MIND OF GLASS: OPERATION Y

By DarkRafflesia

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Dave Morrison, Capitano del Navy SEAL, è un uomo determinato, autorevole, ma sconsiderato e fiscale. Noah Fin... More

⭐RICONOSCIMENTI
Presentazione
Cast
Dedica
Prologo
PARTE PRIMA
Capitolo 1: Bravo (Parte 1)
Capitolo 1: Bravo (Parte 2)
Capitolo 2: Coinquilini
Capitolo 3: Demoni del passato
Capitolo 4: Una semplice giornata di lavoro
Capitolo 5: Insieme
Capitolo 6: Prima Tappa
Capitolo 7: Presenza
Capitolo 8: Sconosciuto
Capitolo 9: Ricordi bruciati
Capitolo 10: Il prossimo
Capitolo 11: Vacanza (Parte 1)
Capitolo 11: Vacanza (Parte 2)
Capitolo 12: Dolore lontano
Capitolo 13: Turbolenze
Capitolo 14: Scontro
Capitolo 15: Notizia
Capitolo 16: Lettere reali
Capitolo 17: Firmato...
Capitolo 18: Sui tetti
Capitolo 19: In mezzo alla folla...
Capitolo 20: Rientro
PARTE SECONDA
Capitolo 21: Adunata
Capitolo 22: Sorpresa?
Capitolo 23: Toc-Toc
Capitolo 24: Legami scomodi
Capitolo 25: Nuovi ospiti
Capitolo 26: La spia
Capitolo 27: Tocca a me
Capitolo 28: Il mondo continua a girare
Capitolo 29: Prurito ed ematomi
Capitolo 30: Fede
Capitolo 31: Rimorsi
Capitolo 32: Torna a letto
Capitolo 33: Fiamme
Capitolo 34: Scuse e incertezze
Capitolo 35: Analista per caso
Capitolo 36: Non puoi dimenticare
Capitolo 37: Bersagli
Capitolo 38: Ostacoli
Capitolo 39: Ho trovato Jake e...
Capitolo 40: La bomba
Capitolo 41: Shakalaka
PARTE TERZA
Capitolo 42: Scampagnata
Capitolo 43: Pausa?
Capitolo 44: Nuove conoscenze
Capitolo 45: Mercato finanziario
Capitolo 46: Linea
Capitolo 47: Safe International Hawk
Capitolo 48: Fregati
Capitolo 49: In trappola
Capitolo 50: Dimitri Malokov
Capitolo 51: Rancore
Capitolo 52: Portare via tutto
Capitolo 53: Insofferenza
Capitolo 55: Operazione Y
Capitolo 56: Amicizia
Capitolo 57: Risposta inaspettata
Capitolo 58: Rivelazione
Capitolo 59: Con onore
Capitolo 60: Rottura
Capitolo 61: Solitudine
PARTE QUARTA
Dimitri Malokov & Iari Staniv
Capitolo 62: Egoismo
Capitolo 63: Apnea
Capitolo 64: Il prezzo da pagare
Capitolo 65: Anonimato
Capitolo 66: Saluto
Capitolo 67: Benvenuto nella squadra
Capitolo 68: Giuramento
Capitolo 69: Decisione
Capitolo 70: L'impegno che non serve
Capitolo 71: Lontanamente vicini
Capitolo 72: Vecchie amicizie
Capitolo 73: Vigilia
Capitolo 74: L'inizio
Capitolo 75: Le squadre
Capitolo 76: Patente?
Capitolo 77: La tana del lupo
Capitolo 78: Boom...
Capitolo 79: Maledetta emotività
Capitolo 80: Svantaggio?
Capitolo 81: Iari Staniv
Capitolo 82: Luccichio
Capitolo 83: La pace
Capitolo 84: Caduti
Capitolo 85: Respirare
Capitolo 86: Un'ultima cosa da fare
Epilogo
💜Ringraziamenti & Playlist💜

Capitolo 54: Colpe

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By DarkRafflesia


Il ruolo di Generale non era per tutti.
Mantenere l'ordine nelle righe dei propri uomini, comandare il resto delle cariche che vi erano sotto di te, fare in modo che i piani alti del Governo potessero confermare ogni azione, ogni movimento che i team dovevano compiere per entrare in azione, ogni pratica che riguardasse la legislazione, non era per tutti; bisognava vantare di non pochi anni di esperienza sulle spalle, essere un veterano che potesse passare dal grado di Colonello a quello di Generale dopo che la condotta era stata sufficientemente impeccabile sul campo, seguita da missioni e operazioni di massimo successo che avessero ammassato sulla giacca stelline e medaglie d'onore. Ogni soldato che abbandonava la base del Navy SEAL per partire in una missione di alto rischio, era supervisionato da permessi che sbocciavano dal Comandante, per poi passare al Capitano, il quale li mandava in revisione dal Tenente, poi dal Colonello e infine il Generale, colui che decideva se davvero quella presa di iniziativa potesse essere utile a portare un successo, un bersaglio prezioso, un obiettivo di alto valore, in territorio americano; operazioni ardue passavano sotto la sua supervisione, affinché i suoi uomini non si muovessero per una missione suicida che non avrebbe portato a nulla di buono se non un fallimento che avrebbero rammentato fino alla fine dei loro giorni. Passare dall'imbracciare un fucile a prendersi la responsabilità di tutti coloro che indossavano una divisa era un passo delicato da compiere; quando gli era stato chiesto di sostituire il precedente Generale, lui – da Colonnello – aveva accettato senza mezze misure, dopo anni ed operazioni in cui il suo nome non era mai stato dimenticato. Il rispetto e l'onore che si era guadagnato nel corso della sua carriera non poteva essere contestato; ogni singolo uomo, o donna, che incontrava lungo i corridoi della base chinavano il capo e si mettevano sull'attenti quasi istantaneamente, scrutandolo con occhi colmi di ammirazione, un sentimento simile alla venerazione. Doveva ammettere che quella vita non era affatto male; nonostante le innumerevoli responsabilità che portava sulle spalle, la consapevolezza che anche il più impercettibile passo falso avrebbe potuto sgozzare la lunga piramide che aveva scalato pur di ritrovarsi in cima, gli piaceva stare al centro dell'attenzione a avere tutti quegli occhi puntati addosso.

Con sessant'anni portati benissimo, una famiglia, due splendidi figli già sposati e quattro nipoti, Jude Collins non poteva lamentarsi di non aver vissuto appieno la sua sobria e adagiata vita. Ricco da far schifo, poco umile e appariscente, adesso stava rincasando nella sua villa lontano da Washington, in un appezzamento di terreno tutto suo che gli aveva consentito un giardino alla romana, con un viale in marmo, tre fontane e riproduzioni fedeli delle sculture più note della storia latina, illuminate da faretti soffusi, giusto per creare l'atmosfera di chi stava per andare in un museo, fuorché a casa. Dopo aver parcheggiato nella piazza, girando attorno ad una delle fontane, attive e dall'acqua cristallina, Jude scese dall'auto, una lussuosa Lamborghini blu notte, e tenne il cappello da Generale sottobraccio, mentre nell'altra aprì l'ombrello per l'intensa pioggia che non aveva intenzione di cessare da quando aveva iniziato nel primo pomeriggio, proseguendo verso la porta d'ingresso. A giudicare dalle luci spente e dall'assenza di altre auto, dedusse che la moglie non era ancora tornata; Amalia, una stupenda donna di cinquantaquattro anni, lavorava per la Casa Bianca, al Gabinetto per l'esattezza, perciò il suo lavoro durava fino a tarda sera; di solito avrebbe dovuto trovare i due figli e i nipoti in casa, ma proprio perché quel giorno erano tutti indaffarati col lavoro, avevano rimandato all'indomani, una cena che avevano organizzato al miglior ristorante stellato della città. Dopo essere entrato in casa, Jude posò il berretto sul mobile accanto alla porta e si diresse al piano di sopra. L'abitazione era strutturata a due piani, classica, quasi come se fosse un castello; mobili in mogano e pareti scure, la scalinata frontale alla porta era di un marmo bianco, corrotto da venature nere, decori che riuscivano a farlo riflettere alla luce del lampadario in cristallo. Visto che era ancora relativamente presto, avrebbe potuto preparare le carte che erano rimaste in sospeso in ufficio, così da avere il lavoro già finito e poter passare il resto della serata a coccolare Amalia. Proseguì lungo il corridoio, accendendo le luci calde della casa, svoltò l'angolo ed entrò nel suo studio. Il tipico ufficio classico, con una vetrata di fronte alla porta, alle spalle della scrivania, della sedia in vera pelle nera; le tende erano aperte, il fascio di luce dei lampioni esterni, seguiti ogni tanto da qualche lampo che squarciava il cielo con dei piccoli flash, colmavano il buio della stanza, delle pareti totalmente tappezzate di diplomi, lauree e riconoscimenti che aveva susseguito lungo la sua carriera da studente e da soldato.
Tese la mano per poter accendere la luce.

Tuttavia ci fu un tap che non soddisfò le sue esigenze, lasciando che regnasse il buio.

Le sopracciglia di Jude si sollevarono con lentezza, gli occhi acquamarina con un riflesso di stupore, eppure fin troppo stoici e irremovibili, nonostante fosse chiaro che quello non era un blackout, visto che la luce del corridoio fu in grado di illuminare, andando oltre la sagoma della sua ombra, la sedia girevole della scrivania: fronteggiava il panorama esterno, anziché l'entrata.

«È passato tanto tempo. – esordì una voce, un accento che Jude conosceva abbastanza bene, roca, graffiata, di un tono che non faceva trasudare un minimo di espressività, seppur fosse uscita con note di calma apparente. – Non abbiamo avuto modo di poterci confrontare. Eppure eravamo rimasti con l'idea che quando tutto sarebbe finito avremmo potuto discutere meglio del perché non fosse stato seguito il mio piano. Peccato che abbia dovuto aspettare dieci anni per parlarne, Capitano Collins.»

Jude sospirò dalle narici. Frugò dentro la tasca della giacca per prendere il cellulare e mandare un messaggio alla moglie. Era inutile chiamare i rinforzi, inutile provare codardamente a scappare. Le scrisse che avrebbe ritardato, che era meglio se per cena fosse andata da uno dei loro figli, anche perché il maltempo non aveva intenzione di placarsi. Aveva ricevuto una risposta immediata, sinonimo che Amalia era appena uscita da lavoro. L'esito positivo di quella bugia, lo indusse a posare nuovamente il cellulare dentro la tasca con nonchalance, come se non fosse accaduto nulla, lo sguardo inamovibile e la schiena contratta come un vero soldato.

«Avevo sempre saputo che ci fossi tu dietro gli omicidi degli Spencer.» replicò secco. «Due soldati, tra cui uno in congedo, non avrebbero mai potuto fare del male a qualcuno. Ma con te è successo, Dimitri.»

La sedia si girò verso di lui.
La penombra era forte, tuttavia quegli occhi di ghiaccio, quello sguardo di puro odio e quei capelli umidi di pioggia, eppure portati indietro, non gli fecero battere ciglio. Seduto sulla sedia del suo ufficio, con le gambe accavallate, la camicia dalle maniche arrotolate, perfetta, immacolata, ma il volto trasfigurato da qualche ematoma, vi era Dimitri Malokov. Braccia adagiate comodamente sui braccioli della sedia, aveva stampato sulle labbra un sorriso spento, un gesto che rappresentava il vuoto della sua anima corrotta dal rancore, una superiorità lampante che mettesse in chiaro quali fossero i ruoli all'interno di quella scacchiera che aveva smosso sin dal momento in cui Nicholas e Trevor erano stati sacrificati. Un tuono colmò il silenzio che si era andato a creare tra i due, affiancandosi alla dolce melodia della pioggia che picchiettava contro la vetrata. Jude non reagì a quell'incontro inaspettato, fuori dalla tabella di marcia; quel giorno sapeva che Dave e il suo amichetto hacker avrebbero dovuto irrompere alla SIH per arrivare alla resa dei conti che, avendo il diretto interessato proprio di fronte a lui, non aveva avuto una conclusione. Si strinse nelle spalle, le braccia lungo i fianchi che non avevano intenzione di muoversi. L'aria era tesa, il silenzio di Dimitri una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.

«Mi stupisce che tu non abbia aiutato Dave con le ricerche sin da subito.» il russo portò la gamba accavallata sulla sedia, spaparanzato e senza mutare il tono glaciale, nonostante la provocazione ricevuta. «L'hai visto vagare avanti e indietro, dannarsi per collegare tutte le prove che ho lasciato sul mio cammino. – non riuscì a contenere un ghignò instabile, quasi divertito. – Se gli avessi detto di me, forse Kevin sarebbe ancora vivo. Kevin, così come quei poveri innocenti al bar. Avresti potuto risparmiare un bagno di sangue, invece sembra che a te questo non sia dispiaciuto.»

Jude non si sbilanciò. Al contrario chiuse gli occhi, sospirando. «Ho capito dove vuoi arrivare. Comprendo il tuo obiettivo, la tua sete di vendetta. Non puoi ovviamente raggiungere il Team Bravo, con le perdite che hai subìto e le poche informazioni che hai a disposizione, ma stai proseguendo a tappe per uccidere chi ti ha portato via i Del'fin

Il Generale notò uno spasmo partire dalla palpebra sinistra di Dimitri, un segnale che gli facesse intuire quanto quella calma avesse vacillato. Le sue mani, infatti, avevano aumentato la presa contro i braccioli della sedia, tanto che in quelle nocche lacerate il sangue ricominciò a scorrere.
Malokov aveva chiuso gli occhi per ritrovare un minimo di pace, per eliminare quell'immagine che gli aveva attraversato la testa per un breve attimo, le urla dei suoi compagni, il dolore, il panico, il terrore che non aveva nulla a che vedere con gli insegnamenti degli Spetsnaz, il sangue freddo che avrebbero dovuto mantenere per impedire di apparire deboli, vulnerabile davanti al nemico; le fiamme, il volto esanime di Iuri, il corpo carbonizzato di Max, il cadavere in mezzo al mare di Igor, il cervello perforato di Rem. Tutto si era susseguito con una velocità allarmante che gli aveva fatto sobbalzare il cuore, mozzato il fiato come se fosse ancora lì, in mezzo all'Oceano Indiano dopo che la bomba era esplosa e tutto era diventato freddo e buio. Infatti la nuca di mosse di lato di colpo, come se avesse appena ricevuto un pugno da una forza invisibile di nome trauma. Cosa ne sapeva, lui, del dolore? Cosa sapeva di quello che gli era stato portato via? Non aveva avuto una famiglia, non aveva mai avuto parenti che gli erano stati vicino; ai tempi era stato solo un ventiseienne circondato da compagni che avevano colmato il vuoto con la quale era cresciuto, che erano stati in grado di riportarlo a sorridere dopo un'infanzia ed un'adolescenza dove aveva combattuto con le sue sole forze per arrivare ad indossare una divisa che il mondo aveva cercato di negargli. E adesso quel codardo di un Jude Collins, quell'allora Capitano che li aveva sempre guardati con un occhio di scetticismo – quando erano stati i primi a pugnalarli alle spalle, a portargli via tutto per uscirne vittoriosi, per dimostrare al mondo che erano sempre stati i russi il problema, i nemici, coloro che il mondo avrebbe dovuto temere e diffidare – stava provando ancora una volta a sottolineare la sua impotenza, la sua inefficienza nell'essere stato un leader che aveva portato la sua intera squadra alla morte. Nessuno doveva nominare i Del'fin. Nessuno doveva osare sapere tutto di lui, di quello che il cuore stava patendo tutt'ora, quando la sua testa ormai era fottutamente andata, travolta da un dolore che nessuno avrebbe mai più potuto risanare, nemmeno la persona più vicina a lui. Per quanto avesse provato ad allenarsi, a fortificarsi giorno dopo giorno, quando le ferite di quella notte si erano rimarginate solo fisicamente, non c'era più nulla che mantenesse teso il filo di lucidità e stoicismo con la quale gli Spetsnaz agivano. E lui, dopotutto, non lo era più. Il suo cuore era arrugginito; pompava con valvole rovinate col solo intento di far fluire il sangue, ma aveva smesso di provare sentimenti diversi dal rancore per troppo tempo. Concetti sconosciuti a Jude, eccome se lo erano. Dimitri strinse le labbra in una linea sottile e si alzò dalla sedia per girare oltre alla scrivania, tracciando con le dita rovinate la superficie immacolata del legno, lo sguardo perso nel vuoto. Quell'americano che tutti chiamavano Generale non aveva neanche un briciolo di onore nel sangue, nemmeno in un cazzo di globulo rosso. Circondato da fama, soldi e potere, non aveva la minima idea di cosa significasse perdere tutto – fiducia, rispetto, amore, lealtà. Non conosceva nulla di tutto ciò. E se nemmeno le morti dei suoi uomini erano state in grado di smuoverlo, ci avrebbe pensato lui a dargli il colpo di grazia.

«Mi aspettavo un simile atteggiamento da parte tua. – poggiò il fondoschiena contro la scrivania, una volta aggirata per essere di fronte al Generale. Mise le mani dentro le tasche dei pantaloni neri, incrociando le caviglie senza trasudare un minimo di instabilità. – Dopotutto sei un uomo che si è sempre nascosto dietro i potenti per poi prendersi dei meriti inesistenti.» vide Jude socchiudere gli occhi e corrugare la fronte. Sospirò dalle narici, soddisfatto. «So bene chi sei, Jude Collins. Non pensare di avere davanti a te uno sporco russo che non conosce le emozioni, una macchina da combattimento che elimina ogni ostacolo davanti al suo cammino. Quell'uomo, исправляется, диетами, quel ragazzo è morto dieci anni fa.»

«Quindi la Russia non sa che sei ancora vivo.» osservò il più vecchio.

«Oh, lo sa eccome! – Dimitri sorrise, scrollando la testa e permettendo ad un ciuffo di penzolargli davanti alla fronte. – Ma siete stati talmente bravi con le parole da rivelare la loro natura. Non hanno voluto ascoltare la verità e mi hanno scambiato per il disertore che voi avete tanto dipinto.» allargò le braccia per indicarsi. «Così sono diventato il criminale che la Russia vuole morto, un fuggitivo che loro stessi hanno creato. Io e Iari siamo questo ormai. Delle vittime.»

Un tuono illuminò la stanza, rendendo la figura di Malokov in controluce.
Jude iniziò a sudare freddo, irrequieto.

«Anche Iari è sopravvissuto. Credevo che l'esplosione avesse spazzato via solo il tuo corpo.»

Dimitri sospirò una risata, distogliendo per un attimo lo sguardo dai suoi occhi acquamarina. «Avete dato per scontato fin troppe cose.»

«Cosa vorresti fare, allora? Vorresti uccidermi, così da mandare un'ulteriore messaggio a Morrison? Continuare a giocare ad acchiapparella per portare a termine la vostra vendetta?» domandò il Generale, facendo qualche passo in avanti per accorciare le distanze.

Eppure un suono simile ad un click lo bloccò sul posto. Proveniva alle sue spalle, proprio nei pressi delle sue orecchie. In effetti, un'ulteriore ombra si era accostata alla sua, proiettata da quella luce soffusa del corridoio da rendere la sua sagoma più grande e distorta. Non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi vi fosse, anche perché la seconda voce, meno marcata, ma più dolce e soave, aveva ribattuto di rimando alla sua domanda con un'altra.

«Pensa davvero che sia così facile?»

Jude scoccò un'occhiata alle sue spalle, abbassandole non appena capì ormai di essere in trappola. Inutile dire che alla sua nuca fosse puntata una pistola e che quel suono fosse il cane dell'arma pressato per intimorirlo su quale sarebbe stato il suo destino. Rimase, infatti, imperturbabile, come se la goccia di sudore che scivolò lungo il suo zigomo rugato non esistesse e non gli avesse solleticato la pelle, giungendo lungo la mascella e percorrendo il collo per bagnare contro il colletto della camicia. Immobile come gli era stato indirettamente ordinato, ritornò a guardare Dimitri, il suo sguardo orgoglioso e dal sopracciglio alzato.

«Sono felice che tu stia bene. – rispose, il tono stabile e duro – Ho sempre pensato che tu, fra tutti i Del'fin, fossi il più portato per la logica, per la ponderatezza che mancava all'ottusità degli Spetsnaz. Anche tu eri subordinato agli ideali del tuo leader, eppure c'era qualcosa in più in te che mi ha portato a guardarti con un po' più di riguardo, Iari.»

La presa sulla pistola aumentò. Iari, vestito in maniera perennemente decorosa, il suo completo minuto di gilet, ma questa volta di un nero tormentato, sfoggiava le sue dita colme di anelli come se i tagli sul volto causati dai vetri rotti non esistessero, i capelli perfettamente ordinati e portati indietro.

«Non me ne faccio nulla della sua compassione.» si limitò a replicare, stringendo le labbra in una linea sottile.

«Scommetto che sei stato tu a salvare Dimitri dopo l'esplosione. Nonostante il tuo ruolo da secondo in comando del team, lo hai sempre guardato come se fosse un fratello da proteggere.» continuò Jude con nonchalance.

Iari corrugò la fronte in un cipiglio stizzito. Stava iniziando a non sopportare quella insulsa retorica. Pensava che con le parole lo avesse ammorbidito? Voleva fargli cambiare idea in questo modo? Davvero gli americani erano solo degli stolti che credevano di poter avere tutto servito sul palmo della mano, come se tutti quanti avessero dovuto essere alla loro mercé, senza fare storie. Quelle che stavano uscendo dalla bocca del Generale erano delle caramelle al miele che non avrebbero abbindolato nessuno.
Era sempre stato apprensivo nei confronti di Dimitri, da quando si erano conosciuti. Cosa gli importava? Non aveva mai letto il suo fascicolo, non conosceva nulla del suo profilo psicologico, se non qualche informazione sulla sua carriera agli Spetsnaz; com'era caratterialmente, cosa provasse realmente il suo animo, al di là della tortura psicologica che aveva subìto negli anni di preparazione per entrare nelle righe dell'esercito più temuto e spaventoso del mondo, era qualcosa che nemmeno lui stesso era in grado di decifrare. Le sue azioni e i suoi pensieri venivano dettate da una forza intrinseca nella sua coscienza che aveva forgiato il suo corpo a non vacillare davanti a nulla; qualunque cosa gli sarebbe stata detta, qualunque affronto, sfida, persino calunnie che non rispecchiavano per niente la sua persona e la sua volontà, sarebbero scivolate come il sangue con la quale si era macchiato le mani innumerevoli volte per Dimitri, per il suo bene. Era questo il suo ruolo da secondo in comando, con o senza divisa; sarebbe stato fedele al suo leader fino alla fine dei suoi giorni, non perché fosse costretto, ma perché gli ideali che portavano sulle spalle facevano in modo che i loro cuori malfunzionanti battessero all'unisono, mossi da un motore che non li avrebbe fatti tremare davanti a nulla. Non avrebbero fatto la fine degli scemi di guerra, non avrebbero marcito in una cella in attesa che il loro verdetto di morte venisse emesso. Se davvero il loro destino fosse stato sottoterra, in una tomba senza nome o inceneriti per essere tramutati in polvere da buttare nella spazzatura, lo avrebbero accettato solo nel momento in cui giustizia sarebbe stata fatta, e tutti avrebbero patito quello che loro portavano sulle spalle. Jude era l'ultima persona in grado di comprendere cosa aleggiasse nella mente di Iari, gli istinti che lo inducevano ad agire. Se Dimitri agiva con la mente intrinseca di odio, di rancore e di rabbia, lui si muoveva per sensazioni anomale. La sua mente non era per niente provata dallo sterminio. Qualsiasi cosa fosse, non sarebbe stato un corrotto americano a fargli da saggio, ad essere convinto di conoscerlo. In quel momento, se non ci fosse stato Dimitri con lui, avrebbe premuto il grilletto e avrebbe eliminato dalla lista un'ulteriore feccia che gli aveva rovinato la vita, qualcuno che gli aveva distrutto la seconda vita che era stato in grado di ricostruirsi dopo che il suo cervello aveva smesso di guardare a colori quel mondo di criminalità. Era stanco di dover ricominciare daccapo ancora una volta.

«Almeno noi conosciamo meglio cosa sia l'empatia, Generale Collins. Non usiamo i nostri simili come esche.»

Jude sospirò. «Abbassa l'arma, Iari. Non mi muoverò pur volendo.»

«Decido io quando Iari deve abbassare l'arma.» intervenne Dimitri, assottigliando gli occhi e staccandosi dalla scrivania per avanzare verso di lui. «Ti piace tutto questo, non è vero? Ti piace la fama, la ricchezza, il potere.» fece un giro attorno a sé stesso mentre camminava, esaminando i riconoscimenti e l'eleganza dell'abitazione. «L'umiltà non fa proprio per te. Ma d'altronde anche Amalia ha un ruolo non di poco conto in America.»

Parole che il Generale avrebbe voluto non udire.

«Tieni mia moglie e i miei figli lontano da questa storia, Dimitri.»

«Oh, non preoccuparti. A noi non interessano. Preferisco vederli piangere dopo la tua morte che risparmiare loro questa sofferenza che tu hai scelto di riservargli.» il russo si passò una mano sui capelli scuri, sorridendo. «Come fai a vivere senza un briciolo di rimpianto? Nemmeno un senso di colpa naviga in quella tua testa?»

Gli zigomi di Jude si contrassero, la postura austera, di chi sapeva bene quello che aveva fatto, ma non aveva intenzione di mostrare lo stupore di chi era stato smascherato. Certe situazioni era meglio non spiegarle ad alta voce. Certi avvenimenti era meglio che rimanessero in silenzio, lasciando che il vuoto parlasse da sé, smentendo o confermando a seconda di chi avrebbe interpretato la sua bocca chiusa. E dalle domande che gli erano arrivate, era palese che Dimitri e Iari avessero fatto bene i compiti. Dovette allentarsi la cravatta che portava al collo per respirare meglio. Sebbene il caldo fosse ormai solo un miraggio, la situazione si stava scaldando parecchio. Avrebbe preferito che lo drogassero, che lo stendessero con un colpo alla testa, o che lo freddassero seduta stante, anziché riservargli quel graduale tormento dove tutto stava venendo a galla. Eppure il suo primo pensiero non arrivò alla sua famiglia, ad Amalia, i suoi figli, i suoi nipoti. No. Il volto che gli balenò in testa non appena i due russi lo avevano sorpreso in casa sua fu solo uno.

«Sai meglio di me che Morrison non centra niente con quello che è successo dieci anni fa. Ha attaccato i tuoi uomini, ma il motivo era ben diverso.» ammise, sicuro e consapevole di quello che le sue parole rappresentavano. «Lui e il ragazzo della CIA stanno facendo solo il loro lavoro.»

Dimitri scoppiò a ridere. Dalle mani ancora nelle tasche dei pantaloni, il busto si inarcò all'indietro, cosicché il volto fronteggiasse il soffitto per dimostrare quanto quella frase fosse esilarante. Persino Iari ghignò alle sue spalle, seppur lui non poté vederlo. Una reazione che non giovò per nulla all'animo alle strette del Generale. Pensava a Dave, esatto. A Dave e a quel Noah, l'agente Finley, che si erano ritrovati faccia a faccia con qualcosa che lui credeva di aver portato ad una fine. Se Dimitri e Iari si erano palesati al Capitano, se quei lividi che il russo portava in viso fossero il frutto della rabbia di Morrison, significava che la guerra non era ancora finita, che lo scontro su quella nave era stato solamente posticipato. Era strano che non gli fossero arrivate notizie da parte di Dave, che dopo l'operazione che lui aveva abbozzato in mente dopo l'interrogatorio non gli fosse giunto alcun riscontro. Che fosse troppo scioccato dalla scoperta per poter realizzare e metabolizzare il tutto? Che uno di loro due, forse il ragazzo, fosse stato ferito? A meno che i due russi non avessero lasciato tracce, sparendo come avevano fatto quella notte. In effetti davanti a lui vi erano due fantasmi, uomini che il mondo credeva morti, ma che ancora vagavano nella terra dei vivi prima di essere trascinati all'inferno.

«So bene che sia io che Dave non siamo nient'altro che dei burattini del vostro sporco teatrino. – rispose Dimitri, una volta calmatosi dal moto perpetuo del suo diaframma. Il sorriso era ancora lì, ma lo sguardo si era rabbuiato, così come il tono, cupo e non più acuto dal divertimento. – So benissimo la verità che avete infangato con la speranza di creare attriti inesistenti.»

«Allora lascialo stare, lasciateli stare.»

«La nostra vendetta non riguarda solo Dave.» precisò Dimitri, facendo cenno a Iari di muoversi. Quest'ultimo abbassò la pistola, tirando fuori una fascetta da elettricista dall'interno della giacca. «Lui ha ucciso la mia squadra. Volente o nolente, l'ha fatto.» sputò con ribrezzo e collera.

Jude non oppose resistenza quando sentì Iari prendergli le braccia per portarle dietro la schiena e avvolgergli i polsi con la fascetta, stringendola per impedirgli di liberarsi.
Non era ancora arrivato il suo momento; la notizia della sua morte non sarebbe giunta il mattino seguente a Dave; non volevano mettere in atto la loro vendetta, la promessa che gli aveva fatto prima di ordinare ai suoi uomini di uccidere Noah, cosicché non rimanesse nessuno accanto a lui, facendogli provare il senso della perdita che attanagliava i loro cuori. Gli avrebbero rivelato la stessa realtà cui erano andati incontro. E quel Noah che gli stava accanto, era stato reso partecipe a qualcosa dalla quale non avrebbe mai più potuto sottrarsi. Il solo aver rubato le informazioni, i loro scopi, ed essere riuscito ad irrompere nella linea criptata che avevano costruito per passare inosservati tutti questi anni in cui avevano brancolato nel buio, lo aveva reso eliminabile tanto quanto lo erano Dave e i suoi uomini. Quel dannato ragazzino non era abile con armi e corpo a corpo, ma il suo intelletto non era da sottovalutare. Il minimo passo falso nei loro scambi di messaggi, lo avrebbero portato ad avvicinarsi a loro ancora una volta, addirittura ad anticipare le loro mosse. Un agente della CIA di quel calibro doveva essere eliminato. Dimitri camminò davanti a Jude e gli afferrò vigorosamente il volto con una mano, avvicinandolo pericolosamente al suo, il fiato bollente e furioso e la presa irremovibile. I suoi occhi azzurri penetrarono in quelli acquamarina con un filo di isteria.

«La nostra vendetta sarà rivolta al mondo intero.» mormorò con voce roca e ferma.

________________________________________________________________________________

Angolo autrice:

Oggi ci spostiamo dalla parte di Dimitri e Iari. 
Adesso che conosciamo le loro identità, possiamo analizzarli da più da vicino, e scavare a fondo della loro psiche passo dopo passo, piano piano, affinché possiamo scoprire cosa navighi nelle loro teste. Eppure c'è anche la presenza del Generale Jude Collins che, a quanto pare, si è rivelato essere il loro nuovo bersaglio. Adesso Noah e Dave lo scopriranno? E come reagiranno? 
Al prossimo sabato!

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