Lastre di ghiaccio

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"Le insicurezze uccidono quello che hai di bello."
— Demi Lovato

"Cosa intendi esattamente con ti porto nella mia vita?" Chiesi chiudendo lo sportello della jeep nera parcheggiata sul vialetto della casa davanti.
"Lo vedrai" mi rispose mettendo in moto la macchina.
Misi la cintura di sicurezza con le mani tremanti d'agitazione.
Guardai fuori dal finestrino, osservando le luci dei solitari lampioni che pian piano svanivano dalla mia visuale, per poi susseguirsi veloci lungo le strade che Shawn percorreva.
Parevano stelle e noi ne superavamo la velocità.
Da quando eravamo partiti il silenzio aveva preso il controllo del viaggio.
Nessuno dei due sapeva cosa dire all'altro, troppo imbarazzati per parlare, troppo imbarazzati per guardarsi in faccia.
Lui guidava alla mia destra, stringeva il manubrio con tanta forza da aver le nocche bianche. Le spalle erano tese a anche dal suo sguardo traspariva serietà e nervosismo.
Percorsi con lo sguardo quei riccioli castani, che lui provava a render lisci, e che il vento, proveniente dal sottile spiraglio del finestrino, faceva arruffare in tutte le direzioni.
Lui si girò a guardarmi, soprappensiero, per poi farmi un breve sorriso.
Capii che avremmo mantenuto stabile quel silenzio se nessuno faceva la prima mossa.
Mi tornò in mente il ciondolo vicino alle chiavi della sua macchina. Era un cerchio giallo con all'interno una palma.
"Cosa significa quello?" Gli chiesi indicando il portachiavi.
Lui lo guardò a lungo prima di rispondere
"mi piaceva" disse infine, chiudendo la conversazione.
Poggiai la testa al freddo finestrino e guardai il paesaggio correre veloce dalla mia vista.

Dopo circa 20 minuti Shawn spense il motore della macchina in un parcheggio isolato nella periferia di Toronto.
Le luci della grande metropoli rischiaravano la notte, trasformandola in una variante del giorno.
Tutto era vivo tranne quel parcheggio, vuoto e ombroso, in cui vi era solo la nostra macchina sotto alla flebile luce di un lampione.
Shawn respirò a fondo, prese in mano un mazzo di chiavi e le guardò attentamente una ad una.
Uscì dall'auto e girò ad aprire il mio sportello, che richiuse con estrema calma.
Si mise un dito davanti alla bocca e mi fece segno di seguirlo.
Si avvicinò di sottecchi ad un cancello verniciato di blu, e dopo averlo aperto, ad una porta del medesimo colore.
"Mi spieghi dove stiamo andando?" sussurrai
"Aspetta ancora un po'" rispose armeggiando con le chiavi.
Quando riuscì ad aprire la porta mi bloccò l'accesso mettendosi davanti a me.
Mi sorrise e con la mano pigiò l'interruttore.
rimasi estasiata alla vista dei fari che pian piano si accendevano sulla vita di Shawn Mendes.
Davanti a me c'erano altissimi spalti in legno e metallo che si affacciavano su un ampio campo da hockey sul ghiaccio.
Un vento gelido mi colpì in volto appena misi piede nell'edificio, ma poco mi importava con tutta l'adrenalina che mi scorreva in corpo.
"Ora mi spieghi come fai ad avere le chiavi di questo posto?" urlai facendo rimbombare le mie parole.
"Ho le mie amicizie" mi disse passandomi una giacca pesante e prendendomi per il polso.
Mi spiegò che non praticava più hockey ma che comunque gli piaceva tornare a giocare quando non aveva nulla da fare.
Mi mostrò gli spogliatoi, la teca delle medaglie, l'impianto di raffreddamento. Qualsiasi cosa, anche cose di nessuna importanza che comunque osservai con occhi traboccanti di meraviglia.
Rimasi ad ispirare l'aria glaciale che mi rinfrescava mente e polmoni quando vidii Shawn arrivare con due paia di pattini e delle ginocchiere per me.
"Non so pattinare"
"Ti insegno io"
"Ti giuro. Non riesco neanche a mettere un piede lì sopra" dissi indietreggiando.
"Provaci almeno"
"No"
"Guardami negli occhi" sussurrò portando le mani in avanti.
Scossi la testa e indietreggiai un'altra volta come risposta.
"Hai paura di fare qualsiasi cosa, come se temessi di perderne il controllo. Ma dimmi, facendo così non rischi di perdere te stessa?" Mi disse alla fine lasciandomi i pattini ai piedi e continuando "se cadrai sarò lì a sorreggerti" e in un baleno era già a pattinare leggiadro su quella superficie candida.
Guardai a lungo i pattini che mi aveva buttato ai piedi e rimuginai sulle sue parole.
Forse per dimostrare a Shawn che in realtà non avevo paura, o per dimostrare a me stessa che in realtà volevo farlo, li presi e me li misi ai piedi.
Mi avvicinai alla superficie ghiacciata e mi sentii tremare anche le ossa.
Poggiai un piede e notai che non avevo il controllo su esso. Mi reggevo al passamano in  legno e con una leggera spinta misi anche l'altro, ritrovandomi a occhi chiusi, sperduta sul ghiaccio.
Rimasi ferma, nello stesso punto, incapace di muovermi per la paura di cadere, quando una mano calda si poggiò leggera sulla mia schiena.
"Fidati di me" un caldo sussurro mi giunse all'orecchio. Feci un cenno con la testa e lui continuò "Piega le ginocchia e cerca di sciogliere la tensione"
Mi fidavo di lui. Di lui soltanto in quel mondo bugiardo.
Lui fece pressione sulla mia schiena e mi spinse piano lungo la pista.
Sentii le punta delle dita intorpidirsi dal freddo mentre il cuore batteva all'impazzata per il mix disastroso di adrenalina e imbarazzo.
Quando mi sentii più sicura aprii gli occhi e seguii tutte le indicazioni che lui mi dava.
Mi prese le mani e mi trascinò a fatica per la pista, fino a quando non riuscii a pattinare abbastanza bene da andar da sola.
Sentivo che qualcosa non andava nel nostro rapporto, non era amicizia e ormai non potevo negare a me stessa che quella mano che mi stringeva mi mancava più dell'aria.
Eppure dire a Shawn di questo cambiamento mi turbava. Lui non sembrava subire alcun effetto.
Era lì, intento a sistemare un telo di plastica e una coperta sul ghiaccio come se fosse la cosa più Naturale del mondo.
"Margot, vieni qui" mi urlò
"Vuoi farmi congelare le chiappe?"
"Se lo avessi voluto ti avrei già fatto cadere" mi sorrise e si sedette sulla coperta facendomi posto.
"Ti va un panino?"
"Sono le tre di notte"
"C'è la nutella"
"Okay" dissi prendendo il panino che mi offriva a quell'insolito picnic sul ghiaccio.
Lui era estremamente silenzioso e si rigirava nervoso l'anellino che aveva al dito.
"È da un po' che volevo farti sentire una cosa ma purtroppo non ho qui la mia chitarra" mi disse piano.
"Okay spara amico" Risi e incrociai le gambe mordendo il mio panino.
Lui intonò piano il ritornello di una canzone che non avevo mai sentito.
L'acustica dell'edificio la faceva sembrare cantata da un coro di angeli.
Dei brividi mi percorsero la schiena, non capivo se per il freddo o per l'emozione che quella canzone e quella voce mi provocavano.
Lo guardavo sognante mentre pronunciava il verso "So baby be the life of the party" che una voce rauca interruppe con "chi è là?!".
E Shawn mi guardò con occhi sbarrati.

Holaaa
Son tornata peopleee
Mi son fatta attendere lo ammetto.
Spero vi piaccia

When the night comes|| Shawn Mendes Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora