Cap 39

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Ero ancora mezza addormentata nel letto quando mi accorgo dell'assenza di Logan.
Apro gli occhi e guardando in giro per la stanza vedo il mio compagno intento ad uscire e a quel punto mi sorge spontaneo domandargli "Logan? Dove vai?".
La mia voce risulta rauca e decisamente stanca, ma non ha importanza.
Logan si avvicina a me e mi bacia la forte, cercando di rassicurarmi.
Per sua sfortuna, proprio mentre cerca di convincermi a lasciarlo andare, dei rumori che prima non avevo notato si fanno sempre più forte e in mezzo secondo capisco che ci troviamo sotto attacco.
Una volta capito mi alzo in piedi e cerco dei vestiti comodi, che mi permettano di muovermi senza limitazioni.
Mente scarto diversi vestiti tra le opzioni adatte ad una battaglia Logan mi informa di una cosa che mi lascia spiazzata.
Avvicinandosi a me e appoggiando le sue grandi mani sulla mia vita mi sussurra all'orecchio le parole che mai mi sarei aspettata; soprattutto ora.
"Tu non parteciperai" mi dice con un tono di voce carico di dolcezza, come a volermi distrarre dal torto che mi sta facendo.
Mi sento tradita e spero con tutto il cuore che anche lui lo capisca.
"Ma tu... tu avevi detto che avrei aiutato" Cerco di convincerlo, puntando sulla parola.
Infondo si sa che la parola di un alpha è legge.
Ma Logan persiste, spiegandomi che contro un licantropo sarei spacciata.
Io voglio veramente aiutare... e lo so che in questo momento sembro una bambina capricciosa ma vorrei solo poter dare una mano...
Dopo un po' di tempo passato a discutere capisco che Logan considera la questione conclusa e senza aggiungere altro si dirige verso la porta.
Io lo seguo chiedendogli per l'ultima volta di farmi venire con lui.
Lui probabilmente capendo che l'avrei seguito anche se mi avesse detto di no, mi prende in spalla e mi butta sul letto.
Subito dopo si dirige verso l'uscita della stanza, chiudendomi a chiave da fuori.
Corro verso la porta cercando di aprirla, ma nulla da fare.
Purtroppo per me quella che Logan ha usato era l'unica chiave in nostro possesso quindi dopo aver capito di non poter fare niente inizio a battere i pugni sulla porta, chiedendogli di aprire.
Logan non risponde alle mie continue richieste di lasciarmi uscire e l'unica cosa che dice prima di andare è un dolce saluto che mi lascia un po' di malinconia, perché sembra quasi un addio.
"Ti amo piccola, tornerò da te, te lo prometto" dice con voce bassa, come ad aver paura di farsi sentire.
Dopo quelle parole sento i suoi passi allontanarsi sempre di più e a quel punto smetto di battere i pugni sulla porta e lentamente appoggio la schiena contro di essa, scivolando fino a terra e iniziando a fissare un punto indefinito della stanza.
Non faccio in tempo ad accorgermene che due lacrime solitarie hanno già bagnato le mie guance.
Me le asciugo di fretta, con rabbia.
Odio essere così sensibile!
Facendomi forza mi alzo in piedi e mi dirigo verso il bagno.
Mi do una sciacquata al viso e poi inizio a rovistare tra i vari cassetti, alla ricerca di qualcosa che possa tornarmi utile per uscire da qui.
L'opzione 'finestra' non è minimamente da prendere in considerazione, vista l'altezza.
Quindi l'unica cosa che mi resta da fare se voglio uscire di qui è scassinare in qualche modo la porta.
Non trovando nulla che mi possa essere utile in bagno, a parte qualche forcina che prendo per sicurezza, decido di andare in camera dove è situata anche una scrivania nella quale presumo si possano trovare oggetti che sicuramente mi avrebbero facilitato il compito.
Giungo di fronte alla scrivania e rovisto tra i vari oggetti.
Molti sono fogli che non mi servono a niente, altre sono penne, c'è una carta di credito che presumo sia di Logan e un scatola di graffette.
Di tutte quelle cose decido di prendere solo le graffette e la carta di credito che sono anche le uniche cose che mi sarebbero potute tornare utili.
Ricordo che una volta avevo sentito da qualche parte che è possibile aprire una porta con una carta di credito... non saprei da dove iniziare ma spero di riuscirci anche se non sono nemmeno sicura che sia veramente possibile.
Mi avvicino alla porta e provo ad aprirla con tutti e gli oggetti.
Non essendo capace di scassinare la porta ci impiego diverso tempo, ore intere probabilmente.
Alla fine mi arrendo e capisco che con quegli oggetti non potrò fare molto.
Così mi avvicino lentamente alla finestra e cerco di osservare la situazione dalla mia camera.
Non si vede molto a dire la verità, ma in lontananza mi sembra di notare del fumo e alcune grida arrivano fino a qui.
Traggo un respiro profondo, un po' tremante e decido che è ora di mettercela tutta per uscire di qui, anche a costo di buttare all'aria la stanza.
Inizio a cercare dappertutto qualche utensile che abbia un efficacia maggiore di una forcina o di graffetta.
Cerco in ogni parte della stanza qualcosa che mi possa tornare utile.
Alla fine dentro l'armadio trovo una scatola che non avevo mai notato, la apro e dentro c'è praticamente una scatola per gli attrezzi, piena di oggetti che nel mio caso potrebbero risultare la mia salvezza.
Tra quelli che ci sono decido di prendere quello che potrebbe permettermi di non rompere la porta, cioè il cacciavite.
A quel punto mi dirigo con il cuore a mille vicino alla porta.
"Ti prego! Fa' che funzioni!" Sussurro a bassa voce prima di provare.
Lentamente e con le mani che tremano dalla speranza avvicino il cacciavite alla porta, cercando di fare leva all'interno della serratura.
Cerco di incastrarlo nel punto che mi sembra più logico e alla fine sento il Click della porta che quasi immediatamente si socchiude, lasciandomi intravedere la via della libertà.
Mi trattengo dal urlare dalla gioia.
Spalanco la porta e inizio a correre verso l'uscita con solo un coltellino dietro.
Arrivo dal portone della casa branco e cercando di non attirare l'attenzione di nessuno, apro la porta quel tanto che mi permette di uscire.
Sento il rumore della battaglia ed inizio a correre in quella direzione, pronta a dare una mano.
Mi accorgo di essere vicina al campo di battaglia appena intravedo le persone stesse a terra.
Immediatamente capisco dove dirigermi.
Corro verso il campo di allenamento e alla fine mi ritrovo in mezzo alla mischia.
Un licantropo ancora in forma umana mi si avvicina e cerca di attaccarmi con un pugno.
Io lo schivo con naturalezza, ormai abituata a questi attacchi improvvisati.
Il licantropo ride leggermente e avanzando di grande passo si butta addosso a me prendendomi per i capelli e sbattendomi la faccia contro il suolo.
Emetto un leggero gemito di dolore e immediatamente, senza poter fare nulla, qualche lacrima mi sale fino agli occhi tentando di bagnarmi le guance.
Il licantropo mi tiene ancora per i capelli mentre io gli afferro la mano con cui mi tiene e cerco di alzarmi in piedi, facendo leva sulla sua forza.
Alla fine ci riesco e con una delle mosse che mi erano state insegnate riesco a liberarmi dalla stretta del licantropo.
Lui abbastanza stupito indietreggia di qualche passo, ma non per timore.
Poi mi si avvicina nuovamente, sforzandomi un pugno sulla guancia che mi fa voltare la testa.
Cercando di mantenere l'equilibrio e cercando di non farmi notare tiro fuori il coltellino e ferisco il licantropo, ferendolo al petto.
Quello sgrana gli occhi e si porta una mano alla ferita, dove il sangue sgorga fluido.
Io indietreggio, rendendomi conto solo ora di quello che ho fatto e inizio a guardare le mie mani come se non mi appartenessero, come se fossero le mani di un assassino.
Il licantropo cade in ginocchio, continuando a tenere il punto ferito ed inizia sputare sangue.
Non potendo più reggere una scena del genere senza rigettare, me ne vado e cerco un punto in cui potermi riprendere senza essere attaccata.
Improvvisamente mi gira la testa e un senso di nausea si propaga dentro di me al ricordo di quello che ho appena fatto.
Ma la cosa peggiore è quando arriva un inaspettato dolore alla testa, che mi fa svenire ancora prima di toccare il suolo.

-Compagni Di Vita- Life MatesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora