...semplice ma stupendo proprio come noi.
Un telo da picnic è steso su un lembo di spiaggia più pianeggiante del resto, ci sono anche dei cuscini e una scatola di cui non so il contenuto, il tutto illuminato dalla luce di candele e lucine oltre che dalla luna ormai alta sopra il mare in cui si riflette.
-Allora che dici?- chiede spostandosi di fianco a me -mi ci sono impegnato molto sai, spero di aver fatto un buon lavoro- continua poi grattandosi la testa imbarazzato -stai arrossendo?- chiedo ridendo e inclinando la testa di lato -ok l'hai voluto tu- dice bloccandomi le braccia e sollevandomi, si sta dirigendo verso la riva e io ho già capito cosa vuole fare. Mi sono sempre piaciuti questi momenti di spensieratezza, in cui si ride e si scherza, con tutti ma soprattutto con lui; con lui tutto sembra migliore: più felice, luminoso. In momenti come questo mi sento davvero me stessa, senza la paura di essere giudicata o derisa per qualcosa che ho detto o fatto, priva della paura di non essere perfetta, dell'affanno di dimostrare qualcosa a qualcuno. Nella mia vita sono sempre stata messa al confronto con gli altri: a scuola, con gli amici, nella gare di surf, nella stupidissime sfilate di Carol, con Jasmine; ma guardandomi intorno mi rendo conto che non sono l'unica, tutto il mondo funziona così, per la società o sei perfetta o non vali niente.
Ci usano, ci usano tutti in un modo o nell'altro: ci fanno desiderare di essere diversi, di essere perfetti anche se la perfezione non esiste; vogliono trasformarci in robot tutti uguali ma allora che senso avrebbe il mondo? Se tutti fossimo uguali niente sarebbe più importante o bello. Quando ero più piccola non lo capivo, credevo davvero che per essere felice dovessi raggiungere quegli ideali, ma poi ho capito che la bellezza sta nel diverso, sta dentro di noi. Si, perché infondo che importanza ha essere perfetti all'esterno e morti dentro? Nessuna. Quando tutti capiremo che non è importante come appari ma come sei, allora il mondo diventerà un posto migliore. C'è una cosa che mi diceva sempre mia madre e che da piccola non capivo ma adesso si, diceva. "ricordi la torta al cioccolato di nonna?" e io rispondevo di si, poi le continuava "era davvero storta e tutta deformata, non era affatto invitante" e rideva, quella risata così dolce, sembrava quasi una canzone ma poi si faceva seria d'un tratto "ma era davvero buonissima" diceva inginocchiandosi alla mia altezza "ricorda Ray le persone sono come le torte della nonna, potrebbero essere poco invitanti da fuori ma buonissime dentro, giudica le persone come le torte al cioccolato della nonna" e poi cambiava argomento.
Me lo ripeteva ogni giorno, io non ci davo importanza, credevo fosse solo una storiella senza significato ma adesso capisco; mia madre era davvero una persona splendida, nonostante tutto quello che le succedeva ogni giorno trovava la forza per farmi sorridere e crescere come una brava persona, si preoccupava sempre degli altri e mai di se stessa, aiutava sempre tutti e se solo fossi stata in grado di capire avrei tanto voluto aiutarla anch'io. Lei era una torta al cioccolato buonissima, ma ha incontrato un mostro che l'ha lasciata in forno troppo a lungo fino a farla bruciare.
Le scarpe si inzuppano d'acqua e JJ inizia a schizzarmi risvegliandomi dai miei pensieri -ehi bella addormentata a che stai pensando?- chiede continuando a bagnarmi con l'acqua salata e trasparente del mare adesso freddissima a causa della sera -a quanto sei idiota- rido iniziando a schizzarlo a mia volta; non so esattamente quanto tempo abbiamo passato a rincorrerci sulla riva ma quello che so è che sono bagnata fradicia e inizia a fare davvero freddo -ok ok basta, mi arrendo- dico alzando le mani -centrale,- inizia il biondo fingendo di parlare a walkie-talkie -ho catturato la fuggitiva, mi dirigo in caserma, passo e chiudo- si avvicina a me fingendo di prendere un paio di manette -mani sopra la testa-continua facendo una voce grossa -oppure?- chiedo facendo un sorrisetto -sarò costretto ad usare le maniere forti- risponde mettendosi proprio davanti a me, alzo la testa e lo guardo negli occhi -oh non sia mai- sussurro incrociando le braccia dietro il suo collo e tirandolo a me per baciarlo.
-stai tremando?- chiede il biondo con tono preoccupato, io annuisco -è tutta colpa tua- continuo facendo la finta offesa -vieni- dice poi tirandomi per la mano; ci dirigiamo verso il telo e JJ si affretta ad accendere un fuoco con dei rametti trovati qui vicino, una volta acceso ci sediamo vicini ad esso, io appoggiata al suo petto e il suo braccio che mi circonda le spalle, con lo sguardo verso le stelle. Rimaniamo in silenzio per un po' intenti a fissare l'infinita distesa di puntini luminosi -ti piacerebbe tornare indietro?- dico rompendo il silenzio -indietro dove?- chiede -nel passato, a volte non ti piacerebbe tornare indietro e cambiare qualcosa che hai fatto o detto, o anche qualcosa che non hai fatto o detto?- chiedo continuando a guardare su, sento il suo sguardo su di me adesso -ci ho pensato ma.. no- -perché no?- chiedo ancora -perché magari,- mi prendo il viso tra le mani e mi fa girare verso di lui -non avrei incontrato te- sorride e così anch'io; mi sento davvero fortunata ad averlo con me.
Poi il mio sguardo ricade su un dettaglio -che c'è nella scatola?- mi ero quasi dimenticata di quella piccola scatola rossa a pochi centimetri a noi -già,- dice sbattendosi una mano in fronte -stavo dimenticando la mia sorpresa- si alza e la prende risiedendosi poi di fronte a me, mi alzo e mi siedo più dritta anch'io, adesso sono davvero curiosa. Allunga le mani verso di me e mi cede la scatola che mi sbrigo ad aprire sotto il suo sguardo attento, tiro fuori l'oggetto sconosciuto che adesso si rivela essere una chiave, ha un portachiavi fatto con delle conchiglie che mi sembra molto familiare, rimango a guardarlo con uno sguardo confuso e poi l'illuminazione -sono le chiavi della mia vecchia casa- affermo poi ricevendo un cenno affermativo da parte del ragazzo -e che cosa ci dovrei fare?- chiedo poi -beh ho pensato che dato che a nessuno dei due piace stare a casa e John B non potrà ospitarci per sempre, avremmo potuto prendere la tua vecchia casa, sistemarla per bene e renderla la nostra nuova casa- alzo lo sguardo incredulo su di lui -che ne dici?- non riesco a rispondergli -non mi devi rispondere subito ci puoi anche pen- lo interrompo fiondandomi sulle sue labbra -direi che è un si- dice tra un bacio e l'altro.
Mi metto a cavalcioni su di lui e lo spingo con la schiena a terra continuando a baciarlo sempre più appassionatamente -lo voglio fare,- dico col fiato corto -adesso- aggiungo poi, lui mi guarda sorpreso e non lo biasimo sono sorpresa anch'io ma sento che questo è il momento giusto, con la persona giusta, perciò perché no -sei sicura?- chiede lui, annuisco e lui mi stringe la mano facendo capovolgere la situazione, adesso io sono sotto di lui; continua a baciarmi il collo, le spalle, le labbra chiudo gli occhi e mi immergo totalmente nel momento, non voglio perdere nemmeno una sensazione. Inizia a togliersi la maglietta e tira poi fuori dai pantaloni una bustina argentata -tu giri sempre con un preservativo in tasca?- chiedo ridendo -bisogna essere pronti a tutto- ride a sua volta, ridacchio anch'io chiudendo nuovamente gli occhi e preparandomi al nostro momento.
Adesso siamo solo noi due.
-ciao ragazz*, non ho molto da dire se non che mi dispiace per l'attesa ma spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo e spero vi sia piaciuto, se è così lasciate un commento e una stellina; ci vediamo al prossimo capitolo, a presto <3.-

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A single soul// Outer Banks
Short StoryRachel torna negli Outer Banks dopo essere stata per più di tre anni a Los Angeles con il padre per lavoro, prima di partire viveva con i Pogues e faceva parte del gruppo di amici composto da John B, Kiara, Pope e JJ. Al suo ritorno però le cose son...