1° - L'incubo

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Feci un sogno tremendo; lo stesso che stavo facendo da quasi un mese, ormai. Ero a casa mia, la sera dell'incidente. Mia mamma stava preparando la cena, ed io, intanto, ero in camera mia a disegnare. Nel mio schizzo c'eravamo io ed i miei genitori: eravamo felici e ci tenevamo per mano.

Stavo per andare ad appendere in cucina il mio disegno, come facevo di solito, quando sentii qualcuno che batteva alla porta di casa; non stava bussando normalmente, ma forte e con insistenza. Stavo per andare ad aprire, quando mio padre mi bloccò subito urlandomi:

«Karin, non muoverti!».

Colta di sorpresa, replicai: «Perché?».

«Non sono ospiti graditi, diciamo. In ogni caso, fidati di me. Torna in camera».

Nonostante non fossi rimasta soddisfatta della sua risposta, obbedii. Mentre stavo correndo di sopra, vidi che qualcuno aveva buttato giù la porta; il che non gli doveva essere stato difficile, dato che era già malmessa di suo. Nel mio sogno, quel qualcuno era un mostro tremendo. Mia mamma era avvolta dai suoi tentacoli. Mi urlò soltanto: «Karin, scappa!».

Mi svegliai di colpo tutta sudata, respiravo a malapena. Davanti a me c'era un bel ragazzo dai capelli corvini, neri come la notte.

Dopo tanti anni da vagabonda e orfana, avevo imparato a non fidarmi di nessun sconosciuto; lì per lì seguii l'istinto, e la mia immediata reazione fu di alzarmi in piedi di scatto, prendere la prima cosa che mi capitò sottomano (una mazza posta sotto il mio letto) e puntargliela contro. Guardandolo dritto negli occhi, lo minacciai: « Lo sai, che mi hai fatto prendere un colpo? E comunque, questa è la mia, di camera. Chi ti ha dato il permesso d'entrare?!».

«Ehi, calmati! Non ho intenzione di farti del male. Avevo semplicemente sentito delle urla provenire da questa cabina, e volevo vedere se era successo qualcosa. Per favore, abbassa questo bastone».

Lo osservai per qualche secondo per capire se stesse dicendo la verità. Dato che sembrava sincero, abbassai lentamente la mazza; senza, però, abbassare la guardia: era pur sempre un estraneo.

«Cosa vuoi da me?».

«Niente di che, solo sapere se con te va tutto bene. Sai, si sentiva qualcuno che chiamava disperatamente la mamma; dopo che sono stato svegliato dalle grida, sono venuto qui, appunto, per accertarmi che fosse tutto a posto».

«Se è così, allora scusami per averti svegliato. Per quanto riguarda le urla, tranquillo, ho avuto soltanto uno stupido incubo. Ora te ne puoi andare...?».

«Non preoccuparti di questo. Ma ti capita spesso di fare brutti sogni? Se ti va, me ne puoi parlare».

«Ah, non è importante, davvero. Anche se, in realtà, ultimamente, faccio sempre lo stesso...».

Senza preavviso, in quel momento entrò qualcuno nella stanza: era il capitano. Con un cenno della testa fece capire a Mike che doveva lasciarci soli, e lui obbedì subito.

«Vediamo un po' chi abbiamo l'onore d'ospitare nella Fancy».
In quel momento sobbalzai e mi girai di scatto. Intravidi nei suoi occhi neri e oscuri un ricordo che mi pareva essersi cancellato dalla mia mente.

«Sei stata proprio fortunata, lo sai? Se avessimo lasciato al mare la potestà di decidere sul tuo destino, a quest'ora probabilmente saresti già morta».

«Tu dici?», replicai con un sorrisetto stampato sul volto.

Mi guardò spazientito e si avvicinò a me facendo tremare il pavimento.
Dopodiché afferrò il mio viso con le sue mani ruvide e pesanti. Cercai di divincolarmi, ma senza successo.

Karin Low - Storia di una FuggitivaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora