei bambini che si sporsero sui bordi del ponte sconvolti quanto ammaliati dalla divisa e dal fatto che un soldato avesse agito in maniera così spericolata – iniziò a nuotare in profondità alla ricerca del suo migliore amico. Non era passato tanto tempo da quando era caduto, e lui aveva usufruito della postura per aumentare la velocità e sprofondare di qualche metro in più per recuperare il divario. La luce dell'esterno non lo aiutava per niente, nemmeno la sporcizia del fiume che non aveva più niente di accostabile al blu, ma distinguere le figure gli veniva abbastanza semplice grazie all'addestramento e all'occhio artistico di cui vantava. 

MIND OF GLASS: OPERATION YWhere stories live. Discover now