The soul in your eyes

By EmanuelaAssaiante

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(IN CORSO) E se, quella che credevi una vita felice, non fosse altro che finzione? Tutto ciò che aveva conos... More

Prologo~The Soul in your Eyes
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 4
Capitolo 5

Capitolo 3

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By EmanuelaAssaiante

«Beh, insomma... ti eri addormentata?»

«Cos... no! Non mi ero addormentata... un attimo prima il professore ci stava dando il benvenuto, l'attimo dopo tutti quelli affianco a me hanno cominciato a prendere appunti. Ammetto che stavo pensando a tutt'altro in quel momento, ma ritrovarsi a fissare il professore mentre tutti gli altri scrivono... è stato piuttosto imbarazzante» gli spiegò cercando di dare un filo logico al suo discorso, anche se si poteva notare da un miglio di distanza l'imbarazzo sul suo viso.

Emily e Michael si erano ritrovati alla fine della lezione al caffè universitario, luogo d'incontro preferito per chi vuole godersi una pausa tra le varie lezioni o incontrarsi con i propri coetanei per studio o semplice svago.

«Mi sembra ovvio che delle persone prendano appunti mentre il professore sta spiegando... a volte è molto meglio studiare da quelli che dal libro» ribatté Michael poggiando sul piattino la tazzina di caffè già vuota.

«Mike... il professore non stava spiegando!» esclamò Emily con un entusiasmo che attirò più di un'occhiataccia da parte dei vicini di tavolo.

Prese un lungo sorso del suo cappuccino, sperando che potesse in un certo modo calmarsi, e continuò. «È questo il problema. Ha fatto il riepilogo degli orari delle lezioni e spiegato il programma che svolgeremo»

«E loro scrivevano?»

La sua espressione allibita attirò in lei una lieve risata, sollevata che alla fine il suo fidanzato avesse capito quale fosse la sua perplessità. Stava poi per cambiare discorso quando venne interrotta da una voce sconosciuta alle sue spalle.

«Guarda chi c'è! Michael e...»

Emily si voltò a guardare il ragazzo che si fermò al loro tavolo con un'aria fin troppo amichevole. Insieme a lui c'era uno schieramento di ragazzi più o meno della stessa età, tutti con fisico atletico quasi come il ragazzo in questione -che invece sembrava un armadio- e l'espressività al minimo come se dovessero partire per la guerra nel giro di pochi giorni. Dopo un po' si rese conto che il ragazzo armadio ce l'aveva con lei, così appoggiò il cappuccino sul piattino e si presentò.

«Emily»

Il ragazzo replicò con un lieve sorriso; o forse era un ghigno compiaciuto?

«Allora, come sta andando? Primo giorno di corsi, giusto?» chiese rivolgendo di colpo tutta la sua attenzione verso Michael, quasi come se volesse volontariamente escludere la ragazza; forse stonava troppo nel loro gruppo di maschi.

Emily non capiva se fosse solo la sua immaginazione a cavalcare in uno dei suoi soliti film mentali, oppure la tensione sempre più crescente che percepiva nell'aria era reale. Anche Michael gli sembrò a disagio, quasi come se si stesse trattenendo dal parlare. Non capendo il motivo di quella sensazione e il disagio del suo ragazzo, che ancora non aveva aperto bocca, optò per quella che le sembrava la soluzione più semplice per quel momento: andarsene e cambiare aria. Pensava infatti che quel ragazzo, quelle persone, non gli fossero simpatiche o che fossero un vecchio gruppo di amici con il quale si erano chiusi i rapporti e che quindi fosse quello il motivo del suo totale silenzio. Peccato che si sbagliava perché Michael li conosceva molto bene e se non gliene aveva mai parlato, e anche in quel momento non sapeva come presentarli, era per una ragione ben precisa e per lui congrua.

«Vai già via?» disse il ragazzoarmadio avvicinandosi ad Emily quel poco che bastava per sovrastarla con la sua altezza e portarla ad indietreggiare.

«Andiamo.» lo corresse piuttosto freddamente cercando poi con lo sguardo un aiuto da parte del suo fidanzato che, con sua sorpresa, non fece alcun movimento tanto che Emily fu costretta a richiamare di nuovo la sua attenzione. Ad un tratto si sentiva come invisibile per lui fino a quando:

«Ehm... si, scusa. Tu vai, io ho ancora un'ora di buco» disse dopo un po' Michael con ancora una lieve titubanza. La ragazza rimase a guardarlo stupita. Non ricordava di averlo mai visto così per colpa di alcuni ragazzi; la cosa ancora più strana era che, nonostante non avesse mostrato la minima emozione nel vedere quelle persone, voleva comunque rimanere. Il suo disagio era forse per la presenza della sua fidanzata lì con loro?

Alla fine Emily decise di rinunciare all'idea di vederci chiaro in quella strana situazione e se ne andò senza dire niente. Dopo tutto, tensione a parte del suo Mike per qualche motivo che non riusciva a spiegarsi, non era accaduto chissà cosa di eclatante... di sicuro avrebbe avuto modo di parlarne con lui in qualche altro momento. Doveva ormai concentrarsi su una cosa decisamente più importante: l'altro corso sarebbe iniziato a breve e rischiava di fare tardi.


Uscita dall'aula per l'ultima volta erano solo lei e la fame. Poteva sentire lo stomaco brontolare rumorosamente e non poté non pensare al pranzo. Beh, pranzo/cena, visto che erano le 17:30...

*messaggio*

Da: Emily
A: Michael

Ehi, sono uscita. Tu a che punto sei?

Dopo aver premuto il tasto di invio posò il cellulare nella tasca, con la speranza di sentire il suono della notifica di risposta mentre camminava verso casa. Si fermò sul bordo del marciapiede ad aspettare il verde del semaforo pedonale. Emily odiava il traffico, per non parlare dei lenti semafori che ti facevano aspettare anni prima di farti passare e poi ti davano un minuto scarso per attraversare la strada. La considerava una sadica gara di velocità che avrebbe messo ansia a chiunque considerando che in alcuni posti di Roma, non appena scattava il rosso per i pedoni, anche se c'erano ancora persone a terminare l'attraversamento, le macchine partivano e continuavano il loro percorso evitandoli e senza porsi alcun problema.

Emily sentiva una spossatezza tra corpo e testa, probabilmente dovuta alla giornata impegnativa e all'adrenalina di quel giorno ormai passata. Per non parlare che, dopo quell'unico caffè che aveva preso con il suo ragazzo, aveva completamente perso le sue tracce; aveva saltato anche la prima lezione di Sogiologia, l'unica lezione che avevano in comune.

C'era poi qualcos'altro che in quel momento non andava. Come se non fosse già abbastanza per un solo giorno... il suo istinto le diceva che qualcuno la stesse osservando.

Si guardò attorno, sicura che fosse solo una sensazione passeggera. Dopo tutto, era ferma davanti ad un semaforo nella zona universitaria: con tutte le persone che c'erano, la sensazione che qualcuno la stesse osservando sarebbe dovuta essere normale e di sicuro non realmente preoccupante. Ma allora perché non riusciva a togliersi quella brutta sensazione di dosso?

Ad un tratto, voltò istintivamente lo sguardo alla sua sinistra; fu lì che vide un ragazzo dall'aria strana. La sua postura così naturale rivolta verso di lei metteva i brividi, quasi come se sapesse che Emily si sarebbe voltata verso di lui o come se non gli importasse di essere colto sul fatto.

La giovane ragazza cercò in tutti i modi di pensare ad un'eventuale spiegazione. Forse non stava guardando veramente lei... forse nel pensare ad altro non si era nemmeno accorto di essersi incantato. Eppure quegli occhi, così freddi e inespressivi, le sembravano fin troppo lucidi.

Dopo quella che le sembrò un'eternità, notò che le persone ai suoi fianchi stavano cominciando ad incamminarsi per attraversare la strada. Senza pensarci due volte, seguì la folla e attraversò l'incrocio. Si sforzò con tutta sé stessa nel guardare avanti, anche se avrebbe voluto voltarsi e cercare quella persona.

A pochi metri dal portone di casa poteva sentire il cuore in gola. E se avesse fatto un errore portandolo dritto a casa sua? Forse avrebbe dovuto fare una strada diversa, andare in qualche luogo pubblico per capire se fosse realmente seguita. Come toccò il maniglione in ferro battuto del portone della sua palazzina, però, quel senso d'angoscia sparì di colpo; quando si voltò, infatti, non c'era traccia di stalker inquietanti. Emily cominciò a credersi paranoica oltre che spossata, e fin troppo brava con i film mentali forse.

Entrata in casa fece il respiro di sollievo più lungo di tutta la sua vita. Posò le chiavi e camminò verso la cucina con estrema lentezza, sfilandosi la giacca e appendendola sull'appendiabiti lì di fianco.

«Sono tornata» disse poggiandosi allo stipite della porta che affacciava in cucina.

Osservò attentamente la figura di suo padre di spalle, concentrato sui fornelli. Egli voltò appena il capo verso di lei e la salutò con un sorriso felice, anche se stanco.

«Ciao, com'è andato il primo giorno?» le chiese con il suo solito tono curioso.

«Bene. Sono abbastanza stanca... non ho avuto modo di comprarmi niente per il pranzo, ho una fame da lupi» rispose andando verso il frigo, pronta a prepararsi un toast al volo.

«Sempre la solita... da domani organizzati per favore, non farmi preoccupare» ribatté. Si avvicinò e le diede un pizzico leggero sulla guancia.

Quel semplice pizzicotto era il suo modo per dirle "ti voglio bene", lo faceva fin da quando era piccola. Emily ormai si era abituata ai suoi modi, oltre che ai suoi silenzi, ma spesso in quelle occasioni si chiedeva quale sarebbe stato il gesto di sua madre... forse un forte abbraccio ad ogni saluto o un bacio leggero sulla fronte... o un semplice e mai banale "ti voglio bene".


Emily si lasciò infine cadere sul letto, esausta ma felice per come era andata la sua giornata.

Il sole tramontava lentamente all'orizzonte, tingendo il cielo di tonalità arancioni e rosate, mentre Emily si abbandonava ai suoi pensieri, cullata da quelle luci che filtravano dalla finestra. Sentiva il peso della stanchezza scivolare via dalle sue spalle, sostituito dalla dolce sensazione di soddisfazione per aver superato con successo, episodi strani a parte, il suo primo giorno. Si sfilò le scarpe e si avvolse nel morbido abbraccio delle lenzuola, lasciandosi trasportare dalla pace e dalla tranquillità della sua stanza.

La luce del giorno pian piano si affievolì, lasciando spazio all'oscurità della notte. Emily chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal canto di alcuni grilli che animavano il parco di fronte la sua abitazione e dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Un senso di serenità la avvolse, mentre si abbandonava al sonno profondo e ristoratore.

Nel frattempo, fuori dalla finestra, qualcos'altro si muoveva con il favore della notte,  ma non era né un animale né tantomeno una persona. Un'ombra si muoveva silenziosamente lungo il perimetro della casa della giovane ragazza. Senza fare alcun rumore, si alzò dal suolo e si avvicinò alla finestra della sua camera, posta al secondo piano, come un predatore in agguato.

Due occhi scrutavano intensamente l'interno della stanza. Il calore del letto e la tranquillità della notte continuavano ad avvolgere Emily, come a proteggerla mentre vagava nei meandri dei suoi sogni, ignara del pericolo che si nascondeva proprio a pochi metri da lei, fuori dalla finestra. L'ombra, invisibile e silenziosa, si avvicinava sempre di più, fino a trovarsi a pochi centimetri dal vetro dell'anta. Un brivido di anticipazione sembrava farla tremare mentre si preparava a compiere il suo oscuro intento. La notte era quieta e silenziosa, interrotta solo dal suono del suo respiro regolare e profondo.

Dopo un periodo indefinito, con un movimento fluido l'ombra si allontanò altrettanto silenziosamente, scomparendo nella sua oscurità amica con una soddisfazione che solo chi ha un piano ben preciso, che sta andando avanti come programmato, può avere.

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