Choices ||Jegulus/Wolfstar |...

By __pads

73.4K 2.8K 15.8K

Tutti commettiamo errori. Ma facciamo anche delle scelte. È importante per James, questa differenza. Ce la me... More

Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitoli 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52

Capitolo 36

989 39 88
By __pads

Capitolo 36




PARTE I: JAMES

Regulus lo stava fissando, gli occhi sbarrati, qualcosa di complicato che gli storceva il viso che James non riusciva ad interpretare.

"Reg?" chiese cauto.

Ma Regulus non rispose, almeno non subito, il suo corpo era rigido al fianco di James. Alla fine riuscì a forzare la sua espressione in qualcosa di vagamente vuoto, che James sapeva essere un brutto segno.

"Sirius sa di noi" ripetè roboticamente. "Lo sa perché gliel'hai detto tu?" c'era qualcosa di fragile nella sua voce.

James voleva dire di no, che non avrebbe mai tradito la fiducia di Regulus in quel modo, ma non aveva intenzione di buttare Remus sotto un treno.

"Eri scomparso" fu quello che disse invece. E Regulus sembrò prenderlo come un'ammissione di colpa.

"Fanculo James" sibilò, prima di afferrarsi le ginocchia, la testa tra di loro. "Fanculo. Fanculo. Fanculo."

"Ehi, va tutto bene" disse James, anche se non aveva assolutamente idea se fosse vero.

"Non posso affrontare questo in questo momento, non posso nemmeno... cazzo... non posso."

"Reg..."

"Non mi perdonerà mai" e poi rise, la testa immobile tra le ginocchia, i respiri che entravano ed uscivano in ansiti sibilanti. "No, che stupido. Comunque non mi avrebbe mai perdonato. Ma ora mi odierà. Mi odierà per davvero-"

"Regulus" disse di nuovo James, cercando senza riuscirci di fermare la sua spirale.

"Non voglio litigare con lui. Non voglio ferirlo. Sono così stanco di ferire le persone".

Chi hai ferito? James quasi chiese prima di fermarsi. "Regulus, devi respirare, va bene?" La mano di James andò alla nuca di Regulus, stringendolo quel tanto che bastava per poterlo sentire.

 "Nessuno litigherà con nessuno" anche se non era sicuro di poterlo promettere, non conosceva Sirius così bene come lo conosceva lui.

"E se non ti parlasse mai più?" Regulus era senza fiato. "Ce l'avrai con me. Mi odierai anche tu..."

"Non è colpa tua, Reg, sapevo quali sarebbero state le conseguenze" anche se non potè evitare il panico che salì dentro di lui al pensiero che Sirius lo avrebbe tagliato fuori dalla sua vita. "Non ti odierò."

"Desidererai farlo. Lo farai, cazzo" un'altra risata soffocata gli uscì fuori. "Ma immagino che non importi nemmeno questo" stava parlando a se stesso, si rese conto James. "Mi sono già assicurato che l'avresti fatto."

James sentì quelle parole come se fossero mani che gli attorcigliavano le viscere. "Regulus" disse più severamente, stringendogli di nuovo la nuca, non abbastanza stretto da ferirlo, ma quanto bastava per ancorarlo, per tenerlo con i piedi per terra invece che nei suoi incubi che si dipanavano. "Respira. Adesso. Respira con me. Dentro e fuori."

"Io-"

"No, basta parlare. Respira e basta, ok? Apri la bocca e inspira".

Dopo alcuni secondi, James sentì il rumore del respiro che veniva lentamente lasciato andare.

"Bene, va bene. Ancora una volta, fallo con me". E così respirarono insieme. Dentro, due, tre, fuori, due, tre. Dentro, due, tre, fuori. Ancora. E di nuovo. E di nuovo. Fino a quando James non fu certo che Regulus non stesse meglio. Si sporse in avanti, premendo la fronte sulla tempia di Regulus.

"Devi fidarti di me."

Sentì Regulus cedere contro di lui. "Non è questo il problema."

"Allora cos'è?"

Reg non parlò e dopo alcuni minuti James smise di aspettare, emettendo un profondo sospiro.

 "Reg" disse piano, "Non dicendomi queste cose...pensi che non possa gestirle? Non è fiducia questa".

Regulus si spinse contro di lui. "Non voglio che tu sappia tutto quello che so", disse piano. "Non voglio nemmeno saperlo io tutto quello che so. Alcune cose non posso più rimangiarmele. E tu non puoi più dimenticarle. Non voglio farti questo" un'altra pausa e poi: "Per favore, non costringermi a farti questo."

James chiuse gli occhi e resistette all'impulso di rompere qualcosa. Aveva voglia di fare a pezzi il mondo per tutto quello che aveva fatto a Reg. "Mi dispiace così tanto" riuscì solo a dire.

"No, non... non me lo merito."

"Reg" la sua voce gli fece male ma Regulus si ritrasse velocemente, sedendosi e strofinandosi la faccia.

"Dovremmo andare" la sua voce era diventata fredda. Un meccanismo di difesa "È troppo presto per sparire di nuovo e ho già perso abbastanza lezioni." Si alzò in piedi senza guardare James.

James voleva dirgli di fermarsi. Che potevano stare lì tutto il giorno. Tutta la settimana. Per sempre. Nascosto nel loro piccolo angolo dell'universo dove James poteva tenerlo al sicuro. Ma conosceva un rifiuto quando ne vedeva uno. Sapeva che aspetto avesse Regulus quando si chiudeva in se stesso. Il ragazzo di fronte a lui non voleva essere coccolato, confortato o toccato. Questo non era più Reg. Era l'erede della Nobile e Antichissima Casata dei Black. James aveva imparato a individuare la differenza tra loro.

"Okay" disse alla fine, alzandosi goffamente in piedi mentre Regulus andava in giro a raddrizzarsi le vesti, riportando il suo aspetto al suo normale stato immacolato. Nessuno avrebbe mai immaginato che avesse vomitato la sua paura solo pochi minuti prima.

"Mi occuperò io di Sirius, va bene?" disse James, guadagnandosi un cenno fugace.

"Se pensi di poterlo fare." Il suo tono era sprezzante, ma James sapeva che Regulus era solo terrorizzato da ciò che suo fratello avrebbe fatto dopo.

"Posso farlo" James cercò di mettere più fiducia possibile in quelle parole, anche se era sicuro che lui non la sentisse. Ma era difficile quando Reg non incontrava il suo sguardo.

Erano quasi alla porta quando qualcos'altro iniziò a tormentare la mente di James. 

"Ehi Reg?" lo fermò con la mano sulla maniglia. Il ragazzo più giovane lo guardò da sopra la spalla.

"Mary ha detto... Mary Macdonald... mi ha detto qualcosa, durante la pausa."

Regulus si fermò in modo innaturale. "Oh?" disse mite, il tono non corrispondeva affatto alla sua postura, l'effetto era snervante.

"Ehm... sì. Mi stavo solo chiedendo" non c'era un buon modo per chiederlo, ma James fece fatica a trovarne uno comunque. "Cosa è successo" atterrò alla fine, "la notte in cui è stata attaccata?"

L'espressione di Regulus rimase vuota. "Sai cosa è successo."

"Davvero?"

Ci fu un momento di silenzio teso durante il quale James cercò senza riuscirci di rompere la maschera di Regulus. "Non so cosa dirti James", disse alla fine. "Io non c'ero."

Quelle parole colpirono James dritto al petto. La sensazione di errore. Per un solo secondo non lo capì, non capì perché la sua pelle all'improvviso sembrava strisciare via dalle sue ossa mentre fissava gli occhi vuoti di Regulus. Ma poi si rese conto:

Regulus sta mentendo.

Mi sta mentendo.

Questo significa che-

"È tutto?" chiese Regulus, irrompendo nei pensieri di James. "Preferirei non essere messo in punizione il mio primo giorno."

James sbattè le palpebre, con la bocca asciutta "Uhm—sì. Bene. Scusa. È tutto."

Regulus annuì, aprendo la porta e fermandosi a metà. Quando si guardò indietro per la seconda volta, c'era qualcosa di un po' più umano nel suo sguardo. Più qualcosa del ragazzo che era era seduto prima con James sul pavimento.

"Stasera?" fu tutto ciò che Regulus chiese.

James gli offrì un sorriso tremante. "Stasera," concordò, guardando Regulus annuire prima di sgattaiolare fuori dalla stanza. Scoprì di non potersi muovere, un respiro tremante gli uscì dai polmoni.

"Cazzo" si portò i palmi delle mani negli occhi. "Oh cazzo Reg. Che cosa hai fatto?"





PARTE II: REGULUS

Era a malapena in classe da trenta minuti quando una fenice argentea traslucida volò attraverso le porte dell'aula fino alla scrivania del professor Vitious. Regulus strinse i denti e tornò a guardare la sua pergamena. Probabilmente non era niente. Era sicuro che Silente inviasse messaggi ai suoi insegnanti tutto il tempo. Certo, non l'aveva mai visto accadere prima, ma questo non significava che...

"Sig. Black?" 

Tutti i muscoli del suo corpo si irrigidirono mentre alzava lo sguardo per trovare gli occhi del professor Vitious su di lui.

"Il professor Silente vorrebbe vederti. Ha detto di portare i tuoi libri. Non tornerai prima della fine della lezione".

Fanculo.

Regulus fece un cenno a Vitious prima che iniziasse a rimettere inelegantemente i suoi libri nella borsa. Sapeva che era l'ultimo dei suoi problemi in quel momento, ma desiderava davvero che Silente potesse aver aspettato fino a pranzo o qualcosa del genere. Odiava il fatto di aver già perso le prime settimane del trimestre invernale. Era indietro rispetto agli altri. E Regulus non era mai indietro rispetto agli altri. Gli piaceva la scuola, non era imbarazzato per questo, anche se Evan lo prendeva in giro senza pietà. Era bravo a scuola e, non che volesse fare troppo il Corvonero, ma gli mancava davvero studiare.

"Merda Reg," sussurrò Evan accanto a lui. "Sei qui solo da poche ore, che cazzo hai fatto per essere convocato nell'ufficio del Preside?"

Regulus si limitò a scuotere la testa mentre faceva scivolare la borsa sopra la spalla. "Non ne ho idea" borbottò. "Ci vediamo a pranzo?"

"Sì, sì, certo. Ehi, dì a Silente di mangiare un cazzo per me, ok?" sparò a Regulus un sorriso che in realtà riuscì a calmare un po' i suoi nervi.

"Sei un idiota Evan" disse affettuosamente, uscendo dalla classe e poi nel corridoio in gran parte deserto.

Regulus immaginò che la parola d'ordine dell'ufficio di Silente fosse la stessa di prima di Natale e dimostrò di avere ragione quando il brutto gargoyle di pietra che custodiva l'ufficio si spostò per rivelare le scale. Ad ogni passo che faceva, poteva sentire il battito accelerato, i palmi delle mani e le ascelle che sudavano. Era stupido aver paura di questa cosa dopo aver appena trascorso due settimane ad Azkaban, ma almeno lì sapeva cosa aspettarsi. 

Beh, più o meno. 

Qui però? Qui non sapeva di cosa fosse capace Silente. Cosa potesse fare a Regulus. Sapeva solo che Silente era l'unico il cui potere era uguale a quello di Voldemort, magicamente e politicamente. E sapeva anche che a Silente lui non piaceva.

"Avanti" gridò la voce del Preside dopo che Regulus aveva bussato esitante alle grandi porte in cima alle scale.

La natura disordinata dell'ufficio di Silente metteva automaticamente Regulus in crisi ogni volta che vi entrava. Non solo perché gli piacevano le cose ordinate, ma perché gli rendeva difficile orientarsi. Non sapeva se c'era un'altra porta, pensava che avrebbe dovuto esserci, che si collegava alle stanze private dei Presidi, ma non la vide. Non sapeva se era l'unico o se c'era anche qualcun altro. Non era nemmeno sicuro che fossero soli. Qualcuno avrebbe potuto facilmente nascondersi tra i ninnoli e le stranezze che Silente aveva accumulato intorno a sé come se fosse un drago che raccoglie tesori.

"Siediti" disse il vecchio, indicando l'unica sedia di fronte a lui, sorrise a Regulus ma il sorriso non raggiungeva i suoi occhi. Nell'esperienza di Regulus, non lo faceva mai. Silente era già seduto dietro la sua scrivania, gli occhiali a mezzaluna sulla punta del naso, le mani intrecciate davanti a lui.

Regulus non si rilassò quando prese posto, con la schiena dritta, toccando appena la scrivania.

 "Voleva vedermi?" chiese, quando Silente lasciò che il silenzio si trascinasse.

Silente inclinò la testa in avanti, continuando a sorridere. "Sì, esatto." Un altro silenzio doloroso si estese tra loro e ci volle ogni grammo di autocontrollo che Regulus aveva per non agitarsi, per non abbassare lo sguardo.

Regulus non era al meglio delle sue forze. Era la verità. Due settimane ad Azkaban, una settimana prima a Grimmauld Place, i suoi nervi erano troppo vicini alla pelle. Il suo corpo, la sua mente e il suo cuore erano troppo sensibili. Quella mattina era riuscito a malapena a tenere tutto sotto controllo quando era insieme a James.

Beh se pensi di vomitare anche adesso, tienitelo per te

Sperò che nulla di tutto quello che pensava venisse mostrato sulla sua faccia, ma aveva il vago sospetto che Silente lo sapesse già. Ecco perché voleva parlare con lui così presto.

"Mi è stato detto che ti sei preso una vacanza lunga", disse Silente, e Regulus quasi sospirò di sollievo quando il preside ruppe il silenzio.

"Emergenza familiare", disse con calma.

Silente inarcò la fronte. "Oh?"

"Sì."

Silente inclinò la testa di lato, valutando Regulus. "I tuoi insegnanti mi hanno detto che sei abbastanza intelligente" disse, l'improvviso cambiamento nella conversazione sorprese Regulus.

"Ehm... davvero?" odiava l'incertezza che permise di insinuarsi nella sua voce.

"Davvero. E ho lottato per capire perché qualcuno così intelligente sprecherebbe volentieri i suoi talenti nelle crociate bigotti di un pazzo".

Regulus sbattè le palpebre, aprendo e chiudendo la bocca, incerto su come rispondere. Nessuno gli aveva mai parlato di quello- di Voldemort - in modo così schietto e Regulus non era sicuro di cosa avrebbe dovuto negare e cosa avrebbe dovuto ammettere. Era destinato a fingere ignoranza in questa situazione? Silente sapeva davvero qualcosa o stava solo facendo supposizioni?

"Mi dispiace Professore" disse Regulus quando finalmente riuscì a ritrovare la voce. "Ma non sono del tutto sicuro di cosa intenda"

"Ah, certo, mi dispiace, mi è stato detto che a volte posso essere piuttosto ottuso" rise, il rumore fece rizzare i capelli sulla nuca di Regulus. "Lascia che mi spieghi meglio."

Fece scivolare qualcosa sulla sua scrivania e a Regulus ci volle un minuto per concentrarsi, per eliminare l'ansia ronzante che gli annebbiava il cervello e leggere correttamente le parole di fronte a lui. Era una copia della Gazzetta del Profeta, si rese conto. La prima pagina della Gazzetta del Profeta, per la precisione. Quando finalmente lesse il titolo, sentì tutto il suo corpo indietreggiare prima di poter riprendere il controllo di se stesso. Cercò di reprimere la paura che si gonfiò dentro di lui, che sapeva si stesse palesando in faccia in questo momento, ma non ci riuscì del tutto.

"Prigioniero assassinato nella sua cella", Silente lesse il titolo ad alta voce. "Ministero in tumulto".

Tutto ciò che Regulus potè fare fu fissarlo con gli occhi sbarrati. A quanto pare Silente lo prese come un permesso per continuare.

"Jonathan Van Wheeler è stato assassinato a tarda notte nella sua cella ad Azkaban. Il ventiduenne era trattenuto con l'accusa di attività di Mangiamorte. Gli auror si rifiutano di commentare se la sua morte confermi o confuti il ​​suo legame con il gruppo terroristico".Un piccolo dubbio, pensò Regulus intontito. Era ciò che Voldemort voleva ed era esattamente ciò che aveva ottenuto.

"La famiglia di Van Wheeler nega con veemenza che il giovane abbia avuto tali associazioni, ha detto suo padre in una dichiarazione rilasciata questa mattina presto: 'Quello che è successo a mio figlio è una grande ingiustizia. Gli Auror non avevano il diritto di prenderlo. Volevano solo qualcuno da accusare. Volevano sentirsi capaci di star facendo qualcosa. Così hanno preso mio figlio. Il mio bel ragazzo'. Ha incolpato il Ministero più di chiunque altro per la sua morte. Non avrebbe mai dovuto essere ad Azkaban".

"Si fermi" disse Regulus, con voce cruda. Non sarebbe potuto andare meglio per Voldemort. Non solo gli Auror non erano ancora sicuri sul fatto che avessero seguito o meno una falsa pista, ma ora l'opinione pubblica si stava rivoltando contro di loro.

"Mi dispiace" disse Silente mite, alzando lo sguardo dal foglio. "Di cosa trattava quell'emergenza familiare? Temo di essermi dimenticato di chiedertelo"

Regulus era abbastanza sicuro che se avesse provato a parlare in quel momento, sarebbe soffocato. Tutto ciò che poteva fare era mantenere lo sguardo di Silente e non vomitare. Non conosceva il nome di quell'uomo. Jonathan. Poteva evocare il suo viso nella sua mente così facilmente: pallido e disperato e implorante pietà.

"Non è menzionato in questo articolo, perché il Ministero non vuole che nessuno lo sappia, ma insieme ad un omicidio, sembra che ci sia stata anche una fuga la scorsa notte. Un tuo parente credo, Rabastan Lestrange. Forse è questa l'emergenza a cui ti riferivi?"

Di nuovo, Regulus non parlò. Non poteva . Il suo cervello era un casino di pensieri e ricordi semiformati che stava cercando disperatamente di ricacciare in un angolo di se stesso dove teneva tutto ciò a cui non riusciva a pensare.

"Non farò finta di non trovare riprovevoli le tue azioni" continuò Silente, apparentemente annoiato dall'attesa di una risposta. "Ma sarebbe di grande valore per me avere un paio di occhi nella cerchia ristretta di Tom. Soprattutto uno in una famiglia come la tua. Quindi te lo chiederò di nuovo, lavora con me, e forse sarai in grado di lavare un po' di questo sangue dalle tue mani".

 Lanciò a Regulus un'occhiata che èera più di disgusto che di pietà. "Non mi sembri uno che ha lo stomaco adatto per gli omicidi."

Regulus quasi rise. Considerando la quantità di vomito che aveva buttato fuori, sarebbe potuto essere letteralmente vero. Poi gli venne in mente qualcos'altro. Qualcosa di altrettanto difficile da digerire.

"È per questo che ci hai lasciati lì, che hai lasciato Sirius?" era orgoglioso che la sua voce uscisse almeno relativamente uniforme.

Silente non sussultò. "Vi ho lasciato dove?"

Era una domanda irritante, ma Regulus rispose comunque. "A Grimmauld Place. Scommetto che la seconda volta che James Potter ha portato Sirius a casa, i suoi genitori ti stavano implorando di lasciarglielo portare. Ma non l'hai mai fatto. Non hai mai fatto niente anche se dovevi di sicuro  sapere..."

"Sapete cosa?" Silente lo interruppe, la voce che tradiva nient'altro che un interesse casuale.

Tutto in Regulus lo pregava di chiudere la bocca. Quelle erano tutte cose che non poteva dire. Tutte cose che non diceva mai.

  Nascondi i lividi. Sorridi e stai dritto. Vestiti in modo intelligente. Nessuno se ne accorgerà. Nessuno lo saprà. Siamo la Nobile e Antichissima Casata dei Black. Non piangiamo. Non piangiamo mai. Di certo non chiediamo aiuto.

"Com'erano" sussurrò, non sicuro di poter gestire più onestà di così. "Cosa ci stava succedendo in quella casa. Non ha mai alzato un dito fino al giorno in cui Sirius se n'è andato. È stato per questo" gli fecce un cenno Regulus. "Perché voleva... cosa ha detto prima? Un paio di occhi?"

Considerando quanto fosse stato schietto durante questo incontro, Regulus non avrebbe dovuto davvero essere sorpreso dalle parole che vennero pronunciate dalla bocca del preside. Ma in qualche modo lo era di nuovo.

"Sì" disse Silente, senza vergogna. Regulus si ritrovò davvero senza parole. "È stato necessario. Idealmente Sirius sarebbe rimasto lì fino al diploma, ma vabbè. I migliori piani non vanno mai a buon fine. Ma per fortuna..." fece scorrere i suoi occhi su Regulus "ci sei ancora tu."

E oh.

Era proprio così.

Esattamente quello che pensava la sua fottuta madre.

Regulus fece un respiro profondo e cercò di valutare la situazione di fronte a lui, cercò di non perdere il controllo, di tenersi in piedi abbastanza a lungo da uscire da quel cazzo di ufficio.

"L'ultima volta che ci siamo parlati voleva la mia bacchetta" disse lentamente, assicurandosi che le sue parole uscissero forti. Stabili. Libere dalla paura e dalla rabbia che lo strangolavano sotto la superficie. "Suppongo che lei non sia stato in grado di ottenere un mandato dal Ministero per farlo?" dovette assicurarsi di sapere dove si trovasse. Sapeva con quali carte stesse giocando Silente.

Silente si fermò, occhi blu come ghiaccio che lo fissavano. "No, infatti."

Regulus annuì. Quindi aveva provato e aveva fallito. Andava bene, significava che la loro presa sul Ministero era forte, significava che legalmente Silente non aveva alcun potere lì.

"Ecco perché ha portato questo allora" Regulus indicò il giornale. "Aveva bisogno di altro materiale per ricattarmi?"

Silente inarcò la fronte. "E cosa diavolo avrebbe a che fare con te la morte di Jonathan Van Wheeler?"

"Niente... ovviamente" disse Regulus bruscamente, mantenendo lo sguardo su Silente. "Non ha niente a che fare con me. Quindi abbiamo finito qui?"

Avrebbe voluto davvero poter distogliere lo sguardo, ma non voleva sembrare debole, almeno, non più debole di quanto non lo fosse già.

"Questa è l'ultima volta che ti farò questa offerta, Regulus" disse con quella sua voce profonda e divorante. "Non ti offrirò mai più un ramoscello d'ulivo. Da questo momento in poi non puoi più cambiare idea".

Regulus annuì, il movimento a scatti perché stava tremando davvero tanto. "Capisco."

"Davvero?"

Regulus non lo nobilitò con una risposta. Voleva andarsene, ovvio che voleva andarsene, non si fidava di Silente. E almeno sua madre aveva bisogno di lui vivo.

Alla fine Silente sospirò. "Allora si. Abbiamo finito"

Regulus si alzò dalla sedia ma non riuscì ad uscire dalla stanza. Sapeva che a Silente non importava, che Regulus non era altro che un pezzo sul tabellone per lui, e in quei giorni sembrava così un po' per tutti. Ma per qualche ragione continuò a parlare.

"Avrei potuto usarti quando avevo undici anni," si guardò alle spalle. "Avresti potuto fare la differenza allora."

Silente mantenne il suo sguardo, fisso su di lui. "Il mondo non ti deve nulla, Regulus" la sua voce colpì Regulus da qualche parte nel suo stomaco. "E di certo non ti devo nulla io."

 Nonostante i suoi migliori sforzi, Regulus sentì la bruciante sensazione di vergogna che lo colpì.

Senza perdere altro tempo, si spinse attraverso la porta e si precipitò giù per le scale.Non sapeva dove stesse andando. Non era ancora finito il pranzo, ma non riusciva a sopportare l'idea di tornare in classe. Non riusciva a sopportare l'idea di essere da nessuna parte ad essere onesto. Voleva solo scomparire. Strofinare la pelle dalle ossa. Odiava il modo in cui sentiva il suo corpo, odiava le cose che aveva fatto, odiava il suono dei suoi stessi pensieri nella sua testa.

Respira, si disse mentre camminava bellicoso per i corridoi. Nessuno scopo, nessuna direzione, aveva solo voglia di muoversi e non pensare. Quella parola la pensò con la voce di James. Il fantasma del suo tocco bruciava ancora sulla nuca di Regulus.

Respira, respira, respira—

"Bene bene, guarda chi è tornato."

Regulus si giraò di scatto, la bacchetta sguainata mentre si trovava faccia a faccia con una ghignante Mary Macdonald. Non fece nemmeno un sussulto, inarcò solo la fronte mentre Regulus sentiva il suo cuore ricominciare a battere.

"Reagisci sempre così?" lei chiese.

Regulus non abbassò subito la bacchetta, il che fu stupido. Erano nel bel mezzo del corridoio e l'ultima cosa che voleva era dare a Silente altre scuse per convocarlo nel suo ufficio.

"Mi maledirai, Black?" lei fece un passo avanti finché la punta della sua bacchetta non premette contro la base della sua gola. "Oppure, scusa, riformulo la domanda. Mi maledirai di nuovo?"

Le mani di Regulus tremarono e non potè fare a meno di pensare all'ultima volta che aveva puntato la bacchetta contro qualcuno.

Sono un brav'uomo, aveva implorato Jonathan.

Lo giuro.

Mi devo sposare.

Per favore.

Lasciò cadere il braccio lungo il fianco, ma non mise via la bacchetta, la tenne saldamente stretta nel palmo della mano. "Non ora," morse. "Non posso... non posso parlare adesso."

"Purtroppo non mi interessa" disse, suonando come se intendesse ogni parola. "Avevamo un accordo io e te."

Regulus voleva urlare.

"Ti ho dato due settimane."

"Sono stato inevitabilmente trattenuto", disse in tono piatto.

"Beh, ora sei qui e dovresti vendermi i tuoi amici."

Regulus se n'era davvero dimenticato. Erano successe tante cose dal loro incontro sul campo di Quidditch. Quel casino con Mary era sembrato così grande e importante in quel momento, ma ora? Regulus riusciva a malapena a prendersi cura di se stesso. Troppo impegnato a cercare di orientarsi tra i due titani attualmente in lizza per la sua lealtà.

"Non sono tornato nemmeno da un giorno" disse infine, suonando esausto quasi quanto si sentiva.

"Sì, beh, io sono qui da settimane, quindi mi scuserai se non sono particolarmente paziente."

Regulus strinse i denti. "Ti darò le tue informazioni, anche se non sono del tutto sicuro che tu abbia mantenuto la tua parte dell'accordo."

Inarcò la fronte, sembrando divertita più di ogni altra cosa, cosa che Regulus trovò irritante ma provò a reprimere la sua rabbia. Non gli avrebbe fatto alcun favore recitare in quel momento.

"Ma davvero?" chiese dolcemente.

"James ha fatto domande, ha detto che gli hai detto delle cose durante le vacanze di Natale. Ne sai qualcosa?"

Regulus era certo che il suo cuore sarebbe rimasto bloccato nella bocca dello stomaco quella mattina quando James gli aveva chiesto dell'attacco di Mary.

La Grifondoro sorrise. "James non è esattamente noto per farsi gli affari suoi, vero?"

"Quindi stai dicendo che lui...cosa? L'ha capito da solo?"

Mary alzò le spalle. "Sto dicendo che ti ho dato due settimane. E che non ho ancora detto una parola a Silente. Era il suo ufficio da cui sei appena uscito, vero? Potrei sempre andare a fare due chiacchiere con lui".

La mano di Regulus strinse la sua bacchetta. "Ti ho detto che ti avrei tenuto informato e lo farò."

Mary sorrise con tutti i suoi denti. "Bene. Allora non dovremmo avere problemi, no?"

Regulus non si preoccupò di rispondere. Non ne vedeva il punto. "Ora vado a pranzo, per te va bene?"

Rise, appoggiandosi alla parete e incrociando le braccia sul petto. "Certo tesoro."

Regulus aveva appena fatto due passi prima che parlasse di nuovo. Le parole gli rigavarono la schiena.

"Ancora non sa del Marchio" disse incautamente, anche se Regulus suppose che non era la sua vita ad essere messa in palio in quel gioco . "Quello lascio che sia tu a dirglielo. Ma devi dirglielo".

Regulus non si accontentò. Non si girò.

"Sì" borbottò sottovoce, ignorando il dolore nel suo petto. "Si, lo so."





PARTE III JAMES

Remus non si fece vivo fino all'ora di cena. James non avrebbe avuto idea di dove fosse se non fosse stato per Peter. Anche sapendolo, era nervoso. Quel casino non era colpa di Remus e non voleva che dovesse sopportare il peso della rabbia di Sirius. O qualsiasi cosa fosse.

"Eccolo" Peter spinse il piede di James sotto il tavolo e lui smise immediatamente di picchiettare nervosamente le sue posate e si girò per guardare Remus camminare verso di loro. Sembrava stanco ma sembrava anche che stesse bene.

Stanco e solo.

"Ehi" disse piano, mentre si lasciava cadere sulla sedia accanto a James.

"Era lì allora?" chiese Peter, sporgendosi dal tavolo.

Remus annuì. "Sì, era lì. Era una buona ipotesi, Pete".

Peter si pavoneggiò.

James osservò come Remus si strofinasse gli occhi, avesse i capelli scompigliati e i vestiti ricoperti di terra, tutto molto diverso da come normalmente si presentava. C'erano così tante cose che voleva chiedergli che non sapeva da dove cominciare.

"Stai bene?" decise di dire alla fine.

Remus gli fece un debole sorriso. "Sono stato meglio, ma sono stato anche peggio" fece una pausa, prendendo un respiro profondo. "Penso che andrà tutto bene" disse, anche se le sue parole erano traballanti, come se non fossero del tutto sicure di essere pronunciate.

"Va bene" disse James, ingoiando il groppo in gola. "Come... ah... come sta?"

Remus non riuscì a nascondere la sua smorfia. "Ha bisogno di... tempo, credo."

"Posso parlargli?"

"James" disse stancamente.

"Per favore, io voglio solo..."

"James" ripete più severo, gli occhi fissi nei suoi. "Hai sentito cosa ho appena detto?"

James fece del suo meglio per soffocare la frustrazione che divampava dentro di lui. 

"Ha bisogno di tempo", ripetè rigido.

Remus annuì con la testa. "Sì. Ha solo bisogno di stare un po' da solo".

"Da solo con te?" James non fu in grado di trattenere l'amarezza nella sua voce. E sì, sapeva di essere fuori luogo, ma c'era stato un tempo in cui lui era la persona che Sirius voleva al suo fianco quando non poteva sopportare la vista di nessun altro. Quando era lui a consolarlo. Era lui che lo rimetteva insieme. Che lo salvava da se stesso. Ed era geloso. Perché questa—questa nuova cosa tra Sirius e Remus, sembrava che lo avesse rimpiazzato. Sembrava che avesse qualcosa.

"Sì" rispose Remus, non scortese, perché era Remus ed era la persona più gentile in quasi tutte le situazioni. "Da solo con me."

James non sapeva cosa avrebbe dovuto rispondere a questo, ma per fortuna la McGranitt lo salvò dal doverlo capire.

"Sig. Lupin, i suoi professori mi hanno detto che lei e il signor Black siete stati assenti dalle lezioni oggi. Ti va di spiegarti?"

Minnie sapeva come essere intimidatoria quando voleva, torreggiava su di loro con uno sguardo gelido come la pietra e la bocca dritta, senza nessun sorriso. Remus non sussultò nemmeno.

"Scusi professoressa, ho una giustifica di Madama Chips" frugò nella sua borsa e, in effetti, tirò fuori un biglietto. Fu difficile per James mantenere la sua faccia neutrale. "Sirius si è ammalato stamattina, l'ho portato in infermeria e sono rimasto con lui."

La McGranitt prese il biglietto dalle sue mani e lo ispezionò a fondo. "Vedo. E tu sei dovuto rimanere con lui perché...?" James guardò giusto in tempo per vederlo racimolare tutta la sua forza di un sorriso imbarazzato firmato Remus Lupin. Era davvero bellissimo. Così morbido e autoironico. Quel ragazzo avrebbe potuto farla franca dopo un omicidio usando solo quel sorriso.

"Non so se se n'è accorta, ma Sirus è insopportabile in una buona giornata, figuriamoci quando è malato."

James pensava davvero di vedere la McGranitt cercare di trattenere il proprio sorriso. Tutti pensavano che Remus fosse quello buono del gruppo, ma era un piccolo bastardo quando voleva.

"Molto bene, porgi i miei saluti al signor Black, e anche a Poppy, ne avrà bisogno dopo una giornata con voi due."

"Lo farò professoressa, certo" le fece un altro di quei sorrisi mentre lei si allontanava, il biglietto in mano.

Quando Remus tornò al tavolo crollò, come se quella performance lo avesse sfinito.

"Merda" ansimò Peter, facendo eco esattamente ai pensieri di James. "Remus hai appena falsificato la firma di Madama Chips? Tu?"

Remus lo guardò, accigliato. "Non ho falsificato niente", e quando i due continuarono a fissarlo senza convinzione lui sospirò, strofinandosi la fronte. "Be', non del tutto. Mi ha firmato alcune giustifiche, nel caso avessi bisogno di... prendermi una pausa, durante la luna piena. L'ho solo... corretta un po'"

"Per includere Sirius?" chiese James.

Remus annuì stancamente. "Per includere Sirius."

James rise, scuotendo la testa. "È fantastico." Ma Remus continuava a sembrare scontento per questo.

"Me li ha dati perché si fida di me, questo non è qualcosa per cui doversi congratulare".

"Non lo so" disse Peter pensieroso. "E' abbastanza impressionante se devo essere sincero."

"Molto arguto," concordò James.

Remus alzò solo gli occhi al cielo. "Voi due avete una terribile influenza su di me."

"Ehi!" James alzò le mani in segno di innocenza. "Sei tu quello che falsifica documenti legali qui."

"Una giustifica di malattia non è un documento legale," sibilò Remus mentre iniziava ad ammucchiare il cibo nel piatto. "E vorresti abbassare la voce?"

"Semplicemente non sapevamo che fossi un tale delinquente", anticipò James.

"È la cosa del Prefetto", aggiunse Peter. "Ci ha davvero mandato fuori strada".

"Comincerò ad ignorarvi entrambi, da adesso" disse Remus, facendo ridere Peter e James.

Ci vollero alcuni minuti prima che James si rendesse conto che Remus non stava solo mettendo il suo cibo nel piatto, ma anche sul tovagliolo accanto a lui. James lo guardò sfacciato, la fronte alzata. All'inizio pensava che Remus non lo vedesse, ma alla fine sospirò.

"È per Sirius."

"Ah" James cercò di ignorare la tensione nel suo intestino. "Non torna allora."

"No."

"Vai tu da lui"

Remus non incontrò il suo sguardo. "Passerò lì la notte."

"Ah" disse James per la seconda volta, non sicuro di poter gestire molto altro.

"Accidenti, sarà scomodo dormire lì" Peter tremò attraverso il tavolo e Remus gli fece un piccolo sorriso.

"L'ho già fatto altre volte."

"Già, vero", anche se Peter non sembrava convinto.

James potè sentire Remus lanciargli sguardi mentre continuavano a mangiare, il silenzio tra loro ora era un po' imbarazzante. Ma fece del suo meglio per ignorarlo, per concentrarsi sul cibo nel suo piatto. Il suo purè di patate era assolutamente affascinante quella sera.

"Ascolta, James" disse alla fine Remus, la voce più basse "Dovremmo—dobbiamo parlare."

James lo guardò. Se si stessero frequentando, quello sarebbe il momento in cui James avrebbe iniziato a preoccuparsi che Remus stesse per rompere con lui, ma dal momento che non lo erano, non era esattamente sicuro di cosa significhi quel "dobbiamo parlare".

"Beh?" disse alla fine, re dell'ovvio: stiamo parlando proprio ora?

"Ho qualcosa da dirti...qualcosa che dovresti sapere. Forse prima che io-" Ma Remus si interruppe rapidamente mentre Marlene e Dorcas si avvicinavano a loro.

"Ehi ragazzi" disse allegramente Marlene, lasciandosi cadere sulla sedia accanto a Peter, Dorcas dall'altra parte. "Cosa state tremando?"

Era un momento strano, ricordare all'improvviso quanto fosse stata normale quella giornata per tutti gli altri, come se si fossero svegliati da un sogno. Stavano ricordandoche il resto del mondo esisteva ancora.

"Ehm... ragazzi?" Marlene iniziò a sembrare preoccupata quando nessuno di loro rispose, apparentemente stavano provando tutti la stessa strana sensazione di James. Era come se non riuscissero a ricordare come tenere una conversazione normale perché la loro intera vita in questo momento era un disastro.

"Niente di che", intervenne Peter. "Tranne che... oi, hai sentito di Zabini e Richardson?"

"Oh mio Dio sì, che diavolo?" Dorcas rise. "La coppia più strana di sempre."

"Ma sono una coppia?" disse Marlene accigliata. "Pensavo che si fossero appena messi insieme?"

"Stiamo lì" ammise Dorcas. "Difficile dire dove sia il confine, tra frequentazione e relazione", lanciò a Marlene uno sguardo significativo che la Grifondoro non vide o ignorò volontariamente.

"A quanto pare hanno praticamente messo su un porno nel nel mezzo della sala comune di Serpeverde."

Gesù, Peter" disse Remus, esasperato.

"Cosa?" chiese Peter. "Sto solo dicendo quello che ho sentito."

"Ad essere onesti" intervenne Dorcas. "L'ho sentito anche io."

"Anche io!" Marlene era d'accordo.

"Aspetta cosa?" James era finalmente riuscito a riprendere il controllo dei suoi pensieri. "Non ho sentito niente di tutto questo, di che diavolo state parlando?"

"Merlino James, hanno parlato di questo per tutto il giorno. Dove diamine sei stato?" chiese Marlene.

James aprì la bocca ma scoprì che in realtà non sapeva cosa dire. Era stato lì, in teoria, ma in realtà non era proprio stato lì... i suoi occhi andarono al tavolo Serpeverde.

"Forse non è interessato ai pettegolezzi salaci sui suoi coetanei?" Remus lo intercettò, salvandolo. James mandò a Remus una rapida occhiata di ringraziamento.

Marlene alzò gli occhi al cielo nello stesso momento in cui Peter disse:  "Da quando?"

"Sono stato un po' fuori di testa oggi", riuscì finalmente James. "Dai, dimmi il pettegolezzo."

Marlene si lanciò immediatamente nella storia, completa di gesti esagerati e una pessima impressione dell'accento irlandese di Richardson che aveva malapena tenuto in vita Dorcas dalle risate. James ascoltò e rise nei momenti giusti, ma trovò difficile essere realmente presente. O essere realmente interessato.

"Li conservi per dopo?" James sbattè le palpebre. Peter e Marlene stavano discutendo sui dettagli della storia: Peter era irremovibile sul fatto che Richardson fosse rimasto completamente nudo nella sala comune e Marlene insisteva sul fatto di aver sentito che aveva addosso solo i pantaloni. Ma Dorcas, realizzò James, stava guardando il mucchietto di cibo sul tovagliolo di Remus. Remus arrossì ma la sua espressione rimase neutra.

"A volte ho un po' di languorino dopo cena" disse.

"Un po' di languorino?" il che era giusto considerando le dimensioni del mucchio.

"Ragazzi, non avete un accesso segreto alle cucine?" Marlene si allontanò dalla sua discussione con Peter che a quel punto sembrava completamente abbattuto. "Gli elfi domestici non sono completamente innamorati di te?"

"Puoi biasimarli?" James le fece un sorriso, sentendosi un po' come se avesse il pilota automatico. Marlene gli mostrò la lingua.

"Non mi piace fargli fare un lavoro extra," borbottò Remus, guardando il suo piatto.

Il viso di Marlene si addolcì in modo quasi comico. "Oh wow, sei adorabile."

Le orecchie di Remus divennero rosso vivo.

"Questo è il nostro Moony," James si allungò in avanti e pizzicò la guancia di Remus. "Adorabile." Ricevette un colpo secco al fianco dal gomito di Remus, costringendo l'aria ad uscire da lui come se fosse stato appena forato. "Adorabile e pungente" si corresse James, trasinanco tutti in una risata, Remus compreso.

Fu in quel momento che James vide Mary camminare verso di loro e il suo stomaco gli cadde nei pantaloni. Aveva bisogno di parlarle, sapeva che doveva, aveva bisogno di chiederle di spiegare tutto quello che aveva detto a Capodanno. Aveva bisogno di essere sobrio ed ascoltare di nuovo tutta la storia. Ma guardandola mentre si avvicinava, si rese conto che in realtà non voleva. Che in realtà aveva paura di quello che avrebbe potuto dire. Di quello che avrebbe potuto sentire se si avesse ascoltato tutta la storia.

"Scusa, mi sono appena ricordato di aver dimenticato una cosa in classe" James si alzò bruscamente, senza guardare nessuno, anche se potè sentire lo sguardo preoccupato di Remus su di lui. "Ci vediamo doponella sala comune, ok?"

Dorcas e Marlene salutarono entrambe, Marlene già distratta dall'arrivo di Mary.

"James—" Remus provò a parlare mentre James iniziava a farsi strada tra i tavoli.

"Va tutto bene Moons" disse, sentendosi strano, nervoso e improvvisamente claustrofobico. "Ci vediamo..." i suoi occhi si spostarono sulla pila di cibo in più, "domani credo."

"Domani" concordò Remus, anche se non sembrava che gli piacesse l'idea.

James non si fermò ancora per molto. Aveva bisogno di andarsene da lì, aveva bisogno di un po' d'aria fresca. Il secondo prima che uscisse dalla sala per gettarsi nel corridoio, i suoi occhi tornarono al tavolo Serpeverde, ma Regulus non c'era. James fece una smorfia, spingendosi attraverso le porte e cercando di ignorare il modo in cui l'assenza di Regulus gli faceva contorcere lo stomaco.

Non voleva essere il tipo di ragazzo che doveva sempre sapere dove fosse Regulus. Ci si sentiva... controllati. Non era qualcosa che James aveva mai considerato. Ma non poteva evitare il panico che lo attraversava quando non poteva controllare Reg. Essere l'erede appena nominato della Casata dei Black era una posizione precaria in quei giorni, e Regulus non si preoccupava abbastanza da proteggersi da solo. Non pensava ne valesse la pena. Il solo pensiero fece male al petto di James.

Ci vollero alcuni minuti prima che riuscisse ad arrivare in uno dei cortili della scuola, praticamente sussultò mentre usciva. Faceva freddo, ma a James non importava, anzi lo accolse con favore. Il morso della sua pelle aiutava a tenere a bada il panico. Aveva bisogno di rimettersi in sesto, la vista di Mary Macdonald non poteva mandarlo in una fottuta spirale di ansia.

Devi parlare con lei. È così che risolverai questo problema, disse la voce fastidiosamente ragionevole nella sua testa.

E sì, va bene, era giusto. Ma aveva appena riavuto Regulus. Non potevano avere ancora un po' di tempo prima che si mettesse a curiosare nelle sue cose? Alla ricerca di risposte che non voleva nemmeno sapere?

Ma cosa succede se...la voce richiese.

E se fosse stato lì? E se li avesse aiutati a farle del male? E se l'avesse ferita lui stesso?

James scosse la testa.

Regulus non lo avrebbe mai fatto.

Semplicemente non lo avrebbe mai fatto.

"Ehi?"

James si girò e trova Lily Evans appollaiata nell'alcova dietro di lui. Aveva un libro aperto in grembo ma niente cappotto o guanti. Come se fosse impermeabile al freddo.

"Ciao?" disse muto, in piedi al centro del cortile a fissarla. Era l'ora perfetta, il sole basso, tutto brillava di oro e rosa. Faceva sembrare Lily come se facesse parte del castello, dipinta o scolpita, un'opera d'arte.

Scosse la testa. "Scusa... ehm... non mi ero accorto che ci fosse qualcuno qui fuori."

Lei annuì, sorridendo un po'. "Sì, l'avevo immaginato."

La testa di James era ancora un po' confusa, quindi era una lotta per lui mettere insieme un pensiero abbastanza coerente da poterlo dire ad alta voce. "Cosa stai facendo?" risultò essere il migliore che riuscisse a gestire.

Il sorriso di Lily crebbe mentre indicava il libro che aveva in grembo. "Compiti. Tu cosa stai facendo?"

"Respiro" la risposta arrivò così rapidamente che non ebbe la possibilità di rendersi conto di quanto fosse assolutamente folle finché non la sentì ad alta voce. Lily inarcò la fronte ma, invece di cercare di spiegarsi, James si limitò a spingersi in avanti. "Non hai freddo?"

Lily scosse la testa prima di raccogliere la bacchetta accanto a lei. "Ho fatto un incantesimo."

"Ah" disse James, "beh, in quel caso" si infilò le mani in tasca prima di farsi avanti. Lo sentì all'istante, nel momento in cui fu dentro la sua magia, una calda sensazione di formicolio che scorreva attraverso di lui e qualcosa di agrumato che gli arrivava nel naso e nella bocca.

"Così va meglio" disse spontaneamente.

Lily si morse il labbro inferiore. "Sono contenta."

Ci fu un momento di silenzio durante il quale James sentì che lei lo stava guardando ma non riusciva proprio a incontrare il suo sguardo, guardava invece il cortile della scuola, osservava il rapido ritirarsi del sole verso l'orizzonte.

"Puoi sederti, lo sai?" Lily disse alla fine.

"Che cosa?"

Fece un cenno al punto di fronte a lei. "Puoi sederti."

"Oh", e poi: "Va bene, ok, grazie."

Era un pozzo di ansia, i suoi piedi si misero accanto a quelli di lei mentre si siedevano l'uno di fronte all'altro. James non potè fare a meno di sentire che lo stava ancora guardando. Non solo guardando, ma cercando. Scrutando.

"Stai bene?" chiese alla fine.

James emise un grande respiro, soffiandosi via i capelli dalla fronte. "Io-" ma per qualche motivo il resto della frase non la pronunciò, lasciò la bocca aperta in un silenzio imbarazzato.

Uno sguardo preoccupato guizzò sul viso di Lily. "James?" chiese lei piano, allungando una mano per stringergli il ginocchio.

Deglutì, cercando di ricominciare. "Scusa" disse, con voce un po' tesa mentre si passava una mano sul viso. "È stata un po' una giornata pesante."

Lily annuì come se capisse anche se James non era sicuro di come avrebbe potuto. Nonostante ciò non sembrava insincera. Niente di quello che Lily Evans faceva la faceva apparire diversamente e forse era per questo che James si ritrovò a dire più di quello che volesse.

"Penso che qualcuno mi stia mentendo" quasi si soffocò con le parole. "Oppure... qualcuno ha cercato di dirmi che mi stavano mentendo, ma non ero pronto a sentirlo." Stava annaspando, con troppi sentimenti, pensieri e paure. Ma Lily non vacillò

"Sei pronto per ascoltarlo ora?" chiese, senza giudizio.

James fece una risata vuota. "No." poi;: "Ma penso di averne bisogno comunque."

Lily annuì con la testa. "Allora sono sicura che lo farai."

"Veramente? Perché non credo di farcela. Ecco perché sono qui, il solo pensiero mi ha spaventato a morte" le sue guance si scaldarono per l'imbarazzo. Di solito non era il tipo di persona che scappava dalle cose.

"A volte devi fare alcune false partenze prima di poter saltare nel profondo. Ma sei già arrivato al limite, non dubito che alla fine farai l'ultimo passo".

James incontrò i suoi occhi, verde brillante e incredibilmente caldi. "Come mai?"

Lily alzò le spalle, il sorriso di nuovo nell'angolo della bocca. "Sei la persona più coraggiosa che conosco, anche la più stupida, intendiamoci, ma immagino che ci siano molti incroci tra questi tratti."

James non potè farne a meno, rise, il suono un po' troppo forte nel cortile vuoto, ma si sentì bene, allentò un po' la tensione nel suo petto. Fu allora, proprio mentre stava cominciando a sentirsi meglio, che notò la tensione sul viso di Lily. Sottile, ma c'era.

"Ehi, tu perché sei davvero qui?" le chiese, picchiettandole il tallone con la punta del piede."Te l'ho detto, compiti."

James inarcò la fronte. "Studi in cortile, a metà gennaio, durante la cena?"

"Sì, beh..." si interruppe, chiaramente non in grado di trovare una scusa.

"Wow" disse James seccamente. "Molto convincente."

Lei lo guardò accigliata, anche se lui non pensava che fosse del tutto genuino quello sguardo.

 "Io... avevo solo bisogno di stare da sola."

"Come mai?" James sapeva di essere indiscreto ma non potè farne a meno.

Lily emise un profondo sospiro, pizzicandosi il ponte del naso. "È stupido."

"Eccellente" James si strofinò le mani. "Come hai appena sottolineato, sono un esperto in stupidità. Sentiamo."

Questo riuscì a strapparle un sorriso, anche se solo finché non ricominciò a parlare. "È mia madre... io... non lo so... ho paura che qualcosa non vada."

"Non vada?" chiede James. "Tipo...cosa credi che non vada in lei?"

Lily scosse la testa. "Non lo so, è solo... qualcosa nelle sue lettere. Sono come quelle che mi scriveva prima della morte di mio padre. Come se mi stesse nascondendo qualcosa". Scosse la testa. "Scusa, mi rendo conto che sembra folle."

"Ehi, no, non è così" disse James velocemente. "Considerando quello che è successo con tuo padre, penso che sia ragionevole che tu sia più sensibile a questo genere di cose" fece una pausa, mordendosi pensieroso il labbro inferiore. "Sarebbe d'aiuto vederla? Per parlare faccia a faccia? Sono sicuro che se dicessi alla McGranitt ti lascerebbe usare il suo caminetto".

Gli sorrise tristemente. "È un po' più complicato di così."

James arricciò il naso. "Cosa intendi?"

"Beh" sospirò, "mia mamma non è una strega, quindi non ha accesso ai camini magici. Per ottenere l'accesso devi ottenere il permesso dal Ministero e poi devono configurarlo su di lei. L'ultima volta, quando mio padre è morto, penso che Silente abbia parlato con loro, ma non è che posso chiedergli di farlo solo perché mi sento nervosa".

James la guardò pensieroso. Non aveva mai considerato quanto fosse difficile per lei, per i nati Babbani, entrare in contatto con i loro genitori. "Parlerò con mia madre", disse alla fine, facendo inarcare la fronte a Lily.

"Parlerai con tua madre?"

James fece spallucce. "Conosce persone al Ministero ed è anche l'unica persona che abbia mai visto dire a Silente cosa fare. Se le dico che vuoi parlare con tua madre, farà qualcosa".

Gli occhi di Lily si spalancarono. "Io—no, è—probabilmente è solo una sciocchezza."

"Non credo" ribattè James, "la sciocchezza è che il Ministero non crea immediatamente a tutte le famiglie di Babbani una connessione ai camini", quando Lily continuò a fissarlo chiaramente perplessa per le parole, continuò a parlare, battendole di nuovo il piede. "Dovresti essere in grado di parlare con tua madre Lily, Merlino sa che diventerei schizzinoso se pensassi di non poter parlare con la mia quando ne ho bisogno."

Lei fece una risata confusa. "Grazie James, è davvero..." si interruppe come se non riuscisse a trovare le parole. "Solo grazie."

"Figurati" cercò di ignorare la sensazione confusa nella bocca del suo stomaco, ma Lily insistette prima che potesse pensarci troppo.

"Tu e tua madre siete legati eh?"

James annuì. "Onestamente, era la mia migliore amica prima che incontrassi Sirius", si rese conto mentre lo diceva che non sapeva se fosse ancora vero, se Sirius era ancora il suo migliore amico. Se mai lo sarebbe stato di nuovo.

Lily rise. "James Potter, piantagrane e mammone."

Nonostante la tensione nel petto, riuscì a sorridere. "Puoi prendermi in giro quanto vuoi, ma non sarò mai in imbarazzo per mia madre. È tipo, la persona più cazzuta che abbia mai incontrato. Ti piacerebbe".

Qualcosa si addolcì negli occhi di Lily. "Sono sicura di si."

James andò avanti senza problemi. "Anche tu le piaceresti molto." Gli fece girare lo stomaco, dirlo ad alta voce, ricordando tutte le volte in cui aveva fantasticato sul presentare Lily ai suoi genitori. Presentandola come la sua ragazza. Forse era un po' patetico, ma non era stato in grado di trattenersi.

C'era silenzio ma non era imbarazzante. Il sole era quasi tramontato ora, il cielo era di un blu scuro scuro, le stelle appena visibili quando iniziarono a cadere leggeri fiocchi di neve. Catturarono al chiaro di luna e sia James che Lily li guardarono. Incantati.

"Ho sempre pensato che la neve sembrasse magica", disse alla fine Lily, prima di ridere. "Non posso spiegarlo, quindi non chiedermelo."

Ma James si limitò ad annuire. "No, hai ragione, è assolutamente così."

I fiocchi brillavano e luccicavano mentre atterravano a terra, sciogliendosi all'istante. Guardandoli, James si sentì rilassato per la prima volta.

"Ehi" disse, rompendo di nuovo il silenzio, "ti dispiacerebbe se io... restassi qui per un po'? Questo è il momento migliore che ho avuto da quando mi sono alzato dal letto"

Quando si guardò indietro, Lily trovò un'espressione sul suo viso che non riuscì a leggere.

"Certo" disse piano, e poi, schiarendosi la gola. "Ehm... purché non ti dispiaccia se leggo."

James sorrise. "Non mi dispiace."

"Va bene allora."

"Bene."

I loro piedi premettero l'uno contro l'altro, nessuno dei due se ne accorse mentre Lily riportava gli occhi sul libro che aveva in grembo e James guardava la neve.





Quando James riuscì a raggiungere la sala comune di Grifondoro, tutti erano tornati dalla cena. Fece una rapida scansione della stanza prima di avvicinarsi di soppiatto a Peter che sembrava essere nel mezzo di un esaurimento nervoso. Aka stava facendo i compiti di Pozioni.

"Ehi" disse James, facendo in modo che Peter alzasse lo sguardo dalla pergamena di fronte a lui, con l'inchiostro nero imbrattato sul mento.

"Ciao, stai bene?"

James inarcò la fronte prima di annuire verso la pergamena. "Io sto bene. Tu stai bene?"

Peter emise un verso pietoso. "No, sono completamente fottuto. Questo doveva essere consegnato domani e non ho assolutamente idea di cosa sto facendo. Di solito Moons mi aiuta ma..."

"È già tornato alla stamberga?"

Peter annuì miseramente. James gli diede una pacca sulla spalla ma prima che potesse rispondere, qualcuno dall'altra parte della stanza catturò la sua attenzione.

"Ascolta, Codaliscia, ti aiuto io, va bene?"

Peter sembrò che stesse davvero piangere. "Veramente?" chiese speranzoso.

James quasi rise. "Sì, veramente, ho solo bisogno di parlare con qualcuno prima, ma poi torno, promesso."

"Sei il mio eroe."

Ora James rise davvero, dando una stretta alla sua spalla prima che si allontanasse. Nel momento in cui iniziò a camminare, i suoi nervi tornarono ad essere dritti. Tutto in lui diceva di girarsi e andarsene. Diceva non ora. Non ancora. Ma riuscì ad andare avanti, riuscì ad attraversare tutta la stanza.

"James?" chiese Mary, alzando lo sguardo su di lui quando si fermò davanti a lei.

James si infilò le mani nelle tasche nel tentativo di impedire loro di tremare. "Sì, ehi. Uhm... mi chiedevo se potevo parlarti un secondo?"

Mary aveva occhi furbi, di quelli che ti fanno a pezzi con ogni battito di ciglia. "Sì, va bene" disse alla fine, alzandosi e lanciando a Marlene uno sguardo che James non capì neanche lontanamente.

"La mia stanza va bene?" chiese, perché era l'unico posto vicino dove sapeva che sarebbero stati soli. 

Mary sbuffò. "Le voci domani mattina saranno fantastiche."

Per il modo in cui un branco primini li stavano osservando mentre salivano le scale, James sapeva che aveva ragione. Alzò gli occhi al cielo. Perché le persone non potevano semplicemente farsi gli affari propri?

"Allora" disse Mary, lasciandosi cadere sul letto di Sirius mentre James chiudeva la porta dietro di loro, "che succede?"

James non sapeva come rispondere a quella domanda, si sentiva improvvisamente vagamente malato. Iniziò a camminare. Avere quella conversazione sembrava un tradimento. Anche pensare che Regulus potesse avere qualcosa a che fare con l'attacco di Mary sembrava un tradimento. James non era migliore di tutti gli altri, tutti quelli che vedevano solo il nome e la famiglia di Regulus e non chi fosse davvero. Ma James sapeva chi fosse davvero.

"Potter!" Mary scattò, riportando la sua attenzione su di lei. "Ti fermi un attimo? Mi stai facendo venire il mal di mare".

"Scusa" disse James, fermandosi incespicando e asciugandosi i palmi sudati dai jeans. Dopo un momento di pausa si avvicinò e prese posto sul letto di fronte a lei, emettendo un profondo sospiro. Anche allora ci volle ancora qualche minuto prima che fosse in grado di parlare.

Alzò lo sguardo per incontrare quello di Mary, acuto come sempre. "Ho bisogno che tu mi ripeta quello che mi hai detto a Capodanno. Ho bisogno che tu me lo spieghi per bene. Tutto. Tutto quello che è successo e cosa diavolo c'entra Regulus."

Il viso di Mary tradì il suo shock, che era il primo che gli vedeva sul visto. James non pensava di aver mai scioccato Mary prima. "Oh?"

Annuì, le mani che gli strinsero le ginocchia, le unghie che scavavano così in profondità da riuscire a trovare la pelle. "Non ero pronto ad ascoltarti prima, ma lo sono ora." Che James pensava non fosse esattamente vero non glielo disse, però.

Dopo un momento Mary annuì. "Bene, va bene allora", disse decise. "Ripartiamo dall'inizio".




Continue Reading

You'll Also Like

34.8K 1.2K 41
˙✧˖°📷 ༘ ⋆。° •tema instagram• "@lamineyamal ha commentato il tuo post" Xoxo 🪐✨ ~inizio= 17/07/2024 ~fine= ⚠️pro...
39.1K 863 40
Veronica Collins, una giovane anima segnata dall'ombra del padre, incontrerà Mattheo Riddle, figlio di Lord Voldemort, un essere che disprezza il sen...
21.8K 1.5K 26
Torino, un' estate diversa dalle solite 29/06 --- 🥇 in #dusanvlahovic
5.6K 180 10
𝐃𝐎𝐕𝐄 la pupilla della Juventus Women si ritroverà ,di nuovo, contesa tra il 15 della Juve e il 18 del Frosinone 𝐎 𝐌𝐄𝐆𝐋𝐈𝐎 dove Elisa dovrà...