TWENTY

By SarahAdamo

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🏅I'm on THE WATTYS 2018 LONGLIST - MIA è una ragazza dinamica, solare, spesso e volentieri capricciosa. Ama... More

#SPAZIOAUTRICE❤️
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Finalmente BOOK TRAILER!
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Twenty 2.. cosa ne pensate?

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By SarahAdamo

                                           

                                                                             
Michael's point of view

La sala era colma di gente che conoscevo fin dai tempi del liceo, i loro visi li avevo quasi dimenticati per via del lungo periodo trascorso fra l'azienda di famiglia e la carriera. Quasi 17 anni erano passati, troppi, lontano da i miei amici più cari.

«Michael!! Come va? Ti piace la festa?» esordí lo sposo distogliendomi dai pensieri, nonchè Jamie il mio migliore amico di sempre.

«Bene J, ma soprattutto congratulazioni!!» lo abbracciai calorosamente.

«Grazie davvero, sono felice che tu sia venuto ma Annie? Non la vedo.» il mio amico scostò la testa fra gli invitati a destra e a sinistra nella speranza di vederla.

Annie. Conobbi anche lei ai tempi del liceo, ci innamorammo immeditatamente presi dal fuoco e della passione ci sposammo anni dopo, ma come spesso accade non tutti i matrmoni sempre funzionano, in oltre le cose tendevano sempre a cambiare come appunto era successo a noi.

«Ha l'influenza.. ma ti manda gli auguri.» gli sorrisi il più sinceramente possibile. Odiavo mentire, sopratutto agli amici più cari, ma dovevo.

«Si certo come no, scommetto che avete litigato di nuovo» ridacchiò lui, incrociando le braccia, io allentai la mia cravatta per la tensione.

«Noo.. ti sbagli Jamie» non si sbagliava affatto, e quella litigata fu la causa vincente della sua mancata presenza al matromonio dei nostri migliori amici.

«Va bene, diciamo che mi sbaglio.. ok? Ma tu devi uscire un po', svagarti, e poi era davvero parecchio tempo che non ci vedavamo noi due!» mi picchiettò la spalla spalla con la mano io gli sorrisi, sapevo di aver trascurato i miei affetti e le mie amicizie per via della mia carriera.

«Si è vero..» risi.


Jamie si allontanò, per dare inizio alle danze il primo ballo fu quello fra gli sposi, una ragazza abbastanza minuta con un lungo abito nero senza spalline, dai capelli ramati raccolti sul lato destro del collo, prese posizione accanto al microfono. Sulle melodiose note di una canzone di Mariah Carey la sua voce iniziò ad espandersi in tutta la stanza: le luci calorono per dar spazio a effetti luminosi su tutto il pavimento. La sentì cantare tutto il tempo senza mai staccare gli occhi dalla sua immagine, che mi aveva rapito completamente. Si muoveva disinvolta, senza paura del palco, osservai le sue mani stringere il microfono. Gli acuti si fecero più intensi e mi chiesi come, una tale voce potesse appartenere ad una così minuta creatura. Mi sentì rapito, quasi come un incantesimo, non riscivo minimamente a distogliere gli occhi da quella donna. Senza rendermene conto la canzone finì, tutti applaudirono e presi a farlo anch'io ancora estasiato. La ragazza scese dal palco, volevo a tutti i costi congratularmici, così iniziai a girovagare un po' per la sala nella speranza di incontrarla.

«Michael, da quanto tempo!! Come stai?» mi si rivolse eurofica Lily, la sposa. Tenendo con una mano il lembo del vestito bianco tempestato di pizzo e brillantini.

«Bene, sei splendida a proposito.»
esclamai sincero, guardandola da capo a piede.

«Oh dai, non dire sciochezze!! Annie potrebbe ingelosirsi.» rise.

«Nah, puoi stare tranquilla di te non lo sarà mai puoi starne certa.» risposi ridendo anch'io.

Poi si avvicinò Jamie.

«Allora? Come ti è sembrata la cantante?» chiese, strofinandosi le mani.

«Be'..» non ebbi tempo di rispondere che una voce squillante arrivò dritta alle mie orecchie, le quali interessate, drizzarono come due antenne. Quel timbro costrinse contemporaneamente il mio amico a voltarsi.

«Dai su J non fare il noioso e balla con me!!» piagnucolò una ragazza... quella ragazza, che tirava il mio amico per la manica della giacca.

«Aspetta, non tirarmi!! Ora arrivo.» sbuffò seccato Jamie rivolgendosi a lei in tono basso.

«Michael, ti ricordi di Mia?» il volto della ragazza sbucò dietro la figura del mio migliore amico, così potei osservarla meglio da vicino: i suoi occhi erano di un verde smeraldo pazzesco e la sua carnaggione chiara il tutto veniva accompagnato da una maestosa chioma di capelli ramati in perfetto contrasto.

Sul viso di lei nacque un espressione perplessa e confusa, così come sul mio.

«A dire.. il vero no.» sorrisi imbarazzato, massaggiandomi la nuca.

«Michael, mi deludi, la tenevi sempre in braccio.» poi, d'un tratto tutto fu più chiaro.

«Noo.. lei è Mia?? Tua sorella?» ero sbalordito, così come anche la ragazza al suo fianco.

«Si! Visto com'è cresciuta? Quando la prendevi in braccio aveva solo due anni.» ridacchiò lui.

«Non mettermi in imbarazzo Jamie!» lo rimproverò la ragazza, cioè Mia.

«Non ti metto in imbarazzo, è un amico di famiglia.» continuò a ridere divertito.

«E' un piacere Mia.» esordì cordialmente porgendole la mano.

«Un piacere anche per me Michael.» fece cennò con la testa per poi ricambiare la stretta.

Una stretta decisa, forte, poi secondi dopo trascinò suo fratello in pista.
"Aspetta Mia cosi mi fai male" udì in lontananza, ridacchiai all'immagine di Jamie alle prese con sua sorella e con il ballo, per di più su di una musica per lui troppo giovanile.

Dopo qualche ora, la serata era quasi giunta al termine così decisi di andare a prendere il mio cappotto. Quando raggiunsi l'ingresso del guardaroba sorvegliato da una donna sulla quarantina,  una ragazza infuriata appena uscita mi urtò la spalla facendo cadere quella che era la sua borsetta a tracolla. Mi abbassi per raccoglierla.

«Cavolo scusami!» subito mi resi conto che quella voce non mi era affatto sconosciuta.

«Tranquilla..» le sorrisi rassicurandola, poi le porsi la borsa.

«Complimenti per come hai.. cantato.» aggiunsi d'improvviso, mentre lei raccoglieva la borsa dalla mia mano.

«Grazie, sei molto gentile.» ricambiò sorridendomi, ma il cellulare suonò ed io frettolosamente mi accinsi a rispondere.

«Scusami un secondo..» le mimai con le labbra serrate, prima di allontanarmi gradualmente e premere verde sul display.

«Annie?» sussurrai, cercando di mascherare la voce le diedi completamente le spalle.

«Mike, sei ancora al matrimonio?» replicò l'altro capo del telefono.

«Si.. me ne stavo giusto andando, tranquilla.» mi strofinai la fronte, respirando a pieni polmoni.

«Si be' sbrigati, saresti già dovuto essere qui.» roteai al cielo gli occhi, stufo del viso imbronciato che avrebbe avuto mia moglie una volta rincasato.

«Si, arrivo a dopo.» e cosi staccai.

«Chi è Annielei mi guardò incuriosita con fare innocente piegando verso sinistra il capo.

«Mia.. mia- moglie» balbettai nervoso dopo essermi schiarito la gola.

«Oh..» fece, sorpresa.

«Cosa c'è?» sorrisi curioso.

«Niente,è solo che mi sembra strano che "tua" moglie non sia venuta.»

Caspita, perspicace.

«Perchè ti sembra strano?» risi.

«Non lo so, cioè se siete una coppia si viene insieme ad un matrimonio, non trovi?» sostenne a mento alto la sua tesi, fiera di se.

«Si questo è vero, ma sai mia moglie ha l'influenza per questo non è potuta venire» alzai il mento anch'io, reggendole il gioco.

«Mi dispiace, spero si riprenda» mi fece un occhiolino dopodichè si allontanò, io rimasi inerme e leggermente sconcertato da quella strana conversazione quasi dimenticando il vero motivo per il quale mi ero recato li, presi finalmente il cappotto e mi fiondai nella mia grossa auto scura diretto verso casa.

«Un po tardi, non trovi?» lo sguardo torvo e la voce assonnata ma autoritaria di mia moglie m'investì non appena rientrai nel nostro appartamento.

«Era un matrimonio.» sottolineai, non la guardai neanche in viso, corsi dritto in bagno intenzionato a farmi una doccia bollente e lunga.

«Sei sempre il solito!» la sentì sbattere la porta della camera da letto, la verità è che avevo guidato più piano nella speranza di trovarla addormentata.
La doccia durò più del solito, dopodichè indossai il mio pigiama e con una coperta mi sistemai sul divano. Sognai una potente voce e capelli ramati.

***

Il mattino dopo, Annie si era già svegliata, intenta a metter su la macchinetta del caffè e a rovesciare in padella l'impasto cremoso dei pancakes che subito invase il mio olfatto facendomi risvegliare immediatamente un gran appetito.

«Buongiorno.» esordì, silenziosamente.

«Giorno'..» la sua voce sembrava cupa, un po' ruvida segno che non avevo di certo passato una bella nottata.

Mi vestì in fretta e di tutto punto, indossai il solito completo nero con camicia bianca e scarpe lucide, sistemai i capelli porgendoli un po all'indietro e fissandoli con del gel, al contempo osservai la situazione climatica fuori dalla finestra.

La primavera stava finendo, ma si potevano ancora udire gli uccellini cinguettare e vedere i fiori germogliare su i rami sottili ma robusti degli alberi, nell'aria però regnava una fresca brezza che apprezzavo notevolmente.
In silenzio sorseggiai il mio caffe e terminai la mia colazione, indossai successivamente i miei occhiali da sole, il cappotto e la mia più fidata ventiquattr'ore marrone.

«Vado in ufficio, ci vediamo stasera.» cercai di sorriderle anche se fu molto più difficile di quanto si possa pensare. Lei mi sorrise a sua volta senza però spiccare parola alcuna.

«Mr. Reed, tutto bene? Tardava ad arrivare» mi telefonò Travis il mio autista, una volta uscito dal mio appartamento.

«Alla grande Travis, stavo solo ammirando il bel panorama della primavera»

«Ahh, Signore lei non riuscirebbe mai a farsi scappare un occasione simile» risi, Travis era stato il mio primo e ultimo autista, mi fidavo cecamente di lui.

Staccamo la telefonata ed entrai nell'auto nera parcheggiata fuori il cancello della mia villetta un po' fuori città.

«Tu che cosa mi racconti?»

«Solita vita movimentata di Seattle Signore, e lei?»

«Ti avrò detto almeno un milione di volte di non chiamarmi signore»

«Credo sia troppo tardi, per me è fondamentale che io la chiami cosi»

«D'accordo.. chiuderò un occhio» ridacchiai ormai rassegnato, con la radio accesa ed il panorama primaverile mi diressi nel mio ufficio.

Dopo tre giorni di giorni....

Mia's point of view

«Salve miei cari studenti, la MR-Company ha deciso gentilmente di ospitarci per una delle nostre lezioni di economia, è una delle più famose imprese pubblicitarie del mondo» esordì un po' troppo euforica la signorina Brown, per i miei gusti.

In realtà non seppi il preciso motivo del perchè scelsi di frequentare il corso di economia, oltre a matematica biologia e storia alla Madison University, forse all'epoca mi era sembrata la scelta giusta, o almeno prima che la passione per la musica si impossessasse di me.

«Finalmente conoscerò l'uomo più figo del mondo!!» strillò entusiasta la mia compagnia di corso, non che la mia migliore amica dai tempi del liceo.

«Non ti fa bene agitarti così» risi di gusto per palpebre e bocca che aveva spalancato.

«Possibile che tu non riesca a capire? Prova a guardare delle sue foto su google» alzai al cielo gli occhi, presi la mia borsa e con la mia migliore amica, assieme al resto degli studenti del mio corso ci dirigemmo nel centro di Seattle scortati da un autobus apposito.

Arrivati all'ingresso scorrevole principale la signorina Brown ci raccomandò di non fare rumore, non toccare nulla e di non fare troppe domande, insomma manco le scuole elementari.

L'edificio era enorme, interamente grigio, due lettere a caratteri cubitali e in nero che incorniciavano l'entrata di vetro. L'ampio salone sembrava più una stazione di una metropolitana che un'azienda: un paio di scale mobili l'una per salire e l'altra per scendere erano poste al centro, quel luogo brulicava di persone indaffarate che con uno sguardo attento osservavano gli orologi ai loro polsi, sembravano andassero di fretta tutti. Il pavimento era lucido che quasi ti ci potevi specchiare, molte poltrone erano state posizionate nella zona est arricchita da piante ben curate e riviste con cui ammazzare il tempo. Nell'ala ovest invece  si trovava un lungo bancone e al di là di quest'ultimo un'altra sala con ascensori, probabilmente per raggiungere i piani superiori. Una sorta di zona reception, lo capii dalle sei persone che rispondevano a telefono e davano delle direttive a chi si avvicinava.

«Salve, sono Travis Brash assistente personale e autista di Mr. Reed, il capo arriverà fra poco nel frattempo potete accomodarvi li su i divani.» esordì un uomo alto e slanciato che si avvicinò a noi. Aveva un aria sicura, vestito di tutto punto e il viso incorinciato da capelli biondi scuro, era giovane forse una decina di anni più di me.

«La ringrazio signor Brash, siete veramente gentile.» intervenne la signorina Brown, con una voce a dir poco fastidiosa.

L'uomo, ovvero Travis Brash rimase al fianco della zona est portava all'orecchio dentro un auricolare di tanto in tanto borbottava qualcosa che non capivo ma il suo sguardo era vigile e anche fin troppo serio.
Ci accomodammo sui divani e poltrone consigliate da Travis, ed io sedetti accanto a Karen, appuntando sul mio quaderno note che mi servivano per portarmi avanti con i prossimi esami da superare, poi mi osservai un po intorno d'un tratto i miei occhi non potevo credere a ció che in quel momento stavano osservando, avrei voluto pizzicarmi da sola per potremi svegliare al più presto possibile da quello scherzo del destino. La sua figura alta camminava a passo svelto, indossava un completo nero una camicia bianca leggermente sbottonata ai primi due bottoni, i capelli sistemati con del gel e al polso un enrome orologio argentato, il tutto abbinato ad un paio di scarpe lucide. Costui si fermò a chiacchierare con Travis per qualche secondo, non appena si accorse della mia presenza e virò lo sguardo dritto nei miei occhi, li spalancò, incredulo della situazione imbarazzante-confusa che si venne a creare.

«Mia? Che ci fai qui?»

Eh si, proprio Michael.

Quel Michael.

L'uomo del matrimonio, l'uomo che a detta di Jamie mi aveva tenuto in braccio quando ero piccola. Karen mi guardò immediatamente con uno fare omicida, il resto degli studenti rimasero a bocca asciutta, ero sugli occhi di tutti, la signorina Brown guardava me e poi i miei compagni simultaneamente Travis guardava Michael e Michael osservava me. Io calai in un grande stato di confusione. Ci fu un enorme silenzio, che decisi spezzare al più presto.

«Faccio parte di questo gruppo di studenti, non si vede?» risposi acidamente, colta in imbarazzo e messa al centro dell'attenzione di tutti.

Come potevo evitarlo? Mi aveva messo in imbarazzo davanti l'intera classe.

«Si lo vedo..» rise per poi strofinarsi i capelli e gettandoli all'indietro, non si aspettava una risposta del genere. Restammo per un attimo in silenzio, ancora.

«Oh, chiedo enormemente scusa io sono Michael Reed, ma per voi solo Michael» esordí poi porgendo la mano alla signorina Brown e rivolgendosi al resto del gruppo, che salutò cordialmente con un cenno del capo.

«Mr. Reed, è un piacere essere qui e ringrazio lei che ci ha invitato» civettò la Brown.

«Un piacere anche per me, adoro i ragazzi possono imparare tanto qui» sorrise, di tanto in tanto sentivo il suo sguardo posarsi su di me, probabilmente cerava di interagire o aspettava che a farlo fossi io, ovviamente cercavo di evitarlo il più possbile.

«Perfetto uhm.. inizio col raccontarvi un po' la mia storia e dell'azienda poi andremo in sala riunioni, pergo da questa parte!» roteai gli occhi al cielo e sospirai per via di quella situazione scomoda, dopo di che mi avviai insieme agli altri studenti.

«Sei pessima, non mi hai detto che conoscevi Michael Reed, è l'uomo più sexy del momento e la mia migliore amica non mi dice nulla!» incrociò le braccia al petto Karen fingendosi offesa.

«Karen smettila, non conosco nessun Michael Reed, o meglio quando l'ho conosciuto non sapevo fosse lui, quindi fattene una ragione»

«Ma hai visto come ti ha rivolto la parola??» insistette.

«In che senso?» mi incuriosì.

«Gentile e sbalordito nel vederti mi sembra ovvio!» e fu allora che intravidi gli occhi di Karen trasformarsi in due palloncini a forma di cuore.

«Sei impossibile, andiamo che sennò restiamo indietro!» e ci avviamo rapidamente verso il resto del gruppo.

Dopo essermi subita tutta la noisa storia dell'azienda Reed, finalmente ci muvemmo verso la sala riunioni, cosi la chiamò lui.

«Prego, date pure un'occhiata per qualsiasi domandate pure, non esitate» annunciò Michael strofinandosi le mani e mettendosi da parte per far si che noi studenti potessimo esplorare la zona.

La stanza era molto grande il pavimento coperto da parquet marrone scuro, al centro vi era un tavolo ovale molto ampio in vetro opaco, con un contorno in legno. Tocco particolare della stanza era la grande vista di mezza Seattle un panorama mozzafiato, composizioni di piante erano state posizionate con cura l'ambiente profumava di sandalo e lavanda insieme, un profumo legnoso ma anche confortante e pulito. Alle spalle del grande tavolo c'era un monitor digitale e un proiettore collegato ad un computer Apple. Con in spalla la borsa, una penna fra le dita e un blocchetto iniziai a girovagarci intorno forse distratta anche da altro e immersa nei miei pensieri.

«Ti piacciono i computer» percepì quella voce provenire alle mie spalle, per poco non sussultai.

«Mh??» mi voltai per guardarlo in viso, prima di rispondergli.

«I computer. Ho notato che guardi solo quelli..» rise, la sua risata fu subito melodia per le mie orecchie.

«No.. cioè si, è perchè mi piace molto la musica senza uno di questi computer al giorno d'oggi sei spacciato.» cercai d'essere più gentile della volta precendete. I suoi occhi magnetici non riuscivo a scrollarmeli di dosso, erano più forti della mia volontà.

«Capisco, be' suggeririò a tuo fratello di regalartene uno» continuò mettendosi le mani ai fianchi.

«Uhm..» mi litimai a dire, gli sorrisi cercando di non mostrare troppo entusiasmo e ripresi il mio giro ma la sua figura, stranamente non lasciò affatto la mia. Restava a pochi metri da me con le mani allacciate dietro la schiena.

«Come mai hai scelto questa facoltà?»

«In realtà l'ho scelta perchè all'inizio mi sembrava una buona idea seguire le orme di mio fratello, cerco anche un'altra possibilità che non sia la musica.. nonostante non mi entusiasmi molto» confessai, nel mentre camminavo guardando la parete vetrata.

«Non è male questo indirizzo, è un po complicato ma se a te piace la musica, lotta per quella no?» mi voltai per guardarlo negli occhi, non potei farne a meno. Esitai per un attimo e poi risposi.

«Si.. lo farò» gli dissi, rivolgendogli stavolta un sorriso sincero, lui fece lo stesso.

Fu un attimo, un minuto soltanto che non riuscimmo a fare a meno di studiarci quasi come se qualcosa ci costringesse a farlo, erano i suoi occhi? I miei? O forse quelli di entrambi.

«Molto bene, ehm si è fatta ora sarà meglio andare o il signor Reed sarà costretto a buttarci fuori» ridacchiò superficialmente la Brown.

Michael si rivegliò dallo stato di trance nel quale ero caduta anch'io.

«Mh? Oh no, non lo farei mai... è stato un piacere» andò verso di la mia insegnante per stringerle la mano e infine toccandole gentilemente la spalla.

«Alla prossima Mr.Reed» concluse la Brown, travolta dall'imbarazzo.

«Può chiamarmi Michael, stia tranquilla» entusiasta sorrise da un orecchio all'altro continuando a stringere la mano di lui con fin troppo euforia.

Aspettai che il resto degli studenti avessero abbandonato la stanza o almeno l'ingresso mi voltai ad osservarlo, a contemplare ancora quegli occhi magnetitci.

«Ci si vede.. Michael» gli sorrisi furbescamente, lui curvò le sopracciglia in maniera divertita per poi ridacchiare fra se è se restando ad occhi bassi.

«A presto Mia!»




#SPAZIOAUTRICE

Spero vivamente che questo inizio vi sia piaciuto e che possiate continuare quest'avventura con me😂 , per eventuali errori correggerò a breve!!

See You.❤️

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