Alla ricerca dell'alba

By CuoreAdElica

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๐—–๐—ผ๐—บ๐—ฝ๐—น๐—ฒ๐˜๐—ฎ โœ”๏ธ ๐™ฝ๐šŽ๐š  ๐™ฐ๐š๐šž๐š•๐š ๐Ÿ’š 2/2 Isabella Arese รจ in cerca di emozioni. รˆ in cerca di albe e tra... More

Cast
Premessa
Come un pittore - Parte Uno
Prologo
1. Odio l'estate
2. Anti-eroe
3. Gelati indesiderati
4. Le tipologie variopinte del silenzio
5. Maschere fragili e Mr. Convinzione
6. Fratello maggiore
7. Incarnazione del principio eracliteo
8. Avere diciott'anni
10. Heroes - Pt. 1
11. Heroes - Pt.2
12. Che poi da te non รจ Versailles
13. Carpe diem
14. Baby & Johnny
15. I miracoli esistono
16. Cerasรฌ
17. Dieci ciliegie, dieci desideri
18. Non sei come dicono loro
19. La casa in riva al mare
20. Mistica, come le sirene
21. La leggenda di Celentano
22. Colorare i sentimenti - Pt. 1
23. Colorare i sentimenti - Pt. 2
24. Cosa รจ successo il quattro luglio?
25. Cicatrici di ricordi
26. L'abbiamo scoperta noi, Ischia
27. Il marinaio e la sua bussola
28. Ritorno alla realtร 
La lettera
Come nelle favole - Parte Due
29. Einstein รจ a Roma
30. Tribunale d'amore
31. Maledetto tempo
32. Sfiorare manco con una rosa
33. Stessa stazione? - Pt. 1
34. Stessa stazione? - Pt. 2
35. Dirsi ti amo senza dirselo
36. Il filo rosso di Arianna
37. Albori
Epilogo
Ringraziamenti

9. Troppo sensibile

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By CuoreAdElica



"È la gentilezza a renderti attraente."

Ischia.
Estate.

Mi limitavano manco fossi fatta di cristallo.

Mancavano due settimane dalla fine di giugno ed io sentivo che il tempo fosse fermo dappertutto. Quando volgevo lo sguardo ad un orologio le sue lancette sembravano bloccate sullo stesso orario per mesi interi e non per secondi o minuti.

A mio malgrado dovevo ammettere che la compagnia di Elia mi aveva aiutata parecchio nei giorni precedenti; c'eravamo scritti un paio di cose, c'eravamo scambiati la noia e poi niente.

Un pomeriggio, mentre me ne stavo nella vasca a mettermi lo smalto ai piedi, zia Bruna bussò alla mia porta due volte con le nocche, «Tesoro, sei lì?»

«Sì, zia!» Gridai, tra le bolle di sapone.

«Senti, ma non è che potresti sta' un po' coi bambini? Io e la mamma dobbiamo scendere a comprare del pesce.»

Sospirai, richiusi lo smalto rosa pallido e poggiai la nuca al bordo della vasca, «Sì, certo. Tempo di due minuti e scendo.»

Pochi minuti dopo scesi le scale con i capelli umidi e arruffati per via dell'aria calda di quei giorni, con un jeans lungo sgualcito e una canottiera verde. Mamma mi passò di fianco toccandomi la nuca, «Dio benedetto, Isa! Ti ho detto che devi asciugare i capelli dopo la doccia.»

La ignorai e sentii comunque il suo sbuffo sonoro quando varcai la soglia del portone. Filippo mi corse vicino, acclamando la mia attenzione, ma zia mi stava già parlando.

«Scusami per sfruttarti in questa maniera, sapevo che dovevo trovare una babysitter...», sospirò, frustrata, passandosi la mano sulla guancia.

«No, zia, tranquilla. A me va bene.» Presi Mario in braccio.

Lei annuì, «Bene, allora Filo è da Ilaria, mentre i bambini volevano fare un giro in bici, magari li porti a sperdersi un po' così stai tranquilla pure tu.» Mi sorrise, accarezzandomi la spalla.

«Va bene», diedi un bacio sulla guancia a Mario, che avevo preso in braccio, e carezzai i ricci di Filippo. «A dopo.»

Se ne andarono dopo qualche minuto e, io e i miei cuginetti, ci armammo di bici e monopattini per fare una passeggiata lungo la via privata. La ghiaia giallo ocra specchiato dalla luce del sole strideva sotto le ruote dei loro giocattoli.

Cominciarono a correre lungo la carreggiata, rispettando la regola del "non superare l'albero di castagne e non andare oltre le piantagioni di grano". Li seguii a braccia incrociate, mi fu inevitabile non puntare lo sguardo alla mia sinistra, oltre la strada principale, sulla casa a metri da me, casa di Elia.

Lanciai un ultimo sguardo ai bambini, che s'erano fermati per ispezionare una lumaca dal guscio informe. I miei sandali sgranocchiavano i piccoli sassi, attraversai la strada a passo svelto finché non mi ritrovai sul perimetro del muretto che separava il loro giardino malcurato dalla campagna circostante.

Aveva ragione lui, a casa sua c'era sempre un silenzio angosciante, quasi tangibile. Era spesso quanto una lama di metallo, e pesava. Fortunatamente a spezzare gli equilibri fu il tuonare gioioso di due voci femminili, Ilaria e Filomena.

Spuntarono da dietro l'angolo del giardino, si rincorrevano ridendo con i piedi scalzi e con delle bambole in mano. «Ciao, bimbe.»

Entrambe si fermarono e, una volta avermi individuata, mi vennero incontro.

«Isa!»

«Che ci fai qua?»

«Ho accompagnato i tuoi fratelli a giocare.» Li indicai da lontano. Le due si affacciarono maggiormente per guardarli. «Siete da sole?»

«No», negò Ila, «Dentro casa ci sono mamma e Flavio.»

«E...», deglutii, mi mordicchiai il labbro, «Ed Elia? Non c'è?»

«È uscito stamattina, è al mare con Fra.» Rispose Ila.

«Capisco, sai dirmi a che ora potrebbe tornare?»

«Prima di cena.» Fece spallucce.

«Mi ha detto di salutarti da parte sua.»


Già, non avevo avuto il coraggio di scrivergli prima di cena. Non ero famosa per essere un cuor di leone, purtroppo.

Avevo mangiato poco e niente, mamma si era allarmata, ma io le avevo detto che avevo lo stomaco in subbuglio. Ci mancava solo che quei due, i miei genitori, cominciassero a preoccuparsi ancora di più.

Una volta in camera, alternai lo sguardo tra computer e cellulare. Passò forse un'ora da quando cominciai a digitare parole a casaccio per convincermi a inviare quel messaggio.

«"Filo mi ha detto che doveva salutarmi da parte tua"... no, ma che sto facendo...», cancellai velocemente, pigiando sul cancelletto a raffica. «"Ciao!", no, meglio senza punto esclamativo. "Ciao, sei tornato dal mare?"... no, no, decisamente no.» Sbuffai e ricancellai, lanciai il cellulare sul cuscino e affondai con la testa tra le lenzuola.

Magari non ha voglia di parlare con me, avrà di meglio da fare che ascoltare le lamentele di una che a stento sa giocare a basket. Da quel pensiero cominciò una catena di altri pensieri, che andavano dal "avrà pensato sia stata una stupida, chi è che non sa giocare a basket?", oppure "e poi che sono un'imbranata, oh, quello di certo."

Nel momento, però, che la catena si faceva più fitta e s'intrecciava, uno strano rumore mi estraniò dai pensieri. Alzai di scatto il mento, aspetta un attimo. Azzannai il mio telefono, lo agguantai fino a schiacciarmelo sul naso.

Chiamata inoltrata...

«No, no, no, no.» Il mio dito si avvicinò al pulsante rosso, il cuore a mille.

«Pronto?», d'improvviso la voce di Elia venne attutita da una musica assordante, da voltastomaco e da emicrania, il silenzio di camera mia venne invaso brutalmente. «Pronto?!» Gridò per farsi sentire, me lo immaginavo mentre si tappava un orecchio con una mano e si chinava un po' per sentire me dall'altro capo del telefono.

«Oh mio Dio...», sussurrai con le palpebre strizzate tra di loro. «Ciao... sì, scusami...»

«Come?!», gridò ancora, «Merda, aspetta, non ti sento... Fra! Fra! Io esco n'attimo, sto a telefono! Basta bere! Non lo voglio, fa schifo quella roba! No, solo vodka, solo vodka!» Poi uno sbuffo e il casino divenne più ovattato, opaco e velato. «Oi, mi senti?»

Schiarii la voce, mi rotolai sulla schiena e giocherellai con una ciocca tra le dita, «Sì, scusami, Dio Santo, che figuraccia...»

Elia rise, persino dal telefono la sua risata era magnetica. «C'hai combinato? Scusa pe' che?»

«Eh, ho sbagliato, non volevo chiamarti. Scusa, ho pigiato per sbaglio...», mi morsi la lingua da farmi male.

«Ma come?», continuò, «E io che aspettavo una tua chiamata da stamattina e tu mi vieni a dì che m'hai chiamato pe sbaglie, fattelo dì: sei proprio stronza.»

Boccheggiai, «Scusa, non volevo...» Diventai rossa dall'imbarazzo.

Elia, dopo attimi di silenzio, scoppiò a ridere così forte da farmi alzare gli occhi al cielo. «Scherzavo! Scherzavo! Non anda' in panico, non fa niente. Capita di cliccare sul tasto sbagliato mentre sei sulla chat di una persona.»

«Sì, esatto– no, aspetta!» Mi poggiai la mano sulla guancia. Merda.

Elia, in tutta risposta, rise solo di più, a crepapelle. Si calmò dopo due minuti che io gli dicevo "hai finito?" «Dai, adesso che c'hai la possibilità di dirmelo a voce, cosa volevi scrivermi?» Disse, riprendo fiato dalla grassa risata che s'era fatto.

«Niente», mi morsi una pellicina rovinosamente, «Proprio niente.»

«Va bene, allora posso attaccà?»

«No, aspetta, aspetta...», dissi tra i denti, sputando fuori il rospo. «Oggi Filo mi ha detto che doveva salutarmi da parte tua...»

Elia parve pensarci un secondo, «Ah, sì, sì, Filomena, sì. È molto più simpatica di te.»

«Anche Ilaria è più simpatica di te.»

«Se, vabbè certo, soltanto perché non ti sa leggere in faccia.» Riuscivo a vederlo sorridere, fu una cosa che odiai. Come potevo vedere così nitidamente il suo sorriso sotto le palpebre?

Lasciai perdere, «Non è presto, di solito, per iniziare le feste? Sono solo le undici meno un quarto.» Asserii, almeno una cosa la sapevo: le discoteche erano per le anime notturne, Monica diceva sempre così.

«Sì, infatti non sto ancora in discoteca. Stiamo facendo 'na sorta di pre-serata da Jacopo, lo avrai visto al campetto, quello col piercing al naso.» Finsi di sapere di cosa stesse parlando. «T'avrei voluto chiedere se volevi aggiungerti, ma ho pensato che sarebbe stato complicato, per i tuoi dico.»

Io deglutii, «No, tranquillo, non avrei preteso l'invito e non lo avrei accettato.»

«Manco a fa' così», disse, offeso.

Ridacchiai, «Non... per te, ma perché non mi sarei sentita a mio agio, nulla di personale.»

«Ah, okay. Quindi non perché non volessi ballare con me?»

Riflettei per secondi che parvero ore. Avrei voluto ballare con lui?

«Non lo so», risposi, «Forse sì, forse no.»

«E mi lasci co' 'sto dubbio?» Ancora, lo immaginai sorridere.

«Tu mi avresti chiesto di ballare?»

Elia tardò a rispondere, sentii il cuore martellare nelle ossa, nel sangue, nelle orecchie. «No, 'ste canzoni manco mi piacciono. Però, magari, quando ci sarà una canzone che mi piace, forse, ma dico forse, ti chiedo di ballare.»

Annuii, anche se lui non potè guardarmi. «Mi sembra una buona risposta. Quindi dovrò aspettare Celentano?»

«Assolutamente sì.»

«Vorrà dire che balleremo in un bar che frequentano solo vecchietti.»

«E ti pare poco?»

Ridemmo assieme. Poi, una voce femminile e lontana, lo richiamò. «Elia! Dai, corri! Che stai facendo? Stiamo aspettando te!»

Mi zittii quasi immediatamente, come se fossi presente lì e mi mettessi vergogna di farmi vedere. «Arrivo, Elisa, cinque secondi.»

«Elisa, eh?» Sorrisi, un po' meno convinta di quanto programmato.

«Smettila», lui ridacchiò, «Già c'ho Fra che mi sta tartassando da tre ore.»

«Capisco», ridacchiai, «Ti lascio in pace. Salutami Francesco.»

«Okay.» Sospirò, feci per salutarlo, ma lui mi parlò sopra: «Sicura tu non voglia che ti passi a prendere? Ci parlo io coi tuoi, basta che me lo dici. Ci divertiamo, te lo prometto.»

Sorrisi tristemente, era stata una proposta gentile. Rabbrividii sulle braccia, mi venne anche da piangere. Troppo sensibile, Isa, troppo sensibile. «No, sul serio. Divertiti.»

«Percentuale?»

«Cento su cento.» Mi alzai a sedere, «Ciao, Elia.» Sussurrai.

«Ciao, Isabella.»

Posai il cellulare sul comodino. Mi rannicchiai sul cuscino e afferrai il mio diario, tirai su con il naso: "Caro diario, oggi una persona su sette miliardi è stata gentile con me. Elia."

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