||Part.VⅠ||

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Sommersa da cartacce, schemi e voci, la mia testa rischiava di fare un sonoro e drammatico Boom.

Erano tutti presi dal piano, intenti a non perdersi nessun passaggio, agguerriti più che mai.

Era un bene, ma io non vedevo l'ora della fine. Volevo vincere, volevo combattere per poi lasciarmi tutto alle spalle così da tornare a preoccuparmi di cose ben più banali come la sveglia che non suona la mattina, un ritardo a scuola o una litigata che si sarebbe conclusa con un abbraccio e una bevuta amichevole.

Avevo bisogno di estraniarmi, cinque minuti solo io una stanza silenziosa e i miei pensieri.

Approfittando della concentrazione generale mi avviai verso le scale, furtivamente raggiunsi la mia stanza e sospirando mi lasciai andare sul pavimento. Era fresco e l'odore del legno riusciva a calmarmi e per un po' riuscì a percepire la pace che stavo cercando, poi arrivarono i pensieri.

Tutti hanno paura Erika, non sei la sola. Torna sotto e mettiti a lavoro, fa anche tu la tua parte. Continuavo a pensare.

Guardavo il soffitto come se potessi farlo esplodere. 

Ma che fai, non puoi dire certe cose. Potrebbe esplodere davvero se lo volessi, meglio non pensarci. Mi rimproverai.

Mi morsi le labbra per il nervoso.

«Posso entrare?» chiese una voce familiare bussando alla porta nonostante fosse aperta.

Piegai leggermente la testa all'indietro «Cosa fai qui?» chiesi.

«Ti ho vista mentre ti allontanavi, ho aspettato qualche minuto e visto che non tornavi ho deciso di venire a controllare.»

«Giuro, stavo per tornare di sotto.» feci un sorriso e mi tirai su, lui si avvicinò prendendomi la mano e tirandomi giù con lui.

«Sediamoci, okay?» mi sorrise. Il sorriso più bello di sempre.

«Perché mi hai fatto sedere?» dissi, cercando di mantenere un tono calmo mentre il mio cuore superava il limite di velocità.

Mi prese il mento tra le dita, guardandomi scrupolosamente. «Tutto bene?»

«S-si» sussultai colta alla sprovvista. Sentii un forte calore sulle guance ma non riusci a distogliere lo sguardo dal suo.

«Sei vergognosamente rossa.» 

«C-che cosa stai... smettila! Non è carino, brutto stupido.» balbettai come una perfetta idiota.

Brava Erika, complimenti. Proprio come una timida mocciosa. VATTI A NASCONDERE SUBITO, VERGOGNA!  mi dissi.

Ryan rise di gusto del mio comportamento e io mi sentii ancora più in imbarazzo.

«Sei crudele.»

«Scusa, è solo che prenderti in giro è così divertente.» ammise.

«Brutto stupido.» emisi un profondo sospiro, poi mi voltai per guardare di nuovo il soffitto.

non appena smise di ridere la sua voce divenne più dolce, misurata. «Erika...»

«Si?»

«è tua madre che ti preoccupa o c'è anche dell'altro?» mi chiese.

mi voltai di scatto. «Non sono preoccupata» dissi  

«Ma il mio istinto mi dice che in questo momento sta tramando qualcosa che potrebbe non essere del tutto a nostro favore. Temo che mia madre sia meno forte di quanto fossi disposta ad ammettere. Sarà anche una creatura potente ma in quanto a sentimenti credo sia un disastro. Ho la sensazione che la prossima volta che la rivedremo sarà nel bel mezzo del caos, lontano da noi. Non vorrei dubitare di lei credimi, ma ho una brutta, anzi direi bruttissima, sensazione a riguardo.» 

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