Choices ||Jegulus/Wolfstar |...

By __pads

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Tutti commettiamo errori. Ma facciamo anche delle scelte. È importante per James, questa differenza. Ce la me... More

Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitoli 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52

Capitolo 42

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By __pads

Note autrice: ehm...sorpresa??!!

Note traduttrice: mi sono ricordata in cosa consistesse questo capitolo e ho deciso che non potevate aspettare un giorno in più per leggerlo. QUINDI, ragazzi miei, no..non so neanche come prepararvi a tutto questo. Leggete e basta

Capitolo 42

DUE ANNI DOPO

Giugno 1979

PARTE I: JAMES

"Pensi che si stia facendo una sega lì dentro?"

James quasi sbuffò champagne dal naso mentre Remus lanciò a Sirius un'occhiataccia dall'altra parte della stanza.

"Dici sul serio?"

"Cosa?" chiese Sirius, alzando le mani innocentemente. "È un buon antistress!"

"Gesù Cristo."

"Remus John Lupin, non puoi stare lì a dirmi che l'orgasmo non ti rilassa perché sappiamo entrambi che non è vero."

"Uffa, puoi non fare questa cosa?" Peter fece una smorfia.

Sirius lo guardò, il sopracciglio inarcato.

"Posso non fare cosa? Far avere un orgasmo a Moony? Scusa, ma sarebbe contro natura per me a questo punto". Fece l'occhiolino a Remus.

“Sto per chiedere il divorzio,” disse Remus in tono piatto.

Il sorriso di Sirius si allargò. "Prima dovresti sposarmi tesoro."

"Un matrimonio alla volta, va bene ragazzi?" James si alzò dal divano e si diresse verso il bagno dove Frank si era nascosto negli ultimi quarantacinque minuti. Bussò leggermente alla porta.

"Frank?"

Nessuna risposta. Guardò gli altri in tempo per vedere Sirius pronunciare la parola "sega" a Remus che alzò le braccia per l'esasperazione.

"Frank? Se sei morto nella vasca da bagno, mi arrabbierò moltissimo con te", disse James, senza ricevere ancora risposta. Contò fino a dieci prima di sospirare ed estrarre la bacchetta. "Va bene, sto aprendo la porta, va bene?" avvertí puntando la bacchetta contro la serratura, mormorando sottovoce; "Per favore, dimmi che non ti stai masturbando" e poi: "Alohomora".

Sentí un clic soddisfacente ma non raggiunse la maniglia. Non era sicuro di essere esattamente la persona giusta per fare il discorso di incoraggiamento pre-matrimonio.

"Chi entra allora?" chiese, guardando speranzoso alle sue spalle solo per trovare i suoi tre migliori amici che lo fissavano con aria assente. Remus in realtà si allontanò dal bagno.

“Beh, voglio dire,” disse Sirius casualmente. "Sei già lì."

James alzò gli occhi al cielo. Avrebbe dovuto rimanere sul divano con lo champagne in mano. "Che amici di merda che siete"

Sirius sussultò. "Questa ha fatto male."

“Un po' è vero però,” ammise Remus, guadagnandosi uno schiaffo da Sirius.

James si morse un sorriso perché era assolutamente ancora infastidito da quegli idioti. “Vuoi stare zitto? Sto per avere un discorso cuore a cuore molto importante", indicò la porta di fronte a lui.

"Sì signor Potter, saremo tutti bravi signor Potter, seguiremo tutte le sue regole, signor Potter."

James lanciò un'occhiataccia a Sirius che si limitò a ridere. "Non appena tiro fuori Frank da questo bagno, ti prendo a pugni in faccia."

Sirius sorrise, sdraiato nell'angolo del divano con un flute di champagne che gli penzolava dalla mano, facendolo sembrare ancora di più  il ricco monello viziato che era. "Promesse, promesse".

James alzò gli occhi al cielo, tornando al compito da svolgere. Non sapeva molto di matrimoni, ma era abbastanza certo che ci volessero almeno due persone per farlo funzionare.

James aprí la porta del bagno con cautela, scivolando dentro come se si aspettasse che qualcosa saltasse fuori. Niente del genere, ovviamente. Invece tutto ciò che trovò fu Frank Paciock seduto per terra, con la testa tra le mani.

Ci fu un momento di silenzio in cui James non aveva assolutamente idea di cosa dire. Fortunatamente, Frank non lo lasciò soffrire a lungo.

“Scusa,” borbottò alla il ragazzo più grande. Abbassò le mani, guardando tristemente James. "Non so cosa c'è che non va in me."

"Non che io abbia molta esperienza con queste cose,” disse James mentre si sedeva sul pavimento accanto a Frank, appoggiandosi vasca. “Ma direi che ti stai comportando abbastanza normalmente. Non è poi così inaudito, no? Lo sposo  impazzisce sempre prima del matrimonio"

Frank gemette. "Non sto impazzendo."

"Non pensavo che lo fossi", disse James, perché lo intendeva sul serio, nonostante tutte le prove dicessero il contrario.

“Voglio sposare Alice,” guardò James dritto negli occhi. Il suo viso, osservò James, era più pallido del normale, i suoi capelli scuri completamente arruffati: avrebbero dovuto fare qualcosa per quelli. Non che pensasse che fossero in grado di trovare un solo pettine tra loro cinque.

"Ottimo", disse, quando Frank non andò avanti, "considerato che siamo al tuo matrimonio".

Il ragazzo più grande sbuffò. “Non è l'impegno che mi spaventa o, non so, qualche stronzata sul perdere la mia libertà. Voglio stare con lei, l'ho sempre voluto".

"Quuuindi... cosa stai facendo sul pavimento del bagno, allora?" James chiese più gentilmente che poteva.

Frank emise un respiro profondo, pizzicandosi il ponte del naso. "Sono preoccupato che ci stiamo... arrendendo."

James sbattè le palpebre. Qualunque cosa si aspettasse, di certo non era quello. "Cosa intendi?" gli chiese.

Frank si guardò le mani, l'espressione sul suo viso non era nervosa o spaventata ma... stanca. Esausta. Di recente era stata dura: più attacchi, più sparizioni, più morti. E Alice e Frank erano stati nel bel mezzo di tutto per molto più tempo di tutti loro.

"Non so se lo avremmo fatto se le cose fossero diverse", disse infine. "Mia madre dice che siamo troppo giovani e penso che probabilmente ha ragione, il che mi fa pensare - mi preoccupa - che ho chiesto ad Alice di sposarmi perché non credo che invecchieremo mai. Perché non credo che..." la sua voce si incrinò e prese un respiro tremante. "Perché non credo che possiamo vincere".

James fissò Frank, desiderando improvvisamente che Remus o Sirius fossero entrati con lui. Frank aveva sempre saputo cosa fare, da quando James lo conosceva, era sempre stato responsabile. Il fatto che lui si sentisse cosí fottutamente perso stava facendo andare James fuori di testa.

Alla fine deglutí, sapendo che doveva dire qualcosa. "Sai cosa ha detto Alice, quando mi ha detto che vi stavate per sposare?"

"Probabilmente ha detto che eravamo matti."

James rise e Frank riuscí davvero a strappare un sorriso al suo volto.

“Beh, sì, ovviamente. Ma dopo,” James si calmò un po'. “Ha detto che quando le cose si fanno difficili le persone commettono l'errore di pensare che l'amore sia un lusso. Ma non lo è. È la cosa più importante, l'unica cosa che conta. Ha detto che se vogliamo farcela, dobbiamo assaporare le cose che amiamo".

Frank sorrise debolmente. "Sembra proprio una cosa da Alice."

“Non ti stai arrendendo Frank,” continuò James, pensando allo sguardo feroce negli occhi di Alice quella notte sulla spiaggia. “Stai sopravvivendo. C'è una differenza".

Frank mantenne il suo sguardo per un momento prima di scuotere la testa e ridacchiare piano. "Merlino, non posso credere che sto ricevendo consigli sulla vita dal dannato James Potter."

James sorrise. "Immagina come mi sento io?" Si alzò in piedi, raddrizzandosi le vesti prima di porgere la mano a Frank.

Il ragazzo più grande si fermò solo un momento prima di prenderla.

“Grazie,” Frank strinse la mano di James prima di lasciarla andare. "Veramente."

James annuí. "Figurati. Ora andiamo a vedere se riusciamo a trovare un pettine, sì? I tuoi capelli sono peggio dei miei."

Lily si trovava di fronte a lui durante la cerimonia con il resto delle damigelle d'onore. Pianse a  metà dei voti, la faccia che si increspava sotto le lentiggini in un modo che James pensava sarebbe dovuto essere illegale. Quando lo sorprese a fissarla, tirò fuori la lingua e James dovette mordersi forte il labbro per trattenere una risata.

Gli anelli vennero scambiati e le promesse vennero fatte e alla fine Frank stava prendendo Alice tra le sue braccia e la baciava mentre piagnucolava peggio di Lily.

James non era mai stato ad un matrimonio prima, non pensava davvero che sarebbe stato il suo genere di cose, ma mentre guardava i suoi amici separarsi, le mani che si stringevano ancora l'una all'altra come se avessero paura di lasciarsi andare, tutti gli altri che applaudivano e ridevano...o, nel caso di Sirius, abbaiavano—non potè fare a meno di pensare che forse non erano così male. Dopotutto, non vedeva così tanti volti sorridenti da mesi.

"Et voilà!" disse Mary mentre scivolava di nuovo al suo posto al loro tavolo con un vassoio di bicchierini di tequila.

"Merlino, morirò", borbottò Dorcas, gli occhi già velati. Infatti l'unica di loro che attualmente non mostrava segni di essere assolutamente brilla era Mary.

“Niente lime? Mary, che diavolo?" chiese Marlene.

"Il lime è per i deboli".

Lily sbuffò, prendendo due shot e passandone uno a James. Inarcò la fronte.

"Riuscirai a resistere dopo questo?"

Lei gli fece il dito medio. "Divertente detto da te Potter, sei tu quello che non regge niente."

Sirius sbuffò una risata . "Ha ragione lei."

“Hey! Dovresti essere il MIO migliore amico".

“Lo sono,” disse Sirius facilmente. "E come tuo migliore amico, so meglio di chiunque altro che cazzo  dimammalucco sei"

“Amen,” Lily si girò e la coppia battè il cinque.

"Ragazzi, non potete allearvi contro di me."

“Aw,” tubò Lily. "Sei così carino quando metti il broncio."

James la guardò male. "Lo prendo come un mezzo complimento."

"Direi anche meno della metà onestamente", intervenne Remus.

“Oh vaffanculo a tutti quanti, dov'è Peter? Lui è sempre gentile con me".

“In realtà, questa è un'ottima domanda,” Remus iniziò a guardarsi intorno nella sala del ricevimento. "Non lo vedo da un po'..."

"Probabilmente starà scopando con qualcuno", disse Marlene, guadagnandosi uno scherno scettico sia da James che da Sirius. Remus lanciò loro un'occhiata.

"Voi due siete troppo cattivi con lui."

Sirius fece un verso incredulo, sedendosi eretto sulla sedia e stringendosi il petto. "Non sono cattivo".

“Ehi” disse James, guadagnandosi uno sguardo scandalizzato. "Ascolta amico, mi dispiace, ma puoi essere tipo..."

"Tipo cosa?" Sirius sembrava incredibilmente altezzoso quando voleva.

"Un po' meno stronzo", finí Mary per lui, facendo iniziare a ridere in modo incontrollabile Lily, Marlene e Dorcas. "Basta parlare, beviamo", alzò il bicchiere, indicando con impazienza che tutti gli altri facessero lo stesso.

"Ad Alice e Frank!" Urlo Marlene.

"Brindiamo con gli shot?" chiese Dorcas. "Non sembra un brindisi."

"Puoi brindare con qualsiasi cosa se sei abbastanza forte", disse Mary. Poi: All'eterna monotonia del matrimonio."

Lily sbuffò: “Gesù Cristo Mary”.

"Ooh, ooh, voglio farne uno io!" Sirius intervenne, tremolando sulla sedia. "All'unica scopata che Frank abbia mai avuto!"

"Non ci credo!?" chiese James.

“Sì, è così,” disse Sirius, un po' troppo orgoglioso di se stesso per spargere quel po' di pettegolezzo. "La nostra Alice ha deflorato il capitano di Quidditch."

“Non posso portarti da nessuna parte,” borbottò Remus sottovoce, ma non riuscí a mantenere l'affetto fuori dal suo tono.

"Beh, io brindo al vero amore", disse Dorcas, le parole uscirono con un leggero farfugliare.

"Ugh, Dio, per favore non farlo, mi farai venire la nausea." Mary fece una faccia da vomito.

"Beh, penso che sia un bel brindisi", disse Marlene mentre lei e Dorcas si avvicinavano l'una all'altra, i loro nasi quasi si toccavano.

James notò il modo in cui questo gesto fece irrigidire Sirius, fece sfrecciare i suoi occhi per la stanza. Alice e Frank provenivano entrambi da vecchie famiglie Purosangue, il che significava che ci fossero molte persone che potevano non vedere di buon occhio una relazione che non potesse produrre un erede.

Normalmente Sirius avrebbe detto loro di andare a farsi fottere, ma James sapeva che quel tipo di situazione lo rendeva nervoso, gli ricordava troppo gli eventi a cui sua madre e suo padre lo trascinavano. Dopotutto, era una folla molto simile. Questo era senza dubbio il motivo per cui, nonostante la sua bocca sporca, Sirius aveva a malapena toccato Remus oggi.

“Va bene, ci sono già stati abbastanza applausi,” Mary battè il fondo del bicchiere contro il tavolo prima di gettarsi il contenuto in gola. Gli altri seguirono l'esempio.

“Blah,” Lily fece una smorfia mentre lasciava cadere il suo bicchiere ormai vuoto sul tavolo. "Non migliora mai."

“Sarebbe stato meglio se avessimo avuto i lime!” Marlene cantò dall'altra parte del tavolo prima che lei e Dorcas si dissolvessero in un impeto di risatine per ragioni che nessuno capiva.

"Che diavolo ragazzi!" Alice saltò verso il tavolo con Frank dietro di lei, il papillon slacciato e appeso al collo, le scarpe di Alice nelle sue mani. “Avete bevuto senza di me!? Senza di me? La sposa! È il mio giorno speciale e avete bevuto senza di me!”

"Possiamo procurarti un altro giro, tesoro", propose Mary facilmente.

"No!" Dorcas pianse.

“Assolutamente no,” concordò Lily.

“Non pulirò il vostro vomito stanotte,” disse Remus, guardando dubbioso Sirius.

“Merlino,” Mary alzò gli occhi al cielo. "Siete tutti così fottutamente noiosi."

"Eddai, dov'è la vostra resistenza?" chiese Alice mentre si siedeva in grembo a Mary, Frank prese una sedia dal tavolo accanto. "Sono solo... che ore sono?" sussurrò la seconda parte a Frank che si morse il labbro nel tentativo di non sorridere.

"Le due del mattino."

Alice alzò le braccia, quasi colpendo Mary in faccia. “Sono solo le due del mattino! Si suppone che molti di voi siano quelli turbolenti del gruppo"

"Sono quasi sicuro che quel gruppo non includa me, disse Remus.

“Oh per favore,” Sirius alzò gli occhi al cielo. "Sei il peggiore di noi."

"Mi scusi?" Remus rivolse uno sguardo leggermente sconcertato al suo partner.

“Mi hai sentito,” Sirius si piegò in due, per nulla pentito. “Tu ed Evans, maledette minacce  della società, proprio voi due. E il povero James ed io, cerchiamo solo di essere onesti giovani gentiluomini che seguono le regole, facendo sempre quello che ci viene detto."

“Ero un bravo ragazzo prima che arrivasse lei,” opinò James, stringendosi al suo petto. Lily era già in crisi isterica, Marlene e Dorcas non erano molto lontane

"Ho sempre pensato che Lily avesse una cattiva influenza su di te", intervenne Alice con un sorriso.

"Sentu chi parla", disse Lily tra una risata e l'altra. "Sei cattiva quasi quanto Sirius."

"Che cosa? Io?" Alice sbattè le ciglia e scosse le spalle. "Sono un angelo."

Frank emise uno sbuffo che cercò rapidamente di coprire con un colpo di tosse.

"Oh mio dio, lo sentite ragazzi?" chiese Alice, cadendo in avanti in modo da poter appoggiare entrambe le mani sul tavolo.

"Sentire cosa?" chiese Marlene.

“È la mia canzone! Stanno suonando la mia canzone!

"È il tuo matrimonio, tesoro", disse Mary. "Hai deciso tu la musica, sono tutte tue canzoni."

Questa cosa non sembrò scoraggiare Alice che era già in piedi, che tirava su Mary con lei. "Dai dai dai! Devi ballare con me, è il mio giorno speciale!!!”

"Merlino, questa frase sta già diventando così vecchia", disse Lily, anche se si alzò comunque.

"Mi stai abbandonando, vero?" chiese James.

Lily inarcò la fronte. "Vuoi venire a ballare con me?"

"Non voglio eclissarti."

"Accidenti, che generosità."

Fece spallucce. "È proprio il tipo di ragazzo che sono."

"Molto onesto, così ho sentito."

James le sorrise mentre lei si frappose tra le sue cosce. "Giusto." Gli fece scorrere la mano tra i capelli prima di chinarsi e baciarlo, probabilmente più in profondità di quanto fosse strettamente accettabile considerando che erano in pubblico, ma erano tutti così ubriachi che non importava a nessuno.

Si tirò indietro ma non di troppo. "Penso che dovremmo andarcene a breve", disse a bassa voce.

Qualcosa di caldo si accumulò nello stomaco di James. "Sì. Decisamente. Molto a breve."

Lily rise, chiudendo i denti nel labbro inferiore e James si chiese se lei sapesse come questo lo facesde uscire di testa - come ogni volta che lo facava lui immagina di sostituire i suoi denti con i propri. Si chiese se lo facesse apposta, era il tipo di cosa che avrebbe fatto Lily.

"EVANS!" gridò Alice dalla pista da ballo, facendo alzare lo sguardo ad entrambi. "Porta il culo qui!"

Lily buffò. "Sono stato convocata."

"Vai allora", disse James, anche se era riluttante a lasciarla andare quando si allontanò. “Penso che mi divertirò. Sei sexy quando balli"

“Per favore,” disse Lily, camminando all'indietro verso i loro amici. “Sono sexy mentre faccio qualsiasi cosa,” lei gli strizzò l'occhio prima di voltarsi e James giurò che il suo sorriso fosse così ampio che le sue guance iniziarono a far male.

“Quella la mia ragazza,” disse, un po' sbalordito, guadagnandosi una pacca sulla spalla da parte di Sirius e un sorriso indulgente da parte di Remus.

Sulla pista da ballo Alice era saltata sulla schiena di Mary e aveva iniziato a far oscillare il velo come un lazo.

"Quella è mia moglie", disse Frank, senza un accenno di imbarazzo.

“Sì amico,” rise James, stringendo la spalla di Frank. "Si lo è."

James si svegliò con un mal di testa atroce e il suono del camino che suonava

“Gesù Cristo,” mormorò Lily accanto a lui, afferrando un cuscino e gettandolo sul viso. "Rispondi!"

James, che si sentiva come se fosse stato picchiato con un'intera bottiglia di tequila, non aveva un vero desiderio di alzarsi dal letto e tanto meno di parlare con nessuno. "Forse smetterà", gemette, con voce cruda. Passarono alcuni minuti e il rumore non si fermò.

Lily lo prese a calci.

"Ahi!"

"Vai a vedere cosa vogliono".

“Vai a vedere tu cosa vogliono,” ribattè, strofinandosi petulantemente lo stinco.

Lily si tolse il cuscino dal viso e lo guardò torvo. "Non posso."

"Perché no?"

“Perché se vedo il volto della persona che mi ha svegliato la smembrerò osso per osso”. James onestamente pensò che dicesse sul serio.

"Ugh, va bene", si rotolò - letteralmente - fuori dal letto, il suo corpo tremante e nauseato mentre strisciava verso il camino in soggiorno e rispondeva alla chiamata.

Che cazzo vuoi,” disse prima ancora di avere la possibilità di vedere chi stesse chiamando. Fu allora, mentre il mondo rimaneva sfocato, non importava quante volte sbattesse le palpebre o si stropicciasse gli occhi, che si rese conto di aver dimenticato gli occhiali.

"James?" Non che ne avesse bisogno, una volta che sentí quella voce.

“Remus? Cosa c'è?" si sentí immediatamente più vigile, sedendosi più dritto e cercando di discernere l'espressione di Remus attraverso la sua visione sfocata.

"Scusa, lo so che è presto..."

“Tranquillo,” James disse sinceramente, perché era Remus, quindi diceva sul serio "Cosa sta succedendo?"

Remus emise un respiro. “È Sirius—“ il che non sorprese James. L'unica cosa che preoccupava Remus abbastanza da chiedere aiuto era Sirius. “Moody ha mandato un gufo stamattina – l'ha mandato meno di un'ora fa – l'ho visto solo perché avevo un incontro con Silente,” James ricorda vagamente che Remus gliene aveva parlato la notte prima.

Qualcosa su Silente che diceva di avere una proposta per Remus ma non gli aveva dato molte informazioni.

"Cosa ha detto Moody?" chiese James, contento che la sua voce non tradisse i nervi che stavano attualmente crescendo nel suo stomaco. Moody non era mai stato, secondo l'esperienza di James, portatore di buone notizie.

“È Walburga,” disse Remus stancamente.

James sentí i suoi occhi spalancarsi. "Che cazzo ha fatto adesso?"

Remus rise seccamente. "Gli Auror l'hanno accusata di stronzate: materiali illegali per pozioni o libri o qualcosa del genere. L'hanno messa dentro, vogliono interrogarla, sanno che è il centro dei Mangiamorte, che ha delle informazioni". Certo, pensò James, anche se non la farebbero mai parlare. A meno che…

"Useranno il Veritaserum?" era contro la legge ma date le circostanze James non poteva immaginare che Moody si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione.

Remus scosse solo la testa. “Non ne ho idea, ma Sirius è andato-"

"Andato?" James chiese.

"Al Ministero, all'ufficio degli Auror, senza dubbio per fare qualcosa di stupido. Normalmente l'avrei seguito ma…”

“Silente,” finí James per lui. E poi, velocemente: "Vado io, devo solo... devo trovare i miei pantaloni, ma poi vado subito."

"Grazie."

James quasi gli disse di andare a farsi fottere - ringraziarlo per questo, come se non fosse scontato, non era quello che facevano sempre?

"E James?" Remus gridò mentre James si rimise in piedi.

"Sì?" chiese, sbattendo le palpebre verso il viso sfocato del suo amico.

"Stai attento, va bene?"

James cercò di fargli il suo sorriso più rassicurante. A volte sembrava che fosse tutto ciò che si dicessero l'un l'altro in quei giorni. “Sempre Moons. Ti scrivo presto, ok?"

"Sì."

La sua faccia tremolò e poi si spense, scomparendo nel fumo.

James costringe il suo corpo a muoversi molto più velocemente di quanto avrebbe voltuto in quel momento. Il suo stomaco minacciava ancora vomitare tutto ogni pochi secondi.

"Cosa sta succedendo?" chiese Lily assonnata dal letto mentre James cercava e non riusciva a vestirsi in silenzio.

"Moody ha portato Walburga al Ministero per interrogarla."

Con la coda dell'occhio vide la montagna di coperte spostarsi, un viso lentigginoso circondato da crespi capelli arancioni che emersero in cima. "Merda", disse, James annuí mentre saltellava su un piede cercando di infilarsi i calzini. La stanza girò leggermente. Dannazione a Mary e ai suoi maledetti shot di tequila.

"Come l'hanno presa?"

"L'hanno arrestata per un tecnicismo, non saranno in grado di trattenerla a lungo."

“Merda,” disse di nuovo Lily. "Sirius..."

“Già lì, secondo Remus. Quindi devo sbrigarmi prima che faccia qualcosa di stupudo tipo uccidere il vecchio pipistrello"

"Voglio dire, non sarebbe così stupido."

James si fermò quel tanto che bastava per mandarle uno sguardo confuso.

"Uccidere tua madre davanti all'intero dipartimento degli Auror non sarebbe cosí stupido?"

"Beh, non è che non se lo meriti!" disse Lily esasperata.

James rise anche se gli faceva male la testa, si avvicinò e la baciò velocemente sulla bocca. "Ti amo piccola psicopatica."

Lo prese per un braccio quando iniziò ad allontanarsi. "Armadietto del bagno, terzo ripiano", quando James la guardò con curiosità, lei alzò gli occhi al cielo. "Pozione per i postumi di una sbornia".

"Oh grazie a dio, sei un angelo."

"Si si."

Un altro bacio prima di dirigersi verso la porta.

"Sarai qui quando torno?" Chiese mentre prendeva un maglione dallo schienale di una sedia lungo la strada.

“Non lo so,” raccolse le coperte più accuratamente intorno a sé finché James riuscî a malapena a vedere il suo viso. “Oggi faccio colazione con mamma”.

“Ah,” James si fermò con la mano sullo stipite. "Starai bene?"

Lei annuí. “Sto bene, stanno arrivando Marlene e Mary. Vai a prenderti cura del nostro ragazzo"

James sorrise. “Aye, aye capitano,” la salutò prima di infilarsi nel corridoio.

Un "idiota" molto affettuoso lo seguí.

Erano membri dell'Ordine, ma non erano, tecnicamente parlando, Auror. Semplicemente non c'era stato tempo. Non era un punto importante. Alla fine del loro ultimo anno ad Hogwarts, il Ministero stava crollando, pieno più di nemici che amici. Non c'era davvero bisogno di entrare nello specifico. Ma dal momento che il numero di Auror, quelli di cui si fidava Moody si riducevano quotidianamente, i membri dell'Ordine venivano spesso reclutati per assistere nei doveri di Auror. Niente di tutto ciò era ufficiale, ovviamente, il che in gran parte non aveva importanza. Tranne quando Moody decideva che ne aveva.

Il Ministero era il caos, gli Auror si precipitavano in giro, urlandosi a vicenda dalle loro scrivanie, promemoria che sfrecciavano nell'aria così velocemente che James temette di essere decapitato da uno di loro. Ormai ci era abituato, capiva che non era proprio così disastroso come sembrava a prima vista. Che c'era ordine nel caos. Tuttavia, questo rendeva leggermente più difficile localizzare Sirius.

"Buongiorno James", disse qualcuno mentre passava, James fece loro un rapido sorriso in segno di riconoscimento.

Aveva gli occhi sull'ufficio di Moody, pensò che fosse un buon punto di partenza come un altro. Sfortunatamente, per entrare nell'ufficio di Moody dovevi superare...

“Buongiorno signora Newberry,” cercò di sfoggiare il suo sorriso più affascinante ma l'anziana segretaria lo guardò con lo stesso disprezzo di sempre. "Speravo di vedere Moody, c'è qualche possibilità che possa semplicemente..."

"Hai un appuntamento?" chiese con una voce che sembrava fatta di ghiaia.

"Ehm... no, è una cosa dell'ultimo minuto. È impegnato o..."

"Nessuno entra senza appuntamento", recitò monotona, gli occhi che tornarono alla copia del Settimanale delle Streghe sulla sua scrivania. James strinse i denti e fece del suo meglio per non perdere la pazienza.

"Giusto, sì, tranne per il fatto che è successo qualcosa... sa se è lì con Sirius Black per caso?"

"Nessuno entra senza appuntamento", ripetè, senza alzare lo sguardo.

Indossava sempre una quantità sgargiante di ombretto blu e rossetto rosa che la rendevano difficile da guardare senza avere mal di testa.

"Stavo solo chiedendo con chi si è in ufficio", disse a denti stretti.

"Chi incontra il capo Auror Moody non sono affari tuoi", disse, prima che i suoi occhi si alzassero sopra la parte superiore degli occhiali. "Soprattutto se non hai un appuntamento."

James era abbastanza sicuro che avrebbe cominciato a ringhiare. "Ascolti-"

“Ciao Dorris!”

James si girò e vide un'Alice che marciava verso di loro, con un sorriso stampato in faccia.

"Cosa diavolo stai facendo qui?" chiese James, incapace di trattenere lo shock dalla sua voce. Anche se sapeva che Alice e Frank non avevano il lusso di andare in luna di miele, era abbastanza sicuro che almeno si sarebbero presi il giorno libero dopo il loro matrimonio.

Alice ignorò di proposito la domanda di James, scegliendo invece di concentrare tutte le sue energie sull'amara vecchia di fronte a loro.

"Grazie mille per aver inviato i fiori ieri, erano adorabili", disse Alice, che le fece guadagnare poco più di un grugnito di riconoscimento. “Dimmi, come sta Pip? Hai detto che era malato l'ultima volta che abbiamo parlato."

Il cambiamento che subí la segretaria fu così grande che James rimase sinceramente sorpreso. Non aveva mai visto la vecchia sorridere prima d'ora.

“Oh, sta molto meglio. Ho trovato una pozione meravigliosa che gli ha sistemato lo stomaco in modo che non vomitasse più la sua cena."

"Sono così felice di sentirlo, ero davvero preoccupata per lui".

"Oh beh, lo apprezzo cara", la signora Newberry allungò una mano e accarezzò il dorso della mano di Alice ancora sorridendo. James guardò tra loro, senza capire una parola di ciò che era stato appena detto e chiedendosi se fosse caduto in una specie di universo alternativo.

"Beh, Moody mi ha chiamato, quindi è meglio che vada", sorrise Alice, facendo un cenno con la testa verso l'ufficio.

“Oh, certo, certo, va pure” James notò che la vecchia non chiese ad Alice se LEI avesse un appuntamento.

“Grazie,” Alice prese James per un braccio e iniziò a trascinarlo con sé. "Mi ha detto di portarlo con me", spiegó quando la signora Newberry lanciò loro uno sguardo interrogativo.

Gli occhi della vecchia fecero su e giú su James con disapprovazione. "Se sei sicura."

James fece un verso indignato ma Alice lo spinse avanti prima che potesse dire qualcosa. "Purtroppo lo sono."

"Purtroppo?" James sussurrò sottovoce una volta che furono abbastanza lontani lungo il breve corridoio dell'ufficio di Moody cosí che Newberry non potesse sentire.

"Ti ho fatto entrare, no?" Alice sibilò di rimando.

"E chi diavolo è Pip?"

"Il suo gatto."

"Oh, dannazione, è una gattara... oh!" disse quando Alice lo pizzica.

"Non essere cattivo."

Si fermarono davanti ad una porta con su scritto "Alastor Moody" non che si potesse scambiarla con la porta di qualcun altro. James poteva praticamente sentire gli incantesimi protettivi che erano stati lanciati sopra.

"Non che io non sia eternamente grato che ti sia fatto viva, ma cosa ci fai qui?" chiese James mentre guardava Alice agitare la bacchetta, disabilitando le varie misure di sicurezza.

"Come ho detto, Moody mi ha mandato a chiamare."

"Il giorno dopo il tuo matrimonio?" chiese James indignato.

Alice gli fece un sorriso. "Avrei potuto rifiutare, ma ho visto che era la mamma di Sirius e... beh... tu sei qui per questo, no?"

E James suppose che fosse abbastanza giusto.

"Frank?"

Lei sbuffò. "sta ancora dormendo."

"Merlino, quel povero figlio di puttana si sveglierà da solo in luna di miele."

"Ho lasciato un biglietto!" disse Alice sulla difensiva. "E poi, scommetto che lo troverò ancora a dormire quando torneró... ah ah!" la porta si aprí e Alice rivolse a James un sorriso complice. "Ci siamo", sussurrò, come un ragazzino che aveva appena messo le mani nella marmellata e non nell'ufficio del suo capo.

James non potè fare a meno di ricambiare il sorriso. Alice sarebbe stata davvero un'ottima Malandrina.

"Dobbiamo bussare?" chiese James mentre lei prendeva la maniglia della porta. Un uomo con così tante precauzioni di sicurezza non sembrava a James come qualcuno che l'avrebbe presa bene se qualcuno fosse entrato senza preavviso. Ma Alice fece semplicemente spallucce.

"Sa già che siamo qui fuori."

"Lui... cosa?"

Ma questo fu tutto ciò che ottenne prima che la porta venisse aperta e divenne immediatamente evidente che insieme a ogni altro incantesimo posto su quell'fficio, c'era anche un incantesimo silenziatore, perché nel momento in cui entrarono, la voce arrabbiata di Sirius risuonò forte e chiara.

"... non hai idea con chi cazzo hai a che fare."

"Dato che è il mio lavoro, credo di avere un po' più di comprensione di quanto tu possa pensare ragazzo", ribattè Moody. Era appoggiato alla parte anteriore della sua scrivania mentre Sirius camminava per il suo ufficio, sembrava che stesse una merda.

Chiaramente non aveva avuto tempo per una pozione per i postumi di una sbornia prima di uscire di casa: era ancora semivestito in pigiama, i capelli arruffati, la pelle pallida e appiccicosa.

“Cazzo,” sibilò James sottovoce mentre la porta si chiudega dietro di lui. Nessuno dei due uomini sembrò notare di avere un pubblico, o se lo fecero non lo mostrarono.

“È mia madre, so come lavora, so come pensa!”

"Ne sono consapevole, ed è per questo che non c'è modo che ti lasci in quella stanza con lei."

"Posso farla parlare!"

"Merda, potrebbe avvolgerti al suo dito in un secondo... lo ha già fatto."

"Fottiti."

"Non sei il mio tipo."

"Fottiti da solo allora."

"Non permetterò a nessuno che non sia un Auror addestrato di entrare in quella stanza."

"Questa potrebbe essere la nostra unica possibilità: sei fortunato ad avercela innanzitutto"

“Ne sono consapevole, è per questo che non voglio correre rischi. E tu ragazzo, hai la parola rischio scritta in fronte"

"L'ho già affrontata prima, so com'è."

"Sì? E come è andata a finire?"

"Ero un bambino!"

"E cosa sei adesso?"

Sirius smise di camminare, guardò Moody, frustrato, stanco e ferito. E poi il suo viso si chiuse e tutte quelle emozioni si fusero in rabbia. James conosceva bene quell'espressione. Sapeva che non significava niente di buono.

"Ascoltami bene..."

"Ehi-wow-ciao ragazzi, come state?"

James si fece subito avanti mettendosi tra il suo migliore amico e il capo del dipartimento Auror. Sirius sembrava scioccato nel vederlo, gli occhi sbarrati mentre il suo sguardo rimbalzava da James ad Alice. Moody non sbattè nemmeno le palpebre.

"Forse c'è un compromesso qui", continuò James lentamente. "Forse Sirius può entrare con un Auror eh?" guardò tra i due uomini. "Potrebbe funzionare?"

Sirius stava ancora chiaramente cercando di elaborare l'improvvisa apparizione di James e Alice. Sembrava che non avesse dormito, probabilmente perché non aveva dormito, e James combattè l'impulso di chiederglielo. Voleva trovare una scusa per trascinarlo via da lí e tenerlo al sicuro.

“Okay,” disse infine Sirius, dopo una pausa che si prolungò così tanto che James quasi dimenticò la sua stessa domanda.

Si rivolsero a Moody.

"No."

"Moody-" iniziò Alice, ma lui alzò la mano e lei tacque all'istante. “Ti sembro uno sciocco? Ce l'ho messa io li e fallirai".

“Te lo dico io, vecchio,” ringhiò Sirius. "Posso farlcela."

“E io ti sto dicendo che non puoi,” James fece del suo meglio per non sussultare, sapendo quanto questo avrebbe innervosito sirius. "Sei una mia responsabilità."

“Bene,” Sirius si avvicinò a Moody e James alzò le mani, pronto a trattenerlo se avesse provato a fare qualcosa. "Allora voglio che ci sia James."

Ci fu un battito di silenzio.

Non se lo aspettava.

"Che cosa?" James e Alice chiesero nello stesso momento.

"Cosa vuoi dire che vuoi che ci sia io?" chiese James, ma Sirius aveva occhi solo per Moody. Il vecchio sembrò essere l'unico a non essere confuso da quella richiesta. Alla fine, si rivolse ad Alice.

"Prewett?" chiese: "È la tua chiamata?"

Il che ancora una volta confuse James, finché non si rese conto che ovviamente quello era il motivo per cui Moody aveva mandato a chiamare Alice. Non perché teneva la madre di un suo amico in una cella al Ministero, ma perché era l'Auror che doveva interrogarla. Moody aveva un debole per Alice. Tutti lo avevano, in realtà.

"E' Paciock adesso" lo corresse Alice, facendo alzare la fronte a Moody.

"Allora hai sposato lo sciocco?"

"Assolutamente."

Moody fece una specie di sbuffo in risposta che James non riuscì ad interpretare come cattivo o buono, ma Alice non sembrò offesa, quindi decise che non aveva senso essere offeso per lei.

“Mi va che James sia all'interrogatorio con me. Finché fa tutto quello che gli dico io,” fece l'occhiolino a James.

James si sentí come se si stesse muovendo leggermente più piano rispetto a tutti gli altri. "È quello che vuoi?" chiese a Sirius.

“La conosci,” disse Sirius. "Se non posso esserci io, voglio che ci sia tu", e poi, con voce calma e disperata. "Potrebbe finalmente pagarla per tutto quello che ha fatto."

James sapeva quanto questo significasse per Sirius, che questo era un momento che non si sarebbe mai aspettato fosse arrivato: sua madre, la grande Walburga Black, sotto la custodia degli Auror. L'idea che sarebbe potuta essere punita, mandata ad Azkaban, usata contro il Signore Oscuro...era importante per lui.

James si allungò, stringendo la spalla di Sirius. “La pagherá. Ti prometto che la pagherá” Mantennero il contatto visivo per un momento ancora prima che James guardasse Alice e Moody. "Va bene", disse, "come lo facciamo?"

"Useremo il Veritaserum?" chiese Alice, facendo un passo avanti.

Sirius fece una risata amara che James non capí. Moody gli lanciò uno sguardo indifferente ma rispose ad Alice; "Sì, anche se ci sono alcune... complicazioni."

"Complicazioni?" ripetè Alice. "Tipo, legalmente intendi?"

"No, il sospettato ha una certa tolleranza."

Ci fu un battito di silenzio. "Che cosa?" James e Alice chiesero per la seconda volta.

"Quella stronza è immune,” rispose Sirius, solo leggermente più disponibile.

"Immune al Veritaserum?" chiese James. "Come è possibile? È possibile?"

“È un fottuto demone, ecco come” borbottò Sirius, e James sospettava non fosse la vera risposta.

"Non è del tutto immune" lo corresse Moody. “Ma non ha un effetto così forte su di lei come fa con la maggior parte delle persone. Abbiamo provato quando è stata portata qui per la prima volta e quando abbiamo notato che qualcosa non andava, così l'abbiamo fatta visitare da un guaritore. Non poteva dirlo con certezza, ma pensa che ne abbia assunto piccole dosi per un lungo periodo di tempo così che il corpo si sia abituato".

"Merda," disse James, perché in qualche modo era la cosa più pazza e brillante che avesse mai sentito.

“Sì, grazie per quest'astuta osservazione Potter,” borbottò Moody. "Quindi vedi, quest'interrogatlrio sarà difficile, sará comunque sotto Veritaserum, ma dovrai tirarle le risposte di bocca più di quanto potresti fare normalmente."

Alice annuí praticamente rimbalzando sulla punta dei piedi con, se non eccitazione, fremento. "Intesi. Possiamo iniziare adesso?"

"Sarebbe meglio, l'entourage dei Black non ci permetterà di tenere la loro ape regina per così tanto tempo."

Alice annuí di nuovo, guardando indietro verso James che quella mattina si aspettava di trascorrere la maggior parte della giornata dormendo nel suo letto accogliente con la sua adorabile ragazza e non ad affrontare la terrificante madre del suo migliore amico.

"Sei pronto?"

No

"Sí."

Alice sorrise. "Bene. Allora facciamolo"

Scesero ad un piano in cui James non era mai stato prima. Erano in uno dei tanti sotterranei del Ministero. Non c'erano finestre, e mentre la magia poteva facilmente creare luce dove non ce n'era, nessuno sembrava aver pensato che fosse necessario laggiù. Le pareti erano inquietantemente grigie e lisce, sfere luminose illuminano il percorso lungo il soffitto, organizzate in un'unica fila. Il silenzio laggiù sembrava innaturale, James sospettava che fosse il risultato di incantesimi molto potenti per silenziare il luogo. Nessun rumore dalle stanze fuoriusciva nei corridoi e viceversa.

"Qual è esattamente il nostro?" James chiese piano. Moody e Sirius erano rimasti indietro, anche se Moody dovette quasi legare Sirius ad una sedia per impedirgli di seguirlo.

"Il piano è scoprire quante più informazioni possibili: chi sta lavorando per il Signore Oscuro, dove si trovano, cosa fanno, cosa sta pianificando, se qualcuno degli ostaggi che ha preso è ancora vivo."

James annuí, aveva più o meno capito quella parte. "E cosa dobbiamo scoprire per sbatterla ad Azkaban per sempre?"

Alice gli lanciò uno sguardo di traverso. "Questo non è l'obiettivo principale qui, James."

Era molto contento che Sirius non fosse lí per sentirlo. "Ma è ancora un obiettivo, giusto?" Era consapevole che ci fossero in gioco cose più grandi della madre violenta del suo migliore amico che doveva pagare per tutto il dolore che gli aveva causato. Ma questo non significava che l'avrebbe lasciata andare.

"Se tutto va bene, se la facciamo parlare, si incriminerà da sola. Ma è possibile che dovremo offrire la sua immunità per farla parlare innanzitutto"

I piedi di James balbettarono fino a fermarsi, Alice continuò a camminare per alcuni secondi prima di rendersi conto e tornare indietro.

"Stai scherzando?"

Sembrava rassegnata. "Non abbiamo così tante opzioni qui James."

"Non offrriremo a quella donna l'immunità del cazzo."

Lo sguardo di Alice gli disse che avrebbero qualunque cosa lei dicesse. "Se ci fornisce informazioni che salveranno delle vite e che ci faranno vincere questa guerra, puoi scommetterci il tuo culo ossuto che lo faremo", allo sguardo di orrore abietto sul viso di James, sospirò. “Senti, neanche a me piace questa situazione, ma a questo punto non abbiamo opzioni migliori. E Walburga Black non è la nostra più grande minaccia".

“Questo è quello che pensi tu,” borbottò James sottovoce, ma ricominciò comunque a camminare.

Passarono alcuni secondi prima che sentisse Alice sbattere la sua spalla contro la sua. Lui la guardò. "Farò del mio meglio per Sirius, va bene?" disse sinceramente. "Lo prometto."

Lui annuí, sapendo che lei lo intendesse sul serio. "Bene."

Raggiunsero una porta vicino alla fine del corridoio con due Auror vestiti di Borgogna a guardia.

“Signori,” Alice sorrise a loro due. "Credo che siamo noi le persone che stavate aspettando"

Gli uomini non ricambiarono il sorriso. "Parola d'ordine?"

"Flitterby".

Gli uomini annuirono. “La prigioniera è trattenuta dalle catene, rimanete dalla vostra parte del tavolo, non ha armi né strumenti magici, non toccatela e non datele nulla. Intesi?"

"Intesi", disse Alice. Ci fu una pausa che durò a lungo prima che Alice gomitassr James nelle costole. "Intesi?" chiese serrata.

“Oh,” disse James, sorpreso. "Oh-er-sì, intesi." Immaginò che sarebbe stato meglio se lo avesse detto con un tono un po' più sicuro di sé. Gli occhi della guardia indugiarono su di lui più a lungo di quanto non avessero fatto su Alice prima che alla fine parlasse di nuovo.

"Bussate due volte quando volete uscire."

“Capito,” Alice fece loro un altro sorriso mentre agitavano le bacchette e la porta si aprí. "Grazie mille."

James si tenne vicino a lei, cercando di non stabilire un contatto visivo con gli Auror mentre entravano in una piccola stanza quadrata con un solo tavolo al centro. C'erano due sedie su un lato del tavolo e una sull'altro che era attualmente occupata da una donna snella dai capelli scuri con una faccia da uccello: ossa aguzze e occhi piccoli.

James si sentí congelare quando quegli occhi lo trovarono, tagliandogli la pelle fino alle parti morbide e vulnerabili sottostanti.

"Salve signora Black", disse Alice, allegra come sempre mentre prendeva posto di fronte a Walburga. James fece lo stesso ma senza alcun caloroso saluto, gli occhi sezionarono la donna di fronte a lui.

Non è che non l'avesse mai vista prima, certo che l'aveva fatto. La comunità dei maghi non era molto numerosa e anche se si disprezzavano a vicenda, le sacre 28 inevitabilmente finivano sempre nella stessa stanza ad un certo punto. Alle riunioni a cui veniva trascinato da bambino vedeva le figure incombenti di Walburga e Orion Black, anche se sempre e solo da lontano.

Gli occhi scuri li fissarono senza espressione, prima concentrati su Alice e poi su James. Sentí un lampo di rabbia scorrere attraverso di lui così caldo che fu sorpreso di non aver preso fuoco. Dovette piegare le mani attorno ai bordi della sedia per impedirsi di prendere la bacchetta. Non abbassò mai il suo sguardo, non sussultò mai, mantenne quello sguardo vuoto e costrinse tutto il disgusto che riusciva a sopportare a fossilizzarsi nei suoi occhi.

Alla fine Alice si schiarí la voce, riportando l'attenzione su di lei. “Oggi le faremo alcune domande, ok? Inizieremo con quelle facili", la capacità di Alice di rimanere imperviamente allegra nonostante il buco nero emotivo di fronte a loro era davvero sbalorditiva. James in realtà pensò che stesse facendo incazzare un po' Walburga.

"Il suo indirizzo di residenza è attualmente Grimauld Place 12, Londra, Inghilterra, giusto?" Guardò Walburga ancora sorridente.

Ci furono un momento o due di silenzio assoluto prima che Walburga rispondesse.

"No."

Ciò sorprese James, se Alice si sentí allo stesso modo non lo mostrò.

"Oh?" fu tutto ciò che disse. "E dove abita adesso?"

Un'altra lunga pausa, e James si chiese se questo fosse il Veritaserum, se ognuna di queste pause era lei che lo combatteva, costringendosi a dire qualcosa ma non tutto. Si chiese se sentiva lo strattone della pozione, seppur non abbastanza forte da farle dire qualcosa che non era disposta a dire.

“Mi sono trasferita nella nostra casa per le vacanze in Scozia. È più facile per mio marito. È molto malato". Tutto questo fu detto con una voce quasi meccanica, qualcosa di vagamente acuto che si nascondeva dietro ogni vocale.

“Ah,” disse Alice, agitando la bacchetta e James notò per la prima volta la penna e il blocco di carta accanto a lei. La penna iniziò a scrivere da sola. "Eccellente. Questo significa che Grimmauld Place 12 è attualmente vuota?

Gli occhi della donna si restrinsero.

“No,” disse freddamente. Aspettavano ulteriori informazioni ma non arrivarono.

"Chi la occupa allora, se non lei stessa e tuo marito?"

“Mio figlio,” disse infine. "Regulus".

Qualcosa barcollò nel petto di James e lui era quasi certo che aveva in qualche modo reagito fisicamente, sentiva gli occhi di Alice passare brevemente su di lui e poi allontanarsi di nuovo.

Ricomponiti Potter, disse a se stesso, cercando di ignorare il dolore persistente. Cercando di non immaginare Regulus da solo in quella casa.

“Ed c'è solo lui? Da solo?" chiese Alice, come se avesse letto nella mente di James, anche se lui sapeva che lo stava chiedendo per ragioni completamente diverse.

Un altro attimo di silenzio. "Ha dei visitatori", le parole ebbero la stessa aria soffocata di tutto il resto che aveva detto.

"Come chi?" chiese Alice.

La mascella di Walburga era trsa ma non sembrava nervosa, non sembrava qualcuno che aveva paura che si lasciasse sfuggire qualcosa.

“Come faccio a saperlo? Non sono lì."

James quasi rise. Nessuno se la stava bevendo

"Sono sicura che gliel'ha sicuramente detto, dopotutto è casa sua, no?"

“È la casa della famiglia Black, è lí per tutti coloro che ne hanno bisogno. E che se lo meritano". Guardò James quando disse quell'ultimo pezzo, riportando la sua rabbia in superficie. Entrambi sapevano di chi stesse parlando.

"Quindi sta dicendo che funge da base?" Alice insistette: "Un quartier generale?"

Walburga sembrava quasi annoiato ora.

"Non ho letteralmente detto niente di tutto questo."

"Ma la casa di suo figlio più giovane è aperta a tutti coloro che ritiene degni?"

"Non è il mio figlio più giovane", disse Walburga, la risposta che arrivò più rapidamente di qualsiasi altra cosa avesse detto. "È il mio unico figlio".

Prima che James potesse aprire la bocca, sentí la mano di Alice che gli si poggiò sul braccio, un avvertimento, per fargli tenere a freno la  lingua. Quindi fu costretto ad ingoiare la bile che attualmente gli strisciava su per la gola.

"Ha comunque l'ultima parola su chi può entrare, no?" e James si rese conto all'improvviso che stava cercando di capire se Regulus avrva preso il posto di capo famiglia, se il trasferimento di Walburga nella campagna scozzese simboleggiava un cambiamento nella gerarchia. Voorva dirle che stava perdendo tempo. Che Regulus non lo farebbe mai... che voleva solo sopravvivere, non salire di grado.

Ma non lo fece.

Perché quello era un interrogatorio.

E perché non vedeva Regulus da due anni. Forse era cambiato. Quel pensiero percorse il petto di James così brutalmente che alzò la mano libera per strofinarsi lo sterno come se si stesse curando da una ferita fisica.

I silenzi erano tornati, quello fu particolarmente lungo. “La casa decide di chi si fida.”

James rise, alzando gli occhi al cielo e guadagnandosi un'altra stretta al braccio da Alice. Sembrava qualcosa che avrebbero i ritratti delle sue prozie. Qualcosa su vecchie pietre, sangue e case di famiglia. Amava la magia. Amava questo genere di cose. Una sciocchezza superstizione. Le vecchie case dei maghi erano sicuramente magiche, ma non erano senzienti. Erano più come... piante d'appartamento. Le annaffiavi e davi loro la luce del sole e loro sarebbero fiorite, le trascuravi ed ecco che sarebbero appassite. Ma non potevano pensare.

Walburga rivolse i suoi occhi freddi su di lui. “Non credi nella vecchia magia? Pensavo che almeno la tua patetica madre ti avesse insegnato qualcosa"

Le unghie di Alice stavano letteralmente perforando la sua maglietta da quanto la stesse stringendo.

"Non credo a niente che esca dalla tua bocca", ringhiò, una volta che potè fidarsi di se stesso per non spingersi troppo oltre.

Le sue labbra si contrassero. "Ma se ho preso la vostra piccola sciocca pozione", Gesù Cristo, James pensò con lieve orrore, sta sorridendo? "Come potrei fare qualcosa di diverso se non dire la verità?"

"È in contatto frequente con le sue nipoti?" Alice intervenne prima che la conversazione potesse davvero deragliare. “Naricissa? Bellatrix? I loro mariti?"

Walburga la fissò blanda. “Mi tengo in contatto con tutta la mia famiglia”.

Un'altra beffa uscì dalla bocca di James prima che potesse trattenersi. Tutta la sua famiglia tranne il suo cazzo di figlio. Non che non stesse meglio così.

"Ci sono timori che forse i mariti delle sue nipoti possano passare le informazioni del Ministero al Signore Oscuro", il fatto che Alice fosse in grado di pronunciare quella frase con una faccia seria, come se tutti nella stanza non sapessero che era vero, poiché era il segreto peggio custodito al Ministero, era impressionante. Il problema era che non potevank dimostrarlo, cazzo. E forse, oltre a ciò, cosa avrebbero potuto fare se fossero riusciti a dimostrarlo? Chi li avrebbe condannati? Chi è non era nelle tasche di Lucius? O di Rodulphus?

"Sono entrambi membri onesti della comunità dei maghi", rispose Walburga con alterigia. "Lucius è praticamente un secondo padre per mio figlio."

"Gesù Cristo."

Quello era stato un errore. Non avrebbe dovuto essere lí. Era pronto alle battute su Sirius, alla la rabbia che avrebbe provato a causa sua, ma non era preparato a tutti i modi in cui Regulus sarebbe stato presente in quella stanza con loro. Tutti i ricordi del ragazzo che non poteva salvare.

Sia Alice che Walburga lo stavano guardando ora con espressioni di confusione. Non riusciva a spiegarsi. Anche se avesse potuto non lo avrebbe fatto, non con quella donna che si faceva chiamare la madre di Regulus.

"Quindi Lucius Malfoy è un ospite frequente a Grimmauld Place?" Alice continuò, continuando a lanciare sguardi curiosi a James con la coda dell'occhio.

"Lucius è sempre il benvenuto." Che non era una risposta, ma nulla di ciò che aveva detto lo era. Non stavano andando da nessuna parte. “La famiglia è sempre la benvenuta.”

“Ha senso,” ammise Alice con un altro sorriso. "Quindi suppongo che includerebbe anche Narcissa?"

"Certo."

"Bellatrix?"

"Sì."

“Rodulphus? Rabastan?"

"Sì."

La bocca di Walburga si chiuse di scatto, rendendosi conto di quello che aveva detto nello stesso momento in cui il sorriso di Alice divenne un po' più sincero.

“Divertente,” disse Alice, sporgendosi in avanti attraverso il tavolo. "Visto che Rabastan dovrebbe essere ad Azkaban."

La mascella di Walburga si bloccò, gli occhi in qualche modo riuscirono a diventare ancora più freddi.

"Mi dica, signora Black, cosa ci fa esattamente un ricercato a casa sua?"

Ancora niente.

"Un uomo molto pubblicamente collegato al gruppo terroristico noto come i Mangiamorte."

Silenzio.

"Forse ha bisogno di una pausa eh?" Alice si allontanò dal tavolo, alzandosi in piedi. "Dai James, diamo al nostro ospite un momento per rimuginarci sopra."

Ma James non si mosse, gli occhi fissi sulla donna di fronte a lui. Non aveva ancora finito.

"James?"

Idealmente Alice non era lí, ma non riuscí a vedere nessuno scenario in cui lei usciva da quella porta e lo lasciava solo con Walburga, quindi avrebbe dovuto farlo in quel modo. In un certo senso quella era la cosa più vicina a Regulus che avesse fatto da molto tempo. Non pensava che avrebbe avuto importanza.

Si era sbagliato.

"Sta bene?" la domanda uscí più necessaria di quanto avrebbe voluto, probabilmente perché ne era stato ossessionato per settimane, mesi e anni. Da quando era tornato ad Hogwarts e Regulus no. Allora aveva pensato di inseguirlo, di tornare a Grimmauld Place. Ma non aveva funzionato esattamente per lui la prima volta, e non voleva peggiorare le cose per Regulus. E poi, cosa avrebbe fatto comunque? Regulus aveva fatto la sua scelta.

Walburga inarcò la fronte. "Chi sta bene?"

“Il tuo unico figlio,” sogghignò James, le labbra arricciate sui denti. James poteva sentire gli occhi di Alice su di lui ma lui la ignorò.

Lo sguardo scaltro di Walburga si restrinse. "Perché me lo chiedi?"

"Perché voglio sapere."

"Perché?"

"Lucius vive in quella casa con lui?" chiese James, il solo pensiero lo fece sentire male.

Per la prima volta Walburga sembrava davvero sbalordita. "Te l'ho detto, Lucius è come un padre..."

“Cazzo,” la interruppe James. “Questa è una stronzata e tu ed io lo sappiamo entrambi. Allora dimmi, l'hai lasciato da solo con quell'uomo?" si assicurò di racchiudere quanto più disgusto possibile in quelle ultime parole.

La confusione lascio il viso di Walburga e l'acutezza era tornata. "Mio figlio non ti riguarda, James Potter."

“Non meriti di essere sua madre,” sibilò James di rimando. "Proprio come non meritavi di essere la madre di Sirius."

“James,” disse Alice in tono di avvertimento dietro di lui.

La rabbia divampò nello sguardo oscuro di Walburga, ogni pretesa di neutralità è scomparsa. "L'hai corrotto."

James rise freddamente. “Per favore, Sirius non se ne è andato a causa mia. Se n'è andato a causa tua. Per quello che sei”.

Ma la vecchia scoprí solo i denti.

“Riuscivo a mettermi in contatto con lui, a fargli ascoltare le cose giuste,  era difficile ma potevo ancora farlo, poi è andato in quella scuola. Poi ti ha incontrato. Era così bello quando è nato - mio figlio, il mio erede - aveva così tante promesse".

James era sinceramente scioccato dall'emozione nella sua voce - nelle sue parole - e anche lo sguardo sul suo viso era qualcosa che vedere su Walburga era strano. Si chiese se, nella foga del momento, il Veritaserum avesse finalmente avuto la meglio su di lei.

“Sirius non è mai stato tuo,” dissr infine James. “Non sono stato io a farlo smistare in Grifondoro, ha fatto tutto lui. Incolpami se vuoi, ma sei tu quella che lo ha spinto su quella strada. Con la tua crudeltà e il tuo odio. Non esiste un mondo in cui Sirius sarebbe mai stato in grado di sopportarlo.

"Lo hai reso debole", praticamente sputò.

“No,” disse James con fermezza. "Non credo proprio. Sirius Black è la persona più forte che conosco".

La sua mano uscí dal nulla, le catene che la legavano al tavolo tintinnarono mentre afferrava i polsi di James, le unghie che si conficcavano dentro la sua pelle.

"Ehi!" gridò Alice, facendo un passo avanti, ma James le fece un cenno con la mano scuotendo la testa. Sarebbe dovuto essere terrorizzato, ma voleva anche sentire cos'altro avesse da dire.

“Pensavi di poterli portare via da me, ma hai fallito. Sirius potrebbe non essere mai stato mio, ma Regulus lo è, lo è sempre stato". Lei sogghignò, senza dubbio sentendolo sussultare alle sue parole nonostante i suoi migliori sforzi per non farlo. Prima che James potesse pensare a una risposta, lei continuò.

"Ti ho visto nella sua testa", disse, le unghie che perforavao la pelle di James. “Ha cercato di nasconderti da me, ma io ho visto. Stava guardando una foto ridicola lasciata da suo fratello, faceva finta di interessarsi a Sirius, ma nella sua testa vedeva solo te."

James fece un balzo indietro, tentando e fallendo di staccare la mano dalla sua presa. Questo era troppo. Non si aspettava tutto questo. Fece molto più male di quanto avesse pensato, anche dopo tutto quel tempo.

“Cosí ho deciso che non potevamo più aspettare, che la prossima volta che fosse tornato a casa avrebbe preso il Marchio. Avrebbe preso il posto che gli spettava". Sta sorridendo di nuovo.

Fece gelare il sangue di James. "È il più giovane, lo sai? Il mago più giovane a portare il Marchio del Signore Oscuro. E deve a te questo onore”.

James non sapeva che espressione avesse la sua faccia, ma fu abbastanza per far intervenire Alice, gli strappò via la mano di Walburga da lui, afferrò James per un braccio e li giro fuori da quel posto. Si sentiva insensibile, sapeva che stava tremando, le sue parole gli giravano ancora in testa.

"Tornerò", disse ad una Walburga ridente mentre bussava due volte alla porta facendola aprire.

James pensò di sentirla dire qualcosa agli uomini fuori, ma non poté esserne sicuro, il ronzio nelle sue orecchie era troppo forte. Si fermarono solo per un minuto prima che Alice cominciò a trascinarlo via di nuovo.

"Qui" disse, non scortese, spalancando la porta di una stanza vuota una volta che furono fuori dalla vista delle guardie. "Siediti"

Sembrava la stanza in cui si trovavano prima e James rabbrividí mentre prendeva posto. Un attimo dopo Alice aveva evocato un bicchiere d'acqua e glielo stava porgendo.

"Alice..."

"Bevi. Respira. Poi parla."

Lui annuí, prendendo il bicchiere freddo e facendo come lei gli aveva detto. Alice tirò su una sedia di fronte a lui, aspettando che lui poggiasse l'acqua tremante sul tavolo. Lei lo guardò in attesa, la fronte alzata, e quando James non parlò, allungò una mano e prese dolcemente le sue mani tra le sue.

"James?" era una spintarella, e sapeva che non sarebbe uscito da lì senza dire qualcosa.

“Non dirlo a Sirius,” riusví finalmente a parlare, incrociando gli occhi di lei, le parole che sapevano di cenere nella sua bocca. Come il tradimento.

Lei annuí lentamente. "Che hai parlato di Regulus?"

"Sì. Per favore, sarà... non farà altro che portare a galla vecchie stronzate". Non voleva vedere lo sguardo sul viso di Sirius, non voleva sentire il tono nella voce di Remus quando lo avrebbe scoperto e deciso che dovevano parlarne. Non voleva disimballare ed elaborare quei ricordi. Non volrva rispondere alle domande che inevitabilmente gli sarebbero state poste.

Lo vuoi ancora?

Hai bisogno di lui?

Lo ami?

“Okay,” disse alla fine Alice, tirandolo fuori dai suoi pensieri a spirale. Lei gli strinse le mani. "Sei pronto a tornare nell'ufficio di Moody?"

James prese un respiro profondo, cercando di calmarsi. Sirius sapeva leggerlo troppo bene, non poteva tornare indietro con tutto scritto in faccia. E poi, non sarebbe giusto. Non si trattava di lui. Era la famiglia di Sirius, la madre di Sirius.

"Ho solo bisogno di un altro minuto, mi dispiace."

“Ehi, va bene. Possiamo restare tutto il tempo che ti serve, va bene?

James rise fradicio. "Sei una tale mammina."

Alice sorrise. "Lo sarei, se Moody mi permette mai di tornare a fare i bambini."

James fece una smorfia. "Ew, che schifo, troppe informazioni."

"Tu l'hai chiesto!"

"Non è vero!"

"Invece si!"

Rise di nuovo, più sinceramente questa volta, staccando le mani dalla presa di lei per asciugarsi il viso. “Grazie,” disse, con voce bassa.

Gli occhi di Alice si addolcirono. “Sono qui, lo sai. Qualunque cosa sia, ti guardo le spalle James."

“Lo so,” disse, con voce un po' ruvida. "Anche io, sempre." Sperò solo di essere in grado di dimostrarlo.

Alice si sporse in avanti e gli baciò la guancia.

“Solo ancora qualche minuto lo giuro,” disse James imbarazzato, preoccupato che lei avesse sentito il sudiciume della sua pelle – e il tremore sottostante.

"Tutto il tempo che ti serve", fu tutto ciò che disse.

Il problema è che erano passati due anni. Due anni e tutto ciò che era servito era stato sentire il nome di Regulus pronunciato ad alta voce per far ricominciare a sanguinare James. A quel punto, non era sicuro che ci fosse abbastanza tempo.

PARTE II LILY

Era una bellissima giornata, soprattutto dopo che Lily si era sbarazzata della sua mostruosa sbornia. Si prese il suo tempo per lasciare l'appartamento, sperando che James tornasse in modo da poter assicurarsi che lui e Sirius stessero bene, ma sapeva che era una causa un po' persa. Niente al Ministero andava mai veloce e non c'era modo che Walburga rendesse le cose facili a nessuno.

“Stupida vacca,” mormorò mentre usciva, sperando che Sirius potesse prenderla a pugni almeno una volta.

Cioè sì, ok, in genere era contraria alle persone che prendevano a pugni le loro madri, ma in questo caso sentí di poter fare un'eccezione.

“Oooh,” Marlene era appoggiata ad un albero mentre Lily si avvicinava. "Cosa hai portato, cosa hai portato, cosa hai portato?"

Lily sorrise, tenendo in mano il sacchetto di carta marrone. "Cornetti. Voi?"

"Bagel con crema di formaggio", indicò la scatola nelle sue stesse mani.

Lily sentí il suo stomaco brontolare. “Dio ti benedica, sto morendo di fame”.

Marlene sorrise. "Dobbiamo aspettare Mary, sta portando il caffè."

"Non posso credere che le abbiamo affidato la cosa più importante."

“Uhm, scusami,” Marlene scosse la sua scatola. “I bagel sono molto più importanti!”

Lily sorrise. “Scusa, certo, hai ragione. Non è una colazione vera senza molteplici forme di carboidrati".

"Santa verità", Marlene battè le loro spalle insieme. "James dorme ancora?"

"No, è stato chiamato al Ministero".

Il buonumore svaní istantaneamente dalla faccia di Marlene, quindi Lily si precipitò a spiegare. "Non è niente... beh, è ​​una cosa seria ma non... gli Auror hanno preso Walburga."

Le sopracciglia di Marlene quasi scomparirono nella sua frangia. “Walburga? Walburga Black? Walburga-la-mamma di Sirius? Quella Walburga?"

“Proprio lei” disse seccamente Lily, desiderando disperatamente di prendere del caffè, controllò lungo la strada ma non vide alcun segno di Mary.

"Merda...ma..."

“Sirius lo sa” rispose prima ancora che Marlene riuscisse a chiarire la domanda. "James ha detto che era già al Ministero quando se ne è andato".

"Doppia merda".

Rimasero zitte per un momento, i suoni della periferia che filtravano intorno a loro. Macchine che passavano, bambini che urlavqno, un tosaerba che andava. E-

"Beh, non state così tristi e patetiche lì in piedi senza di me"

Marlene alzò gli occhi al cielo mentre entrambe si girarono per vedere Mary che camminava verso di loro ancora con i vestiti della scorsa notte, il vassoio dei caffè in mano.

"Sei sicura che sia un posto appropriato per fare la tua camminata della vergogna?"

"Hai fatto innanzitutto l'errore di pensare che mi stia vergognandi", disse Mary, tirando fuori il caffè dalla portata di Marlene quando cercò di afferrare una delle tazze. "Le stronzette svergognate non meritano la caffeina."

"Oh andiamo! Non è quello che stavo facendo e tu lo sai!” Marlene fissò con desiderio le tazze di caffè.

“Ciao Lily cara,” Mary le diedr un rapido bacio sulla guancia. "Scusa il ritardo, il ragazzo stava ancora dormendo quando me ne sono andata, quindi non ho potuto chiedergli dove fosse il punto di apparizione più vicino e il camino era in uno stato pietoso."

Lily sorrise. "Tranquilla, sono appena arrivata anche io."

"Io sono arrivata puntuale!" disse Marlene con orgoglio, facendo un'altra presa per il caffè.

"Sono sicura di si", Mary la evitò facilmente, "ti sei ricordato delle coperte questa volta?"

“Oh! Sei tu quella che le ha dimenticate l'ultima volta!

“Va bene bambine,” disse Lily scherzosamente. "Andiamo a trovare mamma, ok?"

“Ottima idea Lily,” disse Mary, Marlene le tirò fuori la lingua.

"Fottiti", mormorò sottovoce mentre le ragazze attraversavano gli austeri cancelli di fronte a loro e iniziavano il tortuoso sentiero di ghiaia all'interno.

Mary spostò il vassoio del caffè in modo da poter collegare il suo braccio libero con quello di Lily.

"Hai passato una serata divertente, immagino?" Lily chiese a bassa voce, tutto lì sembrava che dovesse essere silenzioso, anche se non era esattamente sicura di chi pensasse stesse ascoltando.

Mary sorrise. "Molto divertente, Alice ha dei cugini di talento."

“Cugini? Al plurale?" chiese Marlene.

"Ci risiamo con questo troietta shaming".

"Non sto facendo nessun troietta shaming!" dichiarò Marlene, un po' troppo forte, la sua voce rimbalzò sugli alberi e sulle pietre che li circondavano.

"Sveglia anche i morti visto che ci sei", borbottò Mary, guadagnandosi uno sbuffo da parte di Lily.

"Non sto facendo quella cosa", ripetè Marlene ad un volume più basso. “Voglio solo tutti i dettagli per quando dovró a Dorcas più tardi. Ovviamente."

Mary le rivolse un sorriso. “Oh beh, in quel caso, sì. cugini. Al plurale."

Si allontanarono dal sentiero e proseguirono sull'erba, Lily lasciò che le chiacchiere di Mary e Marlene finissero in secondo piano mentre sua madre appariva alla vista. Il suo braccio si liberò da quello di Mary.

“Buongiorno mamma,” disse dolcemente, allungando la mano per toccare la fredda pietra di granito. Rimase così per un momento prima di guardarsi intorno, per assicurarsi che non ci fosse nessun altro, ed estrasse la bacchetta. Ripulí i detriti che si erano ccumulati dalla sua ultima visita, facendo svanire i vecchi fiori morti e sostituendoli con quelli nuovi.

"Ecco qui" mormorò, dando un ultimo colpetto alla pietra prima di voltarsi per vedere che Marlene e Mary avevano già steso le coperte e il cibo.

Lily si uní a loro, prendendo un caffè e bevendone un grande sorso. "Ah", disse, la sensazione soddisfacente della caffeina che la inondava. "Allora, su cosa dobbiamo aggiornarla?"

"Voglio dire, c'è il fatto che Mary ha fatto sesso con diversi cugini di Alice la scorsa notte... ow!" Marlene si strofinò il braccio dopo che Mary l'aveva presa a pugni.

"Sembra davvero il pettegolezzo appropriato da dire ad una mamma Mar?" lei chiese, ma Lily rise soltanto.

“Nah, le sarebbe piaciuto. Secondo mia zia, quando era giovane era una sorta di ragazza selvaggia".

"Ah si?" chiese Mary, guardando con apprezzamento la pietra dove erano scolpiti fianco a fianco i nomi della madre e del padre di Lily.

“Dettagli, dettagli, dettagli!” Marlene cantò, ora stringendo la sua tazza di caffè.

"Bene, va bene, se hai intenzione di torcermi il braccio...", sorrise Mary. "Ricordi i fratelli con gli abiti blu scuro?"

Lily la guardò strizzando gli occhi. "Dovrai essere più specifica."

Mary alzò gli occhi al cielo. "No, erano gli unici lì in blu navy." La maggior parte della scorsa notte era confusa per Lily, di certo non riusciva ricordare il colore dell'abito di nessuno.

“Oh mio dio,” Marlene schioccò le dita. "Quelli rossi?"

“Mmhm,” mormorò Mary, mangiando un boccone del suo croissant.

"Gideon e Fabian?" Lily intervenne, sorpresa.

Mary le puntò il croissant mentre deglutiva "Ding, ding, ding".

"Non posso credere che tu abbia fatto sesso con Gideon E Fabian", disse Marlene, scuotendo la testa. "Quelle cene di famiglia saranno così imbarazzanti adesso."

"Ascolta, non ho potuto farne a meno, erano entrambi splendidi, non avrei saputo scegliere", Mary si girò verso la lapide. "Le giuro, signora Evans, che erano due boni assurdi, di solito ho una regola sui familiari stretti, ma se lei li avesse visti, mi avrebbe capita."

Lily sorrise, strappando un bagel. Non era sicura di come fosse iniziata esattamente, o forse sì, ma si sentiva ancora un po' un debito con lei.

Era stata dura, dopo la morte di sua madre. Lily non sapeva davvero come elaborarlo, aveva provato così tanto dolore che era stato travolgente. James era stato meraviglioso, naturalmente, era sempre lì quando aveva bisogno di lui, sempre pronto a parlare. Ma niente di tutto ciò sembrava... aiutare. Non era ancora pronta a lasciare andare sua madre. Così aveva iniziato ad andare a trovarla lì al cimitero. Rimaneva per qualche ora seduta, a pensare, a parlare, forse ad ossessionarsi un po'. Su cosa avrebbe dovuto fare. Su tutto quello che non era riuscita a fare.

Poi una mattina si presentò Mary. Lily non era sicura di come avesse fatto a sapere dove trovarla, se fosse stato James a dirglielo o solo la folle intuizione di Mary, ma aveva portato il caffè e si era seduta con Lily. Poi la volta successiva c'era anche Marlene, ciambelle in mano. E così era iniziata: la colazione con la mamma.

Andavano ogni due settimane quando riuscivano.  Una volta al mese quando non riuscivano. E piano piano aveva... aiutato. L'aveva aiutata a sentirsi come se sua madre non fosse semplicemente scomparsa dalla sua vita. L'aveva aiutata a sentirsi come se avesse ancora una famiglia.

Stare con le sue amiche, fare un picnic in un cimitero, sapeva che era strano. Forse non era il modo giusto per far...andar via la sofferenza, Lily non lo sapeva. Ma le passò. In questi giorni era tutto ciò che ognuno di loro poteva davvero chiedere.

PARTE III REGULUS

Inciampò un po' mentre si smaterializzò sulla veranda della casa dei suoi genitori. L'interno era vuoto, anche se le finestre erano tutte spalancate, lasciando entrare la dolce aria estiva e facendo svolazzare le lunghe tende bianche al vento come ali. Era passato quasi un anno da quando i suoi genitori si erano trasferiti definitivamente in Scozia per la prima volta, eppure in qualche modo il posto sembrava ancora deserto.

L'azione era a Londra, a Grimmauld, con il suo flusso infinito di persone che entravano ed uscivano in continuazione. Regulus non avrebbe mai pensato che sua madre si sarebbe allontanata volontariamente da tutto questo, allontanandosi volontariamente dal centro del potere e della politica. Ma poi, aveva dimenticato che c'era sempre stata una cosa che lei amava di più del nome di famiglia o della causa dei Purosangue.

Suo marito.

Orion era troppo debole e troppo malato per il casino che era diventata Grimmauld Place. Quindi si era trasferito lí. E tre settimane dopo, incapace di essere così lontano da lui, Walburga lo aveva seguito. A volte Regulus li sorprendeva insieme, ora più che mai, forse perché suo padre era più vicino alla morte, e il viso di sua madre sembrava quasi dolce, la sua mano era sempre nella sua, la sua voce un sussurro, e questo rendeva Regulus senza parole. Congelato. Non sapeva chi fosse quella donna che si prendeva cura così diligentemente del padre morente. Sapeba solo che non l'aveva mai incontrata. Sapeva che non lo aveva mai ritenuto degno delle sue cure.

Certo, oggi, suo padre era da solo.

"Papà?" gridò piano mentre entrò nella camera da letto di suo padre. Era più luminosa e più fresca di quella che aveva avuto a Londra, con vista sul suo giardino, e Regulus sapeva che gli piaceva.

Orion era magro, più magro di quanto fosse mai stato, il suo pallore era diventato così chiaro che ora sembrava vagamente blu, le vene gli illuminano le braccia e il viso. Non aveva più capelli e le sue mani tremavano così tanto che non poteva tenere nulla, non poteva scrivere lettere o portare cibo alla bocca.

Gli occhi di suo padre si aprirono sbattendo le palpebre, il viso si illuminò quando si girò e trovò Regulus al suo fianco. "Mon rayon de soleil", la sua voce era ruvida come carta vetrata. Allungò una mano tremante per abbracciare il viso di Regulus. "Non sapevo che saresti venuto oggi."

Regulus ricambiò il sorriso. "Lo so, scusa, è stato un po' inaspettato."

Suo padre sorrise. "Ne dit pas désolé, ogni giorno che ti vedo è una buona giornata, lo sai."

Era vero. A volte lo divorava, quando non riusciva ad allontanarsi dalla città per qualche giorno. Era terrorizzato ogni secondo dal fatto che avrebbe ricevuto il messaggio che suo padre era morto e non era stato in grado di dirgli addio. O di tenergli la mano. Per dirgli che lo amava.

“Hai visto tua madre? Dovrebbe essere tornata a quest'ora,” suo padre lasciò cadere la sua mano, troppo debole per tenerla su a lungo. Furono anni di pratica che consentirono a Regulus di mantenere la sua espressione vuota.

"Ecco perché sono qui, è stata trattenuta, quindi tornerà più tardi. Non posso restare ma volevo passare a salutarti, farti sapere che era tutto ok assicurarmi che stessi bene,” non c'era modo che Regulus dicesse a suo padre morente che sua moglie era attualmente trattenuta per essere interrogata al Ministero .

Dubitava fortemente che le stesse succedendo qualcosa di grave, e Lucius e Rodolphus stavano attualmente lavorando per farla rilasciare il prima possibile, ma comunque...era il tipo di cosa che probabilmente avrebbe preoccupato suo padre inutilmente.

Gli occhi di Orion si spalancarono per la preoccupazione. "Sta bene, tua madre?"

"Sì, certo", sorrise Regulus, prendendo la mano di suo padre e stringendola. "La conosci, non può lasciare nulla a metà, deve vedere tutto fino alla fine, assicurarsi che sia tutto fatto bene."

Suo padre ricambiò il sorriso. "Questo è certamente vero."

Regulus annuí, desideroso di cambiare argomento. "Allora", disse, dando un'altra stretta alla mano di suo padre. "Stai bene?"

Suo padre si fece beffe della domanda.

"Certo. Sto morendo, ma sto bene". Da chiunque altro quella risposta sarebbe stata sarcastica, ma non da suo padre, che affrontava la morte con così tanta saggezza che Regulus a volte si chiedeva se la desiderasse.

A volte si chiede la stessa cosa su se stesso.

Era una strana dicotomia che aveva trovato. Avere paura di morire così profondamente e allo stesso tempo desiderare che fosse morto quasi ogni giorno. Regulus scosse la testa, liberandola dai suoi pensieri morbosi.

"Va bene, oltre a morire... hai fame? Sete? Freddo? Posso prenderti un libro o farti ascoltare della musica? Vuoi una coperta?"

Suo padre emise un respiro che, anni prima, avrebbe potuto essere una risata.

“Non, mon chou, j'ai seulement besoin de toi. Mi parli per un po'?"

E Regulus si assicurò di non mostrare i piccoli modi in cui la richiesta di suo padre gli fece male al cuore. "Certo", chiamò una sedia dall'altra parte della stanza e prese posto.

“Da dove dovrei iniziare? Ah, lo so, Evan sta vedendo qualcuno e le cose stanno andando bene come ti aspetteresti."

Suo padre ora ruscí a ridere come si deve. “Oh un giovane amore, non smette mai di intrattenere. Dimmi di più."

E così fece.

Regulus rimase molto più a lungo di quanto intendesse fare. Di quanto avrebbe dovuto. Cenò con suo padre e poi aspettò che si addormentasse prima di ripartire. Sperò che Walburga tornasse in Scozia prima che si svegliasse, sarebbe statk più saggio di fronte alla piccola crisi che si era verificata oggi.

Un uomo quasi si imbattè in Regulus mentre attraversava la porta d'ingresso di Grimmauld Place: non lo riconobbe ma non era raro. Regulus venne a sapere che la sua famiglia era piuttosto terrificante. Il che significava che le persone tendevano a tenersi alla larga da lui se potevano. Era difficile conoscere qualcuno. Non che Regulus volesse.

"Mi scusi" mormorò l'uomo - o forse non era un uomo - ora che parlò sembrava giovane, più vicino all'età di Regulus, anche se era difficile saperlo con certezza dato che aveva una sciarpa avvolta intorno al viso e il cappuccio del mantello tirato su. Un piccolo tufo di capelli biondi sporgeva di lato. Tenne la testa bassa e diede a Regulus un accosto più ampio che l'ingresso gli consentiva prima di correre fuori scomparendo prontamente.

Non si fermò nemmeno abbastanza a lungo da chiudersi la porta alle spalle. Regulus alzò gli occhi al cielo.

“Scortese,” borbottò sottovoce mentre  chiuse la porta e la bloccò per sicurezza

Il soggiorno era pieno di chiacchiere, qualcuno aveva acceso la radio e Regulus poteva sentire l'odore dell'alcol dall'ingresso. Lui insistè a dare un'occhiata. Una o due figure indugiavano in fondo alle scale, tutte con lo sguardo in basso quando Regulus si avvicinò. Li ignorò, facendo le scale due alla volta finché non raggiunse la sua stanza. L'ultimo piano era beatamente silenzioso. Per la prima volta nella sua vita era felice che i suoi genitori lo avessero nascosto così lontano.

Chiuse la porta dietro di sé, poggiando la giacca sul letto ed estraendo la bacchetta.

“Expecto Patronum,” borbottò, senza nemmeno pensarci. Ormai era solo abitudine. Ci fu un'esplosione di luce e poi dalla sua bacchetta galoppò un cervo.

"Ciao bello", disse mentre la bestia fantasma strofinava affettuosamente la testa contro la spalla di Reg, c'era e non c'era allo stesso tempo. L'animale battè gli zoccoli felicemente prima di iniziare a zoppicare per la stanza, senza mai riuscire a stare fermo. Regulus gli fece un sorriso affettuoso.

Non era sicuro di come fosse iniziato esattamente, sapeva solo che un giorno ci aveva provato, solo per vedere se poteva ancora farlo. Aveva tirato su i ricordi che teneva così accuratamente nascosti, li aveva messi in primo piano nella sua mente per la prima volta da secoli e aveva guardato la cosa meravigliosa che aveva creato riempire la sua stanza. La sensazione che l'incantesimo provocava nel suo petto - il calore, il conforto e... la completezza - ne era diventato un po' dipendente. Dipendente dalla manifestazione dei suoi ricordi più felici.

Con il suo Patronus che ora girava felicemente per la sua stanza, Regulus iniziò a tirare fuori i giornali dalla sua borsa. Quel giorno ne aveva collezionati tre, uno era addirittura Babbano. Sfogliò le pagine, ritagliando gli articoli rilevanti con la sua bacchetta.

Non passò molto tempo nella sua carriera come membro della cerchia ristretta del Signore Oscuro che Regulus si rese conto di quanto poco fosse stato detto a qualcuno di loro cosa stava succedendo. Il loro Maestro aveva dato loro tutti i pezzi ma nessuno, nemmeno sua madre, sembrava avere idea di quale fosse il quadro completo. Così Regulus iniziò a cercare indizi. Era una distrazione come un'altra, un enigma su cui concentrarsi in quanto in contrasto con ciò che stava realmente accadendo intorno a lui. Cosa stava facendo davvero. Lo considerava come un corso, un progetto scolastico. Era sempre stato bravo in quelli.

I giornali lo aiutavano a mettere insieme ciò che il resto del mondo magico sapeva, ciò che sapevano i Babbani e anche, occasionalmente, le posizioni di alcuni Mangiamorte di cui non era a conoscenza. Tra ciò che i giornali sapevano dall'esterno e quello che sapeva Regulus dall'interno, era stato in grado di capire alcuni dei lavori che il Signore Oscuro aveva assegnato ai suoi seguaci in modo più discreto.

Non era sicuro di cosa avrebbe fatto con quelle informazioni. Probabilmente niente. Ma continuò a cercare comunque. Attaccò i nuovi articoli sulla sua parete insieme a quelli vecchi, indietreggiando per ammirare il suo lavoro, gli occhi che scrutavano i titoli e i nomi che aveva messo in evidenza nel tempo. Collegamenti che aveva creato. Stava per prendere il suo diario e prendere appunti quando sentí bussare alla porta della sua camera da letto.

Immediatamente il suo cervo fu in piedi di fronte a lui, uno sguardo feroce nei suoi occhi mentre inclinava la testa verso il basso, mostrando le sue corna alla porta. Regulus non potè fare a meno di sorridere un po'. Era bello avere qualcuno che lo proteggesse. Si appoggiò allo stipite del letto, le braccia incrociate sul petto.

"Sì?"

La porta si aprí e subito si sentí urlare. "Oh, per l'amor del cielo, Regulus", scattò Narcissa, la mano al petto. "Devi avere quella cosa in giro tutto il tempo?"

Le zampe del cervo erano a terra, sembrava pronto a caricare.

Regulus non si preoccupò di rispondere alla domanda di Narcissa: "Giù bello", disse invece. Immediatamente il cervo alzò la testa, guardando Regulus con aria interrogativa. "È innocua, va tutto bene."

Narcissa si fece beffe mentre si faceva strada sempre di più nella stanza, facendo un ampio cerchio attorno al Patronus. “Non ti sente, sai? È solo un... incantesimo, non un vero animale".

Regulus la ignorò, allungandosi per grattare dietro le orecchie del cervo: più solido di un fantasma, meno solido di una persona. Il cervo chiuse gli occhi e alzò la testa in segno di apprezzamento e Regulus ricambiò il sorriso. Quando finalmente si rivolse a Narcissa, lei era in piedi dall'altra parte della stanza a guardare con grande disapprovazione.

"Non penso che sia salutare. Passi più tempo con quella cosa che con le persone reali."

Regulus alzò gli occhi al cielo. “Non è una 'cosa', è un 'lui' e non iniziare adesso. Come se qualcuno in questa fottuta famiglia fosse normale"

Narcissa sembrava voler discutere ma decise di non farlo.

"Quindi?" chiese dopo un silenzio che si protrasse troppo a lungo, il suo Patronus tornò ad esplorare gli angoli della sua stanza. Narcissa lo osservò con cautela. "Suppongo che ci sia qualcosa che vuoi?"

Si spostò e Regulus ebbe la sensazione che fosse qualcosa di più del cervo a metterla a disagio. Dopo molti altri secondi di litigio con le sue parole, alla fine Narcissa parlò. "Ho bisogno... ho bisogno di un favore."

"Sono scioccato."

Lei gli lanciò uno sguardo acuto. "Non fare il moccioso Regulus."

"Smettila di sprecare il mio tempo Narcissa."

"Oh, come se fossi impegnato", sogghignò.

"Scusa, vuoi il mio aiuto o no?"

Questo la fece tacere. Sospirò, strofinandosi una mano sul viso, assicurandosi di non rovinare i suoi capelli perfettamente pettinati.

"Mi dispiace", disse alla fine. "Non intendevo innervosirmi io... non ho dormito."

Regulus inarcò la fronte. "Ancora non dormi?" pochi giorni fa le aveva regalato una pozione sonno senza sogni con la scorta di un mese.

Narcissa distolse lo sguardo. “Sì, ancora. Comunque, non è questo... il favore."

Aspettò che lei continui, ma ancora una volta sembrava in difficoltà. "Io-noi-" fece una smorfia frustrata. "Non sono ancora incinta."

Regulus continuò a fissarla. "Bhe?"

Alla fine lo guardò, la sua espressione era un misto di determinazione e imbarazzo. "Mi chiedevo... speravo... che mi potessi prepararmi una pozione per la fertilità."

La richiesta non avrebbe dovuto sorprenderlo eppure per qualche motivo lo fece. C'erano circa una dozzina di domande diverse che fluttuavano nella sua mente, forse la più rumorosa era "come cazzo fai a chiedermelo?" ma fortunatamente quello che finí per uscire dalla sua bocca fu molto più ragionevole.

"Pensavo che stessi già vedendo un guaritore?"

La guardò stringere la mascella "Infatti"

"Suppongo che ti abbia prescritto pozioni per la fertilitá, no?"

"Sì."

“Allora perché…”

"Speravo... tu potessi renderle... più forti."

E ora Regulus voleva ridere. "Sei fuori di testa? Hai idea di quanto sia pericoloso?"

Lei gli lanció uno sguardo duro. “Sì, in realtà. Ci ho pensato molto, ma quello che stiamo facendo in questo momento non funziona e ho bisogno di questo bambino". La disperazione nella sua voce la spogliò della sua consueta sicurezza.

"Forse no", disse Regulus prima di potersi fermare.

Sembrava che l'avesse appena schiaffeggiata. "Sei crudele."

Regulus sospirò, abbassando le braccia. Potè sentire il suo cervo alzare la testa, così in sintonia con i suoi stati d'animo, era capace di capire che aveva bisogno di uno scudo. "No, non lo sono, sono solo... sai cosa provo per lui."

Fece un passo verso Regulus. "Non si tratta di lui", disse ferocemente.

Ora Regulus rise, anche se non c'era umorismo. "Oh andiamo Narcissa, lui sarà il dannato padre."

“Sarò io a prendermi cura di questo bambino, lo crescerò io, sarà così amato Regulus, lo prometto. Non sarà più come prima…” lasciò morire quella frase.

Come è stato per noi.

Come è stato per te.

Regulus scosse la testa, distogliendo lo sguardo. Una cosa era creare questa famiglia incasinata da soli, ma chiedergli di partecipare? Consentire attivamente che accadesse?

"Non voglio avere alcun ruolo in questo", disse alla fine. "Vuoi rischiare la tua salute con una pozione troppo potente, falla tu stessa."

"Non credi che ci abbia già provato?" disse, suonando vicino alle lacrime.

Regulus non la vedeva piangere da quando erano bambini. “Non sono abbastanza brava, non conosco nessuno che lo sia quanto te. Per favore. Per favore, Regulus, questa è l'unica cosa che ho sempre voluto. L'unica cosa che posso avere".

Le sue parole erano crude, e per quanto lui desiderasse che non lo potessero influenzare, lo fecero.

Narcissa si fece avanti di nuovo, allungandosi verso di lui - abbastanza vicina da poterlo toccare - e poi il suo Patronus rimase lì. Occhi acuti, testa alta, costringendo Narcissa ad inciampare indietro sorpresa.

"Sh, sh", disse all'animale, senza distogliere gli occhi da sua cugina mentre posava una mano sulla parte posteriore del collo del cervo. "Va tutto bene, stiamo bene".

"Merlino, odio quella cosa, cazzo," sbottò Narcissa mentre si strofinava velocemente gli occhi, liberandosi di ogni traccia di umidità che c'era. Come se Regulus non l'avesse già vista. Come se non si fosse già messa a nudo davanti a lui.

Per molto tempo nessuno dei due disse niente.

Quando Narcissa alla fine alzò gli occhi, era scioccato dal dolore nudo che trattenevano.

"Per favore Reg", implorò con voce debole. “Non so cosa mi succederà se fallisco in questo”.

E oh, era una paura che Regulus conosceva troppo bene.

Il suo cervo si accalcò più vicino a lui, forse percependo la sua angoscia, il calore e il conforto che sempre aleggiava su di lui per calmare Regulus.

"Ti hanno minacciato?" lui chiese.

Emise una risata secca. “Lucius ha bisogno di un erede e io sono inutile per tutti se non posso produrne uno, compresi i miei genitori. Questo non è un buon momento per stare senza alleati. Non quando le persone scompaiono così facilmente".

Inclinò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi e lasciando rotolare le spalle in avanti. Regulus non l'ha mai vista così sconfitta.

"Inoltre, voglio essere una madre. Voglio esserlo così tanto”.

Era in momenti come questo, che Regulus sapeva di essere debole.

Debole e patetico e probabilmente solo.

Perché nonostante tutto, Narcissa gli era sempre piaciuta di più. Aveva sempre pensato a lei come ad una sorella. Una sostituta, dopo che Sirius se ne era andato.

C'era una parte di lei, forse più piccola rispetto a Regulus, ma ancora lì, che non si adattava al modo in cui lui non si adattava. Era miserabile come lui era miserabile. Non che questo avesse mai significato qualcosa. Non era mai stata lì quando lui aveva bisogno di lei. E sapeva che se i loro posti fossero stati invertiti lei lo avrebbe già buttato fuori dalla stanza.

Era difficile per lui dire cosa fosse normale e cosa no. Cosa era giusto e cosa era sbagliato. Non aveva un barometro per niente di tutto ciò, era stato rotto in lui molto tempo fa. Pensava che questo fosse probabilmente sbagliato. Ma poi, Narcissa aveva bisogno di aiuto. La sua vita poteva dipendere da questo. E Regulus sapeva che poteva aiutarla. Ma ancora di più, lui lo voleva.

Forse allora ti amerà.

Come in una vera famiglia.

Sapeva che non era quello che sarebbe accaduto. Eppure la speranza infantile persisteva.

“Va bene,” disse infine, anche se sembrava di ingoiare vetri rotti. Come un tradimento verso se stesso. "Lo farò."

Si stava muovendo prima ancora che lui battesee le palpebre, pensò che lo avrebbe abbracciato, ma si fermò un secondo prima di toccarlo, forse a causa del cervo arrabbiato al suo fianco.

"Grazie Regulus, grazie, grazie, grazie."

Lui distolse lo sguardo. Non si sentiva bene per questo.

"Quando puoi averla pronta?" chiese, voce tesa.

“Ci vorrà una settimana per la preparazione. Ma ero serio sul fatto che sia pericoloso, ci sono così tanti potenziali effetti collaterali nel prendere una pozione con una maggiore concentrazione..."

"Ne vale la pena", disse Narcissa senza neanche pensarci.

Regulus non potè fare a meno di pensare alla conversazione che avevano avuto anni prima, al mezzosangue di cui si era innamorata, a chi aveva rinunciato perchè doveva fare ciò che ci si aspettava da lei. Ne era valsa la pena? Voleva chiederglielo.

"Allora vieni a trovarmi tra una settimana", disse alla fine, quando non riuscí a pensare a nient'altro. Con la coda dell'occhio vide Narcissa annuire, raddrizzarsi le vesti prima di dirigersi verso la porta.

"Sai perché?" la sua voce lo fece sobbalzare: non si aspettava che lei parlasse di nuovo. Voltando la testa, scoprí che si era fermata alla porta, gli occhi fissi sul suo Patronus. Aspettò che lei si spiegasse, ma non lo fece.

"So perché, cosa?"

"Perché un cervo."

Regulus sbattè le palpebre prima di voltarsi verso l'animale al suo fianco.

"Non lo so, dovrebbe esserci un motivo?"

Narcissa alzò gli occhi al cielo come se fosse stata la domanda più stupida che avesse mai sentito e Regulus sarebbe statl infastidito se non si sentisse sollevato nel vederla tornare al suo normale io moccioso.

“Ovviamente significa qualcosa, è pensato per rappresentare una parte di te. Ma un cervo? Un grosso animale brutale che va a sbattere contro le cose? Non è intelligente o subdolo..."

"È così che mi vedi?" chiese Regulus, leggermente divertito suo malgrado. "Astuto e subdolo?"

Narcissa inarcò la fronte. "Non è così che ti vedi?"

Forse, Regulus non lo sapeva davvero. Faceva del suo meglio, quasi tutti i giorni, per non vedersi affatto cosí. Si dissociava. Faceva finta che non fosse reale. Che niente di tutto questo fosse reale.

"È forte però", Regulus non sapeva perché sentisse il bisogno di difendere il suo Patronus, ma lo fece. "E coraggioso."

"Cosa sei, un dannato Grifondoro?"

Regulus fece una smorfia che fece ridere Narcissa. "Solo un ragazzo che segue il suo cuore", disse, mentre la risata si spegneva e li lasciava in silenzio ancora una volta.

"Grazie", disse alla fine, e fin troppo seriamente per il conforto di Regulus. "Veramente."

Lui annuí. "Tranquilla."

"Ci vediamo la prossima settimana?"

"La prossima settimana."

Questa volta la guardò andarsene, la porta si chiuse piano dietro di lei. Si girò verso il suo cervo, trovando i suoi occhi grandi e gentili già su di lui. La sua mano si librò sulla sommità della testa, toccandolo appena.

"Non so perché ho te", sussurrò, anche se nessuno era in giro per sentire. "Ma sono contento di averti."

Forse fu un trucco della luce, ma giurò di vedere il cervo sorridere.

Note autrice finali:

Traduzioni in ordine:

"Mon rayon de soleil" = Il mio raggio di sole

"Ne dit pas désolé" = Non chiedere scusa

"Non, mon chou, j'ai seulement besoin de toi" = No, tesoro mio, ho solo bisogno di te

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