I was Lily Evans

By ValentinaMontuschi

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È un giorno come tanti, nella lontana estate del 1971, quando l'undicenne Lily Evans vede comparire nel salot... More

Premessa
01 - Una strana visita
02 - Di lettere d'ammissione...
03 - ... e bacchette magiche
04 - La lettera di Petunia
05 - In partenza
06 - In viaggio verso Hogwarts
07 - La Cerimonia dello Smistamento
08 - Grifondoro
09 - Lezioni e Pregiudizi
10 - Pozioni e Soluzioni
11 - Amicizie scomode
12 - Pivellus
13 - Lezioni di volo
14 - Il Quidditch
15 - Profumo di vaniglia e novità
16 - Hogsmeade
18 - I Prefetti
19 - Di Ombre...
20 - ... E Inviti
21 - Sirius
22 - L'Incidente di Mary
23 - Amicizie Pericolose
24 - Sirius
25 - Vittorie e Sconfitte [pt.1]
26 - Vittorie e Sconfitte [pt.2]
27 - Fratture
28 - La Minaccia della Serpe
29 - In Riva al Lago Nero
30 - In Riva al Lago Nero
31 - Un Perdono Negato...
32 - ... e Tazze di Tè Inaspettate
33 - Una Nuova Amicizia
34 - Posta Via Gufo
35 - La Strana Assenza di Severus
36 - La Strillettera
37 - Vendette
38 - Il Lumaclub
39 - Deviazioni

17 - Pozioni e pettegolezzi

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By ValentinaMontuschi

Hogwarts. Gennaio, 1975.

Avvolta nel fitto silenzio della biblioteca di Hogwarts, con solerzia riordino gli appunti appena presi alla rinfusa durante l'ora di Aritmanzia. La professoressa Vector ha la scomoda l'abitudine di parlare spedita, oltre che a infarcire ogni sua spiegazione con definizioni assai complesse.

Starle dietro non è certo un'impresa semplice e, per paura di tralasciare qualche nozione importante in mezzo a quel fiume di parole, finisco sempre per imbrattare i miei rotoli di pergamena con appunti disordinati, talvolta illeggibili.

Per questo motivo, una volta terminata la lezione, mi rintano subito in biblioteca per sistemare ciò che ho scritto, in modo da non perdere nessun concetto basilare impigliato nel mio groviglio di frasi scarabocchiate e scomposte.

Inoltre, riscrivere ordinatamente i miei appunti mi aiuta a memorizzare meglio gli argomenti appena trattati, facilitandomi così lo studio approfondito che dovrò affrontare nei prossimi giorni, in previsione dei test di verifica. Il che è un bene, vista la considerevole mole di materiale da imparare che la professoressa ci propina ad ogni sua lezione.

Un fiotto di luce pallida penetra attraverso le vetrate delle alte finestre, posandosi delicatamente sulla superficie porosa della pergamena, sulla quale sto scrivendo; la mia piuma scivola rapida, con concitata fluidità, producendo un flebile fruscio, l'unico rumore a permeare l'ambiente circostante, nonché il solo ad essere consentito dall'intransigente bibliotecaria, Madame Pince.

È ora di pranzo adesso, perciò la biblioteca appare quasi deserta. Oltre a me, solo un altro paio di ragazzi del settimo anno bivacca attorno alle scrivanie di legno, col capo chino sopra a voluminosi libri di magia. Il resto della scolaresca si trova sicuramente in Sala Grande, impegnata a rifocillarsi al banchetto.

Per me, tale momento è l'ideale per recarmi qui in biblioteca, lontana dal chiassoso chiacchiericcio dei miei compagni e per concentrarmi quindi sullo studio. Immersa in questa quieta solitudine, nulla può distrarmi. Totalmente assorta, scrivo, ricopio e memorizzo, metto ordine ai pensieri.

Ad un certo punto, getto una rapida occhiata al mio orologio da polso (babbano naturalmente, è un regalo di Natale da parte di papà) per controllare l'ora.
Tra qualche minuto avrà inizio la lezione di Pozioni, pertanto mi affretto a raccogliere le mie cose dal tavolo e infilo il tutto nella borsa. In fretta e furia esco dalla silenziosa biblioteca e mi metto a correre per le scale.

Mentre sto caracollando giù per i gradini in pietra, avverto un brontolio sommesso provenire dal mio stomaco. Solo ora mi accorgo di quanto io sia affamata. Cosa comprensibile, visto che ho saltato di netto il pranzo. Tiro, quindi, fuori dalla borsa una grossa mela rossa sgraffignata dal vassoio a colazione, e l'addento voracemente, sperando così di placare, almeno in parte, gli insistenti gorgoglii di protesta emessi dalla mia pancia.

«Ehi, Lily!» mi chiama una voce squillante, non appena giungo al pianoterra del castello.

Sollevo lo sguardo e riconosco all'istante la mano affusolata di Marlene, che oscilla impaziente al di sopra dei suoi boccoli biondi. Lei, Mary ed Hestia sono appena uscite dalla Sala Grande. Mi unisco a loro e insieme proseguiamo dritto verso i sotterranei.

«Non ti sei fatta vedere a pranzo!» mi rimprovera Mary, con aria seria.

«Ero in biblioteca. Dovevo sistemare gli appunti di Aritmanzia.» spiego intanto che sgranocchio con gusto la mia mela.

«Se continui così, diventerai una vera e propria secchiona!» mi punzecchia Marlene, sghignazzando.

«Vale solo per Aritmanzia. È una materia davvero complicata. Non posso permettermi di rimanere indietro, non riuscirei a recuperare altrimenti.»

«Non capisco perché tu non abbia scelto di seguire Babbanologia, al posto di Aritmanzia. Avresti vissuto di rendita, dato che sei una Nata Babbana. Ti saresti resa la vita assai più facile.» interviene Hestia, con praticità.

Arriccio le labbra in una smorfia contrariata. Non mi piace quando qualcuno sottolinea le mie origini babbane.

«Preferisco cimentarmi in cose nuove. Inoltre, Aritmanzia è davvero affascinante. Per quanto complessa, mi piace molto.» ribatto, cercando di contenere un tono stizzito. «Piuttosto, dovreste essere voi due a studiare un po' di Babbanologia, visto che non siete ancora in grado di distinguere un televisore da un camino!» aggiungo, scoccando sia a Hestia che a Marlene un'occhiata piena di disappunto.

Mary ridacchia sotto i baffi. Anche lei proviene da una famiglia di babbani e sa bene quanto siano scarse le conoscenze delle nostre due compagne in merito al nostro mondo d'origine.

Nel frattempo, arriviamo ai sotterranei, nei pressi dell'area riservata ai Serpeverde. Qui, l'aria è assai più fredda e pungente rispetto ai piani alti del castello, tanto che mi viene subito la pelle d'oca.

«Com'è andata invece a voi la mattina? Avete avuto Divinazione, se non sbaglio.» domando, mentre procediamo verso la cella di Pozioni.

«Noiosa, come sempre» replica Marlene, con una scrollata di spalle. «Oggi ci siamo cimentati nella pratica della chiromanzia. Il professor Ghalil ci ha diviso in coppie e ci ha costretto a leggerci a vicenda il futuro nei palmi delle mani.»

«Mmm... interessante!» commento con evidente sarcasmo.

Divinazione non gode di una gran reputazione a Hogwarts. Sono in molti, persino tra i professori, a considerarla una materia troppo astratta (per non dire inutile), impraticabile nella vita quotidiana di un mago. Onestamente, non posso che condividere in pieno quest'opinione. Per tale motivo, non l'ho voluta inserire all'interno del mio piano di studi. Preferisco di gran lunga materie più concrete, come Aritmanzia o Rune Antiche.

«Però, ti sei persa la scenata della Black» si accoda Mary, con espressione divertita.

«Che vuoi dire? Che ha combinato quella serpe stavolta?» la interrogo piena di curiosità.

Alya Merope Black è la sorella gemella di Sirius Black, nostro compagno di Grifondoro. A differenza del fratello, però, la Black è stata smistata in Serpeverde e ha la fama di essere una delle ragazze più boriose e snob dell'intera scuola, convinta di essere migliore degli altri solo per via del suo nobile retaggio famigliare (la famiglia Black è conosciuta per essere una delle stirpi più antiche di maghi dal sangue puro). E, come la maggior parte dei suoi compari di Serpeverde, disprezza tutti coloro che non condividono la medesima purezza di sangue magico.

Non è un segreto che io non nutra una gran simpatia nei suoi confronti. In effetti, quasi tutti i miei compagni di Grifondoro non la sopportano, compreso Sirius, che a malapena le rivolge la parola, se non per insultarla.

«Oh, è stato esilarante!» esclama Hestia, ridendo. «Durante l'esercizio di lettura della mano, la Black è scattata in piedi urlando contro la sua compagna. Pare non abbia gradito il futuro che le ha predetto, era infuriata. È dovuto intervenire persino il professore per calmarla. Alla fine, la Black se n'è andata via dalla classe prima della fine della lezione e se non si è più fatta vedere, nemmeno a pranzo in Sala Grande.»

«Sirius ha ragione quando dice che sua sorella non ci sta tutta con la testa. Oggi sembrava davvero una pazza!» conclude Marlene, con un accenno di malignità nella voce.

Giungiamo quindi all'aula di Pozioni. Siamo tra le prime ad arrivare, la stanza è quasi vuota. Io e le mie amiche ci disponiamo alle nostre solite postazioni e, con calma, cominciamo a sistemare sopra ai vecchi banchi di legno il materiale necessario per la lezione.

Poco dopo, anche gli altri studenti di Grifondoro e di Serpeverde cominciano a entrare in aula, alla spicciolata, sparpagliandosi nella cella angusta, perennemente in penombra.

Un fremito di fastidio mi assale, non appena intravedo la zazzera scarmigliata di James Potter sbucare dentro l'aula. Insieme alla sua banda, va ad occupare uno dei banchi in prima fila, fortunatamente lontano da dove mi trovo io; a questa distanza mi è impossibile udire, anche solo per sbaglio, le battutine insopportabili che è solito scambiarsi con i suoi amici durante ogni lezione, ed io non posso che esserne sollevata.

Nel frattempo, arriva anche Severus. Quando i nostri sguardi si incrociano, gli dedico un sorriso, contenta di vederlo, seppure di sfuggita. Un gesto che suscita un'immediata reazione piena di rimprovero da parte dei quattro Malandrini, in particolare di Potter, il quale schiocca sonoramente la lingua, apposta perché io comprenda quanto profondo è il suo disappunto.

Come al solito lo ignoro, rivolgendo la mia attenzione al manuale di Pozioni che ho sul banco. So quanto quanto Potter si irrita quando non viene preso in considerazione; e, in tutta onestà, devo ammettere che mi diverte deludere le sue manie di esibizionismo. Tuttavia, non è solo per infastidire Potter che evito accuratamente di guardare in direzione del banco occupato da lui e dai suoi amici. E, in particolare, da Sirius Black.

Una timida quanto indefinibile sensazione mi attraversa il corpo, e d'un tratto mi irrigidisco tutta. Per distrarmi, tiro fuori le boccette degli ingredienti dalla borsa e le dispongo sul banco, con una cura quasi maniacale, a distanza ben precisa l'una dall'altra, assicurandomi persino che siano in ordine di grandezza. Gradualmente, sento l'inspiegabile tensione che mi ha oppresso il petto e lo stomaco allentarsi; insieme alle fialette, metto ordine anche alle mie emozioni più nascoste.

La cella di Pozioni piano piano si riempie, finché non resta che un unico banco vuoto, proprio dietro di me, e il professor Lumacorno non compare dietro alla cattedra, iniziando a spiegare. Ha appena finito di introdurre la nuova pozione su cui lavoreremo oggi quando, all'improvviso, la porta della classe si spalanca. Alya Merope Black entra in aula, con il suo solito atteggiamento da smorfiosa, senza nemmeno proferire una mezza parola di scusa riguardo il suo ritardo. Se esiste una persona che detesto anche più di Potter, questa è proprio lei.

La Serpeverde incede altera dentro la stanza, ignorando bellamente l'espressione contrariata di Lumacorno (il quale, però, si guarda bene dal togliere dei punti alla Casa che dirige) e accomodandosi vicino alle sue amiche, nel solo posto libero rimasto. Ovvero, dietro di me. Con un sospiro malcelato, stringo le labbra seccata. Perlomeno, non sarò costretta a guardarla in faccia durante la lezione.

L'ora di Pozioni procede senza ulteriori interruzioni, passando dalla teoria alla preparazione pratica dell'infuso appena esaminato. Tento di concentrarmi su nient'altro che il procedimento descritto dal manuale, ma un fastidioso brusio alle mie spalle me lo impedisce.

«Ma che vi prende? Perché guardate mio fratello come se fosse un bignè ripieno di marmellata?» sento sbottare la Black dietro di me, rivolta alle sue amichette di Serpeverde. Senza dubbio, sta parlando di Sirius. Una nota di stizza mi pervade, mentre trituro una radice di belladonna.

«S-scusa...lo so che è tuo fratello...» mugugna esitante la voce di Elisabeth Gray, una compagna della Black.

«Mio fratello idiota, vorrai dire!»

Le guance mi si infuocano per la rabbia; la mia mano si stringe con più forza attorno al manico del coltellino, come se volessi stritolarlo.

Nel frattempo, le serpi dietro di me continuano imperterrite a spettegolare.

«A me non sembra così male...» ribatte la Gray.

«È così bello!» commenta una terza ragazza, Melyssa Bulstrode.

«Ma è uno stupido Grifondoro!»

Alya Merope Black sembra parecchio irritata dai commenti delle amiche. Forse anche più di me, anche se per motivi completamente differenti.

«Sì, però è davvero affascinante!» insiste la Bulstrode, adorante.

«Già, un vero spreco!»

«Oh ragazze...che schifo!» sbuffa la Black, esasperata.

«Be', Alya, è tuo fratello, sangue del tuo sangue...è naturale che tu non possa trovarlo attraente. Tuttavia, è molto ambito, sai? Sono parecchie le ragazze che gli fanno il filo.»

Sempre più irritata, stringo le labbra in una linea sottile.

«Non credo di avere alcuna possibilità con lui.» sospira la Gray amareggiata.

«Oh, su questo non ci sono dubbi!» ribatte Alya Merope Black, senza il benché minimo tatto. Sento la sua amica borbottare una protesta.

«Oh, non fraintendermi. Non c'entri tu» si affretta a correggersi, «Nessuna di voi potrà mai essere il suo tipo. Siete di Serpeverde. Conoscendolo, il mio stupido fratello preferirebbe sbaciucchiarsi con la piovra gigante del Lago Nero piuttosto che frequentare una della nostra Casa.»

Un vago senso di trionfo mi rinfranca, il quale, però, viene immediatamente estinto dal successivo commento acido della Black.

«Inoltre, temo che i suoi gusti siano di gran lunga più infimi. Una volta, sono entrata in camera di Sirius ed era tutta tappezzata di poster babbani. Uno mostrava una fila di ragazze in bichini succinti e con lunghe code di cavallo...ragazze babbane

Le antipatiche amichette della Black si uniscono alla compagna in un ostentato disprezzo condiviso, mormorando commenti disgustati sui Babbani. Sento una rabbia incontrollabile montarmi dentro e, prima ancora di soffermarmi a ragionare, mi volto di scatto, inviperita.

«Oh, insomma! La volete smettere di spettegolare!» sbotto secca, fulminando con lo sguardo il perfido quartetto.
«È ora di lezione e non un circolo di fattucchiere pettegole, se non ve ne siete accorte. Ci sono persone che vogliono impegnarsi e concentrarsi, al contrario vostro!»

Le quattro serpi ammutoliscono per un istante, scrutandomi con stupore, frammisto a sdegno.

«Non prendo ordini da una sporca sanguemarcio.» mi sibila maligna Philippa Travers, una biondina dall'aria spocchiosa e gli occhi acquosi, fin troppo simili a quelli di mia sorella Petunia.

Nell'udire la parola sanguemarcio, trasalisco, ferita dall'insulto. È un termine crudele, incivile, usato con disprezzo dai maghi purosangue contro le persone a loro dire indegne che, come me, sono imparentate con i Babbani.

Resto in silenzio, ma non mi volto, continuando a sostenere impassibile lo sguardo odioso della Travers. Non voglio darle la soddisfazione di farle credere di avermi colpita. Agguerrita, lascio che i miei occhi scorrano taglienti su tutte e quattro, sfidandole tacitamente a ripetere ancora una volta l'insulto. Ma nessuna di loro osa più proferire parola. Conoscono perfettamente le regole della scuola; sanno bene quanto sia rischioso pronunciare certi termini con un professore nei paraggi.

Per una frazione di secondo, il mio sguardo si allaccia a quello di Alya Merope Black e un brivido mi si espande lungo la schiena. I suoi occhi grigi e impenetrabili (così terribilmente identici a quelli di suo fratello Sirius) restano imperturbabili di fronte alla mia indignazione. Riesco a leggere una recondita minaccia nella glacialità con cui l'altera Serpeverde domina la scarsa distanza che ci separa.

Vagamente intimorita (anche se non vorrei ammetterlo), abbasso l'ascia di guerra e distolgo lo sguardo, tornando a lavorare sulla mia pozione. Per fortuna, le quattro Serpeverde hanno dato taglio ai loro fastidiosi pettegolezzi, cosicché riesco finalmente a concentrarmi sull'esercizio da svolgere. Mi isolo dal mondo, dedicando la mia attenzione su nient'altro che alla preparazione dell'infuso che Lumacorno ci ha assegnato.

Il tempo scorre via veloce e, senza che me ne renda conto, l'ora di lezione giunge al termine. Il professore, come sempre, cammina tra i banchi esaminando con occhio critico il risultato di ciascun allievo.

Un sorriso compiaciuto si allarga sotto i suoi folti baffoni da tricheco, quando osserva la pozione da me creata.

«Un ottimo lavoro, signorina Evans. Eccellente!» esclama vigoroso, «Trenta punti a Grifondoro!»

Tutti i miei compagni di Casa esultano entusiasti, mentre un sommesso borbottio di malcontento si leva dai tavoli occupati dai Serpeverde. L'unico a non dire nulla è Severus, che rimane impassibile al suo banco. In cuor mio, mi piace credere che sia contento del mio successo, anche se naturalmente non può darlo a vedere, per non indispettire i suoi compagni di Casa. Una punta di rammarico mi coglie, mentre lo guardo raccogliere velocemente le sue cose. Mi piacerebbe fermarmi a chiacchierare con lui, ma non ne ho il tempo. In un attimo, è già uscito dalla classe. Succede spesso, di recente; negli ultimi tempi, Severus sembra essere diventato ancora più schivo del solito.

Ma i miei pensieri al riguardo sbiadiscono non appena vengo travolta dall'entusiasmo contagioso dei miei compagni.

Fuori dall'aula, le mie amiche mi accerchiano, inondandomi di complimenti. Dopo pochi istanti, si uniscono anche i quattro Malandrini. Sento lo stomaco fare una capriola quando Sirius Black poggia la sua mano sulla mia spalla.

«Ben fatto, Evans!» si congratula sincero, dedicandomi uno dei suoi sorrisi più smaglianti.

«Grazie...» mormoro con un filo di voce, sforzandomi di non arrossire.

Anche Potter si unisce ai complimenti, esclamando parole e frasi che, però, non sono più in grado di ascoltare. La sua voce strascicata mi pare lontanissima, ogni frammento della mia attenzione è ormai totalmente catturato dall'immagine della bocca di Sirius e del sorriso che mi ha appena rivolto.

All'improvviso, uno strano brivido mi coglie.

Con la coda dell'occhio, mi accorgo che Alya Merope Black mi sta osservando da lontano. Mi sento raggelare. I suoi occhi grigi sono fissi sulla mano del fratello che si è posata sulla mia spalla. L'espressione è rigida, granitica, stillante di un disprezzo di gran lunga più intenso rispetto a quello che le sue antipatiche compagne mi hanno riservato in aula, poco fa. Per la seconda volta, scorgo scintille di minaccia irradiare le sue iridi glaciali.

Il tutto non dura che la frazione di un istante.

Un secondo dopo, la Black si ricompone, come se nulla fosse, tornando al suo solito cipiglio altezzoso e indifferente. La guardo di sottecchi, mentre gira i tacchi e, insieme al suo gruppetto di serpi, si allontana dall'aula di Pozioni, svanendo definitivamente dalla mia vista.

Eppure, il brivido persiste, non scompare. Anche se la Serpeverde si trova ormai distante, percepisco ancora addosso il gelo del suo sguardo spietato, lo avverto vivido sulla pelle, come un marchio. Un marchio penetrante e insidioso, in grado di farmi sentire spaventosamente vulnerabile.

Nota autrice:

Eccomi ancora qui, con le mie intrusioni a pie' di pagina 😁!

In questo capitolo compare in maniera un po' più incisiva il personaggio di Alya Merope Black, di mia invenzione. Come si è potuto leggere, è un tipetto particolare e certo non si può dire che lei e Lily siano grandi amiche 😅.

A coloro che l'hanno già conosciuta ne "L'Albero dei Black" chiedo: vi era mancata Alya? Che effetto fa leggere di lei attraverso gli occhi di Lily?

Ai lettori che invece ancora non la conoscono domando: che impressione vi ha dato?

In ogni caso, spero abbiate trovato questo capitolo interessante. Personalmente, mi sono divertita un mucchio a scriverlo. Infatti, l'ho iniziato e finito tutto in un pomeriggio 😆!

Grazie come sempre per le letture e i commenti ❤❤

Alla prossima puntata^^
Valentina ❤

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