CRUEL

Autorstwa sanguinofavole

1.5M 43.8K 152K

Arya Donovan è cresciuta con i fratelli Mackenzie. Loro le hanno insegnato a stare nel mondo, a camminare a t... Więcej

info (+ Cast AI)
𝐂𝐚𝐬𝐭
01-I'm paralyzed
02-with your feet on the air and your head on the ground
03- Good girls go to heaven, bad girls go everywhere
04-we're building this up... to burn it down
05- The hottest guy I've ever hated
06-Love the way you hate me
07- Just another pit stop
08-I'm lost and it kills me inside
09- Bad boy, Good lips
10-The girl with the broken smile
11-You can take my flesh if you want girl
12- I'll never let anything bad happen to you again
13- I'll be fine without you
14- Crudelia De Mon
15- Can't be your Superman (I)
16-Can't be your Superman (II)
17- Stop crying your heart out
18-Hell is empty...
19-...'Cause all Demons are at this party!
20-Loving you is a losing game
21- Half a Man
22-Look after you
23- darling, I fall to pieces
24- Something 'bout you makes me feel...
25- Like a Dangerous Woman
26-Fire on Fire
27- running from the daylight
28-But now the day bleeds into nighfalls
30-When I get to Heaven
31-Please, let me bring my man
32-Burn for you
33- I choose you, to fill the void.
34. I'm about to take you back to church
35. I said I didn't feel nothing
36. There's another side that you don't know
37. I can hear the sound of breaking down...
38. You found me, lost and insecure
39.✨A Christmas Trouble✨
40. I'm never gonna dance again, the way I danced with you
41.1 Bucky Barnes
41.2 End of Beginning
42. Too sweet for me.
𝓒𝓪𝓻𝓽𝓪𝓬𝓮𝓸❤️
RIMOZIONE CAPITOLI

29-Dear Lord

33.8K 838 4.1K
Autorstwa sanguinofavole





TW:
Il capitolo sarà spicy ma non troppo.
Diciamo 🌶️ 🌶️/5
Se avete problemi con ciò, saltate il pov con il
bollino rosso.
Ciao!

🥀
Capitolo Ventinove:

Poche ore dopo
l'evento
nel seminterrato
🔴
Ryan

La camera di Arya è un po' angusta, e nonostante il buio riesco a identificare alcune cose.

C'è un letto dalla trapunta a quadri sui toni del marrone.

Il paralume della lampada è di un color rosa pastello, e la finestra è leggermente aperta, in modo da far entrare un po' di vento.

Non siamo mai stati qui insieme, da soli, e non smetto di guardarmi intorno, cercando di intravedere più dettagli possibili nell'oscurità.

È qui che lei dorme, è questo il posto in cui sogna, in cui nasconde tutte le sue cose più care. Il posto in cui magari si rifugia in pensieri illeciti e sensuali.

Mi slego l'orologio dal polso, e lo appoggio sul comodino.

Lei mi cinge il bacino con le braccia, come per nascondersi nel mio corpo. Ho il sospetto che tutta questa situazione la metta in difficoltà.

«Scusami per il disordine.», sussurra Arya, con la punta delle orecchie rossa.

Soffoco una risata sommessa e le sfioro il fianco con le dita, dopodiché la stringo a me e lei si incastra ancora di più contro il mio petto.

Le lancio un'occhiata e, sebbene la purezza selvaggia che le illumina i tratti, lei sembra intimorita da me.

Ma è stata lei a voler salire nella sua stanza.

«Stai bene?», dico soffiandole sui capelli.

Vorrei darle un bacio sulla testa, ma vengo distratto dalle sue espressioni lievemente impaurite.

«Sì, benissimo.»

«Sei sicura?», le chiedo.

Lei si morde il labbro per un attimo. «Sì.», sospira.

«Non devi fare nulla che non ti senti di fare...», le ripeto, proprio quello che le ho detto di sotto, sul divanetto del bar.

«Non voglio farti pressione. Non abbiamo fretta, e non devi pensare che...»

Arya aggrotta la fronte, come per esortarmi a proseguire.

«Che sparirò domani mattina.», concludo, aggiustandole una ciocca di capelli chiari che le è sfuggita dall'orecchio, e rido di un'ironia postuma che lei non decifra, così mi spiego.

«Anche se in realtà domani mattina sarò sul serio costretto a sparire. Dopo essere stato risparmiato da Tony Lombardo... Non ci tengo a essere fucilato da tuo padre.»

Arya sorride e annuisce lentamente.

«Ti perdono, se è solo per questo motivo.»

«Non ho altri motivi.»

Sembra tranquillizzarsi.

«Non sei un po' stanco?», chiede.

«No, non sono stanco.», dico. «Sarà per l'adrenalina. Tutta questa notte, è stata...», gioco con una ciocca dei suoi capelli. «Anzi, è surreale.»

È surreale soprattutto trovarmi qui adesso insieme a lei.

«Ci sdraiamo?», propone lei timidamente, nascondendo la faccia nella mia maglietta, forse per l'imbarazzo di aver avanzato una proposta del genere.

«Tu non sarai stanco, ma io sì.», dice con un sorrisetto colpevole.

La prendo in braccio, senza il minimo sforzo e la posiziono sul suo stesso letto, un po' piccolo e scomodo e mi siedo accanto a lei, sul ciglio del materasso.

Arya si sorregge la testa con la mano, affondando il gomito nel cuscino e abbozza un sorriso. «È strano, non è vero?», mi chiede.

La ammiro, senza distogliere mai lo sguardo, e non riesco a smettere di fissarle le labbra, che pochi minuti fa ho baciato con impeto.

«Che cosa?»

«Io e te.», dice. «Qui.», mi prende la mano, che è chiusa in un pugno sulla mia coscia e la trascina verso di sé, contro la sua costola.

Le mie dita le sfiorano la pelle scoperta sotto l'ombelico, ed è lei a guidare le carezze dei miei polpastrelli.

Reprimo una sensazione di godimento che mi annienterebbe, mentre lei mi schiude del tutto le mani.

«A cosa stai pensando, Ryan?», domanda, con gli occhi che sembrano volermi leggere dentro.

«Mi fa strano... toccarti.», rispondo.

«Strano?», dice con una punta di delusione.

«È difficile pensare che devo usare lo stesso corpo per toccare te Arya, e per condurre la vita che faccio. La sensazione non riesco a descriverla.», mi spiego meglio.

Lei fa intrecciare le sue dita tra le mie, assorta nei ragionamenti anche lei.

«Queste mani che ti toccano sono le stesse con cui ho brandito una pistola e ho ucciso Alfred e Victor.», le confesso, e ora che gliel'ho detto ho un peso in meno sul cuore.

Lei per un attimo mi fissa, ma senza dire nulla: chissà cosa ne pensa della mia confessione...

«Sono le stese mani che questa sera hanno afferrato la pistola di Tony Lombardo...», continuo.

«Le stesse mani che alle volte diventano insensibili a causa dei colpi contro al muro, le stesse mani piene di graffi e sangue.»

Mi accarezza il dorso, e traccia il contorno di una piccola cicatrice bianca.

«È strano pensare che devo usare il mio corpo per fare entrambe le cose, sia per dare cazzotti che carezze.»

«Con me non devi preoccuparti di quello che sei fuori.», dice. «Puoi essere te stesso, con me, okay?»

Si bagna le labbra con la lingua e aggiunge: «Non succede nulla se qualche volta ti fai aiutare, Ryan.»

Sorrido a mezza bocca. «Tu vuoi aiutarmi

Si stringe nelle spalle. «Potrei sì.»

«Sì, potresti aiutarmi.», le concedo. «Ma salvarmi... ? Quello non potresti farlo neanche tu.»

Ma perché devo sempre sminuirla?

Perché non voglio farle sapere il potere che ha su di me?

Lei può salvarmi, eccome.

L'ha già fatto tante volte in passato.

Se non ci fosse Arya, io sarei morto a quest'ora e non solo dai sensi colpi con cui convivo da quando ho tredici anni...

Senza di lei non sarei più umano, non ci sarebbe niente di buono dentro di me.

Se non ci fosse Arya, io sarei morto a tredici anni.

Forse si sta chiedendo da cosa mai io debba essere salvato e la domanda me la sono fatta anche io, forse un miliardo di volte e sono sempre arrivato a una conclusione: da me stesso, probabilmente.

«Ti dispiace se mi fumo una sigaretta?», le chiedo.

Scuote la testa, e così me ne accende una, giusto per fare una pausa dai suoi occhi azzurri come l'oceano, e volto lo sguardo verso la finestra aperta.

Lei si rigira la mia mano tra le sue e mi sfiora l'interno delle dita.

«Hai fatto un tatuaggio nuovo? Non me lo ricordo, questo: non ce l'avevi l'ultima volta che ti ho medicato... Nel buio non riesco a leggere... che c'è scritto?»

Chiudo automaticamente il pugno.

«Scusa.», dice, un po' sorpresa e affranta, dal mio cambio repentino di umore.

«Non hai fatto nulla.», replico severo, ma non la guardo.

Lascio comunque che continui a giocare con le mie dita, ma senza rivelarle ciò che contengono.

Dopodiché porta la mia mano sulle sue labbra e comincia a baciarla.

«Arya...»

La guardo attentamente, e dentro di me porto un peso nel petto gigante.

Non posso fare a meno di pensare alle parole di mio fratello Killian, pronunciate stanotte, prima che venissi qui.

Lei non è mai stata mia, ma non sarà mai neanche tua.
E mentre io continuo a far pagare alle altre persone la colpa di non essere lei, tu ti nascondi dietro di me per non andartela a prendere.

Sono nato per ferire mio fratello.

La mia stessa esistenza, i miei stessi impulsi e desideri sono per lui motivo di devastazione.

Sembrerebbe che il destino ha emesso la sua sentenza.

O vivo io, o vive lui.

Anche il fatto stesso che io ora mi trovi qui...

Una volta Killian mi ha detto che nella vita non ho fatto altro che prendere il suo posto, e fino a oggi non avevo mai compreso che parlasse anche di lei.

Mi chiedo se non sia stato io, invece, a voler chiudere gli occhi a tutti i costi.

«Arya...», dico di nuovo mentre mi bacia le dita.

«Se vuoi, smetto.»

«No.», ma ritraggo comunque la mano.

Spengo la sigaretta contro il bordo del pacchetto che rimetto in tasca, e avvicino il mio corpo al suo, annullando qualsiasi distanza tra di noi.

«Mi pensi qualche volta, Ryan?», chiede, e dal tono timido della sua voce capisco in che senso.

«Mi capita.», dico rimanendo sul vago.

«Ti ricordi, quello che ti ho detto prima?», dice lei. «Non voglio che tu sia dolce con me questa notte, e vale anche per le parole...»

«Perché vuoi essere trattata come una qualsiasi?», chiedo.

«Non è questo che voglio.»

«Allora, cos'è che desideri?»

«Cosa desidero, mi chiedi?»

«Sì.»

«Voglio conoscerti come ti conoscono le altre ragazze con cui sei stato.», sussurra flebilmente.

Ma perché?

È gelosa?

Ma tu non sei come le altre per me, Arya.

«Quindi, ehm...», continua lei, con imbarazzo palpabile, come se si sforzasse di essere come in realtà non è. «Vorrei sapere se mi pensi, Ryan, ma devi dirmelo come lo diresti a qualsiasi altra ragazza, devi essere sincero...»

Ho capito cosa vuole dire, e...

Il discorso sta prendendo una pessima piega.

Cerco di farmi vedere disinvolto.

Quando, in realtà, mi tormenta il pensiero che domani lei possa pentirsi di tutto questo...

Potrebbe volermi ripudiare, cancellare dalla sua vita per sempre.

«Ogni volta che penso a te, Arya...», rispondo afferrandole il viso con le mani. «Mi viene così voglia di stringermi il cazzo che inizio a innervosirmi. Ti va bene, come risposta? Sono stato abbastanza sincero

Lei avvampa, e si mordicchia il labbro inferiore: sembra che abbia gli occhi lucidi ma con tutto questo buio non ne sono sicuro.

Ci guardiamo in silenzio.

Di solito, mi piace la quiete.

Anzi, cucirei la bocca alla maggior parte delle persone, ma a volte con Arya i silenzi sono arrivati al limite dell'insopportabile.

E quando non parla, non sono mai in grado di stabilire cosa pensa: se è spaventata da me, oppure no.

Vorrei baciarla ancora, proprio come quando eravamo di sotto.

Nel momento in cui le mie labbra hanno incontrato quelle di Arya è finita per me.

Da questo non si torna indietro, ho pensato.

Ho provato così tante volte a immaginare come sarebbe stato baciarla, ma non credevo sarebbe stato così... insomma, bello.

«E tu?», le chiedo. «Tu mi pensi?»

«Mi capita.», dice, emulando la mia risposta di qualche minuto fa.

«E ti capita spesso?»

«Abbastanza...», e si avvicina: la sua fronte preme contro la mia, facendomi venire una terribile voglia di baciarla ancora.

Ma ora, nella sua stanza, mi sento molto più pericoloso per lei di quanto non lo fossi nel salottino del suo bar.

Inizio ad avere strane palpitazioni, quando il suo dito traccia il profilo delle mie clavicole.

«E mi pensi mentre ti faccio cosa?», dico.

Sorrido nel vederla un po' titubante: ma le brave ragazze vanno un po' aiutate a far uscire fuori il loro lato peggiore.

Sta ridendo, mentre io cerco di avvicinarmi alle sue labbra e lei le discosta; strofina la punta del naso sul mio collo.

«Come sono io con te nei tuoi pensieri?», aggiungo.

Emette un'ulteriore risatina, le labbra vibranti contro la pelle sensibile della mia gola e rabbrividisco, facendole scivolare una mano tra i capelli.

Gli stessi capelli che mi piaceva accarezzare quando ero piccolo.

«Penso che sei molto carino con me.», dice.

«In che modo?»

Lei alza lo sguardo su di me, intrigata.

«Be'...»

«Sì?»

«Mi piace immaginare che mi vuoi davvero

Sorrido di rimando.

Mi fa tenerezza questo suo lato più timido.

La ragazza di ghiaccio che non si fa scalfire da nulla, che sa tenere testa a un gruppo di criminali come Tony Lombardo e i suoi scagnozzi e poi è qui di fronte a me, piccola, indifesa e vergognosa.

Lei è da proteggere, soprattutto nei momenti in cui cerca di fare la dura. Perché è evidente che non sia affatto dura come vuole sembrare.

«Ti piace immaginare che ti voglio davvero, mmm.», dico.

Su Arya, puoi fare di meglio.

«Che mi vuoi un sacco.», mi corregge.

Le sfioro le costole, attraverso il tessuto dei suoi vestiti.

«E quando lo immagini io te lo dico che ti voglio o... ?», poggio le mie labbra sul suo collo e lei sussulta per il piacere.

«Me lo fai capire, soprattutto, ma poi me lo dici anche.»

«Che cosa ti dico?»

«Be'...», lascia la frase in sospeso per un po'. «Le solite cose che si dicono quando vuoi una ragazza.»

«E tu mi dai ciò che voglio? Oppure ti piace solo stuzzicarmi?», le accarezzo una guancia mentre poi le mordo e le bacio il lobo dell'orecchio.

Con tono mormorante, risponde: «Ti do quello che vuoi.»

«Ti supplico per ottenerlo?», chiedo continuando a stamparle piano dei baci roventi sul collo.

«No. Non sei affatto insistente.», deglutisce.

«Mi fa piacere.», replico. «Ciò significa che ti lasci andare subito con me, nei tuoi pensieri, voglio dire.»

«Be'... sì.»

«Pensi di poterlo fare anche... nella realtà?», le slaccio i bottoni dei jeans e glieli calo fin sotto alle anche.

Continuo a toglierle i pantaloni, e glieli sfilo completamente, ammirando fugacemente le sue gambe.

Poi, le strofino le dita contro la stoffa delle mutandine, e avverto un calore intenso penetrarmi le dita.

Lei si mette sdraiata e mi afferra la maglietta, cosicché da spingermi contro di lei, come se mi stesse implorando, come a volerne sempre di più. Sempre più baci, sempre più parole.

«Ti peso?», chiedo.

«No.»

Continuo a sfregare le mie dita contro le sue mutandine e credo di avere la faccia in fiamme.

Arya apre la bocca ed emette un leggero sospiro.

«Posso chiederti una cosa, senza sembrarti inesperta?»

«Vai.»

«Mi farà male?», chiede.

Le accarezzo la testa, i capelli, la fronte, e poggio il gomito sul cuscino.

La guardo negli occhi e scosto la stoffa della sua mutandina, così da riuscire ad accarezzare il pube liscio e sodo della sua fica, e lei sussulta.

«Non l'hai mai fatto prima?»

«No.» dice. «È un problema?»

«Ti devi solo rilassare, e andrà tutto bene.», le prometto.

Lei annuisce.

Le sfioro la parte di pelle che si trova sotto l'ombelico, avanti e indietro, facendola esasperare.

«Continua a parlare...», mi supplica.

«Sei molto bella, e molto morbida da toccare. E calda.»

Le infilo lentamente un dito dentro la fica, e lei caccia fuori un mugolio di piacere, misto a, credo, dolore. Non si sta lasciando andare abbastanza.

Il respiro di Arya aumenta e accelera, mentre tiene gli occhi sempre chiusi.

«Sei bagnatissima.», le dico. «Ti faccio male con le dita?», chiedo.

«Ehm... forse, un po'. Ma mi piace tantissimo.»

Continuo a darle delle spinte all'interno, il più lentamente possibile, ma anche in modo da procurarle piacere.

«Siediti sulla mia faccia.», le propongo e lei emette una risatina venata di imbarazzo.

«Ryan...»

Non essere dolce, non me l'ha forse chiesto lei?

«Quando ti dico di sederti sulla mia faccia, tu chiudi quella cazzo di bocca e ti siedi sulla mia. D'accordo, Arya?»

Poi estraggo le dita da dentro di lei il più piano possibile, mi metto sopra di lei, le afferro i fianchi con forza, incastrandola contro di me, e poi mi confronto con i suoi occhi, di nuovo aperti, per capire come sta.

Ha le guance che potrebbero prendere fuoco da un momento all'altro.

I nostri visi sono così vicini che mi basterebbe pochissimo per baciarla di nuovo, e muoio dalla voglia di farlo ancora.

Il suo respiro contro il mio viso è dolce intenso.

«Preferisco...», dice. «Preferisco che mi fai godere in un altro modo, per ora, tipo...»

Sì, tipo con il mio cazzo, ho capito.

Mi levo la giacca e la butto per terra, mi tolgo la maglietta, e Arya traccia nel buio il profilo dei miei pettorali.

Anche lei si toglie la maglietta, dopodiché la aiuto a slacciarsi il reggiseno, e rimane con i seni scoperti.

La bacio.

Se la prima volta, baciarla è stato come entrare in paradiso, questa volta è diverso.

È come trovarsi sul ciglio di un burrone, in procinto di precipitare.

Le catturo il labbro inferiore tra i denti.

Il suo sapore mi invade la testa, e i suoi gemiti si confondono con i miei.

Chiudo gli occhi, gustandomi la sensazione di averla finalmente tra le mie braccia, e stringo i pugni, per impedire alle mie mani di vagare avventurose sul suo corpo come vorrebbero.

Le mani mi tremano, e ho quasi paura di non riuscire a controllarmi.

Lei affonda i polpastrelli nelle mie spalle possenti.

E mi serra le cosce intorno ai fianchi.

Il mio cazzo non ce la fa più.

Le copro la bocca con la mia, la deruba del suo stesso respiro, e infilo la lingua nella sua bocca con profondità, una sensazione di sopraffazione estrema.

Mi sento svenire, come se la stanchezza mi fosse arrivata tutta insieme, senza possibilità di contrastarla.

Le accarezzo il collo e dopodiché serro le dita intorno alla sua gola, con una delicatezza che le fa venire i brividi.

«Da questo momento in poi...», sussurro al suo orecchio, con un velato tono minaccioso. «Non sarai più di nessun altro Arya.»

«È un ordine?», ridacchia. «Per come le cose sono sempre andate fra di noi... non mi sembri nella posizione di poter avanzare pretese su di me.»

«D'accordo.», replico. «Fai pure ciò che vuoi, ma se qualcuno d'ora in poi ti tocca Arya io lo ammazzo. Siamo intesi?»

Come se prima di questa notte, poi, le cose fossero state diverse.

Avrei ammazzato chiunque anche prima, solo che...

Mi sarei fermato sotto sua richiesta, come ho fatto con Wellington.

E forse mi fermerei ancora, perché mi basta un suo cenno e sono ai suoi ordini.

Ma questo non deve saperlo.

Le prendo la faccia tra le mani, e il suo respiro si riversa fuori mentre tiene la sua bocca sulle mie labbra.

Le sollevo le cosce, in modo da farle aderire ancora di più attorno ai miei fianchi.

Premo il torace contro i suoi seni nudi e di nuovo il nostro bacio si trasforma in qualcosa di carnale, le sue mani si sono aggrappate alla mia nuca e la sua bocca si apre sulla mia con dolce desiderio.

Quando la abbraccio, mi sento come se tutto il mondo fosse più leggero.

Arya mi bacia la guancia, e poi il collo, poggia i palmi sul mio petto, come nell'eventualità di frenarmi.

Le sue labbra sulla mia pelle mi stuzzicano, mi riempiono di piacere e di dolore, contemporaneamente.

Scosto le mutandine dalla sua fica e faccio strusciare l'indice e il medio delle dita sul suo clitoride caldo, bagnato e pulsante; faccio un movimento lento, su e giù mentre lei si solleva sui gomiti e fa cadere la testa all'indietro.

Vorrei che potesse sentire quanto ce l'ho duro.

Ma non so fino a che punto posso spingermi con lei, fino a che punto sia il caso di arrivare...

Lei rabbrividisce, sotto il mio ennesimo tocco.

«Sicura che ti va di farlo?», le sussurro all'orecchio.

Con gli occhi semichiusi, annuisce.

Non credo di resistere ancora per molto, ora che i miei jeans si strusciano contro le sue mutandine: devo slacciare la zip ai miei cazzo di pantaloni, perché mi sta esplodendo il cazzo sinceramente.

«Come preferisci farlo?», chiedo. «Vuoi stare tu sopra di me? O rimaniamo così?»

«Così va bene.», dice lei, e credo di non essermi mai reso conto di quanto in realtà lei sia piccola sotto di me.

Mi apre la zip, e mi sfila i pantaloni, la cintura fa un po' rumore, e tratteniamo il respiro, per paura di svegliare suo padre che dorme nell'altra stanza.

«Posso essere esplicito con te?», le chiedo.

«Che vuoi dire?», mi domanda.

«Posso parlarti apertamente dei miei desideri?», chioso.

«Puoi essere te stesso con me.», deglutisce.

«Bene.», replico. «Allora, Arya...», dico accarezzandole una guancia con le nocche, e premendo il pollice sul suo labbro inferiore. «Non vedo l'ora di aprirti la fica. Mi fa male il cazzo per quanto ti voglio.»

Premo la mia erezione contenuta nei boxer contro lo spazio tra le sue cosce, e già solo poggiarla su di lei mi fa provare una soddisfazione che non avrei mai creduto possibile.

Lei mi accarezza i capelli all'attaccatura della nuca, e abbassa la testa verso i miei boxer, strabuzzando lievemente gli occhi quando me li tolgo. Fissa la mia erezione turgida e poderosa sfiorarle l'ingresso delle sue cosce.

«Dentro di me c'è tutto quello spazio?», chiede paonazza.

Mi concedo un sorriso. «Se ti rilassi, sì.»

Sto sudando, credo, sono accaldato come non mai, ma prima di prendere qualche decisione avventata, come per esempio infilarglielo dentro immediatamente...

Mi blocco per guardarla.

Mi sento straziato, come se qualcuno mi stesse strappando il cuore dal petto: si può provare così tanto dolore solo perché sei felice?

«Sto sbagliando qualcosa?», mi chiede Arya.

«No, piccolina.»

«A-allora cosa c'è?»

«Sto solo pensando a quanto male mi farà quando dovrò andarmene.»

«E se non te ne andassi mai più?», chiede lei.

Espiro, ridacchiando. «Sarebbe bellissimo, ma prima o poi l'alba sorgerà.», recupero i jeans che ho fatto cadere per terra, esaminandone le tasche.

«Tu ce l'hai un preservativo?», le chiedo.

Deglutisce. «No... tu?»

«No.»

«Ma i ragazzi non vanno sempre in giro con un Durex nel portafoglio?», mi schernisce.

Rido. «Le donne con cui di solito mi approccio.», replico. «Usano la spirale o prendono la pillola. Non è che mi faccia impazzire il preservativo.»

«Perché?», chiede atona.

«Diminuisce la sensibilità.»

«E ora?»

Mi sdraio accanto a lei, e le accarezzo la spina dorsale. «Non mi fraintendere Arya, amo i bambini solo che...»

Lei sulle prime ride.

Poi mi accorgo che...

I suoi occhi azzurri luccicano e tremano, mentre le lacrime cominciano a scendere lungo le tempie per sparire nei capelli.

Piange, e vederla piangere è come ricevere tante coltellate nello stomaco.

E ora perché diamine piange?

La cosa mi preoccupa molto, sicuramente ho detto o fatto qualcosa di sbagliato.

Forse la menzione alle donne con la spirale e la pillola? Per non parlare del fatto che inconsapevolmente mi sono riferito a "donne" e non a "ragazze".

«Arya.», dico accarezzandole i capelli, con entrambe le mani. «Che succede?»

Le massaggio i pollici sotto agli occhi.

«È che non...», prova a spiegarsi.

«Arya.», le dico poggiandomi sul letto accanto a lei, e lei fissa il soffitto. «Hai paura di qualcosa? C'è qualcosa che ti preoccupa?»

Passo in rassegna tutte le ipotesi che potrebbero farla sentire in pericolo, o minacciata da me, escluse le donne con la spirale, e forse...

«Nessuno ti farà del male.», le prometto. «Non ti toccherà più nessuno, né i Lombardo e nemmeno...», provo una fitta al fianco, come se mi ci avessero conficcato una spina.

«Nemmeno Killian ti toccherà più, Arya, finirà in prigione. Me ne sono assicurato. Non hai più niente da temere. Anzi, non abbiamo più nulla da temere.»

Lei però scuote la testa. «Non si tratta di questo.»

«E allora cosa?»

I suoi occhi azzurri vibrano di difficoltà.

«Non devi pensare che questa sia la nostra unica occasione.», le dico, come ultimo tentativo.

«Va bene.», dice. «Quello che provo è così...», e si mette le mani a coprire gli occhi... «Mio dio è così...»

«Cosa provi?», le chiedo, scostandole una ciocca di capelli chiari che le va in mezzo alla faccia.

Quando si decide a scoprire gli occhi, mi osserva con una malizia molto innocente.

Ma la risposta la conosco fin troppo bene, credo che lei provi il mio stesso dolore. È difficile accettare che questa notte, prima o poi, dovrà finire.

«In generale, o per te?»

Mi schiarisco la gola. «Anche tutte e due, se ti va di dirmelo.»

«È evidente che ho una cotta per te.», mormora.

«No, non è evidente Arya.»

«Sì che lo è.», dice. «Proprio per questo ho paura di starci male, sinceramente.»

«Hai paura che domani sarà tutto come prima, ma non lo sarà.», affermo mettendomi accanto a lei, stringendola contro di me e lei si accoccola contro il mio petto.

«Puoi biasimarmi? Cioè, in fondo, domani ritorneranno i problemi, la vita vera, che non ci ha mai dato tregua e tu lo sai... Posso dirti una cosa senza offenderti?»

«Sì, vai.», la esorto.

«Dici che Killian finirà in prigione, ma penso che tu potresti cambiare idea.»

«Cioè?»

«Questa sera, ho visto come guardavi Killian, Ryan.»

Il mio cuore accelera, al solo pensiero di Killian nel seminterrato, nelle grinfie di Tony Lombardo.

Anche se non l'ho mai perdonato per ciò che ha tentato di fare ad Arya il giorno del mio compleanno, anche se sarei capace di vederlo sbattuto dentro una prigione per sempre...

Vederlo inginocchiato con un'ascia che galleggiava sopra al suo braccio sano mi ha fatto stare male, in un modo in cui non avrei mai creduto possibile.

È stato come tornare ragazzini. Io che lo tenevo per mano, mentre entrambi pedalavamo la bicicletta.

Era l'unico modo che aveva per pedalare: stringermi la mano.

«E quindi?», chiedo.

«Quando Tony lo ha fatto inginocchiare su quel barile in metallo...», rabbrividisce. «Mi dispiace per Killian.»

«Ti dispiace

«Sì.», ammette.

«Anche dopo tutto il male che ti ha fatto in questi anni?», le chiedo, e se solo ci ripenso un'altra volta mi si stringe il cuore, e gli occhi cominciano ad appannarsi.

«Be'... se vuoi saperlo, Killian mi ha detto che tutte le volte in cui ha provato a ferire me in realtà stava cercando di ferire te, Ryan. Questo vuol dire che non si tratta di una cosa fra me e lui, ma di una cosa fra lui e te. E sì, anche se una parte di me non riesce a superare tutto il male che ha compiuto Ryan... vederlo in ginocchio al cospetto di Tony mi è dispiaciuto, ecco.»

Ma non seguo più il suo ragionamento, perché ne ho colto solo una parte, quella più importante a mio parere.

Killian cercava di ferire me.

Quando ha fatto del male ad Arya cercava di ferire me.

Mi passo una mano sulla faccia, mentre il mio respiro aumenta e si fa affannato.

«E mi dispiace anche per te.», aggiunge Arya. «Ho sempre pensato una cosa, Ryan. Fin da quando sono piccola, ho sempre pensato che tu e lui foste legati in modo strano, non ho mai capito il vostro legame, ma ora che sono più grande, posso dirlo... Vi siete fatti dei torti a vicenda per tutta la vita, ma tu ti ostini a proteggerlo sempre. Tu lo ami, molto più di quanto lui sembri amare te, e mi chiedo solo... Perché?»

«Perché cosa

«Perché tu lo ami, e lui sembra... ecco, Ryan, scusami se te lo dico così. Ma, a volte, lui sembra che ti odi. Perché?»

Non rispondo.

«Non vuoi confidarti, immagino.», dice.

«Non mi guarderesti più come prima, Arya.»

Ci pensa su un po', poi sospira: «Non penso spetti a me giudicarti, e sinceramente non vedo perché dovrei farlo, dato che anche a me delle volte capita di essere tormentata dal senso di colpa per delle cose orribili che ho fatto in passato.»

«Le cose orribili che puoi aver fatto tu... non sono paragonabili alle cose terribili che, invece, ho fatto io.»

«Qualsiasi cosa tu abbia fatto, Ryan, non l'hai fatta con cattiveria. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, Killian ti perdonerà...»

«Non me la perdono io, figuriamoci se possa mai perdonarmi lui. E non me la perdoneresti neanche tu Arya.»

Lei alza lo sguardo e mi fissa, mentre io continuo a tenerle il fianco, e a spingerla contro di me, come per paura che lei possa fuggire via.

«D'impulso, invece io ti perdonerei Ryan, perché si vede che ti porti dentro un rimorso che è diventato un peso enorme e si vede che te lo porti dietro da un pezzo. Ma se proprio devo dirti la verità non spetta a me perdonarti... Perché magari le azioni che hai commesso hanno un impatto indelebile sulla vita di Killian e di certo non sulla mia. Non posso assolvere i tuoi peccati, così come tu non puoi assolvere i miei. Posso solo provare fiducia, confidare che il tuo rimorso sia reale, e che non ti spinga a commettere lo stesso errore una seconda volta.»

«E se lui non mi perdonasse, Arya?»

«Non so, io credo che lo farà.», dice. «Voglio dire, accorgerci del male che commettiamo è una forma di umanità e mi spinge a riflettere sulle persone che fanno qualcosa di male, a volte senza neanche rendersene conto. Come mettiamo il male inconsapevole in relazione alla società in cui viviamo? Siamo tutti bravi e perfetti, finché non arriva qualcuno ad affermare il contrario, e se esistesse solo la nostra storia, o solo la nostra versione dei fatti... saremmo tutti degli eroi, ma nella vita vera non è così, e tutti facciamo degli errori, a volte procuriamo danni irreversibili alle persone che amiamo. Ma ciò non significa che tu possa passare tutta la vita a sentirti un mostro. Parla con tuo fratello, Ryan.»

Avrei voglia di fumarmi una sigaretta, ma mi sembra scortese ora come ora. Senza contare che dovrei slacciare il nostro abbraccio per farlo.

«Le scuse a parole, non mi piacciono.», le dico. «Possono anche rivelarsi insincere, specie perché nella realtà chi si scusa pubblicamente e ripetutamente non è in realtà dispiaciuto, e così le scuse ci rendono spesso sospettosi nei confronti del perdono, in generale...»

«Già.», dice lei. «Meglio passare l'intera vita sacrificando la propria esistenza, per un errore che hai commesso in passato. Meglio questo che dire la verità, giusto?»

«Non sopporto la tua compassione, Arya.», le dico. «E non è per me che dovresti provare compassione, comunque.»

«Non ti compatisco, Ryan.», mi dice. «Ho passato i miei ultimi anni a odiarti, a chiedermi cosa avessi fatto di male per essere allontanata da te... Ho odiato te, ho odiato Killian, perché ho sempre creduto che fosse lui la ragione per cui tu mi tenevi lontana, ma poi alla fine ho capito che ho la mia dose di colpe in tutto questo... Ho capito che io credevo di averti perso, mentre tu invece eri proprio davanti a me seduto su quella cazzo di sedia tutti i giorni, a disegnare chissà che cosa...»

Le accarezzo la testa e poi sorrido.
Arya Donovan che dice le parolacce?
E da quando?

«Se non ci sono parole tra due persone, non significa che non ci sia comunicazione e io non ti ho ascoltato...
Tu eri lì, Ryan, ero io a non vederti... come molto spesso non vedo il resto del mondo, chiusa come sono nel mio piccolo angolino della terra. Sogno di scappare da MidTown, ma forse il problema non è questo quartiere... il problema sono io.»

«Non sei tu il problema.», le dico, e lei appoggia meglio la testa sul mio petto.

«A volte non so accettare l'amore delle altre persone. A volte, ho l'impressione che se qualcuno fa qualcosa per me gli sono così grata, ma così tanto grata, che finisco per starci male. E preferisco farcela da sola.»

«Per questo sei così orgogliosa?», attorciglio i suoi capelli attorno a un dito, e inspiro l'odore di mandorla che proviene dalla sua pelle.

«Che intendi?»

«Mi sembra che a te e tuo padre servano i soldi. E che l'altro giorno, guarda caso, io mi sia offerto di aiutarvi.»

«Tu e mio padre vi odiate, Ryan.», ribatte brusca.

«E questo secondo te vale a dire che non proverei con tutto me stesso ad aiutarlo, se è per una causa a cui tieni?»

«Se perdiamo il bar, poi saremo sul lastrico.»

Faccio passare la lingua tra i molari, in fase di meditazione...

«Quanto vi serve?»

«No, Ryan, io non voglio i tuoi soldi.»

«Perché?»

«Perché faresti qualcosa di orribile per procurarteli... E io non voglio che tu faccia nulla di orribile.», la sua gamba si avvinghia alla mia.

«Quanto vi serve?»

«Ryan.»

«Arya, parlami. Quanto. Vi. Serve?»

Si stringe contro di me.

«30mila dollari.»

«Cosa

«Fai conto che non ti abbia detto nulla. Scusa, non dovevo chiedertelo.», scuote la testa.

«No, non è un problema.», ribatto. «Arya, se io trovo quei soldi, potrebbe non piacerti come lo faccio.»

Lei respira in modo diverso, e so quanto le costa accettare la mia proposta: lei che non si fa corrompere mai da niente... è già un miracolo che mi abbia permesso di entrare nella sua stanza, conoscendo i suoi standard.

«Questo bar è tutto ciò che ha mio padre...», dice. «Non posso permettere che lo perda.»

«Stai tranquilla. Non lo perderà.», le prometto.







Qualche giorno dopo.
30 ottobre
Paxton

Picchietto le dita sul bancone, in attesa che Clayton mi prepari la mia birra alla spina, da mezzo litro, ghiacciata.

Ho l'acquolina in bocca.

«Quanto ci vuole?», chiedo a Clayton, la cui minacciosità della sua figura nera di spalle, ricoperta da una maglietta di cotone nero che fa risaltare i muscoli della sua schiena, mi procura un brivido.

«Arriva.», replica Clayton, poggiando la mia birra sul bancone e squadra con astio il mio gilè rosso imbottito, che ha ancora il cartellino del negozio attaccato. «Esattamente, cosa ti sei messo addosso?», domanda.

«Comincia a fare freddo!», replico, dando un sorso di birra. «Non puoi pretendere che tutti siano calorosi come te...»

«Sono cinque dollari.»

Un tizio al mio fianco, si alza, dandomi uno spintone per errore.

Ah, giusto, devo pagare la birra.

Mi tasto le tasche del mio gilè nuovo di zecca, estraggo il portafoglio per poi scoprire con mio stesso rammarico che è vuoto.

Guardo Clayton con molto dispiacere.

«E siamo a 2455 dollari che mi devi.», dice.

«Te li restituirò tutti, te lo prometto.»

Clayton aggrotta la fronte. «Ti comporti in modo barbaro.»

«Ei, non insultarmi!»

«Barbaro non è un insulto.», dice Clayton. «Se ti avessi dato del ladro, dello scroccone e dell'approfittatore, allora ti avrei insultato. Forse.», replica.

Va bene, va bene: me lo sono meritato.

Al fianco di Clayton, Killian si è appena attaccato a una bottiglia di whiskey. Ha un paio di profonde e livide occhiaie che gli scavano il volto.

Dopo la notte del seminterrato, sembra cambiato, come se il male lo stesse consumando dall'interno.

«Senti, ehm...», chiedo a Clayton. «Cos'è successo alla fine tra Killian e Jimmy, il tizio delle scommesse?»

«Killian lo ha picchiato con un piede di porco.», dice Clayton, e lancio un'occhiata verso il biondo, il cui sguardo sembra completamente smarrito.

Se Jimmy Turner non avesse canticchiato ai quattro venti di come Killian gli aveva estorto 6mila dollari, allora Tony Lombardo non ci avrebbe minacciato di morte.

Comprensibile che tutta questa storia non sia finita bene per Jimmy.

«Un comportamento, ehm... un po' barbaro, eh?», mi azzardo a sentenziare.

Clay mi fulmina con lo sguardo.

«Domani sera è Halloween.», dico a Clayton. «Che farai?»

Clayton è strano da un po' di giorni.

E ciò perché l'unica che lo costringe a comportarsi da persona decente ogni tanto, ovvero Cassie, ce l'ha a morte con lui per avergli ammazzato il patrigno.

Qualche ora fa gli ho suggerito che per farsi perdonare da lei potrebbe proporle ospitare la veglia del patrigno nel nostro bar e il suo sguardo è sfumato in un lampo nero di furia.

Ora Cassie se la spassa con Roman Lancaster, e la parte peggiore di questo aneddoto, è che Clayton non può dare la colpa a Roman, un po' come Ryan non riusciva a darla a Wellington quando quel pidocchio stava con Arya.

A proposito di Ryan...

Clayton sa di non essere come suo fratello Ryan, e che non potrà mai trattare Cassie come una principessa.

Per questo, Clayton non può dare la colpa a Roman se Cassie dubita di lui.

Perché è stato proprio Clayton a dare vita a quel dubbio dentro di lei, tramite ogni parola gelida e ogni piccola crudeltà che le ha inflitto.

Clayton scrolla le spalle.

«Lavorerò. Qualcuno deve pur mandare avanti questa baracca.», dice. «E tu che cos'hai in programma, Pax? Travestirti da tua nonna

«Occhio che mia nonna potrebbe sentirci.», lo avverto.

«Che?»

«Non lo sai? Di recente, si è messa a seguirmi... crede che io mi cacci nei casini, o robe del genere. Per quanto ne so, potrebbe essere anche dietro di me in questo momento.»

«Ma stai zitto.», mi liquida Clayton.

A questo punto, entra in scena Ryan e tutti noi ci voltiamo a osservare la sua fluente camminata verso il mobile degli alcolici, prende una bottiglia di Talisker e si dirige verso di noi.

«C'è più gente del solito stasera.», e dà una pacca sulla schiena a Clayton, complimentandosi per il lavoro.

Dopo ciò che è accaduto nel seminterrato, Ryan Mackenzie sta facendo di tutto pur di essere prudente.

Perché si sa, a essere prudenti si sopravvive sempre, o comunque spesso.

Ma tutti noi siamo in attesa: Tony Lombardo sta ancora indagando sulla morte di suo padre e suo zio, e non si darà pace finché non troverà risposta.

Ciò significa che se un giorno malauguratamente dovesse scoprire che non sono stati gli italiani a ucciderli, ma noiMackenzie, be'...

Comunque.

L'attesa è quella fase della vita criminale in cui per lo più i malviventi commettono degli errori.

E Clayton, guarda caso ne ha appena fatto uno molto grosso: uccidere Paul Campbell.

«Quando ci sarà il processo di Killian?», chiede Ryan, come se non se lo volesse perdere per nessuna ragione al mondo.

Ryan sa per esperienza che giacere in prigione non è il massimo: non fai altro che aggrapparti ai ricordi belli e piacevoli che hai avuto fuori dalle sbarre, tra una sessione di testate contro il muro e l'altra.

E anche il più piccolo insignificante ricordo che prima non ti sembrava neanche così rilevante, quando sei rinchiuso in cella è l'unica cosa che ti rimane.

O almeno per lui è stato così.

Non augurerebbe a nessuno la prigione, ma d'altra parte Ryan sa che la prigione è l'unico modo per fermare quella testa impazzita di suo fratello.

Riempio le guance di aria, e rimango in apnea, sperando di rimanere invisibile come al solito anche in questa occasione.

«Non ci sarà nessun processo, Ryan.», dice Clayton.

«Scusami?», dice Ryan.

«Paul Campbell è morto.», questa volta è la voce tetra di Killian a parlare, alle proprie spalle.

Ryan è sempre più scioccato, ma fa anche una risatina amara: non si può dire che questo sia un colpo di scena inatteso, conoscendo i Mackenzie, ma ha lo stesso una voglia irrefrenabile di picchiare i suoi fratelli.

«E com'è morto?», chiede Ryan con una punta di ironia gelida che ci pietrifica tutti. «Un piccione gli ha cacato in un occhio, non ha visto un tombino e ci è caduto dentro, sfracassandosi? Sembra più un epilogo di romanzo esistenzialista, anziché la realtà.»

Ti prego.

Trattengo le risate.

«Un infarto.», dice Killian. «Sai com'è: era vecchio e grasso.»

«E quindi...», conclude Ryan. «Gli astri si sono allineati per salvarti il culo a pochi giorni dal processo, dico bene, Killian?»

«Riassunto impeccabile.», concorda suo fratello con le labbra arcuate di malignità.

«Certo che Gesù deve amarti molto.», replica sarcastico Ryan.

«Oh, mi ama come no.», dice Killian, assottigliando gli occhi. «Ma ama qualcun altro di più.»

Questa sì, che è una frecciatina.

Ryan si sente avvampare, si sente lo stomaco stretto in un nodo.

Killian non crede in un bene superiore.

Per carità: io la capisco perfettamente la sua ritrosia nei confronti della religione.

Dopo il suo incidente, un prete una volta disse a Helen che Gesù aveva deciso di falciare il braccio sinistro di Killian in modo che così non potesse farsi il segno della croce con la mano di Satana, come spesso era solito fare a catechismo.

«Se vi fate beccare...», proclama Ryan puntando il dito verso i suoi due fratelli. «Giuro su dio, che...»

«Ho eliminato le tracce.», lo rassicura Clayton.

Ryan dapprima sembra sentirsi meglio, poi però dai margini della coscienza avverte nascere in sé qualcos'altro, un genere diverso di consapevolezza, una scossa tonificante che sembra risvegliargli le cellule.

Killian, visto e considerato che a quanto pare non si farà un po' di sana prigione, rappresenta ancora un pericolo reale per Arya.

Ryan si sente la bocca asciutta, e un qualcosa di grosso in gola, che non lo fa respirare.

«Stai tranquillo.», dice Killian come se gli avesse letto nel pensiero. «Non la toccherò la tua principessina. A meno che non sia lei a chiedermelo, s'intende...»

Clayton mi lancia uno sguardo comprensivo.

«Ehi, tu.», mi dice Clayton. «Stai bene?»

«Ovvio che sì.», biascico.

«Non ci sei rimasto male, vero?», indaga, mentre i due fratelli continuano a parlare degli affari loro, probabilmente di Arya.

Per uno bacato nel cervello come lui?

Macché.

«No, per queste cose sono adulto e vaccinato.», rispondo.

Forse, è arrivato il momento di sradicare il cocciuto sentimento che covo dentro di me per quel folle, pazzo, fuori di testa.

Ciò che mi sono sempre chiesto è se il nostro rapporto abbia qualcosa di sessuale, nell'insieme.

Non parlo di pratiche sessuali specifiche, anche perché io e lui non abbiamo mai fatto sesso insieme, meccanicamente parlando.

So di essere bisessuale ma non la vivo come un'identità, cioè non penso di avere per forza qualcosa in comune con altri bisessuali.

Ma Gesù, se esistesse l'orientamento Killiansessuale mi ci identificherei subito, e non posso negarlo.

Nei confronti di quel ragazzo si muove in me una forza e un desiderio capace di distruggere la mia intera dignità.

Ma bisogna ammettere che la situazione è un po' più complessa di così... e che a prescindere dalla sua complessità deve necessariamente cambiare.

E ora che guardo discutere Ryan e Killian mi rendo conto di una cosa.

Ciò che ho sempre voluto per i Mackenzie è la felicità.

E soprattutto, ho sempre desiderato la felicità di Killian.

Sarò limitato, e anche piuttosto frivolo, uno spettatore che desidera sdolcinatamente il meglio per ognuno, ma anche se desiderassi il contrario, e cioè che ognuno dei Mackenzie alla ottenga ciò che alla fine meriti, cosa cambierebbe?

Sarebbe solo una variazione della stessa esperienza.

Cioè io che spero si avveri qualcosa per loro, senza esserne davvero in mezzo.

In fondo, a prescindere da cosa io desideri per il finale, questa storia sarà sempre e solo la loro, mai la mia.

La storia dei Mackenzie vedrebbe solo la mia compartecipazione emotiva, come potrebbe essere la vostra: in questa storia non ne farò mai parte.

Sarò solo e per sempre uno spettatore, più o meno quanto voi.


30 ottobre, ore 21.OO
Bea

Un centinaio di persone battono i piedi sulle tribune, ognuno a tifare per la propria squadra.

Tyler tira un altro canestro da due punti dai margini dell'area e la folla è in delirio, totalmente impazzita, proprio come ai suoi concerti: la gente lo ama, lo ama follemente.

Le urla riempiono la palestra gremita di ragazzi e ragazze.

È divertente constatare come dei giocatori di bell'aspetto possano accendere l'interesse nello sport di alcune adolescenti, che sembrano tutte appassionate di pallacanestro quest'anno.

L'anno in cui Tyler Mackenzie è il capitano.

Le cheerleader lanciano in aria i pon-pon e fanno qualche acrobazia, per celebrare il momento di rivalsa, per celebrare il nostro vantaggio.

«Mon petit, mi raccomando, voglio sapere tutto.», dico ad Arya. «E non tralasciare nessun dettaglio.»

Arya è una maschera di vergogna. «Ve l'ho detto, ragazze.», si stringe nelle spalle. «Ci siamo baciati.»

«Solo baciati?», la punzecchia Cassie, con un sorrisetto malizioso.

«Sì, perché che c'è di strano?», chiede Arya.

«Cioè vuoi farmi credere... che siete stati una notte intera appiccicati e non avete scopato?», deduco.

«Ripeto.», dice Arya risoluta, anche se con quel visetto angelico non mi convince per niente. «Non ci vedo nulla di strano in questa cosa.»

«Sicura che sia Killian quello gay della famiglia?», chiede Cassie.

«Killian è gay?», dice Arya aggrottando la fronte.

«Be' sì.», replica Cassie, e poi mi guarda.

«Quest'informazione da chi proviene, paperella? Da Clayton Cazzo Duro?», domando.

Lei arrossisce violentemente. «E anche se fosse?»

«Non è forse Clayton Cazzo Duro che ti ha chiesto di parlare con sua madre per non far finire il fratellino dietro le sbarre?»

Cassie deglutisce. «S-Sì. Quindi?»

«Ti sta usando per i suoi scopi, Cassie.», la avverto. «Se si comporta in questo modo con te, forse non è la persona giusta da frequentare. Riflettici

Cassie vaga con lo sguardo in mezzo alla folla, pur di non incrociare i miei occhi e confrontarsi con la realtà di un dibattito maturo: sembro io durante un compito di matematica, mentre cerco di trovare i miei ultimi due neuroni che mi orbitano in testa.

«Domani è Halloween!», sento dire da una voce poco sotto gli spalti. «Grazie al mio posto nel comitato, ho organizzato una festa pazzesca! Voi ci verrete?»

Mi guardo meglio intorno.

Meredith Keller si solleva i capelli con le mani, attorcigliandoli in un nodo e legandoli con un elastico che ha al polso.

La sua divisa da cheerleader è almeno di due taglie in meno.

Sta parlando con Kara Jones e Judith Lancaster, rispettivamente la ragazza con gli occhi blu e la figlia di quello che si è sparato in testa, le quali la fissano con venerazione.

«Abbiamo già da fare...», dice però Kara Jones, con un tono volutamente misterioso, fissando la sua amica.

Ha le ciglia lunghe piene di mascara che le incorniciano gli occhi blu da volpe.

«E cosa dovete fare?», le incalza Meredith.

Nessuna delle due risponde: sembrano condividere un segreto inconfessabile, uno di quelli che giuri di non dire a nessuno durante un pigiama party...

Un segreto in effetti da quattordicenni quali sono.

E dopodiché il mio cuore comincia a martellare, perché mi accorgo che a qualche fila di distanza, dietro di me, in piedi, c'è niente di meno che Kevin Green.

Alto, massiccio, sformato, si sta ingozzando di merendine, forse plum-cake, e guarda la partita in silenzio: quel ragazzo è repellente.

L'odore acidulo del suo sudore mi artiglia le narici anche da qui, e mi domando se esiste in questo universo un essere più spregevole di lui.

E la risposta è sì.

Suo fratello Josh.

«Vabbè. Peccato.», dice Meredith stringendosi nelle spalle e sospirando nella direzione di Tyler Mackenzie che corre lungo il campo, dribbla la palla e la passa al centro prima di ripartire, poi la afferra di nuovo e la lancia nel canestro.

La palla si infila nella rete, e l'arbitro segna due punti al cartellone.

La folla è in visibilio.

«Non sapete cosa vi perderete ragazze!», e poi grida: «Forza Tyler! Forza CAVALIERS!», battendo energicamente le mani che reggono i pon pon in un applauso. «Sei il nostro orgoglio, Ty!»

Tyler si scompiglia i riccioli biondi e sorride compiaciuto verso il canestro.

Lucas Brenson gli batte il cinque, e poi insieme sfilano davanti ai tifosi della squadra avversaria.

Anche Cassie e Arya battono le mani in fragorosi applausi.

Lucas, dopodiché ruba di nuovo la palla agli avversari e la lancia a Mackenzie, che segna un altro canestro, quasi da centro campo.

È inarrestabile.

«Ragazze.», dico alle mie amiche. «Volete scommettere che sono state quelle tre a pubblicare il video di Cassie, mentre era ubriaca?!»

«Dici sul serio?», chiede Arya. «Ma perché?»

«Non lo so.», rispondo. «Me lo sento... è un istinto...capite?»

«Non si può accusare qualcuno basandosi sul proprio istinto.», dice Arya.

«Allora facciamo delle ricerche. Perché ho voglia di avere ragione.», guardo a turno Cassie e Arya. «Ci vediamo da me, domani pomeriggio, prima della festa di Halloween? Ci verrete alla festa di Halloween della scuola, vero?»

«Mi spiace, io non ci sarò.», dice Cassie. «Roman vuole che lo accompagni da una parte.»

«Ah.», replico. «Sicura che non...?»

Altri cori strepitanti alle mie spalle.

«T Y L E R! T Y L E R! T Y L E R!»

Sentire gli incitamenti di Meredith, a cui si unisce tutta la tifoseria della Mordale, mi fa provare uno strano crampo allo stomaco, e comincio ad avere vampate di calore.

Tutta la scuola fa il tifo per lui, tutti lo acclamano, tutti lo venerano...

All'improvviso, in piedi tra le tribune mi sento soffocare.

Mi asciugo il sudore dalla fronte, e Tyler fa la stessa cosa, servendosi della canottiera.

Non riesco a non far cadere lo sguardo sul suo addome scoperto, scolpito e leggermente dorato.

I muscoli del suo corpo si notano anche a questa distanza e sono in perfetta sintonia con il suo aspetto.

Le sue labbra morbide sono forti e meravigliose quando le usa per sorridere, e quando gioca ha un sorriso radioso.

Tyler Mackenzie è il miglior attaccante che i Cavaliers abbiano mai avuto, mi ritrovo a riflettere.

Il miglior capitano che la nostra squadra di basket non abbia da anni...

E forse è perfino meglio di suo fratello Clayton, che ha condotto la squadra fino ai play-off, e che si è guadagnato anche una borsa di studio per l'università due anni fa.

Mi concentro sulla partita.

Lucas ha la palla in mano, fa qualche finta, la passa al giocatore con la maglia numero 11, che la prende la fa rimbalzare e prova a tirare, ma la palla prende il bordo del canestro.

Dopodiché, la palla la prende Tyler, la maglia numero 23, che salta e fa canestro e il fischio assordante di fine partita arriva nell'esatto momento in cui la palla rimbalza sul terreno.

Eccoli, gli strepiti del pubblico, più intensi che mai.

Alcune delle ragazze in tribuna sbracciano e urlano per attirare la sua attenzione.

Tyler si toglie la maglia e se la sistema sulla spalla: il sudore riluce sulla sua schiena, accentua la curva dei muscoli sulla sua figura.

Vago con lo sguardo giù per la spina dorsale, mentre lui saluta i ragazzi della squadra avversaria, con competenza e spirito sportivo.

Mi mordo il labbro inferiore, mentre indugio sulla sua figura perfetta, ripetendomi che forse non dovrebbe essere lecito studiare qualcuno in questo modo.

Ruoto la testa in direzione di Lucas, che mi sta già guardando e mi sta sorridendo, e alza un palmo in segno di saluto, e mi corre incontro, mentre scendo i gradini e lo raggiungo.

Sento le mie amiche seguirmi.

«Ei!», esordisce Lucas, e mi stampa un bacio umido sulle labbra. «Ma che fine hai fatto l'altra sera? Perché non hai mairisposto al telefono?»

Le labbra mi si cuciono all'istante e torno alla meraviglia della scorsa notte: il lago dei cigni e Tyler Mackenzie nella stessa sera, due sogni a occhi aperti che collidono...

«Ero un po' stanca.», mento.

«Ti ho fatto qualcosa?», si acciglia. «Ho fatto qualcosa di sbagliato, Bea? Sei sparita nel nulla!»

Non hai fatto nulla di sbagliato, penso.
E forse è proprio questo il problema...
Lucas è sempre così carino e gentile, non si concede mai un errore.
Sembra finto.

«Dov'eri, l'altra sera?», insiste.

«A casa.»

«Sei sicura?»

Non ho problemi a mentire alle persone.

Sono anche piuttosto brava a farlo.

Ma non mi piace mentire, se non è per una buona causa, non mi piace soprattutto mentire se non riesco a vedere la ragione per cui dovrei farlo...

Insomma, quale sarebbe il problema nel dire a Lucas che ieri sera sono stata a teatro con Tyler, uno dei suoi migliori amici dall'infanzia?

Perché io e Tyler dovremmo tenerglielo nascosto?

Perché dovremmo condividere qualcosa di soltanto nostro, tenendo all'oscuro Lucas?

Lo sanno tutti che i segreti uniscono e le bugie dividono...

«Bea, eri a casa o no? Con chi eri?»

Mi si attorciglia la lingua.

No, non posso dirlo a Lucas.

Perché l'altra notte, a teatro, mi sembrava tutto così luminoso e puro, mentre stasera, al contrario, ciò che io e Tyler abbiamo fatto mi appare proibito e scandaloso?

Eppure, tra me e lui non c'è stato niente...

Tyler mi ha accompagnata all'Opera, abbiamo visto con meraviglia il Lago dei Cigni, e mi ha riportata a casa. Non ha neanche osato sfiorarmi.

«Ero a casa!», sbotto. «Quante volte te lo devo dire??»

«Perché sei venuta alla partita, stasera? Non dovevi essere a lavoro?», si insospettisce.

«Già.», replico. «Tuttavia, per qualche strano motivo Peter mi ha detto che oggi non devo andare al lavoro e ho provato un sacco di volte a chiamarlo per capire perché... Ma non mi risponde più al telefono. Neanche Charlotte mi risponde!»

«Quelli del locale si saranno presi una vacanza?», ipotizza.

«Non so.», dico. «Spero che questa vacanza non duri per molto, però. Mi serve quel lavoro...»

Lucas mi cinge i fianchi e mi ruba un altro strano bacio, un po' impacciato e vagamente consolatorio, come per suggerirmi di stare tranquilla, di scacciare via lo stress...

«Andrà tutto bene, si risolverà, vedrai.», dice Lucas.

Dietro di noi, Tyler scansiona lentamente la folla, con il passo di uno che sembra perfettamente consapevole di essere capace di ammaliare il mondo intero.

È ancora senza maglietta.

Ma quanto gli piace fare l'esibizionista?

Lucas mi strattona a sé, quando Tyler si avvicina a noi, il quale mi lancia un'occhiata perseverante: sembra così diverso rispetto a ieri sera, ora che è tornato nel suo ambiente...

Sembra di nuovo arrogante, e spaccone, già da come piega le labbra per sorridere; niente a che vedere con il ragazzo dolce, cavalleresco, e premuroso di ieri notte.

Ora siamo nel suo regno, Beatrix, ricordatelo.

«Ehi, Ty!», dice Lucas battendo il pugnetto contro quello dell'amico. «Grande giocata!»

Tyler lancia un'occhiata alle mie amiche, e il suo sorriso si apre quando vede Arya. «Ei.», la saluta.

«Urrà per voi Cavaliers!», scherza Arya.

«Sei stato grande, tigre.», aggiunge Arya e Tyler arrossisce un po'...

«Stasera potresti prestarmi la tua macchina?», chiede Lucas al suo amico. «La mia è dal meccanico.»

«A che ti serve?», dice Tyler ripristinando il malumore.

«Vorrei portare Bea da una parte, visto che non lavora stasera.»

Ah, e quando aveva intenzione di dirmelo, esattamente, che ha in programma di uscire con me?

Certo che a volte gli uomini...

Non sono neanche vestita adeguatamente per un appuntamento: indosso un paio di jeans strappati sulle cosce e una camicetta bianca.

Per fortuna, ho sempre a portata di mano il rossetto rosso Maybelline New York, custodito nella tasca posteriore del mio jeans.

«Dove vuoi portarmi?», provo a chiedergli.

«Ti piacerebbe andare... al Luna Park?»

«Non se ne parla.», dice Tyler. «Scordatelo, non ti presto un cazzo...»

«Perché?», chiede Lucas.

«Non mi fido.»

«Che gran figlio di puttana che sei! Intanto, il motore della mia Harley Davidson del '56 te lo sei fuso alla grande, eh! Per non parlare di tutti i dischi in vinile che ti ho prestato, e che non mi hai mai restituito...»

«Luke, stiamo parlando di sei anni fa...»

«La sostanza non cambia. E comunque, lo stronzo che sfascia le auto sei tu, mica io!»

«Con tutto l'affetto che provo per te, Luchino...», sorride Tyler. «Non presterò la mia auto a una coppietta di innamorati in calore.»

Cala il silenzio, fatta eccezione per Cassie che ha un ascesso di risa, che però tiene a bada presto, non appena Tyler le lancia un'occhiata torva.

Lucas sembra rimanere piuttosto tranquillo: mi bacia la guancia, e mi scosta un ciuffo di capelli dalla faccia, ma con la coda dell'occhio io continuo a fissare lui.

«Che piccioncini.», commenta Tyler con una smorfia di divertito schifo sulle labbra, e Lucas ridacchia.

«Sono il ragazzo più fortunato della scuola.», dice Lucas stringendomi a sé con ancora più invadenza, ma guardando da un'altra parte...

Quando il suo migliore amico è nei paraggi, è come se dovesse dimostrare che io e lui siamo molto affiatati insieme, come coppia.

«Ma che principino, sei diventato Luke.», commenta Tyler con disprezzo. «Le tue buone maniere e la tua indole servizievole sono qualità davvero svenevoli...»

«Tyler.», dice Lucas.

«Giuro. Sei patetico.»

Oh, non ci sta affatto andando leggero...

Non sono più sicura che stia scherzando, ora.

«Solo perché tu vuoi scopare in giro, ciò non significa che debbano essere tutti come te!», dice Lucas all'improvviso tutto piccato. «C'è chi nei sentimenti ci crede davvero!»

Nel frattempo, Cassie e Arya si guardano in modo ambiguo: forse, stanno valutando l'opzione di andarsene.

Il viso di Tyler si indurisce, e la sua mascella si delinea in un profilo tagliente.

I nostri sguardi si incrociano per un brevissimo istante, ma poi lui distoglie il proprio.

«Il mio cazzo posso infilarlo dove voglio.», dice severamente a Lucas. «O devo chiedere il permesso a te

«Puoi fare il cazzo che ti pare! Non è di questo che stavo parlando!», replica Lucas.

«E allora, di che stavi parlando?»

Lucas preme le labbra contro la mia guancia, e si sente uno schiocco molto forte, che quasi mi fa male: è come se mi baciasse per dimostrargli qualcosa.

«Dovresti trovarti una ragazza anche tu, Ty.», dice Lucas con aria saggia, di chi sa il fatto suo.

Tyler stringe i pugni a tal punto che le nocche gli diventano bianche, e allarga le narici, inspirando forte dal naso.

«Un consiglio davvero prezioso, grazie dal profondo del cuore Luke, ma...», calca Tyler con voce sommessa. «Perché non ti godi la tua fidanzatina senza rompermi le palle, Luke?»

«Non essere scortese con Beatrix!», esclama Lucas, e a questo punto insorge dentro di me uno spiacevole presentimento, il quale si manifesta dopo poco, negli occhi di Tyler, quando si imprimono nei miei.

«Sono stato scortese, Evans?», chiede Tyler, con una voce vagamente roca e accusatoria.

Deglutisco appena, cercando di non far emergere l'imbarazzo che provo.

«Be'... no.»

«Visto?», dice Tyler aggrottando la fronte, e pesca una sigaretta dal pacchetto dentro la tasca di una felpa che qualche secondo prima era poggiata sulla panchina al bordo del campo. «Lei non si è offesa.»

«Sei stato maleducato, Tyler.», insiste Lucas.

«Evans.», mi dice Tyler. «Giuro che non so come fai a sopportarlo.»

«Lei è la mia ragazza, okay, Tyler?», alza la voce Lucas. «Non parlarle così! Se non ti sta bene questa cosa, o se hai qualche problema con lei, o con me, sparisci!»

«Ma ti senti, Luke? Le senti le cazzate che dici?», chiede calmo Tyler, mentre una nuvola di fumo tossico esce dalle sue labbra. «Sembri proprio un ragazzino di dodici anni.»

La gola mi si attorciglia in un nodo dolorosissimo.

Ma che sta succedendo?

Nel frattempo, Meredith, assieme a Samuel e Mathias al suo seguito, si avvicinano, e ha tutta l'aria di essere a caccia di gossip, ma li notiamo arrivare solo noi ragazze.

«Tu manchi di rispetto a me e alla mia ragazza, e poi l'immaturo sarei io?», insiste Lucas.

«Dai, Lucas...», provo a rabbonirlo, mentre la sua presa sul mio fianco si fa sempre più forte. «Non ti pare di esagerare un po'?»

«Bea, non devi assecondarlo.», mi sussurra all'orecchio Lucas.

«Non lo sto assecondando... Piuttosto, tu datti una cazzo di calmata!»

Lucas sospira. «Fantastico! Mi si è appena rotta la ragazza.»

Meredith è di fronte a noi: le gambe lunghe e magre come stampelle, i capelli biondi e le labbra sensuali arricciate in una smorfia di sufficienza.

Mastica lentamente un hot dog, come una mucca che rumina, e il ketchup le sporca gli angoli della bocca.

«Due migliori amici che litigano per la stessa donna.», dice Meredith ancora col boccone in bocca, facendo viaggiare le iridi da uno all'altro come palline da tennis. «Non vi sembra una scena fin troppo cliché?»

Alle spalle di lei, Samuel e Mathias incrociano le braccia: la costellazione acneica sulle loro fronti li fa apparire un po' meno minacciosi di quanto desidererebbero.

«Che diavolo vuoi dire?», chiede Lucas a Meredith, ormai rosso in volto, e Tyler continua a fumare imperterrito, le iridi sempre più cupe, serie e imperturbabili.

Meredith sospira, gli angoli della bocca che si piegano in un sorrisetto.

«Non l'hai ancora capito, Brenson

Lucas è piuttosto confuso, e osserva le pieghette della gonna in tulle di Meredith, come impegnato in un calcolo difficilissimo e io cerco di reprimere il panico.

Non riesco più a parlare, e mi gira perfino la testa. Neanche guardare le mie amiche in questo momento mi aiuterebbe. Be' è questo che succede a chi ha la coscienza sporca.

Quante possibilità ci sono che Meredith sappia...

No, impossibile, nessuno sa che ieri sera Tyler mi ha portata al Lago dei Cigni e comunque anche se lo sapessero, hanno capito male.

Poiché è di questo che si tratta, no?

Di un fraintendimento colossale.

Evito perfino di guardare Tyler, tanto per essere pronta a discolparmi, concentrandomi invece su Mathias e Samuel, che si danno di gomito l'un l'altro.

«Cosa dovrei capire?», chiede Lucas, che fa scivolare il braccio dal mio fianco e fa un passo indietro.

«La santarellina della tua ragazza... non è poi così tanto santarellina.», dice Meredith.

«Questo già lo sapevamo, no?», si intromette Mathias. «In fondo, visto e considerato, ehm, magari è solo una mia opinione, ma...», indugia un po' sulla mia figura, ma lo blocco all'istante.

«Da quando in qua tu hai delle opinioni?», gli chiedo.

Mathias fa un'espressione drammatica.

«Toglimi una curiosità, Evans. Sei stata tu a chiamare la polizia la sera della festa a casa dei Green?»

«Chi te lo ha detto?», chiedo.

«Oh, in giro ne parlano un po' tutti...»

«Scusami se ti interrompo.», dice Arya. «Ti stai sbagliando: a me risulta che tutti in giro, non fanno altro che parlare del tuo cazzo piccolo.»

Mathias ammicca un sorrisetto, come per dire "molto simpatica, Donovan. Ma anche alquanto volgare."

Guardo Arya come per suggerirle di lasciare stare, e torno a focalizzarmi su Mathias.

«Tutti chi?», gli chiedo ancora.

«Evans, ma che importa?!», esclama lui, stringendosi nelle spalle. «Ma fatti dire una cosa... Quello di chiamare la polizia a una festa di un tuo compagno di corso non credi che sia un gesto un po'... ipocrita? Visto e considerato che sei stata la prima a divertirsi alle sue feste...», continua Mathias.

«Già te la ricordi mentre ballava sui tavoli?», dice Samuel.

«Insomma, Green ha rischiato sul serio di passare i guai. E per cosa poi? Per un po' d'alcool?», continua Mathias.

Vorrei replicare, ma quando si tratta dei Green dalla mia bocca uscirebbe solo un sibilo strozzato.

Per qualche strana ragione, preferisco che gli altri pensino che io sia stronza, piuttosto che vulnerabile.

Mathias continua: «Voglio dire... sei carina, non mi fraintendere...Sembri addirittura una bambola, Evans.»

«La bambola con cui tu non giocherai mai.», ringhio.

Razza di demente.

Mathias sorride. «Ti credi di essere quella bella e impossibile, non è vero? O, io non direi proprio, visti i tuoi hobby...»

Cala il gelo, e do un'occhiata a Lucas che però non reagisce, sembra un po' sotto shock. Fissa il suo amico in tralice.

Sarei scioccata anche io.

Non è il genere di commenti che ti aspetteresti dai tuoi amici più vecchi e più cari sulla tua ragazza.

«Se ti riferisci alle mie attività extrascolastiche, ti informo che io vengo pagata per ballare... mentre tu.», lo squadro da capo a piedi. «Tu vieni pagato per segarti il cazzo nella tua cameretta? A occhio e croce mi verrebbe da dire che il tempo che sprechi a massaggiarti il cazzo è così elevato che anche il tuo potrebbe essere considerato un lavoro...»

Lui non risponde, e qualcun altro ride.

Ma io ignoro tutti e continuo, affranta.

«Non capirò mai, cosa ci trovate di male nella danza.»

«Assolutamente nulla.», dice Mathias alzando i palmi in segno di difesa, ma poi aggiunge a bassa voce: «Se lo fai da vestita...»

Meredith ridacchia, ma è l'unica a spassarsela: gli altri sono tutti senza parole, dopo questa a
affermazione, specie Tyler e Lucas.

Mathias sa di aver detto qualcosa di sbagliato, e rapidamente indovina che cos'è.

I suoi occhi incontrano quelli di Tyler e serra le labbra.

Ho sempre creduto che Mathias fosse la persona più ottusa che avessi mai avuto la sfiga di conoscere.

Tutte le persone stronze hanno un punto debole, magari della sofferenza che si portano dentro e che li rende ciò che è.

Ma Mathias invece no: lui sembra un essere incapace di provare qualsiasi tipo di conflitto interiore.

È talmente piatto e stupido, profondo quanto un foglio di carta, così bidimensionale da sembrare un personaggio idiota di una commedia.

«Che cazzo hai detto alla mia ragazza?», chiede Lucas, rosso come un peperone, sputando fuori ogni parola, pronto ad aizzarsi fisicamente contro di lui.

Mathias lo sa che dare fiato alla bocca in questo modo è stupido, ma sembra voler perseverare nell'errore, e sta per dire qualcos'altro, ma...

Qualcosa vola verso di me, schiantandosi contro la mia camicetta bianca.

Meredith mi ha lanciato addosso il suo hot dog pieno di ketchup.

Porca puttana.

Glielo farei ingoiare questo panino a Meredith Keller, fino a farla strozzare.

«Ops, scusa, Beatrix, ti avevo scambiata per il cestino della spazzatura.», dice con una risata lunga e flautata.

Sento una piccola morsa al cuore.

Vorrei avere il potere di cancellare i ricordi della gente, perché mio dio: mi sento così in soggezione ora, mentre tutti mi fissano e io sono immobile.

Sono diventata il loro zimbello...

Vorrei far risalire in me un po' di quel sano menefreghismo che fa parte di me, ma la verità è che ora sta prendendo il sopravvento la parte più vulnerabile di me.

Abbasso gli occhi sulla mia camicetta, che sembra essere la scena di un crimine per quanto è macchiato di rosso.

Mi sento piena di ferite interne, che bruciano come sigarette, proprio come gli sguardi di tutti che ora sono puntati su di me.

Mi fa male la gola per quanto sto trattenendo le lacrime.

«Devo andare a...», ruoto la testa in cerca di conforto negli occhi azzurrini di Lucas. «Sciacquare via la macchia...»

«Eddai, Evans non prendertela. Guarda che era per ridere.», dice Samuel

«A me ha fatto ridere.», aggiunge Mathias.

«Ma così sei più carina, Beatrix.», dice Meredith. «Non ringraziarmi

«Sì, sarebbe anche carina.», dice Mathias, «Se non somigliasse a un'asse da stiro.»

Tyler ride.

Ride di una risata intensa, incontrollabile, ma senza articolare alcuna parola: si limita a esprimere con la faccia la repulsione che tutta questa situazione gli suscita.

Ciò che succede dopo sembra accadere molto lentamente, sebbene si svolga nell'arco di pochi secondi.

Tyler afferra per il colletto della polo Mathias, e se lo guarda ridendo, proprio come uno psicopatico, e lo getta addosso a Samuel, i quali si scontrano tra loro e barcollano.

«Tyler, si può sapere che diavolo...?», biascica Mathias strabuzzando gli occhi.

Nel frattempo, Arya e Cassie si avvicinano a me; mi chiedono se sto bene, parole a cui però non do ascolto, perché continuo a fissare la scena in cui Tyler osserva Mathias, mentre un suono ovattato tipo ronzio mi copre le orecchie.

Analizzo Tyler, come per cogliere nelle espressioni di Mackenzie un indizio.

Si fermerà?

Ma la domanda giusta in realtà è.

Comincerà?

Tyler solleva il mento, un gesto che fa chiaramente presagire che non farà marcia indietro e afferra di nuovo Mathias per la sua polo.

Gli tira un gancio sinistro dritto sul naso, e poi un'altra serie di colpi, che fanno sprofondare tutti nel terrore.

«O santo cielo.», espira Lucas, che evidentemente non sa che fare.

Meredith strilla come un'oca starnazzante.

Samuel e Lucas si intromettono tra loro, cercando di interrompere la furia cieca di Tyler ma senza ottenere alcun risultato.

Anzi, Tyler colpisce anche Samuel.

I movimenti di Tyler sono fluidi, precisi, come se stesse prendendo a pugni un sacco da boxe per esercizio, misurando la precisione, ma la rabbia che prova è bollente e folle e sconosciuta.

Mi porto le mani a coprirmi la bocca, sconcertata.

Cerco di tenere a freno il panico, ma è difficile non caderne vittima.

«Scusate...», dico a Cassie e Arya, «Vado a... vado a cambiarmi.»

«Veniamo con te.», dice Cassie.

«No, vi prego.»

Sento le mani di Lucas addosso, e le scaccio via.

«Ho bisogno di stare un attimo da sola...», insisto.

Arya

Non ho mai visto Tyler così pieno di rabbia; o forse sì, in realtà.

Tuttavia, è raro vedere Tyler scagliarsi contro i propri stessi amici per una ragazza: oserei dire che non ha mai considerato abbastanza nessuna ragazza al punto da difenderla in questo modo.

Ha le nocche arrossate e il volto livido di dispiacere e infine, Tyler allontana Mathias da sé con uno spintone e fissa Meredith con odio.

«Non ti picchio, giusto perché sei una ragazza.», la avverte. «Ma la prossima volta che umilierai Evans...», dà una breve occhiata a Lucas. «O qualsiasi altra ragazza, ehm, del mio migliore amico in questo modo non mi farò alcun problema a spaccare la faccia anche a te.»

Meredith deglutisce, e sbatte le ciglia. «Guarda che io...»

«Non un'altra parola.»

«Ti prego Ty!!»

Mathias reprime un ghigno, mentre si tasta i denti come per accertarsi che siano ancora lì al loro posto. «Ma che cazzo, Ty, che diamine ti è preso?», mormora. «Stavamo scherzando, cristo!»

Samuel si massaggia la mandibola. «Amico mio, hai qualche rotella fuori posto.»

Tyler se ne va, e si dirige anche lui verso gli spogliatoi... Lucas fa per seguirlo, ma intervengo.

«Ehi, ehi... Brenson!», lo richiamo e lui si volta.

«Sto andando a vedere come sta Bea.», spiega.

«No.», gli suggerisco. «Meglio non starle vicino in momenti come questo, giusto Cassie?»

Cassie annuisce, dapprima lentamente e poi sempre più energicamente quando si rende conto delle mie intenzioni.

Lasciare Bea e Tyler un po' da soli.

«Già, Lucas! Non hai idea di quanto, alle volte, Bea abbia bisogno di rimanere sola... sola senza nessuno, intendo dire. Sola senza maschi in generale.», ride istericamente poi deglutisce. «Dai retta a noi, che siamo le sue migliori amiche e la conosciamo meglio di chiunque altro...»

E con la coda dell'occhio seguo Tyler, che è appena uscito dal campo.

Bea

Mi dirigo verso gli spogliatoi.

A quest'ora, non li utilizza nessuno, perciò i corridoi sono bui e silenziosi, anche se l'aria sembra molto pesante, come se le voci e il fiato degli studenti, perfino il loro sudore, indugiasse nell'aria.

Sono ancora molto scossa per ciò che è successo, anche se cerco di scrollarmi di dosso i pensieri tristi e negativi, ma ho una certa pressione alla testa che vorrei alleviare piangendo, liberandomi.

Le persone forti non piangono, però, mi dico.

Avrei dovuto tirargli io il cazzotto a Mathias, non lasciare che lo facesse Tyler.

Non sono più tanto sicura di essere forte.

Forse, sono forte e fragile insieme.

Forse, alle volte sono così forte e aggressiva con il mondo perché devo proteggere le parti più fragili di me.

Spalanco la porta degli spogliatoi, e apro il rubinetto del lavandino, evitando accuratamente di guardarmi allo specchio: se incontrassi la mia immagine riflessa, probabilmente, neanche la riconoscerei.

Per prima cosa, mi sciacquo i polsi sotto il getto dell'acqua e subito comincio a sentirmi meglio.

Chiudo gli occhi e prendo un bel respiro, rimanendo a contatto con l'acqua fredda per qualche minuto.

In questo modo, sento che i pensieri mi scivolano via sulla pelle.

Dopodiché sento un rumore, e mi volto: la porta si è aperta con violenza.

È Tyler...

E quando lo vedo realizzo che la mia camicetta bianca è ancora sporca di ketchup: perché non l'ho lavata subito?

Incrocio le braccia al petto, pur di non far vedere la chiazza rossa, che tra parentesi si vede lo stesso.

Gli occhi cominciano a bruciarmi ancora di più, mentre si incastrano nei suoi, color cioccolato amaro, incorniciati da ciglia intense.

«Quando ho detto di voler stare da sola...», dico. «Valeva anche per te: va' via Mackenzie...»

Lu serra la mascella, che si fa ben affilata e ammiro la sua pelle priva di imperfezione, le sue labbra carnose contrarsi. Il collo liscio e massiccio, con una vena che gli scorre a lato, pulsante.

Tyler sembra il figlio di qualche dio che dopo averlo concepito ha deciso di abbandonarlo sulla terra.

«A differenza di Luke, io non sto ai tuoi ordini, Evans.», dice.

Sollevo il mento, e slaccio le braccia dal petto, che invece stringo accanto al busto, e deglutisco.

Anche se non faccio altro che negarlo a me stessa, questa cosa di lui mi piace molto.

«A proposito di Lucas.», dico. «Forse, dovremmo riferirgli di cosa è accaduto l'altra sera...»

«Non diremo un cazzo a Luke, Evans. Non è stato niente di importante.»

Ahia.

Una parte di me, non proprio cosciente, affonda nella delusione.

Ha fatto un po' male questa risposta.

Tyler avanza verso di me.

Sostenere la sua presenza è sempre molto difficile, ma lo è soprattutto adesso, che le sue dita cominciano a slacciarmi i bottoni della camicia.

«Tyler...», sussurro.

La mia pelle nuda si rivela a poco a poco sotto i suoi occhi intensi.

Il suo viso spigoloso è il ritratto della collera silenziosa.

Ha picchiato i suoi amici, per colpa mia, e quest'azione probabilmente lo ha fatto incazzare. Ce l'ha con me, adesso?

«Tyler, non...», provo a dire.

«Non vuoi spogliarti di fronte a me.», dice continuando a slacciare un bottone dopo l'altro.

«Eppure, sei abituata a farti guardare no?»

Perché tra di noi ci deve essere sempre questa velata provocazione?

«Sì, sono abituata a farmi guardare, ma solo se vengo pagata.», rispondo alzando un sopracciglio e lui sorride.

Accosta le sue labbra al mio orecchio e sussurra: «Dimmi quanto

Esalo con il respiro bloccato in gola, e rispondo a un centimetro dalle sue labbra, sussurrando: «Oggi non sono in vendita.»

Le sue labbra carnose si aprono in un sorriso ipnotico, dopodiché mi sfila la camicetta e osserva la piccola curva del mio seno.

«Peccato.», dice. «Ci starebbe molto bene questo reggiseno, dentro al cassetto del mio comodino, lo sistemerei assieme a quell'altro che hai gettato per terra al Cherry Club.»

Arrossisco.

Probabilmente divento rossa come la macchia di ketchup sulla mia camicetta, ma dissimulo bene l'imbarazzo.

«Quando te ne sarai andato da qui, posso tirartelo appresso, se ci tieni tanto ad averlo!»

Sorride deliziato. «Ti prego, Evans, non leccarti le labbra in questo modo, altrimenti il tuo reggiseno te lo slaccio immediatamente, e non ti chiederò il permesso... Chiaro?»

«E poi che diranno i tuoi amici, eh, Mackenzie?»

«A proposito di?», chiede in tono serio.

«Oh, andiamo! I tuoi amici del cuore lo sanno che il reggiseno che sventolavi l'altro giorno sotto i loro nasi era proprio il mio

Sono così bassa, che lui è costretto a piegarsi per mormorare contro il mio orecchio:

«Sono soltanto un gruppo di bulletti. Okay, Evans?» dice, e il suo profumo di vaniglia è davvero inebriante. «Non devi dargli neanche importanza.»

«Come fate tu e Lucas a essere amici di gente così?», mormoro.

«Non sapevo fossero così.», si difende.

«Non fanno altro che prendere in giro le ragazze dalla mattina alla sera! Fanno battutine schifose e sono dei maschilisti del cazzo!»

«Ascoltami, Evans. Non dare retta a quello che dice Mathias su di te. Se credesse di avere la benché minima possibilità con te, non parlerebbe in questo modo. Lui pensa che lo guardi dall'alto in basso...»

Mi paralizzo a un centimetro dal suo viso, con le labbra schiuse.

«Mi ha chiamata asse da stiro.», gli ricordo e lui fa scivolare lo sguardo sulla mia figura, desolato, ma forse incapace di prendere sul serio le parole del suo amico.

«Non ti devi preoccupare del tuo aspetto.», mormora serrando i denti.

«Lo stai giustificando.»

«Cazzo, Evans.», esclama adirato. «L'ho picchiato. Mi hai visto o sei cieca?»

Non replico.

«Rispondi

«L'ho visto.», dico senza alcuna ironia.

«È una testa di cazzo, quando fa così. E non devi credere a niente che dice sul tuo aspetto o sulla tua persona. È invidioso, semplicemente. Vorrebbe mettersi con te, ma sa che non può.»

«Sa che non può...», ripeto.

Sento il suo respiro accelerare e l'ombra del suo corpo gettarsi sul mio.

«Sei troppo per lui.», dice.

Emetto una risata inorridita.

Buona questa.

Fare dei pensieri in questo stato, mi sembra come guardare dentro il mio abisso con un senso di colpa o di perdita...

«Credono tutti che io sia snob a scuola, vero?», gli dico.

«A volte ti comporti come se fossi superiore a tutti.», insinua. «Magari è un meccanismo di difesa, non so. Ma le persone le metti in soggezione.»

«Dì, la verità.», lo sfido. «Anche tu, proprio come tutti gli altri, mi trovi saccente e neanche tanto piacevole da frequentare.»

«Sì hai ragione Evans,», dice muovendo la mandibola. «È esattamente quello che penso di te.», annuisce pensieroso e, credo, profondamente incazzato, dato che i suoi occhi scuri si carbonizzano.

«Dev'essere per questo che mi sono messo a seguirti come un coglione.», aggiunge.

Tyler è così vicino a me, che la sua coscia sfiora la mia e un brivido mi percorre la spina dorsale.

Mi bagno le labbra con la lingua.

«Un gesto forte... quello di picchiare il tuo amico.», devio il discorso.

«Mi aspetto quantomeno un grazie.», dice con il solito sorriso sfacciato che si ritrova, e il suo dito traccia l'avvallamento del mio ventre, con una lentezza esasperante. Non appena mi tocca, mi sento come se stessi per andare a fuoco.

«Grazie

«Prego.»

«E comunque sembri diverso.», gli dico.

Si acciglia. «Che vuol dire?»

«Sei diverso dall'altra sera. Durante lo spettacolo eri...»

Le sue dita mi sfiorano il fianco, fanno dei cerchi sulla mia pelle che mi scuotono di brividi e poi risale verso la mia vita. «Ero?»

«Galante.», dico. «Mentre, adesso...»

Sei strafottente, e arrogante, mi tratti come una principessina da salvare, mentre io non ho bisogno di essere salvata...

«Mmmm.», espira.

Le sue dita mi sfiorano il collo, e scendono giù lungo la curva del seno, e rimangono lì per un po', e poi si porta un indice alle labbra e lo assaggia.

«Sei ancora sporca di ketchup.», asserisce.

Mi afferra il polso e mi conduce verso le docce.

«Ehi, Mackenzie, ma che diavolo fai?!», strillo mentre accende il getto d'acqua e mi ci butta sotto.

Il gelido mi penetra nella testa, mi scivola tra i capelli e mi inzuppa il corpo: il reggiseno, i jeans... le scarpe.

Voglio piangere.

Tyler, che è a petto nudo e con i calzoncini della divisa dei Cavaliers, mi stringe tra le braccia, e io apro la bocca per protestare.

In generale, provo a dimenarmi, a divincolarmi dalla sua presa, ma lui ha una stretta d'acciaio.

«Lasciami, Tyler, e che cazzo!», agito braccia e gambe, senza successo.

«Stai buona, Evans.», mi redarguisce e il suo viso si avvicina al mio: ho seriamente paura che possa fare un gesto avventato, tipo quello di baciarmi.

Ma, invece di baciarmi, si limita a stringermi tra le sue braccia.

«Mi manca l'aria!», protesto.

«So di fare un certo effetto alle donne, ma...», replica. «Svenire tra le mie braccia è un po' troppo non credi?»

«Razza di...», do una serie di pugnetti contro il suo petto, che probabilmente gli fanno il solletico.

Poi però mi imbatto nei suoi occhi, e tutta la mia ira crolla come un castello di carte.

«Perché ti comporti così?», chiedo, e a questo punto anche lui allenta la presa, un po' confuso dalla mia domanda.

«Così come?»

Alle volte, provo un senso di meraviglia che mi ridimensiona nei suoi confronti. Lui si comporta, dice e si muove, in modo imprevedibile, e soprattutto con grande senso di compiutezza, tipico di chi prende una posizione precisa sulle cose.

«A volte sembra che nulla ti spaventi...», incomincio.

«Non è così, Evans.»

«Invece, sembra proprio di sì.»

«Ti ho detto di no.»

«Va bene.», mi arrendo.

«Anzi, delle volte...», dice. «Sono terrorizzato anche solo all'idea di cosa sarei capace di fare per te.»

«Per me?», replico con un tono di voce sulla soglia dell'udibilità.

«Luke è come un fratello.», si difende. «Cercavo solo di proteggere la sua ragazza, che guarda caso saresti tu.»

«Ma tu guarda che coincidenza.», ironizzo, sebbene il mio cuore in realtà si stia facendo sempre più piccolo.

«Sì, che coincidenza.», e fissa il muro dietro di me, ci appoggia una mano, come per sorreggersi. «Sono proprio un bell'amico del cazzo.»

Più lo guardo, più il calore si impossessa di me.

Reclina all'indietro la testa, l'acqua bollente gli scorre tra i capelli, e lui socchiude le palpebre nell'intento di rilassarsi.

Lo guardo.

Guardo le curve e gli avvallamenti del suo busto atletico, guardo la pelle ambrata che dà l'idea che sia stato baciato dal sole su qualche isola mediterranea, e la V dei suoi fianchi che scende fino a... mi impongo di non guardare, anche se è coperto dai pantaloncini.

Ha il corpo pieno di tatuaggi.

Un ragno al centro del petto.

I serpenti sulle braccia.

Il suo numero di maglia, il 23, sull'avambraccio.

Si è depilato ogni muscolo del busto e, senza maglietta con i pantaloncini bagnati che gli aderiscono alle cosce e all'inguine, sembra perfino raddoppiata la sua taglia, sebbene anche da vestito sembri molto grosso.

Il vapore si muove sinuoso attorno al suo corpo, emana calore, come se fosse appena uscito dall'inferno.

Sono proprio un bell'amico del cazzo, ha detto.

«Sei un buon amico per Lucas, invece.», deglutisco. La mia voce trema in sintonia con il suo petto che si solleva per prendere aria. «Perché dici il contrario, Tyler?»

Mi accarezza la guancia.

Passa il pollice sulla mia bocca e sospira.

«Perché chiudersi il cazzo dentro la portiera di un'automobile sarebbe meno doloroso.», replica.

«Di cosa?»

Ha le labbra strette e la fronte corrucciata.

«Di vederti con lui.»

La parte che non riesco a sopportare è che forse Tyler Mackenzie sta riuscendo a scalfirmi.

Le lacrime mi bagnano le ciglia, oppure forse è soltanto la doccia.

«Devo andare, non posso stare qui.», mormoro. «Sono gli spogliatoi maschili, questi.»

«Zitta, Evans.», prorompe lui con una fermezza maschile alla quale non sono abituata. «Ti trovi proprio dove devi stare.»

«Vuoi dire...»

«Sì.», calca. «Voglio dire con me

È così bello che sono quasi tentata di credergli.

C'è una cosa che ho capito di Tyler ed è questa.

Lui non si arrende mai.

Neanche con me, che sono un grosso impegno per chiunque... lui non sembra il tipo che si scoraggia facilmente nelle cose.

«Sei davvero convinto di piacermi, non è vero?», stuzzico il suo ego maschile.

Lui si riversa sul mio corpo, e mi copre con tutta la sua pesantezza, mi stringe di nuovo a sé, ma questa volta è diverso, rispetto a prima...

Questa volta, glielo lascio fare. Mi lascio avvolgere dal suo corpo e dal suo tepore, perché non ho molta volontà di resistergli.

«Perché sei così convinto di piacermi?», chiedo ancora.

«Una ragazza intelligente come te, ha davvero bisogno di così tante spiegazioni?»

«Forse perché sei un narcisista del cazzo?», ipotizzo, ma non sono spavalda come vorrei,

Anzi, il corpo esile in confronto al suo è percosso da brividi, e si percuote sotto ai suoi tocchi.

Ridacchia. «No.»

«E allora, perché...?», dico incrociando i suoi occhi.

In vita mia non mi era mai successo di incontrare una persona che mi capisse molto al di sopra delle mie complicazioni ed elucubrazioni mentali, che mi capisse anche solo guardandomi negli occhi.

«Perché sorridi così forte che a volte fai esplodere tutto.», dice lentamente. «Ma dentro di te sembri avere un vuoto così grande da tremare. E tremi solo quando sei con me.»

Credo di star per crollare, ma poi...

Tyler preme la sua testa piena di boccoli biondi contro la mia spalla e avvolge le braccia attorno alla mia vita, e mi stringe così forte che mi pare sia lui quello sul punto di crollare.

Ogni muscolo del suo corpo si contrae, mentre mi stringe e inspira a fondo.

Lentamente, chiudo gli occhi. Non oso dire niente.

I nostri respiri si sincronizzano e diventano più forti, intensi e rumorosi.

Nel suo abbraccio, ogni voglia di lottare mi abbandona, e riesco a ritrovare un briciolo di pace e tranquillità.

C'è un breve momento in cui udiamo solo lo scroscio della doccia.

Strofina il suo naso contro il mio collo.

«Rimaniamo così un altro po' così Evans, per favore.», il suo tono è esausto, ma anche autoritario. «Poi giuro che ti lascio andare.»

E una piccola parte del mio cervello, in questo momento, pensa: puoi anche non lasciarmi andare via mai più...

Appoggio le spalle contro la parete, mentre lui mi avvolge con il suo corpo bollente e... se quelle dannate labbra mi sfiorassero anche solo un millimetro di pelle potrei impazzire.

Ho il cuore che sfarfalla, come un folle.

«Solo un altro po'.», aggiunge.




Ore 22.00
Arya

La pioggia cade fitta sul marciapiede, rendendolo opaco, e scroscia sull'insegna fulminata con la scritta Donovan's.

Per fortuna, mi sono portata un impermeabile dietro, che mi sono messa non appena uscita da scuola.

Mi aggiusto il cappuccio mentre sono alla ricerca delle chiavi.

Ho un sorriso cretino stampato in faccia, perché non appena sarò salita in camera mia la prima cosa che farò sarà chiamare Ryan.

Voglio raccontargli la mia giornata, renderlo partecipe della mia vita, cominciarlo a introdurre piano piano nella mia routine.

Tutto ciò che ho vissuto con Ryan la scorsa notte mi pare irreale, e da quella volta per una serie di motivi non ci siamo più parlati molto, principalmente perché con mio padre sempre tra i piedi è stato difficile, ma abbiamo in programma di rimediare.

In compenso, tutte le volte che entrava nel mio bar per disegnare mi lanciava dei sorrisi che mi facevano illuminare il petto, e desiderare di averlo tra le mie braccia di nuovo.

«Arya.», mi chiama una voce, proprio mentre sto aprendo la porta. Mi giro. Una figura familiare emerge della notte.

Un ragazzo molto magro, in giacca e cravatta, che cammina con un paio di stampelle sotto le braccia.

«Wellington





😀




Spazio autrice

Se un capitolo di Cruel un giorno finirà bene, sappiate che non l'avrò scritto io

Se vi va di commentare il capitolo ci vediamo su insta: scarlettxstories.

Vi voglio tanto bene, alla prossima🤍

Scarlett.

Czytaj Dalej

To Też Polubisz

ANCORA Autorstwa Arianna🌻

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