I need you

By eleonore_hensley

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Dopo l'arresto del padre, Isabel sembrava aver finalmente ritrovato la sua pace interiore. Dedicò tutta la su... More

Avvertenza
Dedica
Prologo
Isabel (1)
Logan (2)
Isabel (3)
Isabel (4)
Isabel (5)
Logan (6)
Isabel (7)
Isabel (8)
Isabel (10)
Logan (11)
Isabel (12)
Isabel (13)
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Isabel (16)
Isabel (17)
Logan (18)
Isabel (19)
Isabel (20)
Logan (21)
Isabel (22)
Logan (23)
Isabel (24)
Isabel (25)
Epilogo
Ringraziamenti
CAPITOLO BONUS

Isabel (9)

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By eleonore_hensley

"Ben venga il caos, perché l'ordine non ha mai funzionato"
Charles Bukowski

Avevo accettato l'invito dello strizzacervelli, volevo ringraziarlo per il gran gesto che aveva compiuto nei miei confronti. In un certo senso, era riuscito a mettermi a mio agio. Una cosa abbastanza complessa, considerando il mio carattere. E per questo, gliene ero infinitamente grata.

Colsi il breve momento di solitudine per poter osservare meglio l'ambiente in cui mi trovavo. Sembrava essere tutto surreale; quella non era la mia stanza, non c'erano le mie lenzuola profumate, non c'erano le fotografie appese al muro, non c'era il mio profumo.

Inoltre, il colore del muro era bianco. Non mi sentivo per niente rappresentata da quel colore: stava a significare la purezza e l'innocenza. Ed erano due qualità che non rispecchiavano affatto la mia persona. Mi erano state strappate via quando ero solo una bambina, incapace di reagire e comprendere a pieno la situazione. Scambiavo tutta quella cattiveria per un semplice gioco.

Dentro di me provavo un forte senso di vuoto e di inadeguatezza, non sentivo di meritare tutte queste cose. Come mi aveva sempre ripetuto James quando ero piccola, non meritavo di vivere, tantomeno tutte queste attenzioni. Un'infiltrata, ecco cos'ero. Perché nonostante la casa possedesse uno spazio molto ampio, sentivo che non c'era posto per me.

Avevo bisogno di uscire, avvertivo la necessità di respirare dell'aria fresca. E tutto ciò solo perché mia madre aveva avuto la fantastica idea di trasferirsi qui, senza neanche conservare un piccolo riguardo nei miei confronti. Non mi aveva dato la possibilità di conoscere le persone che avrei avuto accanto per il resto della mia vita. Aveva pensato soltanto a sé stessa.

La conoscevo meglio di chiunque altro e posso assicurarvi che l'amore le aveva fatto un brutto effetto. Ormai, era come entrata in uno strepitoso sogno. Un sogno nel quale c'erano solo lei e il suo compagno, io dovevo starne fuori. Aveva pensato bene di lasciarmi sola, con la scusa di vivere la vita che entrambe avevamo sempre desiderato.

In quel momento, ero incazzata sia con mia madre per il suo egoismo, sia con me stessa per esser salita in macchina. Dopotutto, ero maggiorenne. L'unico motivo che mi aveva spinta a scappare insieme a lei, era che avevo una terribile paura di rimanere sola.

Ero così arrabbiata che non mi preoccupai neanche di cambiare i vestiti, un qualcosa di fondamentale per me. Inoltre, avrei dovuto disfare le valigie. Un atteggiamento che per me stava a significare solo una cosa: la sconfitta.

Disfando tutto, avrei consegnato in mano la vittoria a mia madre. Avrebbe significato che avevo accettato la loro relazione e non era affatto così. Continuavo a sperare che la loro dolce storiella strappalacrime finisse e che saremmo tornate alla nostra normalità. Dovevo rimanere ferma sulle mie idee.

Come diceva sempre mio nonno: "La speranza è l'ultima a morire, piccola Isabel".

L'unica cosa che mi preoccupai di sistemare fu il trucco, quello che avevo era tutto colato. Tirai fuori lo specchietto e iniziai ad aggiustarlo.

Pochi minuti dopo aver finito di applicare l'ultimo filo di mascara, ascoltai il cigolio della porta che si stava aprendo e notai una figura maschile sporgere dal suo esterno.

«No ma tranquillo, non prenderti il disturbo di bussare come le persone normali.» Esclamai, anche se sapevo perfettamente che in quel momento e soprattutto, in quella situazione, non ero nessuno per dettare regole. Non pretendevo di iniziare a comandare tutti a bacchetta, ma come minimo, dovevo avere un po' di privacy.

Se non avessero rispettato i miei spazi, sarei impazzita. In casa mia, avevamo serrature ad ogni porta. Qui invece, non ne vedevo neanche una. Ciò mi faceva sentire sotto continua osservazione, inoltre, ognuno di loro avrebbe potuto varcare l'ingresso in qualsiasi momento.

Non andava per niente bene.

«Cenerentola, risparmia le energie per dopo. Ti serviranno, credimi.» Disse, facendomi subito comprendere fin dove si fosse spinta la sua perversa immaginazione. Avevo già captato le sue intenzioni che, ovviamente, non condividevo.

Nonostante con lui avessi superato di gran lunga i limiti, doveva capire che non ero per niente una ragazza facile. Non ero una persona che si prestava a quel tipo di cose. Non lo ero e non lo sarei mai stata, soprattutto con lui.

Sarebbe stato sbagliato.

Ma tralasciando questo, c'era un altro aspetto che stavamo sottovalutando: i nostri genitori. Logan mi sembrava essere un ragazzo intelligente, dolce e premuroso. Di conseguenza, come avrebbe potuto disubbidire agli ordini del padre? Avrebbe compiuto tutto a sua insaputa?

Non eravamo fratelli di sangue, ma sarebbe comunque stato un gesto irrispettoso. Aggrottai le sopracciglia, facendo la parte dell'ingenua santarellina che non capiva battute di questo genere.

Anche se, ero tutto tranne che una santarellina.

Ricordo che da piccolina, ogni qualvolta che scoprivo una bugia, non ne parlavo. Lo facevo per vedere fin dove si sarebbe spinta l'altra persona. Volevo scoprire la parte più scura della sua anima. Non ero ingenua, ma amavo farlo credere.

E all'improvviso, un'oscena visione appannò la mia vista: Logan ed io, l'uno sopra l'altro, privi di vestiti.

In un batter baleno scossi la testa, per cercare di scacciarla via. Rialzai lo sguardo verso di lui e sentii di essere in particolare soggezione. Essendo una strizzacervelli, avrebbe potuto decodificare i messaggi che rilasciava il mio corpo e utilizzarli a suo favore.

Pregai con tutto il cuore che non avesse capito fin dove la mia mente avesse viaggiato. Anche se, ero più che certa che la sua si fosse spinta ben oltre.

«Potremmo replicare tutte le fantasie che vuoi, se solo mi concedessi l'onore.» Esclamò lui, con estrema convinzione. Subito dopo quella frase, avvertii le guance pizzicare e colorarsi di un rosso acceso.

Stavo mostrando il mio stato di disagio.

«Sei tu che fantastichi su di me, odioso strizzacervelli.» Affermai, aggravando la situazione. Era inevitabile che il ragazzo che avevo di fronte avesse voglia del mio corpo ed io così, non aiutavo i suoi ormoni.

«Odioso strizzacervelli» ripeté pensieroso, mentre il suo corpo raggiunse il mio. In una frazione di secondo, venni catapultata in un'altra dimensione, dove non c'era nessun altro oltre a noi.

«Lascia che ti spieghi come funzionano gli ormoni di un uomo, Cenerentola.» Continuò, intenzionato a mettermi, come sempre, in trappola. «Nel mio caso, non appena ti ho vista, ho sentito ogni singolo muscolo del corpo andare a fuoco. Ho sentito subito la necessità di prendere le tue labbra ed incastrarle fra le mie» avanzò, fino a farmi sbattere alla superficie del muro.

Ancora una volta.

«Eri fottutamente sexy con quei tuoi fianchi che sbattevano a destra e a sinistra, in un gesto impacciato ma allo stesso tempo sicuro.» Disse, mordendosi in labbro in un gesto sensuale ed annientatore.

Logan era un figlio di puttana; riusciva a capire tutti i segreti del mio corpo, riusciva a capire quando fosse il momento più opportuno per raccontarmi le sue fantasie. Riusciva a stendermi con un semplice sguardo.

«Ho intravisto la determinazione avventurarsi nei tuoi occhi, anche se non volevi che andassimo oltre» sussurrò e il suo petto aderì sui miei fianchi. Il nostro respiro ormai era entrato in sincronia, come i battiti del nostro cuore. «Ed è proprio questo che mi ha fottuto.» Mi spiegò, facendomi capire che era stato proprio il mio rifiuto a spingerlo ad andare oltre i limiti consentiti.

Non voleva lasciarmi in pace, nella sua testa si era prefissato un chiaro obbiettivo: avermi nel suo letto. Ragione per cui, l'avevo sempre davanti ai coglioni.

«Sarò sincero, Cenerentola» mi avvertì, prima di poter terminare la frase. «La mia testa mi ripete in continuazione di lasciarti stare per via dei nostri genitori, ma cazzo, la mia voglia di penetrarti mi sta uccidendo lentamente», sussurrò, sfiorando il mio labbro destro. Sentivo il cuore esplodere nel petto e le gambe tremare con una velocità incontrollabile.

Il forte potere dell'eccitazione.

Sentivo di essere un leone in gabbia; anche volendo non riuscivo a muovermi da quella situazione. Rimasi sempre più perplessa dal caratterino che pian piano stava iniziando a fuoriuscire da dentro di lui.

E prima di poter incastrare le nostre labbra, udimmo dei forti passi diretti verso la nostra direzione.

Notai il volto del ragazzo di fronte a me impallidire di colpo e non appena si voltò verso la porta aperta, realizzò che era Justin. In quel momento, le posizioni si invertirono. Sentivo di essere io la strizzacervelli in questione. Riuscii a sentire tutta la paura che in quel momento aveva iniziato a scorrergli nel sangue, perché era ciò che stavo provando anche io.

«Ahia» mugolai un verso di puro dolore, portando le mani al petto. Riportai subito l'attenzione su di me, stavo fingendo un attacco di panico.

Ero una persona orrenda, non potevo fingere di avere qualcosa che faceva soffrire innumerevoli persone, me compresa.

Inizialmente, osservai lo sguardo di Logan, preoccupato. E solo quando i nostri occhi si incrociarono, ci capimmo senza neanche aver bisogno di parlare.

«Isabel, ci sono io» mi assecondò, avvolgendo le mie mani nei suoi palmi. «Cosa sta succedendo?» Domandò il secchione, entrando a passo svelto all'interno della stanza. «È necessario un kit di pronto soccorso?» Chiese, anche lui abbastanza preoccupato.

La situazione era così assurda.

Stavo salvando il culo a quello che dovrebbe essere il più responsabile tra tutti i fratelli, e come minimo dopo questa spiacevole vicenda, necessitavo un trasloco di almeno una settimana a casa di Allison.

«No!» gridai, spaventata al solo pensiero che due esseri maschili potessero toccare con mano il mio esile corpo. Non avrei accettato ciò solo per difendere Logan.

Era una bugia, avrei ceduto.

«Forse ha solo bisogno di prendere un po' d'aria fresca, la porto a fare un giro», affermò, prendendo l'iniziativa. «Sì, per favore» esclamai sussurrante, con ancora i palmi posizionati sopra al petto.

«Sicuri che non vi serva niente, ragazzi?» domandò lui per accettarsi, ancora una volta, che il ragazzo avanti a me avesse tutto sotto controllo. Lui annuì e suo fratello tolse il disturbo. Era la seconda volta che avevamo questo tipo di approccio e puntualmente, ci bloccavano. Un segno del destino?

«Ti ho salvato il culo, Smith» sussurrai, con un malefico sorrisino sul volto.

«Oh fidati Cenerentola, hai salvato anche il tuo. Dio solo sa cosa ti avrei fatto se non fosse arrivato Justin» continuò, facendomi impallidire di colpo. Provavo una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Avevo il cuore a mille per l'agitazione e le gambe tremolanti per l'eccitazione.

«Adesso propongo di uscire, rimanere qui è rischioso.» Disse e per la prima volta, non gli diedi torto. Si voltò e ci incamminammo verso l'uscita. L'atmosfera fra di noi era molto tesa, mi sentivo in imbarazzo con tutto quel silenzio. Tuttavia, decisi di utilizzare al meglio questi attimi per osservare il paesaggio.

La mandria di mucche possedeva un giardino veramente immenso e ricco di fiori, un qualcosa che personalmente amavo. Mi ricordava la casa della mia hermanita. Inoltre, guardai con ammirazione il preciso lavoro che svolgeva il giardiniere. Sembrava essere davvero contento.

«Dove stiamo andando?» Chiesi, dopo aver superato il grandissimo cancello. «Ti porto a mangiare qualcosa, dato che non hai pranzato» disse, facendomi alzare un sopracciglio. Come faceva a sapere che avevo saltato il pranzo?

«E tu come fai a saperlo?»

«Ho le mie doti, Isabel» esclamò, in modo abbastanza serio.

Non oso neanche immaginare il tipo, di doti.

Ad essere sincera, pensavo che fosse mia madre l'artefice della soffiata. E ciò, era un gran bel problema. Non doveva scoprire delle mie paranoie sul cibo. Sarebbe stata la fine. In più, se avesse alimentato questa paura allo strizzacervelli, mi avrebbe sicuramente psicoanalizzata e manipolata per farmi tutto ciò che voleva.

«D'accordo», accettai, per non dare troppo nell'occhio. Un sorriso prese il sopravvento sul suo volto, mentre il mio stomaco era già pronto a rigettare tutto. Non avevo bisogno di inutili calorie, il solo pensiero mi mandava in crisi. Non volevo ingrassare.

«Sei mai stata da queste parti?» Domandò, essendo che fra di noi era calato un forte silenzio. Un silenzio nel quale stavo riflettendo su cosa avrebbe potuto offrirmi e come avrei potuto arrivare in villa in tempo per liberarmene.

«In realtà no» confessai, portando le unghie alla bocca. Un altro metodo che avevo per distrarmi da ciò che succedeva quotidianamente, era mangiarmele. Essendo in un luogo pubblico, non potevo infliggermi dolore. Mi avrebbero scoperta.

«E come ti sembra il posto?» Chiese, con l'intento di avviare una conversazione.

«Mh, carino dai», ad essere sincera, non avevo proprio voglia di parlare, volevo rimanere immersa nei miei pensieri. Parve capirlo e non aggiunse più nulla, rimanemmo muti come pesci fin quando non varcammo la soglia di ingresso del bar.

Almeno non era un ristorante.

«Eccoci» mi avvisò, avvolgendo le sue dita intorno al mio polso. C'era davvero una marea di persone, ragione per cui non mi sottrassi dal suo tocco. Nonostante fossero tutti impegnati nel mangiare e nel chiacchierare, sentivo che mi stessero guardando.

Avvertivo il loro potente sguardo sul mio corpo. Deglutii, mandando giù la saliva, sperando che Logan prendesse un posto a sedere il più presto possibile.

Sentivo la testa esplodere dalle paranoie.

«Logan, è tutto pieno. Dovremmo cercare un altro posto», sussurrai, facendo la finta dispiaciuta. In realtà, stavo godendo come non mai.

«Oppure, potresti ignorare la situazione e farti i cazzi tuoi», continuai, sorridendogli. Ma solo dopo aver pronunciato quelle parole mi resi conto che stavo esagerando. Dovevo continuare a reggere la maschera.

«Mi dispiace per te, Cenerentola. Si è appena liberato un posto», comunicò, indicandomi un tavolo a pochi metri da noi.

I due bastardi che avevano lasciato il posto libero non potevano aspettare ancora un po'?

Prima di sedermi, mi soffermai ad osservare le sedie di cristallo. Ogni volta che mi trovavo in un posto nuovo, adoravo analizzare ciò che avevo attorno. Sarebbe servito per aumentare la credibilità nelle descrizioni delle mie storie. Sono cose che può capire soltanto una scrittrice.

«Signori, siete pronti per ordinare?» Chiese la cameriera, con voce stridula. Il suo timbro di voce era talmente odioso che avrei preferito strapparmi i timpani. «Sì, io vorrei un succo di frutta e un pezzetto di torta all'arancia» comunicò, mentre l'odiosa ragazza con le labbra più grandi del mio intero corpo, iniziò a scrivere sul suo taccuino. «Anch'io amo la torta all'arancia!» esclamò lei.

Ma chi glielo aveva chiesto?

«Tu invece?» domandò lui, notando che non avevo ancora ordinato. La verità è che mi spaventava non essere a casa, non ero abituata ad uscire, tantomeno a mangiare fuori.

Non potevo avere tutto sotto controllo, un qualcosa che mi spaventava come non mai.

«Per lei invece, un pezzo di crostata alle mele, uno di torta al limone, un cornetto, una ciambellina al cioccolato, un-»

«Ma che stai facendo?» Domandai, interrompendolo. «Ti ordino l'intero bar, se non scegli cosa vuoi» affermò, lasciandomi senza parole. Era chiaro il messaggio che mi stava lanciando: ero in trappola. Non sarei uscita da quel bar con lo stomaco vuoto.

«D'accordo, basta che la smetti. Un cornetto vuoto va più che bene» dissi, ma a quanto pare non andava bene neanche questo. «Okay, ho capito» spostò lo sguardo verso la cameriera. «Un cornetto alla nutella e un caffè» ordinò. Era proprio quello che volevo.

«Torno fra poco»

Per me potresti anche non tornare proprio.

E poi, vidi una cosa che mi lasciò senza parole. La cameriera che, nell'andar via, strusciò le dita sul dorso di Logan. Lui però, rimase quasi impassibile. Quindi, mi chiedevo, i due già si conoscevano? Il santarellino mi sorprendeva sempre di più.

«Signori, siete pronti per ordinare?» chiesi, mettendo le labbra a papera. Sentii subito la dolce risata del mio fratellastro, visibilmente divertito dalla situazione. «Non oso immaginare cosa ci combina con quelle labbra...» Affermai, con tono ironico.

«Isabel!» Mi redarguì, non riuscendo a smettere di ridere. Capivo che potevano esserci dei gusti molto soggettivi sul filler, ma cavolo, quello era decisamente troppo!

«Sei tremenda» continuò lui, scuotendo la testa. Essendo che il cibo tardava ad arrivare, lo strizzacervelli aveva ben pensato di provare ad instaurare un rapporto di fiducia. Si era iniziato ad interessare alla mia scrittura, alle mie passioni e a ciò che mi piacesse e che non mi piacesse fare.

Non nego che la nostra conversazione fosse stata piacevole, raramente trovavo qualcuno disposto ad ascoltarmi. Tuttavia, le vocine che avevo in testa erano ben chiare: non dovevo per alcun motivo espormi troppo.

«Ecco qui», la cameriera tornò, posando i vassoi con tutto ciò che avevamo ordinato sul tavolo. Quel cornetto... era pieno di nutella. Non potevo farcela. Le cose sarebbero state due: o mi sarei abbuffata, o avrei digiunato tutta la giornata. Ed io non riuscivo a sopportare più il peso che quelle vocine avevano su di me.

«Ti senti a disagio?» Sussurrò lo strizzacervelli, notando la mia espressione. Sospirai, armandomi di coraggio. E prima di poter addentare l'alimento, cercai con lo sguardo il bagno dove sarei andata a rigettare poco dopo.

«No, no» sussurrai a mia volta, prendendo tra le mani quell'ammasso di calorie. Logan mi stava fissando. Non c'era più nulla da fare, dovevo mangiarlo. Se non l'avessi fatto, avrei deluso mia madre. Avrei deluso la persona che c'era sempre stata per me.

Afferrai un tovagliolino, avvolgendo il cornetto e subito dopo, tirai un piccolo morso. Mandai tutto giù e cazzo, mi ero dimenticata di quanto fosse buono. Non mangiavo un cibo di questo tipo da tantissimo tempo.

Ciò perché, le cose più buone, erano proprio quelle più caloriche.

Pezzo dopo pezzo e chiacchiera dopo chiacchiera, riuscii a terminare tutto ciò che c'era nel vassoio. Il peggio era passato.

Adesso, dovevo solo rigettarlo.

Non c'era altra soluzione. L'unica parte complessa sarebbe stata informare Logan.

«E adesso caro, perdonami, ma devo andare alla toilette.» Dissi, con tono ironico, tamponando il tovagliolo sulle labbra. Il sarcasmo era la mia difesa a tutto. Solo in questo modo, il ragazzo non sospettò nulla e mi indicò dov'era il bagno.

Lo raggiunsi a passo svelto e, dopo essermi assicurata che la porta fosse chiusa a chiave, poggiai le ginocchia sul pavimento ed alzai la tavoletta del water. Legai i capelli con un elastico nero che portavo sempre al polso mentre l'adrenalina e la soddisfazione scorrevano dentro di me. Sapevo che stavo facendo un favore al mio corpo, liberandomi di quelle calorie.

Infilai l'indice e il medio all'interno della gola e le spinsi verso il basso, per provocarmi i conati di vomito che non tardarono ad arrivare. Mi liberai di tutto ciò che avevo mangiato, insieme alle mie paranoie. Mi liberai di tutto ciò che mi opprimeva la testa. E come per magia, mi sentii incredibilmente leggera. Ero libera.

Ottimo lavoro Isabel.

Sedetti a terra e tirai le gambe su, poggiando i gomiti sulle ginocchia e i palmi sulla testa. Chinai il volto verso il basso, presa dai sensi di colpa. Sapevo di aver fatto la cosa più giusta per il mio corpo, ma allora perché mi sentivo morire?

Forse perché, dentro di me, c'era una piccolissima parte che mi diceva che era sbagliato. Era malsano il rapporto che avevo con il cibo. Chissà cosa avrebbero pensato di me.

Avrebbero pensato che sono una malata? Avrebbero pensato che sono una pazza?

Io non ero una pazza.
Non ero malata.
Stavo bene.

Isabel, che delusione che sei.

«No ti prego, non ti ci mettere anche tu», sussurrai, trattenendo le lacrime. La famosa vocina che mi impediva di vivere una vita normale, continuava a tormentarmi.

Ti spaventa la verità, sei malata.

«Smettila, non sono malata» affermai, con il cuore in gola. Il solo pensiero mi suscitava agitazione allo stato puro. «Non sono malata» continuai, con un tono di voce ancora più basso. «Non sono malata» ripetei, per cercare di convincere la vocina.

Chissà cosa penseranno di te.
E tua madre? Che delusione.

Chi vorrebbe mai una figlia malata?

«Finiscila ti prego, mi stai facendo male» affermai, quasi sul punto di urlare mentre le lacrime scorrevano sul mio viso. Quelle voci mi provocavano un dolore talmente intenso da non poterlo spiegare. Più speravo di poter essere una soddisfazione per mia madre, più mi continuavano ad arrivare schiaffi morali. Non sarei mai stata come tutte le altre. Che cosa avevo fatto di male?

E perché doveva capitare tutto a me?

Sei e sarai sempre sbagliata, Isabel. Accettalo.

«Non è vero» continuai, iniziando a singhiozzare dal pianto. Ero entrata in un loop temporale e volevo che finisse tutto il prima possibile.

Con lo sguardo, cercai qualcosa di tagliente che avrebbe potuto scacciare via le voci. Non c'era altro modo.

«Perché devi sempre tormentarmi?» domandai, non riuscendo a calmarmi.

«Isabel, va tutto bene?» la dolce voce del ragazzo che mi aveva portato in quel posto mi rimbombò nelle orecchie. «S-sì» affermai, con voce tremolante. Non volevo che si preoccupasse per me, né che conoscesse i miei sentimenti.

«Apri» ordinò, avendo intuito che non stessi bene. «Sto b-bene, adesso esco» continuai, con i singhiozzi intrappolati nel petto. «Cenerentola, apri questa cazzo di porta o la sfondo a calci», minacciò, con tono severo.

Mi aggrappai al lavandino per potermi alzare e a passo lento, mi diressi verso la maniglia. Tentennai qualche secondo e poi lo feci: la aprii. Mostrai le mie debolezze, facendomi vedere fragile e vulnerabile. «Isabel» sussurrò lui, chiudendo la porta alle sue spalle. «Logan» farfugliai, gettandomi tra le sue braccia.

Accolse il mio inaspettato abbraccio, cingendo i suoi palmi intorno alla mia vita. Aveva già capito tutto. Le dolci carezze che mi rivolgeva sui capelli e il calore del suo corpo, mi indussero a tranquillizzarmi. «Ci sono io, è tutto okay», sussurrò.

Non aveva abbracciato solo il mio corpo, ma anche le mie paure e le mie insicurezze. Aveva strinto le ferite più profonde della mia anima.

Le lacrime però continuarono a scendere come pioggia in pieno inverno. Ero distrutta, mi sentivo rotta in mille pezzi.

I minuti passarono e il mio pianto pian piano si calmò, il ragazzo non aveva spiaccicato parola e forse avevo capito il motivo per il quale non l'aveva fatto.

Il pianto è uno strumento che ha il nostro corpo per poterci permettere di allentare la tensione dovuta ad una forte emozione. E non c'è nulla di male nel farlo, non ci rende deboli. Debole è chi non lo fa per paura di essere giudicato.

Queste erano le parole che mi ripeteva sempre mia madre, perché dopo gli anni passati in casa con James, avevo spento ogni emozione. Mentre mi picchiava, mi ripeteva di stare zitta. Non dovevo emettere alcun tipo di suono e soprattutto, non potevo piangere. Diceva che era per persone immature e che non avrebbe portato a nulla di buono.

«Logan...» Sussurrai, staccandomi dalla sua presa. Feci incastrare i nostri occhi in uno splendido contatto visivo e poggiai i palmi sul suo volto.

E sussultai quando i nostri corpi si toccarono, i respiri si allinearono ed i miei occhi si tuffarono nei suoi, volendo solo una cosa. Premetti le mie labbra sulle sue, scatenando così un bacio pieno di desiderio.

Sapevo che non era né il luogo né il momento adatto, ma lo volevo. Lo volevo più di qualunque altra cosa al mondo. Iniziavo ad apprezzare le sue rassicurazioni, le preoccupazioni e tutte le attenzioni che riservava nei miei confronti.

Sentivo di essere al sicuro.

«Non ora Cenerentola, non sei lucida» disse lui, staccandosi dalla mia presa. «Non sono mai stata più lucida. Ti prego, non tirarti indietro», sussurrai, sentendo la necessità di avere il suo tocco. «Ne ho bisogno» continuai, a tono basso.

Non l'avevo mai ammesso, ma avevo sempre desiderato un ragazzo così, un ragazzo che facesse del proprio meglio per starmi vicino. E nonostante i miei vari problemi di fiducia, in quel momento non desideravo altro.

Avvertii il suo pollice passare lungo tutto il perimetro delle mie labbra, ancora umide per via dei suoi baci. Accennò un sorriso e spostò una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.

Sentii il suo profumo fondersi insieme al mio, in una maniera strepitosa. Le sue dita si infiltrarono sotto la mia maglietta, accarezzando tutta la schiena.

Venni travolta da un brivido che aumentò ancora di più la mia voglia di averlo tra le cosce.

Volevo esplorare il suo corpo, centimetro per centimetro.

Questa volta, non ci avrebbe interrotti nessuno.

Continuai a baciarlo come se l'avessi già fatto mille volte, come se conoscessi a memoria il loro sapore. La sua delicatezza, mi rendeva fragile e vulnerabile.

Sembrava essere un angelo caduto dal cielo, sceso sulla terra per condurmi in paradiso. Poggiò le labbra sul mio collo e lo stuzzicò con umidi baci. Sentivo di poter accarezzare il cielo con un dito per via della nostra intesa, unica e sincera.

Avvolsi le braccia intorno al suo collo per potermi avvicinare maggiormente a lui e in un batter baleno, si liberò dalla maglietta. Mostrò i suoi addominali che sembravano esser disegnati dal miglior artista. Rimasi incantata dalla loro visione e ci passai un dito sopra, per vedere se tutto ciò fosse davvero reale.

L'attesa stava diventando una dolce tortura.

Scacciai via il pensiero di essere inadeguata per lui per potermi godere a pieno il momento. Le sue mani si posizionarono sopra i miei fianchi ed in un rapido gesto, mi spinsero verso di lui, azzerando ogni tipo di distanza.

Si specchiò nei miei occhi, probabilmente per capire se fossi ancora sicura della mia scelta. Feci segno di sì con la testa e slacciò i bottoni dei miei pantaloni, calandoli verso il pavimento. I capezzoli, ormai turgidi, spinsero contro la mia maglietta, volevano uscire allo scoperto.

Invertimmo le posizioni, adesso quella spiaccicata contro il muro ero io. Toccò il tessuto dei miei slip ed in quel momento avvertii una strana sensazione che mi indusse a chiudere le gambe.

Osservò con attenzione il mio corpo e con estrema delicatezza ed incredibile calma, divaricò le mie cosce. Ricambiai il suo sguardo ma, questa volta, non riuscii a captare i suoi pensieri. Gli occhi di Logan avevano la grande capacità di essere incantevolmente parlanti o terribilmente muti.

«Stammi a sentire, principessa», sussurrò, mentre le sue dita si divertivano a giocare con l'elastico delle mie mutandine. «Voglio sentire ogni tuo sussurro, ogni tuo brivido, sospiro o gemito. Ho voglia di averti tutta per me, perciò non trattenerti», mi avvisò e subito dopo trovai i miei slip a terra. Adesso, ero completamente esposta.

«Cosa stiamo per fare?» domandai, con voce bassa. Anche se, avevo la piena consapevolezza di ciò che stava per succedere.

«Rilassati, Isabel», rispose lui, stando al mio stesso tono di voce. «Sto solo per darti una piccola dose di camomilla, una talmente speciale da non trovarsi in commercio», continuò lui, in modo ironico.

E dopo aver ottenuto il mio sorriso, poggiò le sue dita, fredde come il ghiaccio, sul mio clitoride. Sussultai a causa della loro freddezza e iniziò a muoverle lentamente, facendo movimenti circolari.

Trattenere gli ansiti, nonostante fosse imbarazzante, divenne impossibile. La mia intimità era sempre più umida e una magnifica sensazione di piacere iniziò a scatenarsi all'interno del mio corpo.

Ero completamente rilassata al suo tocco e ciò mi spinse ancora di più a desiderare le sue dita affondare dentro di me.

Dopo avermi stordita, le sentii scendere verso il basso e posizionarsi vicino alla mia entrata. La accarezzo più volte dall'alto verso il basso e poi le inserì dentro di me, facendomi sobbalzare.

Il suo tocco fu talmente delicato da non farmi provare alcun tipo di dolore, solo una piacevole sorpresa. Il suo palmo si posizionò sulla mia pancia, esercitando una lieve pressione.

Non voleva che mi muovessi.

Gemetti a pieni polmoni quando iniziò a muoverle con il giusto ritmo; non andava né troppo lento, né troppo veloce. Era in grado di dosare la forza, chissà quanta esperienza aveva alle spalle.

Nella stanza si sentivano solo i miei gemiti e il suono delle sue dita che entravano e uscivano da dentro di me.

I nostri occhi si incontrarono ed io, davanti al suo sguardo, mi morsi il labbro facendo trasparire tutte le sensazioni che provavo in quel momento.

Continuò a spingere le dita dentro di me accelerando il ritmo ed io a gemere più forte senza pensare che qualcuno da fuori avrebbe potuto sentirci. Ero troppo presa dal momento.

D'improvviso sentii le guance arrossire sempre di più, le gambe tremare e i muscoli contrarsi.

Chiusi gli occhi e mi abbandonai ad una dolce scarica di piacere che mi aveva procurato. Il mio respiro divenne sempre più pesante e indusse l'incantatore a tirarle fuori e a portarsele alle labbra.

Assaggiò il mio sapore e dalla sua espressione capii che non gli era dispiaciuto. Mi sentii terribilmente in imbarazzo davanti a quel gesto, non sapevo come e se avrei dovuto reagire.

Il suo fianco sfiorò il mio, facendomi capire che dovevamo uscire da lì. Le sue labbra si posizionarono sulla mia fronte e mi diedero un casto bacio. Rialzai i vestiti ed evitai di incrociare il suo sguardo, per via dell'imbarazzo.

E nonostante sentissi una forte stanchezza fisica, gli chiesi di portarmi a casa di Allison. Avevo proprio bisogno di abbracciare il mio punto di riferimento, di stare con la mia persona preferita. Logan si preoccupò di pagare il tutto e si offrì di accompagnarmi da lei. Non voleva che stessi sola.

«Immagino che non sia la prima volta che ti capiti», dedusse, durante la nostra passeggiata. «Mhmh» annuì. «E non ne hai mai parlato con uno specialista?» domandò, con curiosità. Mi voltai verso di lui e con solo uno sguardo, gli comunicai la mia risposta. «Giusto, hai ragione. Pensi che siamo tutti dei drogati», commentò, ricordandosi delle mie parole. Ammiccai un sorriso, aveva capito a pieno ciò che volevo dirgli.

«Non dire niente a nessuno», ordinai, con tono serio. Non doveva assolutamente permettersi di rivelare in giro informazioni su di me.

«Tua madre non lo sa?»
«Secondo te?» risposi, con un'altra domanda. «No» disse. Era più che chiaro che non lo sapesse.

«Sono abbastanza grande per prendermi la responsabilità delle mie azioni, Logan» dissi, con sguardo severo e impenetrabile. «Inoltre, essendo uno strizzacervelli, non puoi rivelare nulla a mia madre. Ormai sono maggiorenne», conclusi. «Hai ragione principessa, sei maggiorenne. Ma in questo momento, non indosso il camice, non sono in servizio. Ciò mi permette di rivelare tutto ciò che voglio» ammise e lo fulminai, sfortunatamente, solo con lo sguardo.

«Che diamine devo fare per evitare che mi sputtani?» domandai, mentre il nervosismo iniziava a scorrermi nel sangue. «Iniziare un percorso con me» comunicò. «Che cosa?» chiesi, allarmata.

Un percorso?
Io e lui?

Ma è roba da pazzi!

«Assolutamente no!» risposi, indignata. «In questo caso, non ho altra scelta» disse, sapendo alla perfezione che avrei ceduto. Aveva un'informazione troppo importante per essere rivelata.

«Okay, aspetta» sospirai, prendendo fiato. «Mi lasci almeno del tempo per pensarci?» domandai, sperando in una risposta positiva. Gli avrei chiesto del tempo per rifletterci, ma in realtà avrei trovato un metodo per non fare nessuna delle due cose.

«D'accordo, ma ti avviso. Con me non si scappa, Isabel», disse, sicuro di sé e delle sue capacità. Annuì e continuammo a passeggiare nel silenzio più totale fino a quando non arrivammo vicino alla mia ormai ex casa. Delle strane urla stonarono i timpani miei e di Logan.

Ci guardammo negli occhi e iniziammo camminare a passo svelto, per capire che cosa stesse succedendo. La porta era spalancata. C'erano due persone sul pavimento. Rimasi immobile, pietrificata e spaventata da ciò che sarebbe potuto succedere, finché una di loro non si voltò verso di me.

/Spazio autrice/

Buon pomeriggio principesse, come state? Spero tutto bene ❤

Come vi è sembrato il capitolo?

Ricordo che su Instagram c'è un gruppo di lettura dedicato alla storia, dove possiamo sclerare insieme.

Instagram: _eleonore_hensley_autrice

Domandine del giorno: il vostro capitolo preferito?

Qual è la scena che vi è rimasta più impressa?

La scena che vi è piaciuta di meno?

Un qualcosa che dovrei migliorare?

Noi ci vediamo mercoledì con il prossimo capitolo, preparate i fazzoletti🤭

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