Undercover

Von hajarstories_

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⚠️TW⚠️ In questo libro saranno presenti argomenti come: stress post traumat!co, maf!a, sostanz3 stupefacent... Mehr

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Extra Kathrine
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Extra Alejandro
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Extra Weston
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 27
Epilogo
Ringraziamenti

Capitolo 26

138 11 35
Von hajarstories_

Le cose sono come sono.
Soffriamo perché le
avevamo immaginate
diversamente.
Alejandro Jodorowsky

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Erano passate cinque ore.

Cinque dannate ore in cui ero stato costretto a rimanere in quella dannata stazione navale.

A fare cosa? Assolutamente niente.

Quello era il piano che l'FBI, la DEA e io stavamo seguendo. Fare assolutamente niente. Aspettare. Io dovevo rimanermene lì, al sicuro, ad attendere, mentre la ragazza che amavo si ritrovava molto probabilmente in fin di vita. Sicuramente Alejandro non le avrebbe curato le ferite.

Io e Kathrine eravamo seduti dentro quella sala operativa in attesa davanti ad un tavolo con al di sopra posato il cellulare di Anthony.

Cinque ore e diciassette minuti.

Il tempo scorreva sempre più lentamente.

All'improvviso il telefono si illuminò cominciando a vibrare all'interno della stanza.

Tutti tacquero.

Sullo schermo comparve un solo nome: Alejandro.

Schiacciai immediatamente il pulsante verde accettando di conseguenza quella chiamata.

«Alejandro» dissi cercando di moderare il mio tono di voce.

Dovevo sembrare tranquillo. Non dovevo fargli capire il mio stato d'animo in modo tale che non se ne fosse approfittato.

Il piano di Mary era appena iniziato.

«Dov'è Kathrine?» chiese con la voce spezzata a causa del respiro pesante che aveva.

Perché aveva il respiro pesante?

«Cosa stai facendo, Alejandro?» domandai ignorando la sua domanda.

«¡Respóndeme! Dov'è Kathrine? Ti ricordo che qui davanti a me ho la tua amichetta...»

A quelle parole strinsi maggiormente il telefono tra le mie dita.

La rabbia cominciò a divorarmi dall'interno e cercai di mantenere il controllo su me stesso.

Ero un agente speciale.

Non potevo permettere che le mie emozioni prendessero il sopravvento su di me. Non in quella situazione. Non quando Claire aveva bisogno di me. Non quando aveva bisogno che fossi lucido.

«Forse sentirla di farà parlare, ¿qué dices?»

Ciò che susseguì a quella frase fu il colpo di grazia.

Un colpo seguito da un mugolio da parte di una voce femminile.

Claire.

Stava picchiando Claire.

«Vuoi nuovamente Kathrine? Allora non azzardarti a toccare Claire, intesi?» affermai tra i denti voltandomi verso la bionda accanto a me.

Mi sorrise leggermente, come a volermi dare forza, speranza.

«Voglio ciò che è mio e lo voglio adesso! Portami Kathrine e mia figlia, Weston. Io lascerò a te Claire. Vieni da solo. Se vengo a sapere che qualche tuo amico sbirro è vicino a casa mia, una bala finalmente terminará en tu cráneo» comunicò il messicano per poi chiudere la chiamata.

Il piano stava procedendo verso il verso giusto.

Lasciai cadere il telefono sul tavolino passandomi le mani sul viso.

L'INTERPOL era giunta a Tijuana, aveva arrestato gli uomini di Alejandro e aveva sequestrato quel container, ma non avevamo ancora vinto.

Alzai lo sguardo che precedentemente avevo abbassato per poggiarlo sulla figura di Kathrine.

Si stava sacrificando.

Avrebbe pagato per le decisioni che aveva preso in passato, certo, ma almeno sarebbe riuscita a passare la vita con sua figlia.

Lei stava rischiando tutto per sua figlia.

«Sei pronta?»

«Sai Weston, la prima volta che vidi Alejandro ero fatta. Forse era l'ossicodone a farmi vedere qualcosa di positivo in lui. Poi, però, sono andata in riabilitazione e mi sono ripulita. Niente più nausea, vertigini e allucinazioni. La realtà mi ha preso a schiaffi e, senza rendermene neanche conto, ero pronta ad obbedire ad ogni singola richiesta di Alejandro.
Inizialmente credevo fosse amore, sai? In fondo mi aveva aiutata, mi aveva sostenuta durante la riabilitazione e aveva pagato quel percorso. Non so spiegarti come sono finita dal giocare a pallavolo a essere un sicario. Prima di incontrare lui non avevo neanche mai visto una pistola!
Ho ucciso, Weston» disse cominciando a piangere, «ho stroncato tante vite innocenti solo perché me lo ordinava lui.»

Provò ad asciugarsi le lacrime con le mani tremanti mentre cercava di trattenere i singhiozzi.

«Sono un mostro. Come farò a crescere questa bambina? Come potrò mai essere una brava mamma dopo tutto quello che ho fatto?»

«L'hai detto tu stessa. Alejandro ti ha fatto il lavaggio del cervello, Kathrine. Ti ha illusa, ti ha fatto credere che ti stesse aiutando per poi trascinarti giù con lui...» provai a dire cercando di confortarla passandole anche una mano sulla schiena.

«Ma ho premuto io il grilletto! Ero io quella che si posizionava sui tetti e uccideva, non lui. Potevo fermarmi. Potevo dirgli di no...»

«Ti avrebbe uccisa. Lo sai tu e lo anch'io. Ti avrebbe uccisa, Kathrine.
Andrai davanti a un giudice e farai i tuoi anni in carcere. Pagherai la tua pena e uscirai da lì dopo qualche anno. Sarai una persona nuova e una madre. Hai commesso degli sbagli, è vero, e per quegli sbagli pagherai. Ricordati per chi stai facendo tutto ciò. Lo stai facendo per tua figlia. Non la figlia di Alejandro. Lo fai per la tua bambina, Kathrine.»

Mi alzai porgendole la mano attendendo una sua risposta. Risposta che non tardò ad arrivare.

Afferrò la mia mano e io le regalai un sorriso cercando di darle forza come lei aveva precedentemente fatto con me.

Kathrine, in quel momento più che mai, era una persona fragile e stava attraversando probabilmente uno dei momenti più complicati della sua vita.

Dovevamo seguire il piano, solo così potevamo avere la possibilità di vincere.

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Claire

Ero completamente bloccata su quella sedia da ore.

Miguel, sotto ordine di Alejandro, mi aveva legato le mani dietro la sedia impedendomi di muovermi.

Ogni tanto, senza farsi vedere, veniva da me per farmi bere un sorso d'acqua e per tamponarmi le ferite più profonde.

Ormai non sentivo più niente.

Il dolore era così tanto forte che mi ritrovavo come in uno stato vegetativo. A mala pena riuscivo a tenere gli occhi aperti.

Il rumore della porta di quella specie di cella mi fece alzare le palpebre che mi stavano pregando di compiere il minimo sforzo.

La figura di Miguel comparve davanti ai miei occhi e d'istinto sorrisi.

Sapevo che stesse facendo tutto ciò per Kathrine, ma lo apprezzavo lo stesso.

Mi stava aiutando e per ciò gli ero grata.

«Grazie, Miguel. Grazie...» sussurrai dopo aver ingoiato con molta fatica il sorso d'acqua che mi aveva aiutata a bere.

«Quindi Anthony non è Anthony... Sai, abbiamo stretto un bel rapporto, o almeno così credo. Con la questione della sotto copertura è un po' difficile separare le bugie dalla verità...» ammise piegandosi davanti a me affinché lo potessi vedere dato che non riuscivo a tirare su la testa.

«Credo che l'unica p-persona che Weston odiasse davvero in tutto questo macello fosse Alejandro. Il nostro lavoro è difficile, sai? Ma mostri come Alejandro lo rendono un tantino più...semplice. È più facile fingere di esser qualcun altro se si ha un obiettivo. Il nostro è quello di vedere Alejandro in una cella di una prigione di massima sicurezza. È più semplice odiare qualcuno che non sembra essere umano. E tu lo sei, Miguel. Sei umano, così come Kathrine. Siete solamente caduti in una trappola. E quella trappola riporta un nome: Alejandro Garrido.»

Non appena finii di parlare, un colpo di pistola rimbombò in quella cella.

Un attimo dopo Miguel cadde ai miei piedi e dietro di lui comparve il messicano che teneva ancora la mano con la pistola tesa verso il suo compaesano.

«No, no, no! Miguel! Miguel!»

Provai a muoverlo con i piedi che erano ancora liberi ma non c'era niente da fare.

«L'ennesimo traidor. Come era quel famoso detto? "Se vuoi che qualcosa sia fatto per bene è meglio se lo fai da solo"? Sì, credo sia proprio questo.»

All'improvviso dei rumori al piano di sopra catturarono la nostra attenzione.

«Bene, sono qui. Andiamo!» affermò il messicano per poi slegarmi e afferrami con violenza per il braccio sanguinante.

Dei gemiti di dolore fuoriuscirono dalle mie labbra e le mie gambe facevano parecchia fatica a sorreggermi.

Arrivammo al piano di sopra con molta difficoltà e non appena giungemmo vicino all'uscio, alzai con molta fatica la testa.

Weston e Kathrine erano lì davanti a noi.

Non volevo che lui mi vedesse in quello stato.

«Claire!» urlò provando ad avvicinarsi, ma Alejandro mi strinse davanti a sé portandomi una pistola alla tempia.

«Fai un altro passo, agente, e le sparo» disse duramente il messicano premendo sempre di più la pistola contro di me.

Guardai Weston e non appena vidi quello sguardo capii.

Un ultimo sforzo.

Un ultimo sforzo e avrei ripagato lo sforzo mio, di Weston e di entrambi i dipartimenti durante tutti quei mesi.

«Sai, Alejandro, il tuo più grande problema è che mi hai sempre sottovalutata» affermai sogghignando nonostante lui non potesse vedermi.

Avevo conservato un po' di forze e non vidi momento migliore per utilizzarle.

Portai la testa violentemente all'indietro dandogli di conseguenza una testata sul naso spaccandoglielo e, contemporaneamente, allontanai la pistola in modo tale che non ferisse nessuno.

Mantenni la presa sul suo braccio che feci girare portandoglielo dietro la schiena per poi afferrare la pistola facendola strisciare lungo il pavimento il più lontano possibile.

Misi un ginocchio sulla sua schiena mantenendolo attaccato al pavimento e mi chinai su di lui.

«Ho vinto, Alejandro» sussurrai a corto di fiato per poi  vedere agenti della DEA e dell'FBI fare irruzione all'interno della villa.

Circa cinque agenti accorsero nella mia direzione ammanettando il messicano esponendogli i suoi diritti mentre io venivo raggiunta da Weston.

«Claire. Sei viva...» sussurrò abbracciandomi e stringendomi contro il suo petto.

L'adrenalina che era nel mio corpo cominciò a evaporare e non mi permise di bearmi di quel contatto con l'uomo che amavo.

L'adrenalina stava lasciando posto al dolore.

Crollai in ginocchio e cercai di alzare lo sguardo.

Sapevo che probabilmente quella sarebbe stata la fine.

Volevo guardare per un'ultima volta quegli occhi.

"Gli occhi giusti da guardare".

Quella sfumatura di verde che mi aveva stregata.

Volevo dirgli quanto fosse importante per me. Volevo dirgli quanto lo amassi. Volevo pronunciare quelle parole.

Ma seppur il mio cuore lo desiderasse, il mio corpo era ormai troppo debole per poter obbedire a quel desiderio.

Le mie labbra non si schiusero.

Cercai di alzare la mano per accarezzare il suo viso, ma fallii anche in quello.

L'oscurità, la fine, mi stava richiamando a sé. E, seppur desiderassi rimanere con Weston, cedetti al buio.

Quella, molto probabilmente, sarebbe stata la mia fine.

⋅•⋅⊰∙∘☽༓☾∘∙⊱⋅•⋅

Nota dell'autrice

E niente, non chiedetemi come io stia riuscendo a scrivere così tanti capitoli in così poco tempo perché non lo so neanche io.

Ma vi avevo promesso che avrei provato a terminare questa storia prima del Salone di Torino. E sapete bene che per me le promesse sono importanti.

Quindi eccoci qui a -1. Sì, perché manca solo un capitolo e poi potremo chiudere in bellezza on l'epilogo.

Alejandro è stato arrestato.
Claire e Weston hanno vinto.
Ma Claire sopravvivrà?
Chi lo sa.

Okay adesso mi volatilizzo e vado a scrivere l'ultimo capitolo.

Intanto, se volete, potete fare un salto sul mio ig per parlare insieme di questo ultimo capitolo.

Vi voglio bene.

Alla prossima<333

ig: Hajarstories_

Tiktok: Hajarstories__

Traduzioni:

¡Respóndeme!: Rispondimi!

¿qué dices?: che dici?

una bala finalmente terminará en tu cráneo: una pallottola finirà finalmente nel suo cranio

traidor: traditore

agente: agente

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