SMILE

By Julia_blaze

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(IN REVISIONE) In un mondo devastato da una terribile Inondazione, la popolazione mondiale si è ridotta ad un... More

Prologo
1 - Abbraccio
3 - Crisi (1)
4 - Crisi (2)
5 - Charles
6 - Cartella
7 - Pioggia (1)
8 - Pioggia (2)
9 - Potere (1)
10 - Potere (2)
11 - Memorie
12 - Inondazione
13 - Lucia.
14 - Trovata
15 - Verità
16 - Controllo
17 - Rivelazioni (1)
18 - Rivelazioni (2)
19 - Odio
20 - Scomparso (1)
21 - Scomparso (2)
22 - Nathan
23 - Parole
24 - Campana
25 - Cuore
26 - Fragile
27 - Ballo
28 - Notte
29 - Fuori
30 - Brillare
31 - Heiji (1)
32 - Heiji (2)
33 - Riconciliazione
34 - Partire
35 - Sometimes I don't wanna be happy
DOMANDE ED ANNUNCI

2 - Stanza

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By Julia_blaze

"Che tipo di PP tenete, qui?" il dottore alzò lo sguardo di scatto dal modulo che stava compilando. Fissò la guaritrice per qualche secondo.

"Signorina... Com'è che si chiama lei?" chiese, congiungendo le mani sulla scrivania.

"Foster."

"Signorina Foster, lei è assolutamente sicura di essere la famosa guaritrice?" la ragazza annuì mestamente, guardandosi i piedi imbarazzata. Una volta tornata dal viaggetto nella stanza del CP, il dottore l'aveva riempita di prediche sul fatto che era un'irresponsabile, una cretina, che si era comportata in maniera troppo avventata e che in quell'Istituto non si comportavano così. Poi si era messo a compilare i moduli sul paziente 130, l'aspirante suicida, e lei era rimasta in silenzio per svariati minuti prima di porre quella domanda.

"Qui trattiamo i casi disperati, signorina, i tossicodipendenti senza futuro, i tentativi falliti di suicidio, anche gli psicopatici. Tutti coloro che sono considerati pericoli gravi per la società, sia a livello fisico che emotivo" la ragazza lo fissò per qualche secondo, e poi gli chiese di spiegarsi meglio "oh ma insomma! Lei è o non è la famosa curatrice?" come suo solito, la guaritrice annuì senza rispondere "un suicida, signorina, si immagini un bambino che vede uno buttarsi dal tetto di un palazzo. Abbiamo già abbastanza problemi in questa società. Lei lo sa quante persone ci sono, in totale, al momento sul pianeta? Un milione. Su cento Isole, diecimila abitanti per Isola. Di questi, almeno mille per Isola sono PP, lei sa cosa vuol dire questo, esattamente? Vuol dire che non possiamo permetterci di avere anche morti e/o traumatizzati dalle azioni di questi soggetti. E soprattutto, vuol dire che più persone escono da questi Istituti per mano sua, più il mondo le sarà grato."

La signorina Foster si alzò. Guardava ancora il pavimento, le gote erano arrossate, l'elastico che teneva la treccia era caduto, e gli occhiali erano leggermente appannati.

Sembrava una principessina, una foglia sul punto di cadere, mentre sbirciava la cartella che il dottor Dickens stava compilando. L'aspirante suicida che aveva aiutato, era un tale di nome Nathan, nato prima della Catastrofe. Beh questo era ovvio. Aveva sui vent'anni, anche di meno, ma con la Catastrofe molti dati erano andati perduti, quindi ci si poteva affidare solo alle parole delle persone, nella maggior parte dei casi, e coloro che avevano ancora dei documenti originali erano estremamente avvantaggiati. Alto un metro e settantadue, rinchiuso all'ICP per aver cercato di farsi esplodere in piena città. Origini sconosciute, familiari sconosciuti, luogo in cui viveva prima dell'Inondazione sconosciuto, il ragazzo era per lo più un mistero.

"Qui siete strani" commentò la guaritrice, puntando gli enormi occhi (forse ingigantiti un po' dagli occhiali) sulle mani dell'uomo "nelle altre Isole, i PP li trattano come pazienti, qui li trattate come detenuti. Quel ragazzo, il CP 130, che si chiama Nathan, aveva solo paura. Non è facile vivere in questo Mondo, dopo la Catastrofe poi, lui ha soltanto tanta paura. Voleva smettere di averla, voleva smettere di avere paura, e voi lo avete rinchiuso in una gattabuia di risposta" disse, con il tono di voce che minacciava le lacrime. Il dottor Dickens chiuse il fascicolo e guardò la ragazzina ancora in piedi davanti a lui.

Non era andato a capo di quell'Istituto per gestire i sentimenti di ognuno dei pazienti, ma per proteggere il mondo esterno. Non aveva tempo, se si fosse affezionato ad uno di loro, sarebbe stata la fine. Se quella ragazzina voleva mettersi ad esaminare i sentimenti di ognuno di quelli squilibrati, che facesse pure: tempo qualche mese e sarebbe finita anche lei per impazzire e la avrebbe chiusa in gattabuia. Quelli erano malati, erano pazzi, erano pericoli pubblici, mine vaganti, non potevano essere semplicemente dimessi. Un discorso erano gli Istituti dove si trattavano i depressi, oppure i cleptomani, o semplicemente quelli che compivano piccoli furti, ma lì non si poteva "guarire".

E poi, aveva detto la parola paura almeno mille volte in due frasi.

"Signorina, mi ascolti, le dispiacerebbe illustrarmi come... CHARLES LEI DEVE BUSSARE!" il ragazzo, che aveva appena fatto irruzione nella stanza, saltò all'indietro per la paura, e si precipitò dal capo chiedendo scusa in tutti i modi del mondo.

"Signore, io non so cosa sia successo prima, non me lo so spiegare, ma credo di sapere qual è il problema di questa ragazzina" farfugliò, tremando per l'emozione. Dickens lo squadrò dalla testa ai piedi, con un'aria di tolleranza. Quel ragazzo non era mai stato particolarmente intelligente, e neanche sveglio, spesso si perdeva a guardare un punto indefinito del muro e ci si incantava per ore. Però quella ragazzina aveva qualcosa che non andava, lo si vedeva perfettamente dai movimenti nervosi che continuava a fare da quando era arrivata: batteva il piedino a terra, si toccava i capelli, si guardava attorno... Anche il modo in cui parlava era strano, quasi esitante.

"Mi dica Charles, sono tutto orecchi."

"Ho fatto qualche ricerca, credo che la signorina sia autistica."

Prima che il dottore potesse ribattere, a confermare la tesi di Charles arrivò la ragazza in persona, che si mise ad annuire freneticamente, ed a ripetere "si, si ha ragione lui" con un filo di voce.

"Autistica..." ripeté l'uomo, alzandosi in piedi, cercando di metabolizzare quella parola "una malata come lei dovrebbe risolvere i problemi dei ricoverati qui!?" sbraitò, e la signorina Foster si portò istintivamente le mani alle orecchie, piegando la testa in avanti "io lo sapevo che in lei c'era qualcosa che non andava, signorina dei miei stivali, ma questa poi!"

"Signore" intervenne Charles timidamente, mettendosi istintivamente davanti alla ragazza "così la spaventa."

Dickens guardò furioso l'assistente, e tornò a sedersi alla sua sedia mentre ancora fremeva.

"Ascolti, autistica o meno questa ragazza ha salvato tantissime persone. Lasciamola fare come crede per un po', e se poi vediamo che diventa un problema la mettiamo in gattabuia come gli altri." il dottore fece una risatina di scherno. Quel ragazzo aveva imparato come ragionava, ed ora diceva quasi sempre in modo chiaro i suoi pensieri, senza rendersene conto.

"Charles, se diventa un problema? Ha rischiato di alimentare un suicidio oggi, domani che farà?" Charles sospirò rumorosamente, e guardò il dottore con gli occhi tristi. Quegli strani occhioni neri, che guardavano in direzioni lievemente diverse, avevano portato un po' di vita nell'esistenza del dottore, cinque anni prima, ed alla fine lo fecero cedere:

"Sia" disse in fine "ma è sotto la tua responsabilità, provvedi a darle una stanza vicino al suo amico Nathan e dalle i vestiti dell'Istituto. Se combina qualcosa, ci rimettete entrambi."

Charles annuì e prese delicatamente la ragazza per le spalle, facendola alzare e conducendola alla sua stanza mentre il dottore ancora mormorava la parola "autistica".

"Hai fatto un bel casino" disse, sorridendo, mentre la conduceva nella parte residenziale dell'Istituto. Anche se, in realtà, non era proprio una zona residenziale: era più un'area in cui stavano i CP meno rumorosi e molesti: quelli che non urlavano nel sonno, che se ne stavano tranquilli... Lì, coloro che lavoravano nell'Istituto avevano i loro appartamenti.

"Voglio dire, il dottor Dickens è un uomo duro" proseguì il ragazzo "potente, e soprattutto non perde mai la calma. Oggi te sei riuscita a farlo scappottare di brutto, e gli hai pure disubbidito in pubblico."

I due arrivarono al corridoio dove si trovava la stanza del CP 130: La signorina riconobbe la stanza dove lo aveva condotto. Dall'altra parte del corridoio, esattamente davanti alla porta del ragazzo, c'era una porta con un fiorellino disegnato sopra in maniera sbilenca.

"Beh si, questa è la stanza di cui il dottore mi ha dato le chiavi, spero che ti ci troverai bene. Voglio dire... per far parte di quest'Isola è veramente fica. Sarà come casa tua, finché starai qui: non hai regole qui, puoi fare quello che vuoi... Basta che non disturbi i CP. I vestiti dell'istituto te li porto dopo, assieme alla roba per il bagno e le tue valige."

Il ragazzo fece per andarsene, ma venne bloccato dalla mano della signorina che l'aveva preso per il braccio.

"Non sono autistica" disse, sorridendo, i suoi occhi improvvisamente pieni di vita, e si sciolse la treccia per sistemare i capelli in uno chignon scomposto "ma voglio che il dottor-stronzo lo pensi, almeno finché non la smetterà di trattarmi così. Però tu sei stato bravissimo, sono contenta che tu gli abbia detto che sono autistica, mi hai facilitato il lavoro!"

Charles si portò una mano dietro la testa, leggermente in imbarazzo, e scoppiò a ridere.

"Certo che sei brava" disse, e le diede le chiavi "non ti chiedo il perché di questa recita ma dimmi, signorina Foster, io che sono sceso nelle tue grazie, il nome lo posso sapere?"

"Lucy, Lucy Foster, per gli amici Lu. Mi stai simpatico Charles, sai?" Il ragazzo disse che le sarebbe andato a prendere i vestiti di ricambio, consigliandole intanto di andare a riposare un po' nella sua nuova abitazione.

"Diario dell'ICP, giorno uno.


Partiamo col botto: arrivo, mi accoglie il dottor Dickens (dottor-stronzo) incazzato nero perché ho sedici anni e non quaranta. Mi dispiace, ma il Potere non è una cosa che arriva, come la conoscenza, con l'esperienza.

Tempo quattro secondi che capisco dove mi trovo, e quelli iniziano a raccontarmi della Catastrofe come se fossi una povera deficiente, e poi è scattato un codice rosso. O almeno, così lo chiamavano nell'Isola precedente in cui sono stata. Un ragazzo impaurito dal mondo in cui viviamo ha minacciato di togliersi la vita, se non l'avessero lasciato andare. Probabilmente, una volta uscito si sarebbe suicidato comunque. Non era un caso complicato, mi è bastata la rutine della guarigione: ho fatto di tutto per usare meno Potere possibile, ma non riesco ancora a controllarmi. Che scatole, sono stata in cinque Istituti ed ancora non riesco a dosarlo bene. Oggi, però, è andato tutto per il verso giusto: il ragazzo (si chiama Nathan) è scoppiato a piangere ed è crollato tra le mie braccia. In quel momento, credo di aver messo un po' troppo Potere in quell'abbraccio, ma va bene così.

Dopotutto lui ora sta bene, è nella stanza davanti alla mia... Credo che andrò a trovarlo domani. Ora è tardi, sono estremamente stanca: in fin dei conti, viaggiare tra le Isole è più duro di quello che sembra.
Prossimo aggiornamento previsto per domani."

Spazio autrice:

Bene, finalmente abbiamo dato un nome alla famosa guaritrice, e Charles inizia a prendere forma come personaggio. Perché il dottore è così duro? Perché ha deciso di lavorare nell'Istituto, se però odia i pazienti? Che segreti nasconde? Aggiorno tra poco perché ho tempo.

Nota: tutte le maiuscole sono messe non a caso.

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