Rifiuto e seduzione

By Alexandra-writes

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Inghilterra, 1840. Allyson Stevens ha sedici anni e possiede un'intelligenza e cultura inusuali per ragazze d... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Leggete!
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Epilogo
Leggete! Nuova storia!

Capitolo 11

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By Alexandra-writes

"No, vi prego." Chiusi gli occhi e gemetti sommessamente, mentre quel tocco indesiderato distribuiva molteplici brividi -ahimé!- di piacere in tutto il mio corpo.
Iniziai ad ansimare e arricciai tra le dita il lenzuolo, scaraventando in quel piccolo drappo di tessuto tutte le sensazioni che avrei preferito non provare.
Rimasi inerme, schiudendo le labbra, mentre le sue dita continuavano a vorticare sulla mia pelle, creando dei movimenti verticali lungo la mia gamba. Esse vagavano sicure, quasi fossero esperte, sino a lambire l'orlo della mia biancheria e mi chiesi per quale ignota ragione non riuscivo a sottrarmi a quel tocco.
Ah, quale peccato commisi ammettendo di non aver mai provato tanto piacere!
Riuscivo a percepire l'aderenza del suo petto marmoreo alla mia schiena e i suoi capelli mi solleticarono la pelle -da sempre- sensibile del mio collo e dalle sue labbra fuoriuscì un gemito straziato.
Decisi di aprire gli occhi e osservai dinanzi a me il nostro riflesso: gli occhi del signor Wilkinson, soddisfatti, seguivano ogni movimento sulla pelle del mio corpo, osservandomi avidamente, mentre la mia figura, avvolta nel lenzuolo ceruleo, alternava espressioni di piacere nascosto a pigli di uno spavaldo disprezzo.
Oh, Allyson! Ribellati! ripetevo tali parole nella mia mente come un mantua, mentre le sue dita continuavano ad accarezzare avidamente, fino a salire lungo il mio busto, i miei fianchi, il mio petto.
Indimenticabile potrá essere il ricordo dell'odio che provavo nei confronti di me stessa, in quel momento!
Cosa voleva intendere con quel tocco? Cosa sarebbe successo di lì a poco?
Ma la mia ingenuità mi portò all'apatia, nonostante quel tocco rivelasse due sensazioni contrastanti: un piacere immenso, dato dai brividi di eccitazione sulla mia pelle, e un profondo disgusto, derivato dal potere che il signor Wilkinson -il diciottenne più detestabile avessi mai avuto la sfortuna di conoscere e di sposare- aveva sulla mia pelle.
Come potevo gemere al contatto con le dita di quel giovane tanto libidinoso ero stata costretta a sposare?
"Vi prego, arrestate questa tortura..." dissi, in un unico sospiro.
Udii la tenue risata di Bradley tra le mie orecchie e la sua vicinanza alla mia pelle mi fece rabbrividire. "So bene che quello che voi definite tortura vi sta arrecando le stesse sensazioni che donerebbe il piacere più intenso..." Le sue dita scesero lungo il ginocchio, poi salirono vigorosamente verso la mia vita.
"No... io..."
"Voi cosa?" mi punzecchiò, donando ai suoi movimenti più enfasi. Le sue dita si bloccarono per un istante sull'orlo della biancheria, poi ripresero il loro assalto frenetico ma delicato.
Dio, quanto fastidio poteva mai causarmi quel tocco inaspettato ed improvviso?
Sperai che la quantità di nausea fosse maggiore rispetto al piacere che -fui costretta ad ammetterlo- segretamente provavo, con una intensitá tale da stravolgere la sensibilità del mio corpo.
Come poteva credere di possedere così liberamente la mia pelle?
"Credete che non veda con quanta intensità state arricciando il tessuto del lenzuolo sotto le vostre dita, poiché non riuscite a resistere ad una simile sensazione, e di conseguenza dovete riversare le vostre emozioni e i vostri istinti carnali su un piccolo spazio di stoffa?" Egli incroció il mio sguardo afflitto nello specchio.
Tratteni il respiro, per poi espirare rumorosamente quando, con un movimento veloce, il suo petto fece ancora più pressione sulle mie scapole. Oh, no! Quale fiume impetuoso di gocce salate sarei stata pronta a ricevere?
Avvertii le mie palpebre indebolirsi sotto l'azione frenetica degli occhi, i quali non tardarono a gonfiarsi, tentando di trattenere quel ruscello  veemente e travolgente che macchiò le mie guance.
Furtivamente e nascosta nel silenzio più sordo, iniziai a piangere, abbandonandomi a singhiozzi affranti e irruenti e, dietro lo sguardo appannato, osservai Bradley sfiorare il mio collo con il suo pollice, sino ad accarezzare il mio orecchio ormai stanco di udire i suoi sospiri.
Egli alzò un dito, osservando qualcosa a me sconosciuto sul suo polpastrello.
"State piangendo..." dedusse, con voce quasi distrutta.
Potessi essere dannata io e le mie futili lacrime!
Il giovane distrusse delicatamente la goccia, strofinando con una lentezza urtante il pollice contro il suo indice, mentre percepivo il suo tocco sulla gamba.
"E perchè, vi dico?"Alzò il capo in direzione dello specchio, per osservare le mie lacrime scendere ripugnanti lungo le mie guance, graffiandole enfanticamente e strappando dal mio inconscio quel poco di forza che tentava di rimanere ancora salda ed integra.
I miei singhiozzi divennero udibili e la mia voce risuonò cocentemente in un pianto isterico.
Con mia grande sorpresa, le sue dita si arrestarono sulla mia coscia e cessarono di trastullare la mia pelle labile, nonché vulnerabile al suo tocco.
"Vi prego!" dissi, tra i singhiozzi disperati. "Lasciate in pace il mio corpo e la mia pelle! Ho solamente sedici anni, sono stata strappata alla mia gioiosa vita in dieci giorni, abbiate pietà di me!"
Oh, sciocca quale ero! Come potevo reclamare pietá ad un giovane individuo apatico ed insensibile alle questioni di cuore?
Strinsi maggiormente la presa attorno al lenzuolo ed iniziai a tremare in modo convulso, vittima di sensazioni che non riuscivo, seppur volendo, a celare al cospetto di mio marito.
Lui avvicinò il suo capo al mio. "Voi... avete paura." dichiarò sussurrando, decifrando quella mia insolita sensazione della quale non riuscivo ad analizzare la natura.
Egli mi osservò per un lungo istante, poi annuì rassegnato e, dopo aver accarezzato per un'ultima volta la mia gamba, lasciò la presa delle sue dita sulla mia pelle, e riuscii ad avvertire il materiale freddo della fede sfiorarmi il polpaccio.
"Non siate meschino." continuai a singhiozzare. "Vi prego, lasciate che la mia virtù rimanga intatta!"
Egli scosse lievemente il capo, espirò e si allontanò, donandomi così la gioia di poter avvertire una flebile sicurezza dopo tanti timori provati in quegli istanti di incertezza.
Oh, santo Cielo! Come potevo desiderare ancora il suo tocco delicato sulla pelle, nonostante esso fosse indesiderato e lugubre?
Il signor Wilkinson poggiò il capo sul cuscino ed iniziò a fissare il soffitto con sguardo assente e pensoso, mentre la sua chioma ribelle -come potei notare dal riflesso dinanzi a me- affondò sulla fodera bianca, così come il suo petto che - oh! nudo!- venne illuminato dalla luce del plenilunio.
L'Altissimo ascoltò le mie preghiere e il giovane al mio fianco, da poco reduce di un tentativo lussurioso fallito, si voltò verso la finestra, rivolgendomi così le spalle.
Finalmente riuscii a respirare e le mie dita allentarono la morsa attorno al lenzuolo, mentre la mia pelle continuava a rabbrividire al ricordo di quelle carezze tanto sensuali.
Oh, Allyson! Non cadrai mai vittima dei suoi voleri! continuai a ripetere a me stessa, tentanto di confortare il mio animo che, con mio grande stupore, trovai confuso.
"Oh, dimenticavo!" La sua voce grave vagó tra le lenzuola.
Cosa mai avrebbe voluto ancora desiderare da me?
Chiusi fortemente le palpebre quando avvertii la pelle glabra del suo petto premere sulle mie spalle. "Buonanotte," sussurrò tra i miei capelli.

Allungai istintivamente una mano verso l'altra sponda del largo letto e, quando tentai -improvvisamente consapevole- di ritirarla, notai che essa fosse vuota, di conseguenza sotto le mie dita percepii solamente la presenza di lenzuola morbide e sgualcite.
"Dio mio, grazie di questi pochi attimi di libertá!" mormorai, ancora con gli occhi socchiusi. 
"Ah, non cantate vittoria così presto!" Una voce, purtroppo, ormai familiare interruppe le mie gioie.
Quale perfidia!
Così mi sedetti sul cuscino, ancora avvolta da stanchezza e sonnolenza e portai le dita agli occhi, accarezzando le mie palpebre per continuare a sperare di destarmi.
Bradley sostava imponente dinanzi allo specchio, al mio fianco, e le sue dita erano intente ad abbottonare la sua camicia, creando dei movimenti lenti, precisi e avvenenti.
Il suo busto era ancora scoperto e, sebbene detestassi quel giovane infimo, tornai, così come la notte precedente, ad ammirare il suo petto scolpito e robusto.
"Povera me! Non trovate che il mio destino somigli così tanto alla sventura della sfortunata Pamela, costretta a donarsi ad un uomo da lei indesiderato?" Mi pentii all'istante di ciò che avevo borbottato, poiché conoscevo quale sarebbe stata la sua risposta astuta.
"Richardson scrisse delle sventure della giovane fanciulla, certo, ma non ricordate come quest'ultima si sia graziosamente innamorata del suo padrone?" Egli si avvicinò, chinandosi verso di me, grato di aver mostrato un ragionamento al quale non riuscivo a ribattere.
La sua vicinanza creava in me una innocua sensazione di impotenza, poiché non ero sicura dei miei pensieri quando il suo sguardo investigatore si posava sui miei occhi.
Quali smeraldi lucenti aveva incastonati tra le lunghe ciglia ricurve!
"Ma..." Alzai il capo, con aria di sfida, "cosa vi fa pensare che la conclusione sia la medesima?" Osservai il ciondolo della sua collana sfiorare i miei seni, tanto era chino.
Egli si ricompose, tornando in posizione eretta e sistemando la sua giacca sulle spalle. "Vorreste dire cosa me ne rende sicuro." E, sfoderando le sue armi di seduzione, si avvicinò alla porta, poi si voltò improvvisamente, come se avesse dimenticato di aggiungere qualche particolare. "Ah, non intendo rimanere qui ad aspettarvi mentre vi rivestite, poiché il vostro rifiuto di questa notte lascia ben poco alle illusioni, pertanto vi attenderò in sala per la colazione." E uscì.
Espirai, grata a Dio per essere stato il mio salvatore dalla possessione di quel giovane!
Eppure, mi accorsi di aver gioito troppo in fretta: pochi istanti dopo, mentre lasciavo riposare la mia anima afflitta, un paio di cameriere entrarono, con l'ordine di aiutarmi nella vestitura.

Strinsi tra le dita la tazza di té inglese, osservando come il liquido ocra creasse delle increspature tonde sulla superficie e, con sguardo furtivo, osservai le movenze di mio marito, il quale affiancavo nell'attesa di Bethan.
"Dorothy."
Una donna anziana, probabilmente una delle molteplici cameriere del signor Wilkinson, si voltò, asciugandosi le dita in un vecchio panno bianco. "Sì, padrone?"
Prima di rivolgersi alla donna, però, egli osservò la mia reazione, che comportò un brivido di disappunto lungo tutto il mio corpo.
Padrone! Come poteva una donna adulta di così buona presenza inchinarsi dinanzi a un diciottenne sfrontato che avrebbe potuto -senza alcun dubbio- essere suo nipote?
"Hai idea di quando potrebbero giungere a sedere con noi Bethan e le sue amiche?"
Solo alle sue parole notai, effettivamente, due posti aggiunti  alla lunga tavola, e rammentai quanto Bethan mi aveva riferito la sera precedente, durante lo spregevole ballo di nozze.
"Spero non ti cruccerai di poter sedere in compagnia di due mie care amiche, giunte direttamente da Londra per assistere al matrimonio di mio cugino." Bethan inclinò il capo. "Sai, Londra è distante, pertanto rimarranno ad alloggiare in questa dimora per qualche tempo, sino alla conclusione di alcuni affari di notevole importanza."
"Oh, riesco ad avvertire i loro schiamazzi! Giungeranno qui a breve." L'anziana Dorothy sorrise con un lieve cenno del capo.
"Vi dona il blu, sapete?" Il signor Wilkinson poggió le mani sulla tavola ed osservò come il vestito -da egli preparatomi- fasciasse i miei seni.
Oh, quello sguardo!
Non badai all'entrata accompagnata di Bethan, poiché ero molto intenta a disprezzare il modo in cui mio marito volesse impormi persino un abbigliamento consono alla vita coniugale da egli prescritta.
Chi era costui per negarmi la libertà personale?
"Buongiorno, mia cara Allyson!" Una giovane fanciulla dalla lunga treccia bionda -che probabilmente avrei dovuto sicuramente riconoscere, date le presentazioni del giorno precedente- sorrise beffarda, avvolta in un altezzoso abito impero color rame.
Non rammentavo il suo nome, così come non ricordavo il rango sociale cui appartenesse la sua giovane amica, anch'ella di spirito frenetico e arzillo, ma gioii nell'osservare come Bethan si sedette amichevolmente al mio fianco.
Ma quale finta gioia ero costretta ad esternare!
Quanta prigionia sarei stata obbligata a provare! Non avrei mai potuto accettare che qualcuno m' imponesse i suoi voleri in questione di abbigliamento, tantomeno se il soggetto padrone fosse stato il signor Wilkinson.
"Sembrate essere deciso ad esternare il vostro animo ribelle, con una tale capigliatura!" La fanciulla con la treccia rise nel notare la chioma spettinata del giovane.
Egli si accasciò sulla sedia, reggendo in mano la sua tazza di té. "Non ho necessità di esternare la mia vera natura. Credo che essa trapeli da sé.>>
"Oh, ma certo! D'altronde non..." L'altra dama continuò la conversazione, poi s'interruppe. "Signora Wilkinson, perché state versando lacrime?"
I miei pensieri precedentemente assorti riacquistarono l'energia necessaria per alzare il capo ed osservare come tutti gli sguardi dei presenti fossero comcentrati sul mio volto.
Neppure mi ero accorta di star piangendo!
Mio marito scosse il capo, quasi incerto se voltarsi o meno ad osservarmi nuovamente, poi posò lo sguardo sulle lacrime salate che bagnavano le mie guance.
I suoi occhi erano persi, confusi e avrei giurato la sua occhiata rivelasse irritazione, ma i miei presentimenti furono falsi.
"Oh, probabilmente è ancora dolente per via dell'accaduto di stanotte!"
"Sì, ovvio, sappiamo tutte quanto dolore arrechi la prima notte di intimità! Inoltre, non credo affatto che Bradley sia delicato," aggiunse la fanciulla bionda.
Chiusi lentamente gli occhi a quelle parole e ulteriori gocce amare rigarono la mia pelle.
Se solo avessero saputo come ho lottato per la salvaguardia della mia innocenza!
Ma fu un attimo: il giovane al mio fianco voltò fulmineamente il capo, poggiò le dita sulla tavola e vi fece pressione, mentre rapidamente si alzava dalla poltrona su cui sedeva.
Rivolse uno sguardo carico di odio alle due dame -poiché riconobbi l'aspra serratura della sua mascella-, seguito da un lungo silenzio in tensione.
"Fuori da questa stanza," disse, scandendo le parole. "Ora."

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