Urban Legends

By CactusdiFuoco

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[STORIA COMPLETA] Io sono Furiadoro e la mia esistenza è una sorta di... leggenda. Sono una donna lupo, una s... More

Prologo
L'inizio di un nuovo viaggio
Finto-Vampiro
Il sangue dei licantropi
Sospesa tra due mondi
Il corpo di un lupo
Il muso della ferocia
Di nuovo umana
Massacro di plenilunio
Ciò che mi ha dato la Luna
Una lupa tra gli umani
Il club degli animali
Incontro col mandante
La casa del mago
La routine della donna lupo
Everybody was Kung Fu Fighting
La ricompensa dei ratti
Il gabinetto pensatoio
L'omicidio di Mr.Mell
Illusioni di tempi andati
Licantropi for dummies
Una terribile bestia in abito elegante
Sebastian Barren
Cacciare cacciatori
Le risorse nascoste di un goldenwolfen
Un dottore immaginario?
Un dottore pazzo?
Un luminoso Sabato mattina
September Aster vs Franco Staretti
L'altra bestia d'oro
Tutti i mostri sono capricciosi
A caccia per vivere
Lupouomo
Violenza e mutazioni
Goldenwolfen
Il Natale anormale
Uno spettacolo di magia
Due mostri non possono scontrarsi senza conseguenze terribili per entrambi
Ritorno alla vita
Su Dio e sulla salvezza del genere umano
Lupo acromegalico
Primo intermezzo narrativo
September che parla a ruota libera
Una strana creatura trovata in un fosso
Sharazad
Un plenilunio con Cuscino
Fame di morte
Un nuovo autocontrollo
Il ritorno del cacciatore nero
E si aprirono le porte dell'inferno
Benvenuta nella tua tomba
In cui si ammazza una nosferatu
Conversazione con la Mater Inferorum
Un troll con vestiti nuovi
Santo Stefano di Camastra
Aldo, la bottega e l'uomo misterioso
Ci rivedremo in un'altra città
La Madre dell'Inferno
Solo un sogno in carne ed ossa
Lo squallore e la (gradita) separazione
Mack e Jack
L'orologiaio
Un vampiro diverso da tutti gli altri
Il portale di Miomarto
PARTE SECONDA
Un viaggio sabotato
La Città Senza Nome
Le Creature senza Nome
E il pericolo arriva anche sottoterra
Vampiri pazzi
Una foto di gruppo su una nave da crociera
Un vampiro addormentato su una nave da crociera
In comunione con il vampiro
Furio Dorati
Furio il supereroe
Un inganno riuscito
Quel che Lilith fece a Vlad
Vampiri con le mitragliatrici
Grande Crinos
Fullbeast mode
Intrappolata dalla magia
Di ritorno dall'Inferno
Mostri con le ali
I poteri "aldilà"
Un segno di Dio?
Finale di battaglia
Epilogo
Urban Legends #1: il mago e la donna lupo. Un ebook per voi!

Cannibale

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By CactusdiFuoco

Sentii un urlo provenire dalla cucina, un grido di pura sorpresa e terrore. perché era terrorizzato da pezzi di umano morto? Lentamente, entrai in cucina.

September mi guardò con occhi pieni di risentimento e ribrezzo, schifato

«Cos'è? Cos'è? COS'É?» gridò, indicando il frigorifero aperto alle sue spalle

«Carne» risposi, in un sibilo quasi muto

«Carne di cosa?»
«Umana»

«perché? perché è nel mio frigo? SPIEGAMI! SPIEGAMI!»
«Shh» intimai, portandomi un dito sulle labbra «Non urlare, è ancora molto presto».

Anche se non abbiamo vicini. Anche se non disturbi nessuno.

September mi guardò con rabbia. Non l'avevo mai visto che mi osservava in quel modo, seriamente, seriamente pieno di rabbia. Le sue iridi tremavano e la sua pelle si contraeva sulle guance e agli angoli della bocca, il suo volto preparato a ringhiare, un riflesso naturale.

«Che cosa hai fatto?» Domandò, sottovoce.

Non sapevo se avessi dovuto scappare a nascondermi, se avessi dovuto rispondere con la verità o mentire. Dovevo dirgli la verità, questa volta avrebbe capito la menzogna. Non volevo dirgli la verità.

Visualizzai la carne tranciata mentre veniva stccata dal corpo umano, visualizzai il sangue che scorreva sull'erba. September Aster, sebbene fosse l'umano più coraggioso che avessi mai incontrato, aveva paura ed orrore di tutto questo.

Mi costrinsi a respirare a fondo, poi sollevai le mani

«Era...» dissi

«Umano?» completò lui, la voce tramente di furore e di disgusto.

Annuii. Lui scosse la testa, serrando i dentini bianchi dietro le labbra ritratte

«Perché?» domandò

«Loro... loro volevano ucciderti» dissi.

Non c'era più determinazione nella mia mente e ogni bugia che avevo pensato, ogni piano, era andato in frantumi. Ero sotto pressione e stavo scoprendo quanto non ero brava a mentire se mi trovavo sotto pressione.

«perché?» Domandò lui

«Non lo so, non lo so perché volessero ucciderti, io non lo so, non ne ho la più pallida idea»

«Come è possibile?»
«Così... è possibile... perché...»

«perché?» ripetè lui, digrignando i suoi piccoli denti bianchi

«perché... non lo so. Non lo so»

«E allora perché lo hai pensato? perché hai pensato che volessero uccidermi?»

«Erano armati. Stavano entrando in casa tua. Tu... tu non hai un sistema di sicurezza. Sono io il tuo sistema di sicurezza. Loro volevano entrare. Li ho uccisi».

L'espressione di September cambiò, si fece allarmata

«Quanti erano?»
«Due. Loro, erano... due soltanto»

«Due. Due uomini che volevano uccidermi»
«Si, potevo fiutare le loro intenzioni, adrenalina forte, battito del cuore accelerato. E poi tutti i segni del caso, se li posso chiamare così» mi leccai le labbra, che sentivo come inaridite «Loro volevano ucciderti. Li ho dovuti fermare, ma sono stata leale, ho combattuto con loro»
«Questo significa, fondamentalmente...» September alzò gli occhi al cielo, poi tornò a guardarmi nervosamente in volto «... Che ti hanno attaccata»

«Si»

«Sei sicura?»

«Assolutamente si! Loro mi hanno attaccata!».

Il mago inspirò a fondo

«perché li hai infilati nel mio frigo?» chiese, indicando il torreggiante elettrodomestico

«perché fuori si perdono»
«Si perdono?»

«Vanno a male. Scadono. Non si possono mangiare più» spiegai, poi aggiunsi, come giustificazione «Anche ai licantropi non piace la carne andata a male».

September parve incuriosito dalla mia spiegazione, come se avessi detto che adoravo le cravatte messe al contrario.

«Vuoi raccontarmi cosa è successo?» Mi chiese, garbatamente

«No» risposi, deglutendo.

September sospirò, prendendo una boccata profonda di aria, poi si prese un tempo lunghissimo per espirare. Guardò verso il muro e io seguii il suo sguardo: stava fissando una presina da cucina color giallo canarino a cui non avevo mai fatto caso.

«Ho sbagliato» Disse all'improvviso, a voce alta

«Cosa hai sbagliato?»
«Per un po'... per un po' ho pensato di poterti addomesticare. Di poter addomesticare voi che siete... siete peggio dei lupi. Peggio delle iene. Peggio di... non mi viene neanche un animale che possa somigliarvi. L'unica cosa più cattiva di voi sono i serial killer»

«Non... non è vero» dissi di getto

«Io invece credo di si» September tornò a guardarmi, ma le sue pupille si muovevano con piccoli scatti, come per cercare di allontanarsi da me «Il punto, lo capisci, è che ho creduto di poterti far passare per umana. Ma sei lontana, lontanissima dall'esserlo. Un vampiro si può addomesticare, te lo puoi mettere al fianco e farlo passare per un umano molto pallido. Ma uno come te... uno come te non ci puoi fare niente. Sembrerà umano per i primi mesi e poi, bam! Ammazzerà qualcuno. E continuerà, perché quelli come te, se assaggiano il sangue umano, poi non si fermano più».

Deglutii, liberando l'ingorgo di pressione che avevo in gola, e incrociai le braccia

«E allora?»
«Allora...» September sospirò, passandosi una mano sulla fronte «Allora, se posso dirlo, ci rinuncio. Ci rinuncio completamente a tenerti come animale domestico, sei pericolosa».

Ebbi paura che volesse cacciarmi via. In realtà non fu vera e propria paura, quanto un fastidio pizzicante dietro gli occhi, nella parte più esterna del cervello. Non volevo andare via, quella era diventata la mia vita. September era la mia vita. Lui e i suoi libri.

«Devo andarmene?» Domandai

«No» rispose, un sorriso amaro stampato sulle labbra «Non devi andare via. Questo è solo un problema mio. Sono troppo egoista per lasciarti andare dopo essere riuscito ad avvicinarti... sei troppo... interessante. Perciò non devi andartene, sono solo io che devo farmene una ragione: non posso addomesticarti».

Che non potesse addomesticarmi era una gran bella cosa, tanto bella quanto il fatto che non sarei stata costretta ad andare via.

«Devo uscire» Dissi, voltandogli le spalle per allontanarmi

«Aspetta!» mi fermò, un gomito appoggiato al tavolo e un'espressione incuriosita sul volto «Dove vai, la notte?».

Credevo che non lo sapesse. Mi girai verso di lui

«Da quanto lo sai?».

Un'espressione di genuina sorpresa comparve sul suo volto

«Da... da quanto lo fai, tu?» mi domandò

«Beh, sono... mesi». Ho perso il conto. Davvero, praticamente non so contare.

September ridacchiò

«Mesi? Mesi e me ne sono accorto solo ora?»

«Immagino di si...»

«E dove vai?»

«Vado... in giro. Di notte. Lo faccio sempre, sto lì e... guardo la gente passare»

«Da quanto» il suo sguardo si fece un po' più cupo «Sono iniziate le notizie sui giornali dei regolamenti di conti clandestini fra clan?»

«No. Da prima, molto prima»

«Ma c'entri qualcosa?»

«No» mentii, fermamente e senza pensarci

«Sei sicura?»

«No» ripetei, ma stavolta senza mentire «C'entro. Qualcosa. Non tutto. Ma quasi tutto»

«Che stai combinando?»

«Sono... solo... sto vivendo»

«Ma tu non dormi mai?» sbottò

«A volte. Di giorno. Poche ore di notte».

September si avvicinò ai fornelli e tirò fuori da uno stipetto una padella antiaderente nera e una specie di spatola, muovendosi con scatti nervosi.

«Non vai fuori» Mi disse, cercando qualcosa nei casetti «Devi ancora fare colazione»

«Cosa mangiamo?»

«Non i tuoi umani» disse immediatamente, spaventato «Niente umani mangiati in questa casa. Noi persone normali non siamo cannibali, ricordatelo»
«Giusto, ma io non sono comunque cannibale replicai, con un sorriso»

«No, tu si. Diamine. La tua specie è cannibale. Non tutti i licantropi, ma la tua specie si...».

Non risposi che non avevo idea di che specie di donna-lupo fossi, ma sarebbe stata la cosa più vicina alla realtà che potessi replicare.

«... Avete quasi completamente mangiato la vostra stessa tribù. Siete in via d'estinzione perché vi date la caccia gli uni con gli altri, ma fate un sacco di figli, a tre-quattro per parto, perciò non vi estinguete quasi mai completamente»

«Si, ma cosa mangiamo?» domandai ancora, calcando sul tono

«Frittelle» rispose, tirando su un sacchetto rosso di farina da mezzo chilo «Ti piacciono le frittelle?»

«A me piacciono le crespelle con il prosciutto»

«E allora ti faccio le crespelle con il prosciutto» sorrise «Per me le frittelle dolci con la nutella»

«La nutella fa male» borbottai

«Meglio morire giovane, zuccheroso e annutellato, che vecchio e senza il sapore del cioccolato e le nocciole sulla lingua» rispose, con aria saggia, iniziando a mescolare gli ingredienti con energia, poi diede un colpetto di tosse «La vita è solo una»

«Quanto ci metti a fare le crespelle?»

«Tu quanto ci metti a non annoiarti?»

«Posso guardare un po' di televisione?»
«Certamente» mi rispose «Ma per favore, guarda qualcosa di istruttivo. Sia mai che diventi una cattiva bambina».

Risi piano e andai a piazzarmi di fronte al televisore. Avrei dovuto essere tranquilla, sollevata, ma continuavo a percepire, come un chiodo fastidioso, la tensione di September.

Per tutto il giorno lui non mi guardò in faccia. Si sforzava di essere gentile, ma non era felice. Era cordiale e ancor più cordialmente arrabbiato.

Riuscii a parlare con lui, ma era chiaro che ogni secondo che passava la mia voce lo irritava un po' di più e se all'inizio mi aveva parlato con lunghe, esaustive frasi articolate, a fine giornata era un miracolo se ancora pronunciava qualche monosillabo.

Si e no.

Essere o non essere buoni. Uccidere o non uccidere ancora.

L'indomani mattina lessi il giornale: niente vittime, quella notte. Il giornale non parlò di vittime né di pestaggi per quattro o cinque giorni ancora, non ricordo con precisione. Mi sentivo prudere le mani, volevo uscire di notte, ma contemporaneamente non volevo affatto. September era sempre freddo nello stesso modo, anche se la mattina parlava allegro e raccontava storie. Non era vera allegria, quella, mi dava una sensazione di distacco troppo forte per esserlo.

Mi buttai con più foga nei libri, alla ricerca di una soluzione all'assenza di calore da parte di September, ma non trovai nulla.

Un pomeriggio, semplicemente, mi fermai a guardare il mago. Lui era nel suo studio, stava disegnando qualcosa con una lunga matita gialla, lo scarabocchiare insistente della punta contro il foglio bianchissimo mi diede una curiosa idea di intelligenza. Accanto al suo foglio c'erano un libro con il numero quattro sulla copertina e un bigliettino rosso con sopra solo un numero, l'otto, o forse il simbolo dell'infinito.

L'espressione di September era concentrata come in uno sforzo e avvicinandomi in silenzio scoprii che, semplicemente, era la stessa espressione del volto nel suo disegno, il ritratto di un uomo che non avevo mai visto che impugnava una pistola.

Non amavo le pistole, ma c'era una lucentezza in quella e una perfezione tale nel tratto, con le dita morbide che si stringevano sull'impugnatura nera, che mi piacque.

Avrei voluto dirgli che mi piaceva moltissimo, ma avevo paura di spezzare la sua concentrazione o di pronunciare qualche parola stupida. Non era mio interesse allontanare ancora da me September.

Lui smise di disegnare e io uscii dalla stanza, ancora più confusa riguardo a quello che avrei dovuto fare.

September aveva buttato la carne dei due che avevano cercato di ucciderlo, aveva sprecato la loro morte, e per questo ero arrabbiata anche io con lui, ma molto probabilmente non quanto lui lo era con me.

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