Fiamme Gemelle, amore e desti...

By caiapirolo

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•ANSIA• /àn•sia/ Dal latino ANXIA, femminile sostantivo di... More

Premessa
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23/A
Capitolo 23/B
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Epilogo

Capitolo 18

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By caiapirolo

"Sam. Ti prego, parliamone. Dammi la possibilità di dirti quanto sono stupido in cento, mille, diecimila modi diversi. Mi dispiace."

Samantha continuava a fissare quel messaggio, che aveva deliberatamente visualizzato ed al quale ancora non si era decisa a rispondere.

Successivamente all'aperitivo con le sue migliori amiche, aveva addirittura deciso di fare una seduta straordinaria con la dottoressa Anna.

Dalla seduta era emerso che Samantha, a quanto pareva, aveva secondo il parere della psicologa "ingrandito" la situazione per poter trovare un pretesto per non rischiare di innamorarsi e, quindi, soffrire di nuovo.

Sciocchezze, aveva pensato inizialmente.

L'idea, a dire la verità, diventava sempre meno ridicola col passare delle ore.

Dal maledetto incontro con il Fadi-ubriaco erano passati ormai alcuni giorni e le sensazioni di Samantha al riguardo stavano iniziando a mutare.

L'ira si era trasformata in rabbia, la tristezza in malinconia, l'orgoglio ferito in delusione.

Avete presente quando per la prima volta vi fanno notare che la luna sembra avere occhi e bocca? E da quel momento in poi non riuscite più a fare a meno di vederli, quando la guardate?

Ecco, per Samantha l'aver conosciuto Fadi rappresentava più o meno questo.

Prima, c'era la vita senza amore.

Poi, era apparsa la prospettiva di una vita con l'amore.

E questo amore era Fadi.

Samantha non riusciva più a vedere la sua vita senza di lui.

Fadi era il viso della luna, per Samantha.

Se c'è chi sostiene che a ogni cosa c'è una spiegazione, si facesse avanti ora, quando sembra impossibile trovarne una.

Può uno sguardo raccontare una vita passata, forse mai esistita?

Possono due persone incontrarsi per la prima volta e riconoscersi, ritrovarsi, senza sapere essenzialmente niente l'uno dell'altra?

Queste erano le domande che l'attanagliavano, giorno e notte.

Questi erano anche, allo stesso tempo, i dubbi che non le permettevano di decidersi, una volta per tutte, se lasciar andare ogni cosa oppure no.

Ci credeva? Credeva nel destino, nel fatto che le loro anime fossero fiamme gemelle, oppure erano tutte stronzate?

Eppure...

Eppure lei quei brividi se li ricordava ancora.

Quei contatti quasi casuali. I loro corpi vicini. Il bacio incredibile che si erano dati appoggiati alla macchina. Tutto sfumato, tutto per "colpa" di Enzo.

Colpa di Fadi, in realtà. L'unico vero colpevole di tutta questa faccenda.

Con il telefono in mano, iniziò titubante a girare in tondo per la camera.

Il suo sguardo si posò sulla sedia rosa da computer di fronte al letto, accanto alla scrivania.

Sorridendo, si ritrovò a rigirarsi per le mani la felpa che Fadi le aveva dato, la sera del loro appuntamento, per proteggerla dal freddo.

L'annusò.

Ovviamente, sentì subito un forte profumo di uomo, un profumo di quelli che ti mandano fuori di testa e ti spediscono a ricordi ed immagini.

È forse questo il segnale che cercavo?

Come ho potuto per tutti questi giorni dimenticarmi di questa felpa?

Fu come se quella felpa si fosse mimetizzata in modo da non essere notata -e di certo a Samantha non era passato nemmeno per l'anticamera del cervello di riordinare la camera e ripiegare i vestiti- per poi spuntare fuori nel momento più opportuno, come un campanello o una grande freccia luminosa che ti indica la direzione da prendere.

Samantha si chiese come fosse possibile che la madre non si fosse accorta della presenza di un capo di abbigliamento maschile e decisamente troppo grande (Samantha vestiva solo vestiti attillati, in barba alla sua voglia di non farsi notare) nella camera da letto della figlia.

Così sia, allora, pensò. Si sedette sul letto con ancora la felpa in grembo e scrisse un messaggio di risposta a Fadi_89.

"In quante lingue hai imparato a dire stupido?"

Si compiacque della sua simpatia buttandosi di schiena sul letto, ed aspettò una risposta.

La vibrazione arrivò quasi subito.

Avrebbe dovuto visualizzare e rispondere subito anche lei?

Il telefono iniziò a vibrare ancora, senza sosta.

"Stupido.

غبي questo è arabo

Glupo, croato e bosniaco

Stupide, francese, leggilo con l'accento

Hūpō, hawaiano... figo vero?

Bodoh, indonesiano

Poauau, maori, il mio preferito, chiamerò un cane così un giorno..."

Samantha, che rideva già al francese, gli rispose

"Ok, ok, puoi chiudere google translate, è sufficiente!"

"Come mi hai scoperto?"

"Le hai scritte in ordine alfabetico, genio"

"Giusto. Scusa. Sono proprio un poauau!

Sono perdonato?"

"Non esageriamo. Diciamo che ho riflettuto un po'

-Spettegolato-

È arrivato il momento di ridarti la felpa"

"Ah. ma no, tienila. Te la regalo"

Samantha riuscì a percepire la delusione di Fadi anche attraverso lo schermo del telefono.

Sorrise. In fondo, doveva patire un po' anche lui.

"Sta a te farmi cambiare idea"

"Ti verrei a prendere anche ora, se tu accettassi."

Samantha guardò l'ora: le 21 e 15.

Negativo, la mattina avrebbe dovuto svegliarsi poco dopo le quattro.

"Domani stacco alle due. Posso essere pronta per le quattro"

"Sto contando i minuti"

Samantha, che non aveva nemmeno la pazienza di contare le pecorelle per addormentarsi, abbozzò un sorriso.

"A domani"

"Buonanotte, a domani"

#####

La giornata a lavoro fu per Samantha probabilmente la più lunga e pesante dacché ne avesse memoria.

Era così febbricitante nel volere che passasse, che si era ritrovata a guardare l'orologio a distanza di cinque minuti, convinta che fosse passata un'ora.

Nina, al cui occhio vigile non sfuggiva niente, la incalzava continuamente.

"Com'è che si dice? Hai per caso il pepe nel culo?"

Non riuscirono a trattenersi dal ridere, guardandosi intorno per non incuriosire gli altri colleghi ed eventualmente il capo, che faceva ronde di controllo per assicurarsi che gli operai lavorassero come bravi soldatini che non si perdono in chiacchiere.

"Non so se il detto sia esattamente questo, Nina... comunque sì ho un po' di fretta. Oggi è il gran giorno"

"Vuoi dire che ci esci oggi?"

Nina alzò un po' troppo la voce, presa dall'eccitazione, e si portò subito una mano alla bocca, fingendo di tossire.

"Sì, ma tu non hai detto niente ad Erik, GIUSTO?"

"Ma sì, tranquilla. Ogni volta che mi chiede qualcosa a riguardo cerco di distrarlo a modo mio, se hai capito cosa intendo..." le fece l'occhiolino.

"Sì, ho capito. Che schifo, comunque!"

"Questo ed altro, per le amiche! Allora, come hai intenzione di comportarti?"

"Non so, Nina... penso che lo lascerò parlare... e poi vedremo. Non sono neanche più così arrabbiata in realtà... solo che non voglio fargliela passare troppo liscia"

"Sono giorni che si mangia le mani per la cazzata che ha fatto, secondo me. Insomma, Sam, gliela stai facendo sudare eh!"

"Se un uomo si ostina a corrermi dietro senza nemmeno aver fatto sesso, significa che sto facendo la cosa giusta!"

"Sì, ma non può mica durare per sempre! Prima o poi dovrai..."

"Sì, sì, ho capito, frena la lingua!"

Altro occhiolino.

"Oh ma andiamo! Non si può più dire niente con te!

Comunque... ancora devo decidere se perdonarlo... direi che il sesso sarà una cosa che affronterò a tempo debito, che dici?"

"Dico che ti fai troppe paranoie"

Grazie, non lo sapevo.

Sapessi l'ansia che ho.

"Ma quando finisce questo turno? Non ce la faccio più"

"Perchè, devi farti la ceretta?"

Ennesimo occhiolino.

"Bene, io con te ci rinuncio!"

Ridacchiarono ancora per un paio d'ore, finchè la sirena delle due non suonò.

Samantha se la filò alla velocità della luce.

Per strada, secondo la legge-universale-della-sfiga trovò davanti un paio di automobilisti senza la minima fretta ed un trattore che a quanto pareva aveva deciso di prendere la strada principale anzichè tagliare per le stradine.

La pazienza di Samantha fu messa a dura prova.

Arrivata a casa, dopo un interminabile viaggio contornato da imprecazioni che è meglio non ripetere, erano quasi le tre. Aveva meno di un'ora per mangiare un boccone, farsi la doccia e prepararsi.

Mangiò un panino in fretta e furia che la madre, santa donna, le aveva preparato la sera prima.

Fadi l'avrebbe aspettata in fondo alla strada, nello stesso punto in cui l'aveva accompagnata la sera del loro primo appuntamento, solo che questa volta sarebbero stati illuminati dal grigio della giornata e non da un misero lampione.

Non che a Samantha importasse granché: non aveva un gran rapporto con il vicinato, di cui a malapena conosceva i nomi.

Una volta uscita dalla doccia, le bastarono venti minuti per fare il miracolo: raccolse i capelli caldi di phon in una lunga treccia che le ricadeva sulla schiena e le arrivava fin sotto la cintura. Blue jeans attillati ed un maglioncino leggermente scollato che lasciava vedere il tatuaggio sulla clavicola.

Trucco leggero, et voilà.

Sarebbe probabilmente morta di freddo, ma al momento decise che non le importava.

Può sempre scaldarmi lui...

Con un colpo di treccia, si voltò verso la porta della camera, decisa a calmare i bollenti spiriti entro poco meno di subito.

Mancavano dieci minuti all'orario stabilito, decise per cui di accendersi una sigaretta e si sedette accanto a Sirius.

Pelo di cane e puzza di fumo? Quale miglior connubio per un appuntamento riparatorio.

In realtà, si era riempita di profumo, quello buono e costoso, ma le costava ammettere di averci messo impegno nel voler farsi notare da lui. Doveva ricordare a sé stessa che era ancora arrabbiata con lui e che no, non sarebbe cascata subito ai suoi piedi per nessun motivo al mondo.

Per cui decise di dare un abbraccio ancora più stretto a Sirius che, anche se un po' perplesso per questo affetto inaspettato, non ne fu per niente dispiaciuto.

Alle quattro e cinque minuti (il ritardo era essenziale se voleva continuare il suo ruolo da ragazza-ferita-che-fa-la-sostenuta) si incamminò, con molta calma, verso la strada che l'avrebbe condotta all'uomo che, l'ultima volta che lo aveva visto, era alle prese con i postumi della sbornia della serata precedente e cercava giustificazioni patetiche.

Fadi l'aspettava appoggiato alla portiera, sigaretta in bocca e giubbotto di pelle.

Che clichè.

Quando la vide, il viso di Fadi cambiò completamente. Si illuminò.

La guardava come se avesse appena visto la cosa più bella in assoluto e, diciamocelo, probabilmente era davvero così.

Samantha gli camminava incontro cercando di tenere lo sguardo lontano da lui.

Ovviamente non ci riuscì.

Era ipnotizzata da quel sorriso che, anche a distanza, la mandava fuori di testa.

Si era dimenticata di quanto dannatamente fosse bello ai suoi occhi.

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