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Scorrei col dito sullo schermo e risposi alla chiamata.
-Pronto- iniziai, con semplicità.
-Guarda che sei in debito, mi devi dare i miei soldi il prima possibile- sentenziò il ragazzo.
Claudio era il mio pusher, ed io gli dovevo davvero un gran quantitativo di soldi.
-Te li darei anche subito, ma ne ho pochi- mi giustificai.
-Non me ne frega un cazzo delle scuse, entro due giorni mi devi dare centoventi euro- disse, con tono piuttosto duro.
Mi chiuse la chiamata in faccia, senza permettermi di aggiungere null'altro; guardai il portafoglio, ed al suo interno vi stavano solamente una trentina d'euro.
-Cazzo- mormorai, rimettendo il portafoglio nella tasca, assieme al telefono.
Mi riaccesi la cannetta ed aspirai subito, per evitare che si spegnesse, assaporando l'ottimo sapore della ganja.
Ero in panico, non sapevo assolutamente cosa fare per trovare i soldi, e sicuramente non potevo tanto discutere con lui: era un ragazzo molto particolare e violento.
Avevo i brividi, sia dal freddo e sia dall'ansia, e tremavo. Continuai a fumare, passandomi una mano sul volto; stavo odiando quella situazione. Mi alzai in piedi, poi feci gli ultimi tiri e gettai il filtro a terra, pestandolo successivamente. Salii sul mio skate e percorsi lentamente la strada, guardandomi per bene intorno con attenzione. Presi sempre più velocità, mi piaceva la sensazione del vento freddo che si scontrava contro il mio volto accaldato.
Sentii le mani raschiare nel cemento: ero caduto senza accorgermene, ed ero in ginocchio accanto al mio skate, che si era fermato per colpa di un sassolino.
Mi rialzai sbuffando e mi guardai le mani leggermente sbucciate; raccolsi il mio skate ed estraei il telefono dalla tasca: erano le undici e tre minuti, ed avevo solo voglia di andare a casa al caldo.
In meno di cinque minuti, a bordo del mio skate, arrivai a casa, dove entrai; mi tolsi le scarpe e la giacca, che lasciai nell'ingresso. Non c'era nessuno al piano inferiore, erano tutti a dormire, quindi mi dirigei in bagno e mi disinfettalo un po' le mani e mi guardai allo specchio velocemente. I miei occhi erano rossastri ed avevo un'espressione stanca. Andai in cucina, bevvi un sorso d'acqua direttamente dal rubinetto, poi salii le scale ed andai in camera, dove misi il telefono a caricare, dando un'ultima occhiata alle notifiche, poco interessanti. Indossai una vecchia maglietta, che usavo per dormire; mi coricai, ed in un attimo presi sonno.
Di soprassalto fui svegliato dal frastuono emanato dalla sveglia, che spensi immediatamente, ma mi rigirai dall'altro lato, cercando di riaddormentarmi, ma invano: non riuscivo proprio a dormire, così pensai al fatto che avrei potuto andare a scuola, dato che non avevo altro da fare, quindi mi misi in piedi e, barcollando, mi dirigei in bagno e in bagno, dove mi sciacquai il volto e lavai i denti. Tornai in camera, mi cambiai indossando un pantalone largo e scuro, una felpa tripla XL e le d3, poi presi l'abbonamento dai vecchi pantaloni, scesi le scale ed andai ad infilare il giaccone; non presi lo zaino perché avremmo avuto assemblea d'istituto, quindi non avremmo fatto nulla, ma onestamente poco cambiava, dato che non avrei fatto nulla in ogni caso.
In realtà nemmeno sapevo il perché ci andavo ancora, dato che la ritenevo inutile, ma non per come ci andavo io: facevo solo innervosire i professori ed i miei genitori.
Arrivai alla fermata, ed ero tutto infreddolito; aspettai circa cinque minuti, con Fabri Fibra al massimo nelle cuffiette. Quell'uomo sapeva quello che diceva, ed era soprattutto per quello che lo adoravo.
Di lui mi ascoltavo principalmente Mr. Simpatia, ma quel giorno avevo messo l'album "Il tempo vola 2002-2020" uscito qualche mese prima.
Vidi arrivare l'autobus, quindi presi l'abbonamento dalla tasca posteriore dei jeans ed abbassai un po' il volume della musica; l'autobus si fermò un metro davanti a me ed io, con altre tre persone, salimmo a bordo.
Mi sedei nell'unico sedile libero e alzai nuovamente il volume; nel frattempo era passata l'altra canzone, ed in riproduzione c'era "Vip In Trip", che amavo da morire.
Poco dopo l'autobus si fermò alla fermata successiva, dove salì Andrew.
Si avvicinò a me, fermandosi in piedi accanto a me, reggendosi al palo con un braccio, quindi spensi la musica per parlare con lui.
-Bella- mi salutò stringendomi la mano. Ricambiai il saluto, abbozzando un sorriso.
-Cosa mi dici fra?- mi chiese, infilando la tessere dell'abbonamento nella tasca laterale del pantaloni.
-Mah, niente di che...sto avendo problemi con Claudio- spiegai guardandolo dritto nei suoi occhi castani.
-Che tipo di problemi?- domandò un pelo preoccupato.
-Gli devo tipo centoventi euro, è ne ho solo trenta-
-Cazzo...se hai bisogno ti presto qualcosa, dovrei avere venti euro qui- disse portandosi una mano alle tasche, cercando il portafoglio.
-No fra, grazie, ma non importa, so già dove cercare- spiegai, facendo stoppare il suo movimento.
-Sicuro?- chiese ancora, cercando una conferma con lo sguardo. Annuii, rassicurandolo con un'espressione del volto.
Andrew c'era sempre stato anche in questo senso, nonostante non avrebbe potuto economicamente; avevo quasi sempre rifiutato il suo aiuto, accettando solamente una volta, che ero davvero nella merda fino al collo.
-Apparte questo, tutto bene?- mi chiese.
-Si si, a te come va invece?- domandai, gettando lo sguardo sulla sua felpa della Dickies.
-Insomma...- rispose lui, sbuffando.
-Che è successo?-
-Forse.. forse ho messo incinta Sofia- ammise lui, con tono di voce abbastanza nervoso.
-Sofia tua cugina?- chiesi, abbastanza stranito.
-Eh si- affermò, spostandosi un dread che gli era finito davanti al volto.
-Cazzo- esortai io, guardandolo piuttosto preoccupato.
Girò verso di me il suo telefono e mi mostrò la chat che aveva avuto con Sofia.
-Beh, tranquillo, finché non ti da una conferma o non ti dice nulla di più, non preoccuparti, che se ti fai troppe pare poi ne esci fuori pazzo- consigliai, con voce un po' tremante. Lui sorrise e mi posò una mano sulla spalla: sapeva che non ero il massimo a parlare, e tantomeno a dare consigli, ma mi impegnavo al massimo.
-Grazie fra- disse solo.
-Tu sai che cazzo facciamo oggi a scuola?- continuò, cambiando argomento.
-Che ne so- ridacchiai, alzandomi.
-Non ho voglia di fare nulla- si lamentò.
-Io meno di te, fidati- sbuffai.
Continuammo a parlottare fino a quando non arrivammo a scuola, quindi scendemmo dall'autobus e ci dirigemmo ognuno nella propria classe per fare l'appello; poi avremmo avuto assemblea d'Istituto, quindi ci seremmo rivisti.
Non appena entrai in classe, naturalmente leggermente in ritardo, ricevei uno sguardo da tutti i miei compagni e dalla professoressa di elettronica.
-Parker, ora ti segno presente- disse poi, squadrandomi velocemente da capo a piedi.
-Ma ti metto ritardo- aggiunse, iniziando a smanettare il computer.
-Cosa vuoi che mi interessi- commentai a bassa voce, con tono retorico.
Andai a sedermi al mio posto all'ultima fila, ed il mio compagno di banco mi salutò con un cenno del capo, che ricambiai. Prima che la professoressa ci facesse uscire per i corridoi, spiegò velocemente l'argomento che avevamo iniziato qualche giorno prima, che occupò una decina di minuti, poi ci lasciò andare ai vari laboratorio proposti dalla scuola. Io non mi recai a nessuno di quelle attività, bensì al solito termosifone nel corridoio dell'ultimo piano; lì sarebbe arrivato, a momenti, Andrew.
Aspettai poco, poi vidi la sua testa di dreadslock avvicinarsi; amavo il suo stile, praticamente identico al mio, ma molto più colorato, anche se non era esageratamente eccessivo.
-Che vuoi fare?- domandò, appoggiandosi al termosifone accanto a me.
-Stiamo qua come tutte le volte secondo me, se ci rompono il cazzo vabbe, si attaccano- risposi, prendendo il telefono e controllando se ci fossero notifiche. Iniziammo a parlare e, come al solito il tempo passava senza che io me ne rendessi conto; sentivo una campanella dopo l'altra suonare e vedevo i gruppetti di studenti passeggiare e muoversi tra le aule, mentre io ed il mio amico non ci muovemmo. L'ultima campanella suonò ed io e Andrew iniziammo a scendere le scale, separandoci a malincuore dal termosifone, poi arrivammo fuori.
La prima cosa che feci fu accendermi una sigaretta, poi mi allontanai con Andrew al mio fianco, che come me stava fumando. Passammo insieme il tempo di arrivare alla fermata e poi di arrivare a casa, continuando a parlare.
Quando arrivai nella mia dimora, entrai ed andai subito verso la cucina e trovai un foglietto scritto da mia madre, che diceva:

Ti ho lasciato un piatto di pasta nel microonde, scaldatelo. Ciao

Mangiai, con calma poi sistemai un po' la cucina e mi diressi nel divano in soggiorno, dove mi sedei. Accesi la televisione e misi sull'otto, dove stavano trasmettendo "Alessandro Borghese: 4 ristoranti" ; mi divertiva quel programma, quindi decisi di lasciare in quel canale.
Me ne guardai un paio di puntate, poi proiettai Netflix sullo schermo e misi la settima puntata della quarta stagione di "Orange is the new black".
Ero perso di quella serie, mi aveva coinvolto tantissimo e mi ero affezionato ai personaggi.
Verso le cinque e mezza circa, tornarono le mie sorelle accompagnate dai nostri genitori, che la prima cosa che fecero entrando in casa, fu guardarmi abbastanza male, dato che ero stravaccato in modo poco elegante nel divano.
-Arthur!- esclamò Xenia, venendo verso di me. La guardai e sorrisi, mettendomi a sedere e stoppando ma puntata in riproduzione.
-Ciao bellissima- la salutai, passandole una mano tra i capelli mossi e castani.
-Ciao- ricambió lei, sedendosi accanto a me. Si avvicinò a noi anche Kayla, con un sorriso appena accennato, senza dire nulla.
-Abbiamo fatto la recita oggi- continuo Xenia, togliendosi il cappotto e poggiandoselo sulle ginocchia.
-Com'é andata?- domandai curioso, girandomi verso di lei.
-Molto bene, la maestra ci ha fatto tanti complimenti. Io avevo il ruolo della principessa cattiva della neve, mentre Kayla quello dell'aiutante della maga buona- spiegò emozionata, poggiando il suo gomito nella spalla della sorella, che era rimasta impassibile a ciò che stava raccontando l'altra.
-Brave, così vi voglio- sorrisi io, guardandole negli occhi.
I miei genitori si avvicinarono alla situazione e presero dalle ginocchia delle due i loro giacconi, andando a riponerli nell'appendino. Afferrai il telecomando ed uscii da Netflix, lasciando a loro la libertà di mettere ciò che preferivano, poi glielo passai, prendendo tra le mani il mio telefono. Lo sbloccai ed entrai su WhatsApp, notando alcuni messaggi; erano sia da parte di Andrew, sia da William.
Aprii prima la chat del mio migliore amico.

Andrew

Frà hai trovato qualcosa per
restituire i soldi a Claudio?

Ci sto ancora riflettendo, ma stai
tranquillo, troverò presto qualcosa

Poi uscii ed aprii la chat di William.

William

Bro, se beccamo una de ste sere?

Certo frà, ti scriverò io non
appena ho tempo

Poi chiusi WhatsApp e diedi una veloce occhiata alla home di Instagram, senza trovarvi nulla di interessante, se non alcuni video di rave postati da pagine dedicate a quel tema. Aprii una di quelle page me sfogliai i post, tanto per fare qualcosa, trovando che i contenuti fossero bellissimi: era da una settimana e mezza che non andavo in festa, essendo che avevo saltato quel weekend ed un po' ne sentivo la mancanza.
Mi alzai ed andai in camera; una volta entrato, mi sedei nel letto ed aprii il cassetto del comodino, tifandone fuori la busta con l'erba ed il necessario per rollarmi una canna. Ci impiegai un paio di minuti e la girai a bandiera, chiudendola in cima.
Sistemai e mi alzai prendendo l'accendino, poi mi diressi verso il piano inferiore. Guardai velocemente la mia famiglia, più mi infilai tra le labbra la canna ed aprii la porta sotto lo sguardo dei miei genitori.
Mi sedei e me la accesi, aspirando subito. Iniziai a fumare, con lo sguardo perso tra le piante nel mio giardino, senza pensare a nulla. Muovevo la gamba sinistra lentamente, ma non riuscivo a non farlo.
-Arthur, dopo mangi con noi o vai da qualche parte?- fu la voce di mia madre ad interrompere il silenzio. Feci un tiro e mi girai a guardarla, per poi riflettere un momento sulla domanda che mi era stata posta.
-Ora vado a farmi un giro, non so per che ora torno- dissi, alzandomi in piedi. Lei annuì, tornando in casa mentre io, con la canna tra le labbra, andai verso il cancello, che aprii ed oltrepassai, uscendo poi dalla mia proprietà.
Mi incamminai lungo la via mentre fumavo dal mio joint ed arrivai ad una panchina, quella della sera precedente. Mi ci sedei e finii di fumare, poi restai a guardare le case attorno a me: ne entravano e uscivano i loro proprietari, che mi guardavano in modo insistente.
Restai lì seduto per una mezz'oretta, guardandomi in giro senza uno scopo preciso.
Poi però mi rialzai e continuai a camminare, senza una meta ben precisa.

Cosa farà Arthur?

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𝐀𝐫𝐭𝐡𝐮𝐫.Where stories live. Discover now