Mi accorsi troppo tardi di quanto fosse stata stupida la mia scelta e di quanto mi facesse star male.

La vergogna nei confronti di coloro che mi stavano vicina, il costante terrore di venire respinta nel caso in cui avessero scoperto con chi avessero a che fare, erano tutte paure delle quali avevo imparato a portare il peso.

Persone troppo diverse da me per comprendere i miei problemi, persone dalla vita perfetta che avevano l'opportunità di godersi la loro adolescenza senza alcun limite...i miei amici.

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<<Sei in ritardo. Di nuovo.>>

<<Mi dispiace, non accadrà più.>>

<<Bene, allora oggi la nostra liceale pulirà i cessi.>>

La proprietaria del Roxy si spostò per lasciarmi passare, sprezzante come al solito, avevo imparato a farci l'abitudine.

<<Ti ho coperta finchè ho potuto Nick, mi dispiace.>> 

<<Va tutto bene.>>

Eve era la classica persona che riusciva sempre a rendere tutto più divertente, come se vivesse di luce propria.

Ricordo ancora il mio primo giorno di lavoro, lei fu la prima a notare quanto fossi spaesata elencandomi il tipo di clienti dai quali mi sarei dovuta tenere alla larga e offrendosi di coprire le mie eventuali mancanze.

Inutile dire che l'ho amata fin da subito.

Portai a termine la nauseante punizione e sollevata di potermi occupare d'altro mi diressi negli spogliatoi trovandola intenta ad indossare la divisa.

<<Allora? I tuoi amici snobboni hanno organizzato un "openday party"?>>

<<Non lo so, probabilmente era la moda del 2016, ormai è "kitsch">> risposi ironica cercando legare il grembiule dietro la schiena con evidenti difficoltà.

<<Faccio io>> disse lei avvicinandosi.

Le sue dita si mossero veloci formando un pratico fiocco.

<<Senza di te mi deprimerei ogni giorno a lavoro>>

Mi sorrise e io feci lo stesso.

Ci fiondammo subito tra i tavoli lavorando fino alla mezzanotte, quando il locale si svuotò.

<<Non so se l'hai notato...>> iniziai mettendo il cartellino "CHIUSO" alla porta d'ingresso.

<<...ma c'era un cliente che non ti toglieva gli occhi di dosso, stava seduto accanto alla finestra, uomo sulla trentina, solo.>> continuai trascinando di proposito l'ultima parola con una punta di malizia.

<<Non importa, ho chiuso con gli uomini.>>

<<Avevi detto la stessa cosa anche per quel ragazzo inglese.>> le ricordai.

<<Era diverso, Nicole. Dai andiamo, ti do un passaggio con la moto>> tagliò corto interrompendo la discussione, tipico di quando dicevo qualcosa che non aveva intenzione di ascoltare.

Vivevo in un condominio a pochi isolati dal locale, avevo sempre odiato quel posto, o meglio, avevo iniziato ad odiarlo frequentando i miei amici e imparando a conoscere il loro modo di vivere.

Mia madre era una donna iperprotettiva, del tipo che le veniva un attacco d'ansia quando il locale chiudeva più tardi rispetto al solito.

Mio padre invece era tutto un mondo a parte, ex musicista sempre in giro per il mondo, ricordo avesse anche una band, erano abbastanza famosi qui a New York.

Amavo passare le giornate a guardarlo suonare, apprendevo da lui ogni segreto e ogni singolo trucco durante le sue lezioni di chitarra, ero la mascotte della band.

Tempi felici ai quali fui costretta a rinunciare.

Non ricordo quando il nostro rapporto aveva iniziato a deteriorarsi, ma lo associavo al giorno del concerto in cui di un membro del gruppo perse la vita distruggendone il resto.

Una trave montata male, una serata che si trasformò in un incubo, mio padre non fu più lo stesso.

Le cose precipitarono di botto, la band si sciolse e mio padre fece la scelta più stupida della sua vita, bandì la musica dalle nostre vite, vendette le nostre chitarre e non volle più toccare l'argomento.

Insopportabile, al punto da non riuscire più a parlare con me senza che tutto sfociasse nel classico litigio in cui mi alzavo da tavola per chiudermi in camera.

Ma per la maggior parte del tempo era fuori per lavoro, lasciando sole me e la mamma, la cui salute non era mai stata il massimo.

<<Quante volte devo ripeterti che non devi aspettarmi sveglia? Metti ansia!>>

Era inutile dirglielo, l'avrebbe fatto e rifatto ancora, sarebbe stato strano il contrario.

<<Ti stavo aspettando, c'è del pollo nel frigo, nel caso avessi fame.>>

<<Mamma sto bene, vai a letto.>>

Mi buttai a letto e i miei occhi si chiusero quasi subito, sperando con tutta me stessa che il mio ultimo anno di liceo filasse liscio come gli altri.

•I'M A DISASTER•Where stories live. Discover now