The Jabberwocky

YumeNoshi द्वारा

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SEGUITO DI: "welcome to wonderland", "The Cheshire Cat //Yaoi//" e "The Dodo //Yaoi//" CI SARANNO RIFERIMENTI... अधिक

1 - Twas brillig, and the slithy toves
3 - all mimsy were the borogoves,
4 - and the mome raths outgrabe.
5 - Beware the Jabberwock, my son!
6 - The jaws that bite, the claws that catch!
7 - Beware the Jubjub bird,
8 - and shun the frumious Bandersnatch!
9 - He took his vorpal sword in hand:
10 - long time the manxome foe he sought
11 - so rested he by the Tumtum tree,
12 - and stood awhile in thought.
13 - And as in uffish thought he stood,
14 - the Jabberwock, with eyes of flame,
15 - came whiffling through the tulgey wood,
16 - and burbled as it came!
17 - One, two! One, two! And through and through!
18 - The vorpal blade went snicker-snack!
19 - He left it dead, and with its head
20 - he went galumphing back.
21 - And hast thou slain the Jabberwock?
22 - Come to my arms, my beamish boy!
23 - O frabjous day! Callooh! Callay!
24 - He chortled in his joy.
25 - 'Twas brillig, and the slithy toves
26 - did gyre and gimble in the wabe;
27 - all mimsy were the borogoves,
28 - and the mome raths outgrabe.
ora ti raggiungo, Ranpuko

2 - did gyre and gimble in the wabe;

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YumeNoshi द्वारा

(un mese prima)

- Che cosa...? -

Mormorò Hajime con un filo di voce.

- Come sarebbe a dire che verrai dimesso!? -

Sbottò Kazuto strabuzzando gli occhi.

- Ma i pazzi sono loro se pensano davvero che tu abbia tutte le rotelle a posto! - Rincarò la dose Shun beccandosi così un'occhiataccia da parte del biondo, per poi borbottare: - Scusami tanto, ma è la verità... -

A quel punto alle loro spalle comparve una dodicenne dalla scompigliata e corta chioma color cioccolata e piccoli e vispi occhi grigi.

- Che succede? -

Chiese nel notare gli sguardi sconvolti degli amici.

- Lo buttano fuori. -

Le rispose il March Hare, lo sguardo sbigottito ancora fisso sul diciassettenne.

- Beh, prima o poi sarebbe dovuto accadere. -

Commentò lei con una scrollata di spalle.

A quel punto tutti e quattro si voltarono verso Akane, rivolgendole uno sguardo talmente truce da farla sussultare.
Al che, la ragazzina si affrettò ad aggiungere:

- Sì, insomma... Alla fine cos'ha Satoshi? Proprio nulla. Gli hanno diagnosticato una psicosi reattiva di breve durata, ma come dice il nome stesso è stata causata solo dal trauma che ha subito e direi che ormai gli sia passata e che lui si sia ripreso perfettamente, no? -

- No. -

Risposero Kazuto e Shun in coro, facendola sussultare ancora una volta.

- E così Satoshi non avrebbe nulla, eh? -Mormorò alcuni istanti dopo il Mad Hatter, mentre le labbra gli si piegavano in uno strano sorriso. - Si vedrà. -

- Un'attimo, che avete intenzione di fare? -

Chiese la mora, osservando spaventata l'inquietante sguardo d'intesa che Kazuto e Shun si erano appena rivolti.

- Andiamo! -

Proruppe a quel punto il March Hare prendendo Alice a braccetto per il braccio destro.

- Vedrai che lo troviamo il disturbo mentale che fa per te! -

Aggiunse il Mad Hatter, prendendolo per l'altro braccio.

Quindi, prima che Satoshi potesse rifiutarsi o cercare di sfuggire alla loro stretta, i due lo trascinarono via, diretti nella loro stanza.

- Sai... - Mormorò la Dormouse al Cheshire Cat, entrambi rimasti indietro, fermi nel bel mezzo del corridoio. - Più che Alice, il Cappellaio Matto e la Lepre Marzolina, adesso mi sembrano proprio Pinocchio con il Gatto e la Volpe. -

~

- Allora, cosa ci hai portato? -

Chiese Kazuto, seduto con le gambe accavallate sulla sedia davanti alla propria scrivania, con Satoshi e Shun seduti al suo fianco.

- Innanzitutto lasciatemi dire che non avreste proprio potuto escogitare una trovata più stupida di questa. - Proruppe Usaro, mentre l'altro gli faceva segno di prendere posto sulla sedia posta dall'altro lato della scrivania. - Ma ad ogni modo... Il disturbo che vi ho portato si chiama DOC. -

All'udire quel nome Kazuto e Shun dovettero trattenersi dallo scoppiare a ridere, ma nulla impedì ad entrambi di dare una gomitata al biondo, seduto in mezzo a loro.

- È quello giusto, me lo sento. -

Commentò Kazuto, prima che Usaro riprendesse a parlare.

- Comunque... - Disse il quattordicenne, rivolgendo uno sguardo di compassione al biondo. - Il DOC è il disturbo ossessivo compulsivo di personalità. -

- Un classico. -

Commentò Shun annuendo più volte con il capo.

- I disturbi di personalità sono l'ideale. - Concordò Kazuto, per poi dare nuovamente una piccola gomitata a Satoshi. - Ascolta tutto e prendi appunti, mi raccomando. -

- Ma non posso fingere, mi scoprirebbero subito! -

Replicò il biondo.

- Infatti non devi fingere. - Lo rassicurò il moro. - Vedrai che lo troviamo il disturbo di personalità che fa per te. -

- Ce ne sono per tutti i gusti. -

Aggiunse Kazuto.

- Ehm, scusate... - Disse a quel punto il White Rabbit, riattirando la loro attenzione con un paio di colpi di tosse e dando poi un rapido sguardo al suo orologio da polso. - Ho solo altri quattro minuti e venti secondi di tempo da dedicarvi. Anzi, ora sono sedici. Quindici... Quattordici... -

- Ok, abbiamo capito! - Esclamò il Mad Hatter interrompendolo subito. - Dai, inizia pure. -

- Allora... Il DOC, come dice il nome stesso, è caratterizzato da ossessioni e compulsioni. - Iniziò, parlando il più rapidamente possibile in modo da non sprecare troppo tempo. - Le ossessioni sono presenti in modo costante e ripetuto e sono ciò che causa le compulsioni, ovvero impulsi a compiere delle azioni, impossibili da ignorare. Chi ne soffre tende ad essere molto attento ai dettagli, autodisciplinato, dotato di forte controllo emotivo, perseverante, affidabile, di buone maniere... -

- Usaro... -

Lo rimbeccò Kazuto, facendo sbuffare e storcere il naso al minore, il quale a quel punto alzò lo sguardo al cielo e borbottando aggiunse:

- Oltre ad avere un'eccessiva preoccupazione per l'ordine, essere indecisi, inflessibili, moralisti, critici, rigidi, di un perfezionismo compulsivo, maniaci del controllo e con la tendenza a fare sempre tutto da sè, per il timore che gli altri non siano in grado di fare le cose altrettanto bene. -

Concluse, alzando leggermente il tono della voce nel dire le ultime parole, come nel tentativo di rivolgere una velata accusa a qualcuno dei presenti.

- Senti, non è colpa mia se la settimana scorsa, quando mi hai chiesto di prenderti il quaderno dove avevi scritto tutto il tuo programma del giorno, mentre te lo stavo portando sono scivolato e mi è caduto dalla finestra, finendo in mezzo a una pozzanghera. -

Borbottò infatti Shun incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo con fare impettito.

- Ma ad ogni modo... - Disse Kazuto voltandosi verso Satoshi. - Che ne pensi? La parte riguardo l'essere maniaci del controllo secondo me ti calza a pennello. -

- E poi si chiama DOC. -

Aggiunse Shun, come se quella fosse la sola cosa che avesse sentito di tutto il discorso di Usaro.

- Ma non ho nè ossessioni, nè compulsioni. - Replicò il biondo assottigliando lo sguardo. - Ve l'ho già detto: non posso fingere di soffrire di qualche disturbo se non è così e... -

- D'accordo, va bene, non c'è fretta. - Lo interruppe il Mad Hatter, sollevando una mano davanti al viso dell'altro per dirgli di fare silenzio. - Questo era solo il primo, ne abbiamo ancora parecchi altri. -

E allora si voltò verso il Withe Rabbit per dirgli che poteva anche andare, quando scoprì che l'albino era già uscito. A quanto pareva i quattro minuti e quindici secondi erano già passati.

Non dovettero aspettare che pochi istanti, però, che videro entrare nel loro "studio di consulenza psicologica" (così stava scritto sul foglio di carta che avevano appeso con il nastro adesivo accanto alla porta), un diciottenne dai lunghi capelli castani e gli occhi verde opaco.

- Accomodati pure, Sora. - Sorrise Kazuto facendogli segno di sedersi. - Cosa ci hai portato? -

- Questa trovata non servirà a nulla. -

Rispose però il Caterpillar, in quel suo solito tono di voce lento e fin troppo pacato.

All'udire quelle parole i tre non riuscirono ad evitare di tremare leggermente e, dopo un istante di silenzio, Shun si azzardò a chiedergli:

- Per caso... Hai avuto una visione? -

- Non c'è bisogno di una visione per capire che questa trovata è una scemenza. -

Replicò però l'altro, facendo sospirare i tre, sia per il sollievo che per lo sconforto.

- Ma comunque, visto che sei qui, perchè non ci parli del tuo disturbo schizoide di personalità? -

Propose Kazuto nel momento in cui vide il diciottenne pronto ad alzarsi e andare via.

- Non c'è granchè da dire. - Replicò Sora, sospirando leggermente. - C'è distacco sociale, mancanza o indifferenza alle relazioni interpersonali e scarsa capacità di espressione delle emozioni, oltre alla tendenza a non trarre alcun piacere nello svolgere qualsiasi attività, preferendo trascorrere il tempo da soli. - Quindi aspettò alcuni istanti, come in attesa che gli altri metabolizzassero per bene quell'ultima frase. - Ora posso andare? -

- Certo, vai. - Rispose il Mad Hatter, per poi voltarsi verso Satoshi e studiare per alcuni istanti la sua espressione imbronciata. - Scarsa capacità di espressione delle emozioni, eh? -

- Temo che neanche questo vada bene. -

Sospirò invece il March Hare.

- Speriamo che il prossimo sia quello buono... -

Aggiunse l'altro, proprio un istante prima che qualcuno entrasse nuovamente nella stanza.
Due quindicenni dai capelli rossicci e gli occhi eterocromi.

- Come non detto... -

Sospirò allora Kazuto accasciandosi sulla sedia.

- Perchè? -

Chiese Satoshi, rimasto perplesso di fronte alla reazione dell'altro.
Chiedendosi perchè già pensasse che il disturbo che stava per essere loro esposto non andasse bene.

Ma non ci fu bisogno che il Mad Hatter rispondesse, perchè non appena Tweedledee e Tweedledum si sedettero e iniziarono a parlare, ad Alice fu chiaro il perchè di quella reazione.

- Folie à deux. - Proruppero Souchi e Keichi in coro. - Disturbo psicotico condiviso. -

- Per caso ti sei mai divertito a delirare o ad avere allucinazioni di gruppo con qualcuno? -

Chiese Shun, anche lui abbandonato stancamente contro lo schienale della sedia.

- No, certo che no. -

Replicò Satoshi.

- E allora potete anche andare. -Sospirò Kazuto, rivolto ai gemelli. Per poi, non appena i due furono usciti, portarsi le mani al capo per massaggiarsi le tempie e sospirare: - Tu, Satoshi... Sei proprio un tipo difficile. Lo sai, vero? -

- Scusami se non soffro di disturbi mentali. -

Ribattè il biondo, borbottando tra sè e sè.

- Ma ad ogni modo, vedrai che lo troveremo! - Esclamò il Mad Hatter un istante dopo, rianimandosi tutto d'un tratto. - Fosse la penultima cosa che faccio! -

- "Penultima"? -

Replicò Alice.

- Ha giurato che non morirà finchè non avrà imparato a praticare la tasseomanzia con i fondi di tè. - Gli spiegò il March Hare. - Vuole assolutamente superare Sora con la faccenda delle previsioni del futuro. E ciò significa che ha almeno un altro centinaio di anni davanti a sè. -

- Ehi! - Protestò Kazuto, per poi ammutolire e aggrottare la fronte perplesso. - Non... Non riesco a capire se fosse un insulto o meno... -

- Interpretalo come vuoi. -

Ribattè Shun scoppiando a ridere.

A quel punto i tre sentirono qualcuno bussare e subito dopo, senza neanche aspettare la loro risposta, la porta si aprì.

- Guarda che devi aspettare che ti dicano "avanti", altrimenti che bussi a fare? -

Stava dicendo una bambina di nove anni all'altra di dieci, entrambe ancora ferme sull'uscio.

- Infatti sei stata tu a bussare, mica io. -

Replicò l'altra con un'alzata di spalle.

A quel punto le due si resero conto del fatto che la porta si fosse ormai spalancata e, l'una sorridendo e l'altra sbuffando, si voltarono verso i tre.

- Siete proprio sicuri che facendo così Satoshi potrebbe avere delle possibilità di rimanere? -

Chiese Shinzou, incrociando le braccia al petto e rivolgendo lo sguardo assottigliato prima verso Shun e poi Kazuto.

I due rimasero in silenzio, le labbra strette in una linea sottile, guardandosi a vicenda come in attesa che fosse l'altro a prendere la parola.

- Dai, che ti costa? -Disse alla fine Haku, passando un braccio intorno alle spalle della sorella e trascinandola verso le sedie poste di fronte alla scrivania. - Finchè si può fare qualcosa tanto vale provarci, no? -

- Sì, immagino di sì... -

Borbottò alla fine la Queen of Hearts, mentre la White Queen le rivolgeva un sorriso raggiante.

Quindi le due andarono a sedersi di fronte ai tre e mentre la bionda si sistemava le pieghe della gonna e aggiustava il fiocco azzurro, quasi sul punto di scivolare dal capo, la rossa accavallò le gambe e sbuffò, prendendo la parola per prima:

- Inizio io. - Disse rivolgendo un rapido sguardo alla sorella, ancora intenta ad aggiustarsi il fiocco. - Abbiamo deciso di parlare l'una del problema dell'altra, quindi ora vi dico qualcosa sul disturbo dipendente di personalità.
Chi ne soffre ha difficoltà a prendere le decisioni, anche le più banali, perchè ha sempre paura di essere in disaccordo con gli altri e rischiare così la loro disapprovazione. Ha continuo bisogno di supporto e protezione da parte degli altri e si sente vulnerabile e indifeso quando è lasciato da solo. In pratica nasce tutto dalla preoccupazione irrealistica di essere lasciati soli e di non essere in grado di prendersi cura di sè stessi. - Concluse, calcando particolarmente sulla parola "irrealistica".

- È il mio turno adesso? - Chiese Haku alcuni istanti dopo, sollevando finalmente lo sguardo verso la sorella. Nel momento in cui Shinzou annuì leggermente con il capo, si voltò verso i tre ragazzi e iniziò: - D'accordo, allora adesso parlo del disturbo paranoide di personalità. Chi ne soffre prova una forte sfiducia e ostilità nei confronti del prossimo, che porta all'essere sempre molto vigili, in allerta e alla costante ricerca dei presunti secondi fini degli altri. - Proseguì, calcando molto sulla parola "presunti" per ottenere una sorta di vendetta sulla sorella, la quale sbuffò e alzò lo sguardo al cielo. - A causa di questo modo di pensare trova molto difficile provare fiducia negli altri e stringere legami stretti con qualcuno. Tende ad essere molto rancoroso, litigioso e geloso. Tende inoltre a leggere sempre negativamente i commenti o gli atteggiamenti degli altri, anche quando in realtà questi sono innocui e... -

- Adesso basta. - Sbuffò Shinzou scendendo dalla sedia con un balzo. - Direi che hanno afferrato il concetto. -

Haku ridacchiò leggermente e scese a sua volta, salutando i tre e affrettandosi poi a raggiungere la sorella, già in cammino per il corridoio.

- Mi sa che neanche questi andavano bene... -

Commentò Shun storcendo il naso.

- Ne mancano ancora parecchi. - Si affrettò ad aggiungere Kazuto. - Questa volta sento davvero che il prossimo sarà quello giusto! -

E lo aveva appena detto, quando la porta si aprì per l'ennesima volta.
Questa volta ad entrare fu...

- Cosa ci fai qui? -

Sospirò Shun.

- Vuoi unirti a noi? -

Aggiunse Kazuto.

- In realtà sono venuta qui per presentarvi un disturbo. - Replicò Akane, richiudendo la porta e correndo verso la scrivania, puntando i palmi sulla superficie metallica e osservando i tre con sguardo entusiasta. - Si chiama "Sindrome di Münchausen". -

A quel punto il Mad Hatter sgranò lentamente gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata.

- Che c'è? -

Chiese Alice voltandosi prima verso di lui e poi in direzione della Dormouse.

- Ma certo, è perfetto. -

Fu tutto ciò che disse il ragazzo, prima che la bambina iniziasse con la sua spiegazione.

- È anche detto "disturbo fittizio" o "dipendenza da ospedale".
Si tratta di un disturbo psichiatrico che porta chi ne è affetto a lamentarsi continuamente per disturbi e sintomi inventati. Solo per mettersi al centro dell'attenzione e passare per un malato grave. -

Detto ciò si zittì e voltò verso Satoshi, in attesa di sentire la sua opinione al riguardo.

- Quindi... - Proruppe il biondo dopo alcuni istanti di silenzio. - Dovrei fingere di soffrire di una malattia per la quale dovrei fingere di soffrire di altre malattie? -

- Esattamente. - Annuì la mora. - Geniale, no? -

Il ragazzo stava ancora cercando un modo per ribattere, quando la porta si aprì per la sesta volta.

- Hajime! -

Esclamò alla vista del fidanzato.

- Sei venuto ad esporci il disturbo schizotipico di personalità? -

Chiese invece Kazuto, facendogli segno di sedersi.

- No. - Ribattè il Cheshire Cat scuotendo il capo. - Sono qui per parlare con Satoshi. -

Quindi fece un piccolo cenno con il capo in direzione della porta, così il biondo si alzò e diresse insieme a lui verso l'uscita.

- Ehi, un attimo! - Esclamò Shun. - Poi ce lo riporti, vero? -

- No. -

Rispose semplicemente Hajime, facendo sussultare dalla sorpresa tanto Satoshi quanto gli altri tre.

- Come sarebbe a dire? - Protestò allora Kazuto, alzandosi in piedi di scatto. - Qui non abbiamo ancora finito! Takeshi deve ancora esporre il disturbo antisociale di personalità, Ren quello dipendente... -

- Ma non l'aveva già fatto Haku? O meglio, Shinzou. -

Ribattè Shun.

- Giusto... Ma comunque manco ancora io con quello narcisistico e Shun con il borderline! E poi forse Akane aveva già trovato una soluzio... -

Ma si interruppe di colpo nel momento in cui si voltò nuovamente verso l'uscita e realizzò che i due erano già andati via.

~

- Che significa? - Chiese Satoshi, osservando l'altro incredulo. - Perchè ci hai interrotti? -

- Davvero credi che la loro trovata possa funzionare? -

Replicò Hajime, seduto sul bordo del suo letto rivolgendo all'altro le spalle.

- Ecco...Insomma... -

- Appunto. -

Sospirò il ragazzo scuotendo lentamente il capo.

- Ma allora... - Replicò il biondo. - Cosa dovrei fare? -

- Per rimanere qui? -

- Sì. -

- Allora non fare niente. -

- Come? -

Mormorò strabuzzando gli occhi.

- Credo che sarebbe meglio se domani te ne andassi senza fare storie. -

- Ma cosa dici? -

E a quel punto si avvicinò a passi rapidi, mettendoglisi davanti.
Hajime però continuava a tenere lo sguardo chino, come nel tentativo di evitare il suo.

- Mi hai sentito. -

Rispose in poco più di un bisbiglio.

- Sì, ma perchè? - Replicò Satoshi. Gli occhi che iniziavano a pizzicargli a causa delle lacrime che premevano per uscirne. - Perchè vuoi che me ne vada? -

- Non essere idiota! - Esclamò Hajime, stringendo la presa sul bordo del materasso finché la punta delle dita non gli si sbiancò. - È ovvio che vorrei che tu rimanessi! Ma... -

- Ma? -

- Ma questo è pur sempre un centro psichiatrico, Satoshi! - Rispose mentre finalmente sollevava lo sguardo verso di lui. Gli occhi turchesi velati allo stesso modo dei suoi di un sottile strato di lacrime. - Non un albergo, un condominio, un dormitorio o quello che ti pare, ma un centro psichiatrico. Sia io che tutti gli altri potremmo rimanere qui dentro ancora diversi anni prima che ci facciano uscire o forse potremmo anche non uscirne mai più. E passare tutta la vita chiusi qui dentro è qualcosa che non augurerei mai neanche al mio peggior nemico, quindi figurati se potrei augurarlo a te! -

Per alcuni istanti nella camera scese il silenzio più assoluto.
Turchese nell'ambra.
Ma poi quel sottile velo di lacrime che copriva gli occhi di entrambi, si infranse come il vetro di uno specchio e Satoshi si gettò tra le braccia di Hajime, tra le quale rimase fino al mattino seguente.

Quando alle dieci in punto i genitori di Satoshi arrivarono per riportarlo a casa, il ragazzo continuò ad osservare dal finestrino posteriore il centro psichiatrico e gli amici, riunitisi nel cortile per salutarlo, finchè gli fu possibile.
E Hajime continuò a sorridergli fino all'ultimo. Fino al momento in cui la macchina svoltò e sparì dalla sua vista.

Il Wonderland non smette di essere il Wonderland nel momento in cui Alice se ne va.
Il Mad Hatter continua a prendere il tè con il March Hare e con la Dormouse.
La Queen of Hearts continua a bacchettare tutti e ad arrabbiarsi, mentre la White Queen ad essere sempre gentile e amabile con chiunque.
Il White Rabbit continua a fissare ossessivamente il suo orologio da polso e il Caterpillar a fumare il suo narghilè.
Tweedledee e Tweedledum non smettono di stare insieme e neanche il Dodo e il Gryphon ne sentono particolarmente la mancanza.

Ma la verità...
La verità è che quello non era davvero il Wonderland.
Forse non lo era mai stato.
E così nel momento in cui Alice lo lasciò, tutto andò in frantumi.

Il Cheshire Cat non smise di scherzare, giocare e parlare con gli altri.
Non si chiuse in camera a piangere e non cadde in depressione.
Continuò a comportarsi come sempre, come se non fosse accaduto proprio nulla.
Ma una cosa non riuscì più a farla, rendendo così fin troppo evidente che invece qualcosa fosse successo eccome.

Perchè nel momento in cui Alice lasciò il Wonderland, il Cheshire Cat smise di sorridere.

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